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La tettonica di espansione della Terra (2/2)

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La seconda parte dell'articolo di James Maxlow, pubblicato originariamente su NEXUS New Times n.87 (per leggere la prima parte clicca qui).


 

Antica biogeografia

Su una Terra soggetta a tettonica di espansione è possibile utilizzare i siti di fauna e flora fossilizzate allo scopo di illustrarne la distribuzione in relazione a terre e mari dell’antichità, quindi per confermare ancora una volta le zone climatiche determinate nonché la posizione di poli ed equatore.
La distribuzione delle varie specie marine, quali ad esempio i trilobiti del Cambriano e dell’Ordoviciano, una volta applicata su una Terra soggetta a tettonica di espansione dimostra la facilità e la semplificazione delle rotte migratorie e del loro sviluppo durante l’Era Paleozoica. In tale contesto le barriere alla migrazione di queste e altre specie marine si considerano limitate unicamente da restrizioni delle profondità marine, nonché da latitudine ed estremi climatici.
Una volta tracciate su modelli di una Terra soggetta a tettonica di espansione (figura 4), le distribuzioni di dinosauri dal Triassico al Cretaceo indicano i dinosauri raggruppati all’interno di tre distinte province coincidenti con la distribuzione degli ancestrali rettili del Permiano, loro antichi antenati. Fra queste si annoverano distribuzioni raggruppate nella regione europea sino al Mediterraneo, nel Nordamerica centrale e orientale nonché nelle adiacenti regioni sudamericane meridionali e dell’Africa Meridionale, con collegamenti all’India. Isolate distribuzioni correlate si presentano anche nell’Australia Orientale, nella Cina Meridionale e nel Sudamerica occidentale.
La distribuzione di dinosauri e rettili ancestrali del Permiano su una Terra soggetta a tettonica di espansione dimostra le strette connessioni fra specie di Permiano, Triassico e Giurassico; tale connessione è stata infranta durante il Primo Permiano, all’inizio della frammentazione dei continenti; man mano che questi ultimi si distaccavano e si allontanavano si verificava un marcato dissesto delle zone climatiche prestabilite nonché degli habitat alimentari e delle rotte migratorie di ciascuna specie endemica. L’estinzione dei dinosauri è materia controversa. Su una Terra soggetta a tettonica di espansione si vede il Cretaceo coincidere con un periodo di ampliamento dei mari continentali, accompagnato da un innalzamento del relativo livello, un aumento di estensione degli odierni oceani e un progressivo scompiglio del clima. Quindi, durante il Tardo Cretaceo, i livelli dei mari raggiunsero l’apice sui continenti, seguiti da un rapido prosciugamento dei mari continentali mentre i moderni oceani continuano ad aprirsi.
I modelli di Terra soggetta a tettonica di espansione indicano che prima del Cretaceo forse esistevano due o più oceani separati, con la possibilità di distinti livelli dei mari. Spaccatura e fusione di questi oceani coincidono esattamente con eventi di estinzione di flora e fauna al termine di ambedue i periodi del Triassico e del Cretaceo, a indicare che la causa dell’estinzione dei dinosauri, avvenuta in un arco temporale di 8-10 milioni di anni, forse è riconducibile a periodi di relativamente rapidi cambiamenti del livello dei mari, 65 milioni di anni fa, invece che alla teoria dell’impatto di un asteroide attualmente in voga.
L’antica felce Glossopteris del Permiano si presenta comunemente in forma fossile nel carbone di tutto l’emisfero sud e si è tradizionalmente usata per definire l’antico supercontinente Gondwana. La distribuzione nota delle felci Glossopteris è concentrata in località del Sudafrica e dell’adiacente India. Durante il Periodo Permiano, l’Antartide Orientale era a cavalcioni dell’equatore adiacente al Sud Africa, costellato da flora Glossopteris in Australia, Antartide Occidentale e India, a suggerire che la flora Glossopteris forse era diffusa anche al di sotto dell’attuale calotta polare dell’Antartide Orientale.
Applicata su una Terra soggetta a tettonica di espansione, la distribuzione delle felci di Glossopteris del Permiano sta a cavalcioni dell’antico equatore e si estende dalle latitudini dell’estremo nord sino a quelle dell’estremo sud, a indicare che le felci Glossopteris erano specie adatte a climi da tropicale a freddo, come confermato dai riscontri fossili indicanti un clima di Gondwana iniziato con un’era glaciale e proseguito, nel Tardo Paleozoico, attraverso un clima freddo ma temperato umido sino a un clima temperato caldo.
Questi antichi esempi biogeografici, pur se limitati, illustrano in sintesi la facilità e la semplificazione di migrazione e sviluppo di tutte le specie di flora e fauna su Terra soggetta a tettonica di espansione. Le interrelazioni delle distribuzioni globali e provinciali vengono quindi intrinsecamente mantenute senza la necessità di ricorrere ai convenzionali complessi requisiti di raggruppamento-dispersione continentale.
Su Terra soggetta a tettonica di espansione, durante la frantumazione dei continenti e l’apertura dei moderni oceani la distribuzione delle specie e le rotte migratorie risultarono quindi dissestate, costringendo specie endemiche di varie regioni a interagire, ampliare i propri confini, frammentarsi o semplicemente estinguersi nel tempo. I tempi dello sviluppo degli oceani in molte di queste aree è altresì rispecchiato dai cambiamenti dei livelli dei mari, ad agevolare la migrazione della fauna marina tramite estensione ed espansione delle rotte migratorie e la attenuazione delle differenze climatiche.

