Nelle settimane scorse, mentre il “ghetto di Gaza” veniva usato per l’ennesima volta come poligono di tiro da parte dell’esercito Israeliano, qualcuno, per stigmatizzare la pulizia etnica e il genocidio dei Palestinesi, ha osato tirare in ballo il termine Olocausto, suscitando scandalo, dato che con quel termine, in ebraico Shoah (“catastrofe”), si intende universalmente il genocidio degli Ebrei europei da parte dei Nazisti, una tragedia considerata irripetibile e unica nella storia del mondo moderno, sia per il numero dei soppressi, sia per la qualità “scientifica” del genocidio. Non a caso, ogni anno il mondo celebra la “Giornata della Memoria” ricorrenza che viene spesso condita, com’è accaduto il mese scorso, con allarmi artefatti su fantomatici rigurgiti di antisemitismo in Europa .
Ogni 27 gennaio ci riempiamo la bocca di parole d’ordine: “Mai più”, “Per non dimenticare”, “Perché i nostri figli sappiano riconoscere il male”. Quindi dovrebbe essere pacifico che, dopo aver imparato la terribile lezione del nazismo, se scoprissimo che in un qualche angolo del mondo, una certa popolazione vive segregata su base etnica, mantenuta in uno stato di polizia, isolata in ghetti circondati da muri di cemento e filo spinato, in condizioni igienico-sanitarie e alimentari precarie, sottoposta a ritorsioni terroristiche in caso di rivolta (bombardamenti, torture, imprigionamenti), i nostri governi antifascisti immediatamente reagirebbero con forza ad un simile scandalo.
Invece no.
I Palestinesi soffrono tutto ciò come conseguenza di un’occupazione coloniale che dura da circa 90 anni (30 sotto il mandato britannico e 60 sotto forma del Governo Israeliano) e, curiosamente, commemorano il 13 maggio 1948 come la giornata di al-Nakhba (in arabo “catastrofe”), la data di inizio della diaspora di circa 600.000 arabi palestinesi, espulsi dalle loro terre o deportati nel contesto della prima Guerra arabo-israeliana.
Di queste due catastrofi umanitarie, che portano lo stesso nome e avvennero a pochi anni di distanza l’una dall’altra, sembra proprio che la prima sia la giustificazione morale della seconda. Però la prima è ricordata ufficialmente ogni anno mentre la seconda, che costituisce il fulcro del conflitto israeliano-palestinese, quasi nessuno sa che sia avvenuta (salvo ovviamente i diretti interessati, gli arabi che infatti sono incazzati neri da quasi un secolo: “Perché ci odiano?” si domandava l’ottuso G.W.Bush all’indomani dell’11 settembre).
La “vulgata” sulla nascita dello Stato di Israele (1947) narra della commozione internazionale che si ebbe all’indomani della “scoperta” dell’Olocausto (1945), in forza della quale la Palestina venne donata dalle Nazioni Unite al movimento sionista a titolo di risarcimento per la Shoah. Come dire che per rimediare all’odio antisemita che gli stati cristiani d’Europa hanno alimentato per 4 secoli (e che fu portato alle estreme conseguenze con i pogrom zaristi di fine ’800e le persecuzioni naziste), è stato sacrificato un popolo che nulla c’entrava con le questioni occidentali, un popolo che era già stato ingannato dagli Inglesi con la falsa promessa dell’indipendenza, quindi esiliato, espropriato e massacrato, e che quando ha reagito con violenza disperata è stato condannato dalla “comunità internazionale” per le sue azioni di terrorismo.
Si è spinti a credere che le vittime di una persecuzione (gli Ebrei della Shoah), in cerca di una nuova Patria e per “comprensibile” spirito di rivalsa contro le ingiustizie millenarie patite, inflissero ad altri incolpevoli esseri umani le stesse privazioni e vessazioni che avevano subito pochi anni prima. D’altronde cosa sono qualche centinaio di migliaia di sfollati, contro i 6 milioni di morti? Un prezzo da pagare “ragionevole” per riparare ad un genocidio.
