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La militarizzazione degli aiuti a Haiti: operazione umanitaria o invasione? – di Michel Chossudovski

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haiti

 

Global Research 15/01/2010

Traduzione di Francesca Penza
 
*Michel Chossudovsky è un economista canadese, docente presso l’Università di Ottawa. Dirige il Centre for Research on Globalization. Sulle pagine di “Eurasia” ha pubblicato La dottrina atlantista dell’attacco nucleare preventivo (nr. 2/2008).

Haiti ha una lunga storia di interventi e invasioni da parte delle forze armate statunitensi, storia iniziata agli albori del XX secolo. L’interventismo statunitense ha contribuito alla distruzione dell’economia nazionale haitiana e all’impoverimento della popolazione. Il devastante terremoto è presentato all’opinione pubblica come l’unica ragione dell’imbarazzante situazione del paese. Un paese è stato distrutto, le sue infrastrutture rase al suolo. La sua popolazione è precipitata in una povertà e disperazione abissali. Tutta la storia di Haiti, il suo passato coloniale sono stati cancellati. I militari statunitensi sono arrivati a soccorrere una nazione impoverita. Qual è il loro mandato?

È un’operazione umanitaria oppure un’invasione?
Gli attori principali nelle “operazioni umanitarie” statunitensi sono il Dipartimento della Difesa, il Dipartimento di Stato e l’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID). L’USAID è coinvolta anche nell’invio di aiuti alimentari ad Haiti, che sono distribuiti dal Programma Alimentare Mondiale. La componente militare delle missioni statunitensi tende, comunque, a mettere in ombra quella civile dele operazioni di soccorso alla popolazione disperata e impoverita. Il complesso delle operazioni umanitarie non è gestito da agenzie governative civili, come FEMA o USAID, ma dal Pentagono. Ad avere maggior peso nelle decisioni è il Comando Meridionale (SOUTHCOM). È previsto un massiccio impiego di personale militare. L’ammiraglio Mike Mullen, capo di Stato Maggiore Congiunto, ha confermato che gli Stati Uniti invieranno 9 o 10 mila uomini ad Haiti, inclusi 2 mila Marines. (American Forces Press Service – 14 gennaio 2010)
La portaerei USS Carl Vilson e le sue navi di supporto sono già arrivate a Port au Prince (15 gennaio 2010). I 2 mila uomini dell’Unità Anfibia Marina, così come i soldati dell’82esima Divisione Aerotrasportata, “sono addestrati a svolgere una vasta gamma di missioni, incluso il controllo di sicurezza e disordini, in aggiunta alle operazioni umanitarie”. Contrariamente alle squadre di soccorso inviate da varie organizzazioni civili, nel caso dell’esercito statunitense il mandato umanitario non è definito chiaramente: “Senza dubbio, i Marines sono prima di tutto combattenti; è il motivo per cui il mondo li conosce, … [ma] siamo anche capaci di compassione quando serve, e questo è un aspetto che ci piacerebbe mostrare: dei combattenti compassionevoli che tendono una mano per aiutare chi ha bisogno. Siamo davvero emozionati per questo.” (Portavoce dei Marines, Army Forces Press Services – 14 gennaio 2010)
Durante la conversazione telefonica tra i presidenti Obama e Préval, non è stato fatto alcun cenno relativo all’ingresso e dispiegamento di truppe statunitensi sul territorio haitiano. La decisione è stata presa unilateralmente e imposta da Washington. Ad Haiti, la totale mancanza di un governo funzionante è stata usata per legittimare, su un piano umanitario, l’invio di forze militari che hanno di fatto acquisito molte delle funzioni governative.

TAVOLA 1
IL CONTINGENTE MILITARE STATUNITENSE DA INVIARE AD HAITI (SECONDO IL COMUNICATO UFFICIALE)

•La nave d’assalto anfibia della Marina statunitense USS Bataan e le navi da sbarco anfibie Fort McHenry (LSD 43) e Carter Hall (LSD 50).
•Un’Unità Anfibia Marina di 2000 uomini dalla 22esima Unità di Spedizione Marina e soldati dell’82sima Divisione Aerotrasportata dell’Esercito.
•La portaerei USS Carl Vinson e le sue navi di supporto (arrivate a Port au Prince il 15 gennaio).
•La nave ospedale USNS Comfort.
•Diverse imbarcazioni ed elicotteri della Guardia Costiera.
I tre mezzi anfibi si uniranno alla portaerei USS Carl Vinson, all’incrociatore lancia-missili USS Normandy e la fregata lancia-missili USS Underwood.