Figura 4: Distribuzione delle specie di dinosauri su un modello di Terra soggetta a tettonica di espansione del Triassico, indicante le distribuzioni raggruppate. Tali distribuzioni si sono in seguito frammentate quando si sono aperti i mari moderni e i continenti sono andati alla deriva.

 

Antico clima
Su modelli di Terra soggetta a tettonica di espansione è possibile indagare sull’antico clima tracciando la distribuzione di rocce clima-dipendenti selezionate e mettendo a confronto gli schemi di distribuzione con la posizione determinata di antichi poli ed equatori. La correlazione fra acquitrini carboniferi, spesse sequenze di arenaria e rocce glaciali sono eccellenti indicatori di climi umidi, laddove i climi secchi vengono evidenziati da evaporati, quali depositi di sale, e le regioni equatoriali da strati di calcare.
I dati glaciali indicano quattro principali periodi glaciali, fra cui primo e tardo eone del Proterozoico e prima e tarda era del Cenozoico. La distribuzione dei depositi glaciali su Terra soggetta a tettonica di espansione risulta inoltre utile a verificare la posizione dei determinati poli magnetici ed equatori tracciata in base ai dati magnetici.
Per le ricostruzioni basate sulla tettonica a placche la distribuzione di molti fra questi depositi glaciali marini del Precambriano (figura 5), molti dei quali si presentano in concomitanza con rocce calcaree e ricche di ferro lungo la linea  equatoriale, rappresenta un enigma. Per converso, su una Terra soggetta a tettonica di espansione le relativamente ridotte distanze polo-equatore esistenti in tale periodo consentono al ghiaccio marino di spostarsi rapidamente verso le regioni equatoriali, depositando in fase di scioglimento detriti di roccia glaciale fra le esistenti rocce di clima caldo – da cui l’attuale dilemma.
La distribuzione di depositi glaciali del primo e tardo Paleozoico coincide con un Polo Sud situato nella zona occidentale dell’Africa Centrale (Gondwana meridionale), con isolati centri glaciali montagnosi in Europa, Australia e America del Sud. Uno spostamento verso settentrione delle zonature climatiche concomitante con l’assenza di una calotta polare settentrionale permanente è una caratteristica preminente delle distribuzioni glaciali, di carbonato e di carbone dell’epoca. Tale spostamento verso settentrione indica che l’asse di rotazione terrestre inclinato rispetto al polo dell’eclittica era ben consolidato all’inizio del Paleozoico e ha mantenuto un’inclinazione analoga sino ai nostri giorni.
Altri esempi includono la distribuzione delle risorse gasifere e petrolifere di Paleozoico, Mesozoico e Cenozoico. Se osservato nel contesto dei cambiamenti del livello dei mari su scala locale e globale, lo sviluppo di gas e petrolio ha coinciso con periodi di innalzamento del livello dei mari e massime aree superficiali dei mari continentali. In particolare i depositi gasiferi e petroliferi del Cretaceo si formarono dopo il discioglimento glaciale del tardo Paleozoico, durante un periodo di rapida apertura dei moderni oceani, condizioni climatiche generalmente calde e rapida diversificazione biotica.
La distribuzione di carbone del primo-tardo Cretaceo indica due estese fasce temperate situate a nord e sud dell’antico equatore. Su una Terra soggetta a tettonica di espansione uno spostamento latitudinale della sedimentazione del carbone si riflette nella rapida apertura di ciascuno dei moderni oceani e analogamente nella migrazione dei continenti verso nord durante il Mesozoico e il Cenozoico.
La predominanza dei depositi di carbone nell’emisfero settentrionale viene qui attribuita alla maggiore estensione della terra emersa che influisce sulla piovosità nonché all’estensione dei residui bacini continentali adatti alla formazione del carbone.
In questi brevi esempi, la distribuzione di tutte le rocce dipendenti-da-latitudine su modelli di Terra soggetta a tettonica di espansione risulta coincidere con precisione agli antichi equatori determinati in base ai dati del polo magnetico. In ciascun caso si manifesta con evidenza una zonatura latitudinale parallela al paleoequatore, mentre uno spiccato spostamento verso nord della zonatura climatica indica coerentemente che un asse di rotazione terrestre inclinato rispetto al polo dell’eclittica era ben consolidato durante il Paleozoico e persiste sino a tempi recenti.

