Curiosamente, l’inquinamento atmosferico dell’emisfero settentrionale riduce il riscaldamento globale riflettendo la luce solare verso lo spazio. Questo “global dimming” è transitorio e potrebbe scomparire tra qualche giorno – come il fumo di cui è costituito – lasciandoci completamente esposti al calore dell’effetto serra globale. Ci troviamo all’interno di un delirio climatico, casualmente mantenuto freddo dai fumi. Prima che questo secolo finisca miliardi di noi moriranno e i pochi che sopravvivranno vivranno nell’Artico dove il clima resterà tollerabile. Avendo fallito nel comprendere come la Terra regoli il suo clima e la sua composizione, abbiamo tentato, agendo come se fosse compito nostro, di regolarli noi. Facendo questo, condanniamo noi stessi alla peggiore forma di schiavitù. Se scegliamo di essere i controllori della Terra, allora diventiamo responsabili nel tenere l’atmosfera, l’oceano e la superficie terrestre nelle giuste condizioni per consentirne l’esistenza. Un compito che troveremo presto impossibile, un servizio che, fino a un poco tempo prima che trattassimo Gaia così male, ci veniva reso gratuitamente da Gaia stessa. Per comprendere quanto sia assurdo, provate a immaginare come regolereste la vostra temperatura corporea o la composizione del vostro sangue. Coloro che soffrono di reni conoscono l’infinita difficoltà quotidiana del dover regolare l’acqua, il sale e il consumo di proteine. La stabilizzazione tecnologica della dialisi aiuta, ma non restituisce la salute ai reni.
Il mio nuovo libro The Revenge of Gaia è uno sviluppo di questi pensieri, ma a questo punto potreste chiedermi perché c’è voluto così tanto per riconoscere la vera natura della Terra. Forse proprio perché la visione di Darwin era così giusta e chiara che c’è voluto tutto questo tempo per digerirla. A suo tempo, poco si sapeva sulla chimica dell’atmosfera e degli oceani, e ci sarebbe stato poco motivo per lui di chiedersi se gli organismi modificassero il loro ambiente naturale o se si adattassero ad esso. Se si fosse saputo allora che l’ambiente e la vita erano così strettamente connesse, Darwin avrebbe realizzato che l’evoluzione non riguarda solo gli organismi, ma l’intera superficie terrestre. Avremmo guardato allora alla Terra come se fosse viva, e avremmo saputo che non potevamo inquinare l’aria o utilizzare la pelle del pianeta, le sue foreste e l’ecosistema oceanico come mere risorse di produzione per soddisfare i nostri corpi e rifornire le nostre abitazioni. Avremmo capito istintivamente dell'inattacabile natura degli ecosistemi in quanto parte integrante della Terra vivente. Dunque, come dovremmo comportarci? Prima di tutto dobbiamo avere ben chiaro quello che sta avvenendo e capire che abbiamo poco tempo per agire; dopodiché ogni nazione e ogni comunità deve trovare il modo migliore per gestire le proprie risorse al fine di sostenere la civilizzazione per il tempo che hanno a disposizione. La civilizzazione si traduce in energia intensiva e non possiamo fermarla senza provocare un incidente, così abbiamo bisogno della sicurezza di un potente rallentamento. Su queste isole britanniche, siamo abituati a pensare a tutta l’umanità e non solo a noi stessi: il cambiamento ambientale è un fenomeno globale, ma le conseguenze con cui dobbiamo scontrarci sono qui nel Regno Unito. Sfortunatamente la nostra nazione è così urbanizzata da somigliare ad una grande città, abbiamo solo pochi acri di agricoltura e di foreste. Siamo dipendenti dal commercio mondiale per il nostro sostentamento; i cambiamenti climatici non permetteranno rifornimenti regolari di cibo e di carburanti dall’estero. Potremmo crescere abbastanza da nutrire noi stessi con la dieta della seconda guerra mondiale, ma l’idea secondo cui c’è abbastanza terra da conservare per fare crescere biocarburanti, o essere il luogo di fattorie eoliche, è assurda. Faremo del nostro meglio per sopravvivere, ma sfortunatamente non mi sembra di vedere gli Usa o le emergenti economie di Cina e India predisporre i tagli necessari in tempo, e sono loro la fonte principale di emissioni. Il peggio sta per avverarsi e i sopravvissuti dovranno adattarsi a un inferno climatico. Forse la cosa più triste è che Gaia perderà quanto o persino più di noi. Non soltanto si estingueranno interi ecosistemi. Nella civiltà umana il pianeta ha una risorsa preziosa. Noi non siamo solo una malattia. Siamo, attraverso la nostra intelligenza e la nostra comunicazione, il sistema nervoso del pianeta. Attraverso di noi, Gaia ha visto se stessa dallo spazio, e comincia a capire la sua collocazione nell’universo. Dovremmo essere il cuore e la mente del pianeta, non la sua malattia. Così lasciateci essere coraggiosi e smettere di pensare soltanto ai nostri bisogni e diritti. Lasciateci capire come siamo stati noi ad aver ferito la Terra, e come siamo noi ad aver bisogno di farci la pace. Dobbiamo farlo adesso, finché siamo abbastanza forti da negoziare, e visto che non siamo solo una folla selvaggia condotta da brutali signori della guerra. Prima di tutto, dobbiamo ricordare che siamo parte del pianeta, e che questo pianeta è la nostra unica casa.
James Lovelock, medico, biofisico e chimico, è uno scienziato ambientalista indipendente. Ha formulato l'ipotesi che la terra sia un sistema capace di autoregolarsi, un immenso organismo vivente che non rimane passivo davanti a ciò che lo minaccia. Dal punto di vista scientifico, uno degli aspetti più importanti della teoria di Lovelock consiste nel tentativo di innovare la teoria dell'evoluzione: ad evolversi non sarebbero le singole specie ma anche il più grande organismo vivente esistente, il nostro pianeta.
Fonte: http://comment.independent.co.uk/commentators/article338830.ece
Tradotto da Alessandro Siclari per Nuovi Mondi Media