Il ruolo del Comando Meridionale
L’US Southern Command (Comando Meridionale degli USA – SOUTHCOM) con quartier generale a Miami è l’istituzione dominante ad Haiti. Il suo compito di comando militare regionale è condurre conflitti moderni. La sua missione ufficiale nell’America Latina e nei Caraibi è “condurre operazioni militari e promuovere la cooperazione in materia di sicurezza per raggiungere gli obiettivi strategici degli Stati Uniti” (La nostra Missione – SOUTHCOM). Gli ufficiali di comando sono addestrati per supervisionare i teatri d’operazione, le politiche militari e le “controinsorgenze” nei Caraibi ed in America Latina, come nel recente insediamento di basi militari statunitensi in Colombia, nei pressi del confine con il Venezuela.
Il Generale Douglas Fraser, a capo del Comando Meridionale, ha definito le operazioni ad Haiti come di “Comando, Controllo e Comunicazione” (C3). Il Comando Meridionale supervisiona un massiccio spiegamento di armamenti, incluse numerose navi da guerra, una portaerei, divisioni aerotrasportate, eccetera:
Quindi ci siamo concentrati sull’acquisizione di comando, controllo e comunicazioni, che è quanto può servirci per comprendere meglio quello che sta succedendo. Le strutture del MINUSTAH (Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti) sono state distrutte, molti dei loro contatti sono andati persi, così stiamo cercando di ripristinare le loro comunicazioni e di rafforzarle. Stiamo anche inviando delle squadre per effettuare sopralluoghi, insieme agli operatori di USAID per aiutarli, oppure individualmente.
Stiamo spostando varie navi presenti nella regione – sono piccole navi, lance della Guardia Costiera, cacciatorpediniere – verso la zona interessata, per fornire qualsiasi assistenza sul campo sia necessaria.
Anche la portaerei USS Carl Vinson, sta facendo rotta in quella direzione. Si trovava al largo di Norfolk, quindi in un paio di giorni dovrebbe giungere sul posto. Abbiamo solo bisogno di rifornirla e di approvvigionarla per sostenere gli sforzi necessari ad Haiti. Stiamo contattando tutte le agenzie internazionali presenti ed operative ad Haiti, per cercare di sostenere al meglio i loro sforzi.
Stiamo impegnando anche larghi mezzi da sbarco anfibi, con a bordo un’Unità di Spedizione Marina, che in un paio di giorni raggiungeranno la USS Carl Vinson. Tutto questo ci offre una vasta gamma di opportunità per distribuire viveri e aiuti in tutta l’area. Questo è l’essenziale, finora non abbiamo una valutazione precisa circa la situazione sul terreno, quali siano le necessità a Port au Prince e quanto sia estesa l’emergenza.
Infine abbiamo una squadra che gestisce la situazione all’aeroporto. Da quanto ne so – perché il mio comandante in seconda era per caso ad Haiti, proprio in aeroporto, per una visita già in programma – la pista di decollo è funzionante, ma la torre di controllo non può effettuare comunicazioni. Il terminal passeggeri ha subito dei danni strutturali e non sappiamo in quale stato sia. Una squadra si sta recando sul posto per prendere possesso dell’aeroporto ed operare da lì, perché è uno di quei luoghi da cui presumiamo affluirà il grosso dei contributi internazionali immediati. Stiamo facendo tutte le altre cose appropriate alla bisogna. Stiamo anche coordinandoci con MINUSTAH e con i locali. Il comandante di MINUSTAH si trovava per caso a Miami quando tutto è accaduto, quindi proprio ora è in viaggio e dovrebbe rientrare a Porto au Prince da un momento all’altro. Allora ci aiuterà a coordinare tutti gli sforzi perché, ovviamente, le Nazioni Unite hanno sofferto perdite significative con la distruzione, almeno parziale, del suo quartier generale. Questo è l’inizio del nostro sforzo tutt’ora in corso e quando avremo una stima precisa di ciò che serve, ci adatteremo alle necessità. Il Segretario alla Difesa, il Presidente, tutti convengono che questo sia un significativo impegno, ed ora stiamo coordinando tutte le risorse del Dipartimento della Difesa per sostenerlo
”. (Conferenza stampa del Generale Fraser dal Pentagono – 13 gennaio 2010).
Il resoconto della Heritage Foundation riassume la sostanza della missione statunitense ad Haiti: “Il terremoto ha implicazioni sia umanitarie sia relative alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti [che richiedono] una risposta tempestiva che non sia solo coraggiosa, ma anche decisiva, mobilitando apparati militari, governativi e civili sia per i soccorsi immediati sia per un programma di recupero e riforma a lungo termine per Haiti”. (James M. Roberts e Ray Walser, “American Leadership Necessary to Assist Haiti After Devastating Earthquake”, Heritage Foundation – 14 gennaio 2010).
All’inizio, la missione militare sarà coinvolta nelle attività di primo soccorso ed emergenza, di pubblica sicurezza e di polizia.