Figura 5: Distribuzione di detriti glaciali del Primo Paleozoico su un modello di Terra soggetta a tettonica di espansione. Le distribuzioni di simboli triangolari e quadrati indicano un raggruppamento attorno alla calotta polare sud della Gondwana meridionale più detriti glaciali marini galleggianti che si estendono nel Mare Iapetus equatoriale.

 

ULTERIORI CONSIDERAZIONI
Quando si propone la tettonica di espansione sorgono invariabilmente varie questioni assai valide e pertinenti, che vanno affrontate. Tuttavia, così facendo, sarebbe utile rammentare che la tettonica di espansione si basa unicamente sulla migliore spiegazione degli esistenti riscontri geologici empirici. Non si tratta di una teoria alla ricerca di convalida fisica; piuttosto, la proposta di una concezione che si adatta al meglio a tutti i dati fisici geologici esistenti in modo di gran lunga superiore rispetto all’approccio della tettonica a placche. In qualche misura, tale concezione è paragonabile a un esperimento di laboratorio nel cui contesto si verifica un’osservazione inattesa non spiegata tramite la fisica esistente; di conseguenza, richiede modelli teorici ampliati per spiegare i nuovi fatti fisici di recente scoperta – in particolare, quelli con base empirica.

Cosa sta provocando l’espansione della Terra?
Nella tettonica di espansione la complessiva questione relativa alla provenienza della massa aggiuntiva utile a spiegare un aumento del raggio terrestre costituisce un argomento centrale di importanza cruciale, nondimeno si tratta di un quesito dalla risposta assai ardua. Essendo opinione invalsa che tanto sotto il profilo cosmologico quanto sotto quello religioso la Terra abbia mantenuto le medesime dimensioni sin dalla sua creazione, non si è presentata la necessità di porre suddetto quesito; quindi, dato che non lo si è posto né preso seriamente in considerazione, l’origine della massa aggiuntiva continua a restare nella sfera delle congetture.
Da quando, alla fine degli anni Novanta del diciottesimo secolo, venne avanzata la teoria dell’espansione della Terra, la causa di tale fenomeno ha visto emergere cinque argomentazioni ricorrenti, riassumibili come segue:
1. Una Terra pulsante, dove si sostiene che l’espansione ciclica della Terra abbia aperto gli oceani e le contrazioni abbiano provocato l’orogenesi (formazione delle montagne). Come indicato dalla moderna mappatura oceanica, tale argomentazione non riesce a conformarsi all’espansione esponenziale, laddove lo scomparso Professor Carey riteneva che tale argomentazione fosse scaturita dall’erronea nozione che l’orogenesi implichi contrazione crostale. Inoltre, Carey non rilevò alcun riscontro convincente delle contrazioni intermittenti della Terra.
2. Accrezione di origine meteorica e asteroidale. Attualmente questa teoria, peraltro avanzata per spiegare alcuni dei vari eventi di estinzione che hanno afflitto la Terra, riscuote un certo successo. Fondamentalmente sostiene che l’espansione viene provocata da un accumulo di detriti extraterrestri nel tempo. Carey respinse tale argomentazione in quanto causa  primaria dell’espansione della Terra poiché, come indicato dalla mappatura oceanica, invece di aumentare, l’espansione dovrebbe diminuire esponenzialmente nel tempo; inoltre non spiega l’allargamento dei fondali oceanici o la distribuzione della crosta oceanica o i sedimenti della copertura.
3. Massa costante della Terra, con cambiamenti di fase di un nucleo originariamente super-denso. Carey respinse anche tale nozione come causa principale dell’espansione della Terra in quanto implicava una gravità di superficie troppo ampia nel periodo intercorrente fra il Supereone Precambriano e il tardo Paleozoico. In base agli studi condotti negli anni Settanta, un’intensa gravità di superficie nel Precambriano non risultava evidente.
4. Riduzione della costante di gravitazione universale G attraverso i secoli. Si sosteneva che un tale declino di G determinasse l’espansione tramite il rilascio di energia elastica compressionale attraverso la Terra e cambiamenti di fase verso densità inferiori nel mantello. Carey respinse tale nozione come causa principale dell’espansione della Terra per tre ragioni: (a) inizialmente la gravità di superficie sarebbe stata insostenibilmente elevata; (b) la magnitudo dell’espansione risulta probabilmente troppo esigua; e (c) si ritenne che le argomentazioni a favore di una tale riduzione di G non indicassero un tasso esponenziale di aumento del raggio.