IL SIONISMO E’ ANTISEMITA
Questa “consecutio” della storia sarebbe già di per sé aberrante se non fosse anche una versione dei fatti del tutto falsa. Il progetto della creazione di uno Stato di Israele venne partorito alla fine dell’800, da una minoranza influente e occidentalizzata della comunità ebraica mondiale (http://it.wikipedia.org/wiki/Sionismo). Il Movimento Sionista fondato da Theodor Hertzl si basava su un’ideologia politica estremista, che afferma il diritto del popolo ebraico a ritornare con ogni mezzo alle terre abitate dai loro avi 2000 anni fa. Tale posizione viene giustificata da un’interpretazione fondamentalista e non ortodossa dell’ebraismo. Infatti i coloni sionisti che giunsero in Palestina fin dall’inizio del ’900, si distinsero immediatamente dagli Ebrei nativi di Palestina (che abitavano in quella regione da circa 1200 anni convivendo pacificamente con i musulmani) per la condotta aggressiva e priva di scrupoli, prima accaparrandosi le terre, forti dei capitali messi a disposizione dall’alta finanza, poi dagli anni ’30, organizzando attentati dinamitardi sia contro civili arabi, sia contro le autorità britanniche, provocando centinaia di morti.
Ma non basta. L’Organizzazione sionista internazionale vide di buon occhio le leggi razziali tedesche degli anni ’30 (!) poiché creavano un bacino di potenziali emigranti da dirottare in Palestina per alterare la demografia della regione in favore degli Ebrei.
(http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=598)
Non può sfuggire una sinergia diretta tra il sionismo e l’antisemitismo per la convergenza dei fini: i persecutori degli Ebrei (lo Zar di Russia e Hitler) furono “Sionisti” convinti, cioè fautori del loro ritorno in patria forzato, quale miglior soluzione “logistica” per disfarsi di un’etnia che, al pari degli zingari, risultava indesiderata.
Le centinaia di migliaia di ebrei europei che giunsero volontariamente o forzatamente in Palestina furono percepite dagli arabi palestinesi come una popolazione aliena alla loro storia e come strumento di una colonizzazione progressiva di tutta l’area palestinese. Ovviamente le tensioni aumentarono fino alla risoluzione ONU del 1947 e la guerra del 1948. In quei due anni le milizie israeliane (sia sotto le vesti dell’esercito ufficiale che di bande armate illegali) procedettero alla pulizia etnica dei palestinesi, usando contro i musulmani metodi talmente simili a quelli usati dai Nazisti, da suscitare scandalo fra gli stessi vertici del Governo del neo-nato Stato di Israele. Norman Finkelstein riporta che “Un alto ufficiale dell’esercito israeliano ha sollecitato l’esercito a fare proprie le lezioni su come l’armata tedesca combattè nel Ghetto di Varsavia”. In altre parole massacri indiscriminati, distruzione dei villaggi autoctoni, pulizia etnica e “toponomastica” del territorio (cancellazione perfino della memoria storica araba secondo la migliore tradizione fascista), espulsione di centinaia di migliaia di residenti palestinesi e appropriazione indebita delle loro terre (la famosa questione dei profughi che ancora oggi attendono il ritorno in patria a cui hanno diritto per legge secondo la risoluzione ONU n. 194 del 1948).
La nascita sanguinosa di Israele fu un duro colpo innanzitutto per l’Ebraismo poiché agli occhi del mondo (e in particolare quello arabo), le rivendicazioni sioniste vennero confuse con l’ortodossia ebraica, la quale, al contrario non predica affatto il diritto al ritorno in armi nell’antica terra Santa. Infatti alcuni dei più importanti rabbini del mondo sono stati tra i primi a condannare i crimini dello Stato di Israele. E’ fondamentale ricordare questo ogni volta che sentiamo politici e “intellettuali” di casa nostra assimilare strumentalmente l’anti-sionismo all’anti-semitismo: costoro commettendo un doppio falso ideologico imperdonabile: insultano la memoria e le idee politiche degli ebrei non-sionisti e reiterano l’abusatissima giustificazione morale che il governo israeliano usa per agire al di sopra delle norme internazionali.