L’aviazione militare statunitense controlla l’aeroporto
L’aviazione statunitense ha assunto il controllo del traffico aereo e della gestione dell’aeroporto di Port au Prince. In altre parole i militari statunitensi controllano il flusso di aiuti e di approvvigionamenti portati nella regione da aerei civili. L’aviazione statunitense non sta lavorando sotto la supervisione dei funzionari dell’aeroporto di Haiti, che sono stati destituiti. L’aeroporto è gestito dai militari statunitensi.
(Da un’intervista con l’ambasciatore haitiano rilasciata a R. Joseph, PBS News – 15 gennaio 2010).
Il team FAA lavora con i DOD Combat Controller per migliorare il traffico in entrata e in uscita dall’aeroporto. L’aviazione statunitense ha riaperto l’aeroporto il 14 gennaio, il 15 il suo gruppo di reazione contingente è stata nominata più alta autorità in campo d’aviazione. Autorità che ha permesso all’aviazione di fissare priorità, programmare e controllare lo spazio aereo all’aeroporto. (Flightglobal.com – 16 gennaio 2010). La nave ospedale da 1000 posti letto USNF Comfort, che include più di 1000 uomini tra personale medico e di supporto, è stata inviata ad Haiti sotto la giurisdizione del Comando Meridionale. (Vedi “Navy hospital ship with 1,000 beds readies for Haiti quake relief”, Digital Journal – 14 gennaio 2010). Al momento del terremoto c’erano circa 7100 militari e più di 2000 poliziotti, vale a dire 9000 elementi di forze straniere. Per contro, il personale civile di MINUSTAH ammonta a meno di 500 persone (MINUSTAH Facts and Figures).

TAVOLA 2
MISSIONE DI STABILIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE AD HAITI (MINUSTAH)

Forze al 30 novembre 2009:
9065 personale in uniforme
7031 in truppe
2034 poliziotti, di cui 88 personale civile internazionale
1212 civili locali, di cui 214 volontari delle Nazioni Unite

Forze stimate di MINUSTAH e SOUTHCOM:
19095 escluse le forze francesi (non confermate) e canadesi (confermati 800 uomini), Stati Uniti, Francia e Canada hanno collaborato durante il Coup d’Etat del 29 febbraio 2004.
Haiti è sottoposta ad occupazione militare straniera dal Coup d’Etat del 2004 promosso dagli Stati Uniti. Il contingente delle forze statunitensi con quelle di MINUSTAH hanno portato la presenza militare ad Haiti intorno ai 20 mila elementi, a fronte di una popolazione di 9 milioni di abitanti. Per fare un paragone in Afghanistan, prima dell’ondata inviata da Obama, le forze di Nato e statunitensi insieme erano intorno ai 70mila elementi a fronte di 28 milioni di abitanti. In altre parole, facendo un conto dei militari pro capite, ci sono più militari ad Haiti di quanti ce ne fossero in Afghanistan.