5. Una causa cosmologica implicante un aumento della massa della Terra attraverso i secoli. Tale ipotesi resta l’argomentazione prediletta.
Il Professor Carey meditò a lungo sulla provenienza della necessaria massa in eccesso. L’equazione di Einstein E = mc2 suggerì a Carey (e ad altri) che materia ed energia sono reciprocamente convertibili. Di conseguenza, la materia è l’antitesi dell’energia, laddove la materia viene creata dall’energia e viceversa.
Carey considerò inoltre che nuova materia aggiunta alla Terra deve apparire nelle profondità del nucleo, ma anche che la causa ultima dell’espansione della Terra andasse ricercata nei processi di espansione cosmologica e di generazione complementare di nuova materia all’interno dell’intero universo.
Il modello causale proposto per la tettonica di espansione (figura 6), per quanto ampiamente teorico, implica un incremento della massa tramite segregazione di nuova materia dall’energia interna al nucleo terrestre, nuova materia che si accumula presso l’interfaccia mantello-nucleo, mentre l’aumento di volume determina un rigonfiamento del mantello.
Tale ipotesi è avvalorata da riscontri sismici e tomografici, indicanti che l’interfaccia mantello-nucleo risulta la parte più attiva dell’interno della Terra. Secondo tale ipotesi, il rigonfiamento del mantello quindi si manifesta nella crosta esterna come estensione crostale e attualmente si verifica in forma di estensione delle zone di frattura medio-oceaniche. La segregazione di materia all’interno del nucleo terrestre viene considerata una reazione continua che, qualora decadesse nel tempo, in definitiva potrebbe invertire l’attuale aumento esponenziale del raggio terrestre e porre fine all’espansione in un  remoto futuro.

Figura 6: Sezione trasversale della Terra attuale, indicante estensione crostale, allargamento del fondale marino e apertura dei moderni oceani in relazione al rigonfiamento del mantello.

 

Supercontinenti
Su una Terra soggetta a tettonica di espansione, durante il Triassico i moderni oceani profondi non esistevano. Tutta la crosta continentale era unita a formare un singolo supercontinente denominato Pangea, che racchiudeva l’intera Terra antica con un raggio pari a circa 3.200 chilometri – all’incirca il 52 per cento dell’attuale raggio terrestre.
Studi geografici indicano che prima del Triassico gli oceani erano rappresentati da una rete di mari continentali, con sedimenti depositati entro i bacini continentali a dissimulare tutti i riscontri dell’allargamento dei fondali marini. Le terre emerse e i mutevoli profili costieri antecedenti a tale periodo erano analogamente rappresentati dagli antichi supercontinenti Gondwana, Laurentia, Baltica e Laurussia e, ancor prima, dall’antico supercontinente Rodinia e da subcontinenti minori.

Atmosfera e acqua oceanica
In altre sedi alcuni ricercatori hanno sostenuto che prima del Triassico un’antica piccola Terra provvista di una crosta continentale ininterrotta sarebbe stata ricoperta da un oceano di profondità media pari a 6.3 chilometri. In tal caso le forme di vita terrestri non si sarebbero evolute e i continenti sarebbero stati esposti all’erosione solo in epoche recenti della storia terrestre.
Tale argomentazione prevede che nell’arco di tutta la storia geologica il volume dell’acqua oceanica si sia mantenuto costante. Su una Terra soggetta a tettonica di espansione, crosta del fondale marino, acqua oceanica e atmosfera hanno tutte origine nelle profondità del mantello terrestre e sono state aggiunte alla crosta superficiale secondo un tasso in accelerazione nel corso del tempo geologico. Si ritiene che tale incremento di nuova acqua oceanica e atmosfera sia scaturito da un processo di degassamento del mantello come risposta naturale a una diminuzione delle condizioni di pressione e temperatura di quest’ultimo con l’andare del tempo.
Sui modelli di una Terra soggetta a tettonica di espansione la distribuzione degli antichi profili costieri dimostra implicitamente che le acque oceaniche non ricoprivano l’intera Terra, come suggerito, bensì formavano una rete di mari continentali relativamente poco profondi che, a turno, definivano la posizione e la distribuzione degli antichi supercontinenti e degli antichi mari interposti.

