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La Monsanto lascia il Venezuela: il Paese sudamericano dichiara guerra agli Ogm

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L’Assemblea Nazionale del Venezuela si appresta ad approvare una proposta di legge volta a vietare la coltivazione ed il consumo di alimenti transgenici.
 
La stampa italiana di regime, solitamente poco attenta alle vicende dell’America Latina, ha ignorato del tutto una notizia di grande importanza, che ha avuto una vasta eco sui quotidiani di tutto il mondo: il Venezuela ha apertamente dichiarato guerra alle coltivazioni geneticamente modificate.
Come riporta un interessante articolo di Angelo Iervolino, uscito recentemente sul blog di controinformazione di Luciano Davi, l’Assemblea Nazionale del Paese sudamericano si appresta infatti a votare una proposta di legge volta a vietare su tutto il territorio la coltivazione ed il consumo di alimenti transgenici.
Il sito riporta una corrispondenza di un giornalista venezuelano, Anthony Romero, che ripercorre tutte le tappe del lungo percorso che sta portando il Venezuela a questo importante traguardo.
Apprendiamo così che, all’inizio dello scorso Settembre la Monsanto, la nota multinazionale leader mondiale nel settore delle biotecnologie agricole e dei brevetti sui sementi, aveva proposto all’Assemblea Nazionale del Venezuela di approvare una legge chiamata “Legge Monsanto“, con l’obiettivo dichiarato di “aumentare la produzione di mais”, attraverso l’introduzione del mais transgenico NK603, una varietà della quale la stessa Monsanto detiene il brevetto e che è stata indicato da molti scienziati come responsabile di patologie tumorali e gravi problemi epato-renali, oltre a causare la sistematica distruzione del suolo, che non risulterebbe poi più idoneo ad altri generi di coltivazioni. 
 
La proposta della Monsanto aveva avuto l’appoggio del blocco dei partiti di opposizione e la multinazionale aveva incaricato di seguire la trattativa per la sua approvazione direttamente Rafael Aramendis, suo direttore per gli affari governativi con il Sud America, i Caraibi e la regione andina. Tuttavia la proposta di legge non è stata accolta, grazie soprattutto all’interessamento di molti movimenti di azione sociale che hanno svolto un’incessante campagna di sensibilizzazione sui pericoli ed i rischi per la salute che comportano certi generi di coltivazioni.
 
É stata quindi avviata la discussione per una proposta di legge popolare volta a regolamentare l’uso dei sementi e a vietare su tutto il territorio venezuelano le coltivazioni transgeniche. Proposta che sta vedendo il coinvolgimento attivo di numerosi gruppi di agricoltori, associazioni di contadini e comunità rurali di tutto il Paese e persino di membri del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ).
A partire dal 28 Ottobre si sono svolti, in varie aree del Paese (a Lara, a Carabobo, a Barinas e presso la Indian School Rangel Agroecologica, nella regione di Aragua), incontri finalizzati alla discussione e alla stesura della proposta di legge. E, da quanto è stato annunciato, un incontro decisivo prima della sua ultimazione è stato fissato per il 16 e il 17 Febbraio presso il Battaglione Justo Briceño, nel distretto di Milla Merida.
 
Una volta che questa proposta di legge popolare sarà stata ultimata, passerà in Parlamento, dove non dovrebbe trovare ostacoli alla sua approvazione.
I giornali del Paese già parlano di una vittoria storica contro le ingerenze delle multinazionali, una vittoria che farà del Venezuela una nazione “OGM free”, facendo tesoro della disastrosa esperienza dell’Argentina, dove un ventennio di coltivazioni intensive di soia transgenica della Monsanto ha causato la sterilità di enormi estensioni di terreni agricoli e gravi ripercussioni sulla salute dei contadini e della popolazione.
 
Secondo i dati riportati dalla rivista Science, nel mondo vi sono oltre 114 milioni di ettari di coltivazioni di piante geneticamente modificate, oltre la metà delle quali si trovano negli Stati Uniti (51%). Al contrario, in Europa le coltivazioni OGM sono in pratica oggi quasi assenti, grazie anche alle recenti leggi in materia introdotte dall’Italia e dall’Ungheria. Il 99% di tali coltivazioni, quindi la quasi totalità di esse, è concentrata al momento in pochi paesi: Stati Uniti, Canada, Sud America (Argentina, Brasile e Paraguay), India, Cina, e Sud Africa.  Ma vengono rilevate costantemente importanti inversioni di tendenza che stanno mettendo sempre più in crisi le multinazionali del settore.
 
Nicola Bizzi 
 
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