Recenti interventi militari statunitensi a Haiti
Ci sono stati diversi interventi militari promossi dagli Stati Uniti nella storia recente. Nel 1994, dopo tre anni di legge marziale, 20mila uomini delle truppe di occupazione e di peacekeeping fu spedita ad Haiti. L’intervento militare statunitense del 1994 non era finalizzato a restaurare la democrazia. Piuttosto il contrario: fu condotto per reprimere un’insurrezione popolare contro la giunta militare e le sue corti neoliberali. (Michel Chossudovsky, “The estabilization of Haiti”, Global Research – 29 febbraio 2004).
Gli Stati Uniti e le truppe alleate sono rimaste nel paese fino al 1999. Le forze armate haitiane furono sciolte ed il Dipartimento di Stato ingaggiò una compagnia di mercenari, la Dyn Corp, per fornire “consigli tecnici” per ricostituire la Polizia Nazionale di Haiti (HNP). (Ibidem).

Il colpo di Stato del febbraio 2004
Durante i mesi che hanno portato al Coup d’Etat del 2004, le forze speciali statunitensi e la CIA stavano addestrando gli squadroni della morte formati dai vecchi membri dell’ex Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale dell’epoca di Duvalier. L’esercito paramilitare di ribelli attraversò il confine con la Repubblica Dominicana nei primi giorni di febbraio del 2004. “Si trattava di una milizia paramilitare ben armata, addestrata ed equipaggiata, con integrati membri del Fronte per l’Avanzamento ed il Progresso di Haiti” (FRAPH); gli squadroni della morte, in borghese, erano stati coinvolti nello sterminio di civili ed in assassinii politici durante il golpe militare promosso dalla CIA nel 1991, che portò al rovesciamento del governo democraticamente eletto del presidente Jean Bertrand Aristide”. (Michel Chossudovsky, “The Destabilization of Haiti”, Global Research – 29 febbraio 2004).
Truppe straniere furono inviate ad Haiti. MINUSTAH fu costituito sulla scia del Coup d’Etat del 2004 e del rapimento e deportazione del presidente democraticamente eletto Jean Bertrand Aristide. Il golpe fu promosso dagli Stati Uniti con l’appoggio di Francia e Canada. Le unità FRAPH furono integrate con le forze di polizia nazionali, sotto la supervisione di MINUSTAH. Nel disordine politico e sociale scatenato dal terremoto la vecchia milizia armata e la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale potrebbero ricoprire un nuovo ruolo.

Il programma non dichiarato
La missione implicita del Comando Meridionale, con quartier generale a Miami, e delle installazioni militari statunitensi distribuite in America Latina, è assicurare il mantenimento di regimi vassalli, cioè governi mandatari degli Stati Uniti, ligi al Washington consensus e alla nuova linea di condotta neoliberale. Mentre il personale militare statunitense all’inizio sarà impiegato nell’emergenza e nei soccorsi, questa rinnovata presenza militare statunitense ad Haiti sarà usata per stabilire un punto d’appoggio nella regione e perseguire gli obiettivi strategici e geopolitici degli Stati Uniti nel bacino dei Caraibi, attenzione rivolta a Cuba e al Venezuela in particolare. L’obiettivo non è lavorare affinché si restauri il governo nazionale, la presidenza, il parlamento, istituzioni tutte decimate dal terremoto. Dalla caduta del regime di Duvalier, il progetto degli Stati Uniti è stato smantellare gradualmente lo Stato di Haiti, restaurare il modello coloniale e ostacolare il funzionamento di un governo democratico. L’obiettivo non è solo abolire il governo, ma anche adattare alla situazione attuale il mandato di MINUSTAH, il cui quartier generale è stato distrutto. “Il ruolo di capo dei soccorsi e di gestione della crisi improvvisamente è caduto sugli Stati Uniti, per mancanza, in poche parole, di un’altra entità in grado di sostenere la situazione”. (“US Takes Charge in Haiti with troops, rescue aid”, NYTimes.com – 14 gennaio 2009).
Prima del terremoto ad Haiti c’erano, secondo quanto riferito dalle fonti militari statunitensi, circa 60 militari in servizio. Da un giorno all’altro è arrivata un’improvvisa ondata di militari: 10mila truppe, marines, forze speciali, intelligence, eccetera, senza considerare i mercenari messi sotto contratto dal Pentagono. Con ogni probabilità le operazioni umanitarie saranno usate come pretesto e giustificazione per impiantare una presenza militare stabile ad Haiti. Ci troviamo di fronte ad uno spiegamento massiccio, un’ondata (“surge”) di personale militare assegnato ai soccorsi di emergenza. Il primo compito del SOUTHCOM sarà assumere il controllo di ciò che rimane delle comunicazioni, dei trasporti e delle infrastrutture energetiche. L’aeroporto è già, di fatto, sotto il controllo degli Stati Uniti. Con ogni probabilità, le attività di MINUSTAH, che dall’inizio del 2004 ha servito gli interessi della politica estera statunitense, saranno coordinate con quelle del SOUTHCOM: la missione delle Nazioni Unite sarà, di fatto, posta sotto il controllo dei militari statunitensi.