I Sionisti che giunsero in Palestina nel secolo scorso si ispiravano ad un’interpretazione strumentale delle Sacre Scritture che ereditavano dagli ambienti americani in cui si era già sviluppato quel millenarismo razzista che produsse una catena ininterrotta di disastri che va dalla “Conquista dell’West”, alla dottrina del “Destino Manifesto” fino al diritto-dovere dell’oligarchia di illuminati a portare nel mondo la civiltà (quella Bianca Anglosassone Protestante s’intende). I coloni israeliani di sono presi ciò che al loro popolo spettava “di diritto”: la Terra Promessa dell’Antico Testamento. Nell’adempiere a questa missione hanno “liberato” quella terra dagli indigeni indesiderati che la popolavano, sistemandoli in apposite riserve, analogamente a quel che fecero i Cowboys americani, che pur non portando “legalmente” la bandiera del Governo USA, avanzavano creando di fatto la “Frontiera”, difendendola dagli “attacchi terroristici” dei primitivi selvaggi americani . Il paragone non è affatto esagerato. Leggere per credere le pagine del sito militante sionista: http://www.masada2000.org/index.html
Questi ideologi e revisionisti della storia sostengono che a loro spetta di diritto il territorio su cui un tempo fiorì il Regno di Israele (dal I millennio a.C. fino all’Impero di Augusto) poiché dalla diaspora ad oggi nessuna cultura degna di nota si è insediata in quella terra facendola sua e governandola come una Nazione: dal 70 d.C. in poi, gli Arabi palestinesi rimasero “allo stato nomade o semi-primitivo”, fino – si capisce – all’arrivo dei “civilizzatori” sionisti (con buona pace di circa 1200 anni di civiltà islamica).
Bisogna riconoscere serenamente che la creazione dello Stato di Israele fu una follia del diritto internazionale, l’unico caso della storia moderna in cui un gruppo etnico-religioso è stato risarcito dalle conseguenze di una guerra o di una persecuzione, attribuendogli ex-novo una nazione da popolare su base razziale/religiosa, ripristinando un’entità storico-politica scomparsa da 2000 anni!
Pensate a cosa accadrebbe nel mondo se gli stessi principi si applicassero, a maggior diritto, a tutti gli sfollati della II Guerra Mondiale, come gli zingari, gli Istriani italiani, i tedeschi orientali .
Oppure dalle etnie storiche che da sempre abitano certe regioni del pianeta passate sotto giurisdizioni che non riconoscono la loro specificità, come i Curdi, i Baschi, gli Irlandesi del nord, i Tibetani, i nativi americani, gli Aborigeni australiani, i Boscimani, ecc…
Le campagne di terrorismo sionista contro villaggi palestinesi prima e durante la nascita di Israele sono episodi scomparsi dalla storia, che bisogna andare a recuperare dopo un’attenta ricerca tra i documenti ufficiali dell’ONU e dei governi inglese e israeliano. Tutto ciò è trattato dettagliatamente nel coraggiosissimo libro “Perché ci odiano” di Paolo Barnard , una lettura che ritengo non solo necessaria, ma anzi urgente, vista la nuova escalation in corso a Gaza.
Tra gli autori riconosciuti degli attacchi terroristici degli anni ’30 e 40’, figurano alcuni dei futuri Primi Ministri di Israele, Menachem Begin e Ben Gurion, oggi ricordati come i grandi fondatori della patria israeliana.
Detto per inciso, è risaputo che la qualifica di terrorista dipende dalla congiuntura storica: se atti criminali contro i civili sono commessi dai vincitori (gli Alleati della I e II Guerra Mondiale), questi vengono facilmente soppressi dalla storiografia dominante o al limite propagandati come incidenti inevitabili sulla strada del trionfo del “Bene”. Mentre la guerriglia e la resistenza dei vinti diventeranno, a futura memoria, ignobili atti di terrorismo. Anche il nostro Risorgimento e la guerra di “Liberazione”, celebrati come i momenti più alti della nostra formazione nazionale, furono costellati da episodi che, agli occhi degli Austriaci e dei Tedeschi, di allora erano senza alcun dubbio atti di terrorismo.
Dal 1947 ad oggi lo Stato di Israele, ha ricevuto una settantina di condanne formali da parte dell’ONU per innumerevoli violazioni del diritto internazionale (della Convenzione di Ginevra, dei Principi di Norimberga, della Carta delle Nazioni Unite) essendo responsabile di ritorsioni terroristiche su civili, tortura di prigionieri politici, invasioni di territori e attacchi preventivi. Tutto ciò senza aver mai ricevuto alcun tipo di sanzione. Per questo mi domando, a che giova commemorare i drammi avvenuti 60 anni fa quando ogni giorno da allora viene consentito di perpetrare impunemente crimini analoghi?
E’ quasi superfluo ricordare che sulla base di una sola Direttiva ONU del 1990, la NATO e il Consiglio di Sicurezza hanno riportato l’Iraq a standard di vita preindustriali, prima bombardando a tappeto le infrastrutture civili, quindi sottoponendolo a un embargo criminale che è costato la vita a circa mezzo milione bambini in 10 anni (come dicevamo? “Perché ci odiano?”).