La militarizzazione delle organizzazioni di soccorso civili
I militari statunitensi ad Haiti cercano di tenere sotto controllo l’attività di organizzazioni umanitarie riconosciute. E, in aggiunta, pretendono di usurpare le attività umanitarie di Cuba e Venezuela. “Il governo, già debole sotto il presidente Preval, ora è letteralmente un disastro. Cuba e il Venezuela, già impegnati nel ridurre al minimo l’influenza statunitense nella regione, probabilmente coglieranno questa opportunità per elevare il loro profilo e la loro influenza…” (James M. Roberts e Ray Walser, “American Leadership Necessary to Assist Haiti After Devastating Earthquake”, Heritage Foundation – 14 gennaio 2010).
Negli Stati Uniti, la militarizzazione delle emergenze e delle operazioni di soccorso è cominciata con la crisi provocata dall’uragano Katrina, quando l’esercito fu chiamato a coprire un ruolo dominante. Il modello di intervento di emergenza per il SOUTHCOM è preso dal NORTHCOM, a cui fu assegnato il mandato di lead agency nelle procedure d’emergenza nazionali degli Stati Uniti. (“Bush Urges Shift in Relief Responsibilities”, washingtonpost.com 26 settembre 2005).
La risposta al disastro nazionale non è coordinata dal governo civile fuori dal Texas, ma da una località remota secondo criteri militari. Il quartier generale del Comando Settentrionale controllerà direttamente i movimenti del personale militare e degli armamenti nel Golfo del Messico, come nel caso di Katrina, scavalcherà quanto fatto dai corpi civili. Anche in questo caso, l’intera operazione è sotto la giurisdizione militare piuttosto che sotto quella della FEMA.” (Michel Chossudovsky, “US Northern Command and Hurricane Rita”, Global Research – 24 settembre 2005).

Osservazioni finali
Haiti è un paese occupato fin dal Coup d’Etat promosso dagli Stati Uniti nel febbraio 1994. L’arrivo di 10mila truppe statunitensi in pieno assetto da guerra, associato alle attività delle milizie locali, potrebbe precipitare il paese nel caos. Queste forze straniere sono arrivate per sostenere il peacekeeping del MINUSTAH e le forze di polizia haitiane (con l’ex Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale), che si sono rese colpevoli, dal 2004, di crimini di guerra contro la popolazione haitiana, tra cui l’uccisione indiscriminata di civili. Queste truppe rinforzano le preesistenti forze di occupazione sotto il mandato delle Nazioni Unite. Ventimila truppe straniere sotto il comando del SOUTHCOM e di MINUSTAH saranno presenti nell’area. Con ogni probabilità si verificherà un’integrazione o un coordinamento delle strutture di comando del SOUTHCOM e di MINUSTAH.
La popolazione haitiana ha mostrato grande solidarietà, coraggio e impegno sociale. Soccorrendo una persona dopo l’altra e agendo con coscienza, nonostante le difficili condizioni, nella scia del terremoto, sono nate le squadre di soccorso create dagli stessi cittadini. La militarizzazione delle operazioni di soccorso indebolirà la capacità organizzativa di Haiti di ricostruire e restaurare le istituzioni del governo civile che sono state distrutte. Questa militarizzazione usurperà gli sforzi del personale medico internazionale delle organizzazioni civili di soccorso. È assolutamente essenziale che la popolazione haitiana si opponga con forza alla presenza di truppe straniere nel paese, soprattutto nelle operazioni di pubblica sicurezza. È assolutamente essenziale che gli americani in tutto il paese si oppongano efficacemente alla decisione dell’amministrazione Obama di inviare truppe da combattimento ad Haiti. Non può esserci vera ricostruzione o vero sviluppo sotto l’occupazione militare straniera.

Fonte: http://sitoaurora.altervista.org/Impero/impero168.htm

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