DAL TERZO AL QUARTO REICH
La questione Olocausto-Israele, divenne il fulcro imprescindibile dell’assetto geopolitico del dopoguerra, determinando il sacrificio necessario (“Olocausto”) dei Palestinesi. Se in passato la loro causa ebbe per lo meno difensori opportunisti durante la Guerra Fredda, nella logica dei blocchi, oggi è stata totalmente abbandonata a causa del nuovo assetto geopolitico inaugurato dall’11 settembre, il cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale” che vede l’Asse del Bene contrapposto all’Asse del Male. Questa nuova polarizzazione, in cui il nemico è il terrorismo inteso come entità autonoma e metafisica, determina la condanna definitiva delle motivazioni di qualunque leader arabo. Per i media occidentali le rappresaglie israeliane, per quanto sanguinose, sono sempre contromisure conseguenti ad un precedente attacco terroristico contro civili israeliani. E i Palestinesi sono diventati i veri artefici del loro destino da quando Arafat rifiutò la famosa (e falsa) offerta di pace di Camp David del 2000. Queste “narrative” falsificate possono stare in piedi soltanto grazie all’artificio orwelliano dell’azzeramento della memoria storica. Se facciamo ripartire il nastro della storia ogni volta da un punto a piacere del passato, dimenticando quello che è successo prima, è possibile stravolgere ogni prospettiva, ribaltare le cause con le conseguenze, condannare e assolvere chi ci pare. Così se guardiamo la storia della Palestina a partire dall’inizio dell’Intifada, dimenticando tutto ciò che è successo dal 1917, ecco che i Palestinesi passano dal ruolo di vittime a quello di carnefici.
Nell’epoca del Pensiero Unico molto altri musulmano vanno incontro allo stesso destino dei Palestinesi. Proprio come gli Ebrei d’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale sono diventati pedine sacrificabili sullo scacchiere geopolitico. E qui non deve sfuggirci un’altra analogia inquietante tra i capri espiatori attuali e passati, che è appunto la prova della sconfitta morale dell’Occidente di fronte ai valori che esso stesso ha sancito.
Settanta anni fa, i cittadini della più colta e avanzata cultura europea, inferociti da condizioni economiche disumane, indottrinati dalla propaganda di regime, videro nei loro concittadini Ebrei, le cellule operative del complotto pluto-giudaico-massonico volto a soverchiare l’Europa ariana: sulla base di quel presupposto la Germania nazista perseguitò i nemici della nazione, occupò paesi sovrani per fare spazio all’espansione “naturale” del popolo tedesco, massacrò o sterilizzò le etnie indesiderate.
Oggi il mondo “Libero” di cui facciamo parte, scioccato dall’11 Settembre e indottrinato alla nausea dai massa media corporativi, ha assunto come priorità universale la lotta al Terrorismo organizzato dal complotto islamo-jihadista. Nel nome della dottrina dello Scontro di Civiltà l’alleanza militare di cui facciamo parte bombarda popolazioni inermi, precipita paesi sovrani nella guerra civile, contamina il loro ambiente con polvere di Uranio impoverito (con ripercussioni devastanti sulla fertilità e sull’integrità dei neonati).
La giustificazione è la stessa oggi come allora: un nemico subdolo e irragionevole sta tramando contro le nostre istituzioni e il nostro benessere. E’ sufficiente organizzare un attentato e puntare il dito contro un’etnia che suscita nella massa sentimenti di razzismo atavico dovuti a secoli di incomprensioni: ci odiano perché adorano un Dio malvagio, sono pazzi disturbati, antropologicamente diversi da noi. Gli Ebrei allora, i musulmani oggi.
Parafrasando Blondet: Benvenuti nel Quarto Reich!
e alla bufala della lista antisemita di proscrizione dei professori universitari:
http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2427
2 Guardando le cose da una prospettiva un po’ più ampia, la storia della nostra civiltà, nasconde non uno, ma tanti Olocausti di proporzioni immani, che ancora devono ricevere il riconoscimento formale di una data commemorativa
(L'olocausto Nascosto – La Nostra Crisi Di Civilta':
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4340
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4355)
3 (16 milioni ne furono espulsi da Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia – vedere:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4177 )
4 Il libro di Barnard parla in generale del terrorismo di matrice occidentale (USA, Inghilterra, Israele e Russia). Tengo a ricordare che a causa di un’inchiesta sulle lobby farmaceutiche che fece per Report anni fa, Barnard sta subendo in prima persona dei guai giudiziari, dato che non viene legalmente tutelato né dalla Rai, né dagli avvocati di Milena Gabanelli http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=4269 .