Subduzione
Come accennato in precedenza, la subduzione delle croste al di sotto dei continenti è un artefatto del requisito di base della tettonica a placche relativo a un raggio terrestre costante, per mantenere il quale le nuove croste oceaniche che si accumulano lungo le dorsali medio-oceaniche in estensione devono essere continuamente smaltite altrove, dislocando e riciclando tramite subduzione croste preesistenti nel mantello. Moderni studi planetari hanno evidenziato tale processo in quanto prerogativa del pianeta Terra e, di conseguenza, senza subduzione la tettonica a placche non può esistere.
Nella teoria della tettonica a placche le zone di subduzione contraddistinguono i siti di down-welling [accumulo e sprofondamento di acqua ad alta densità e bassa temperatura attraverso acque di minore densità e temperatura più elevata; ndt] convettivo della crosta terrestre nonché di parte del mantello superiore. Si postula che le zone di subduzione esistano presso i confini convergenti della placca attorno ai margini dell’Oceano Pacifico, dove le placche crostali oceaniche e continentali convergono con altre placche e sono immerse alla profondità di circa un centinaio di chilometri, riciclando in tal modo crosta, sedimento e acqua intrappolata nel mantello profondo.
Su una Terra soggetta a tettonica di espansione la subduzione di un ammontare compreso fra 5.000 e 15.000 chilometri di crosta oceanica del Pacifico sotto l’America del Nord non risulta necessaria. Tutti i dati frutto di osservazione correlati alla subduzione registrano semplicemente l’interazione crostale fra spesse croste continentali adiacenti e relativamente sottili croste oceaniche durante costanti cambiamenti della curvatura della superficie. Al contrario, man mano che il raggio terrestre aumenta col tempo, la curvatura della superficie della Terra si appiattisce, dando origine a interazione crostale e urti delle placche lungo i loro margini mentre si estendono e deformano durante l’appiattimento indotto dalla gravità.

Orogenesi
Nel contesto della teoria della tettonica a placche è opinione comune che l’orogenesi derivi dalla collisione fra antiche placche mentre queste si spostano in modo casuale sulla superficie terrestre sotto l’influsso delle correnti convettive del mantello. In altre sedi alcuni ricercatori hanno di conseguenza tratto la conclusione che dato che l’espansione della Terra è un processo radiale, e quindi estensionale, tale processo non è in grado di spiegare la compressione necessaria all’orogenesi. Quantunque apparentemente logica secondo la prospettiva della tettonica a placche, tale conclusione è illogica dalla prospettiva della tettonica di espansione. Man mano che il raggio terrestre aumenta, la crosta continentale deve deformarsi, flettersi, torcersi e girare mentre si appiattisce e conforma costantemente durante i cambiamenti della curvatura della superficie. Nel corso di tale costante processo di appiattimento crostale indotto dalla gravità, la compressione provoca corrugamento dei sedimenti morbidi all’interno dei bacini sedimentari, nonché faglie, intrusione vulcanica e metamorfismo (riscaldamento e compressione delle rocce).
Quando, 200 milioni di anni fa, i continenti iniziarono a frantumarsi e disperdersi, bordi dei continenti di nuova formazione si piegarono e si ersero verticalmente a formare le imponenti scarpate e catene montuose mentre le parti interne crollarono durante il costante cambiamento della curvatura della superficie. Tale processo è ciclico durante il costante aumento del raggio terrestre, sfociante in molteplici e sovrapposte fasi di orogenesi, planazione, sedimentazione, sollevamento ed erosione.

Passate misurazioni del raggio terrestre 
Si ricorse per la prima volta a misurazioni paleomagnetiche durante gli anni Sessanta e sino ai primi anni Settanta, allo scopo di determinare l’antico raggio terrestre. Le informazioni derivate vennero quindi impiegate nel tentativo di risolvere una volta per tutte la controversia relativa all’eventuale aumento del raggio terrestre. Gli esiti della ricerca si configurarono nella conclusione che il raggio terrestre non sta aumentando, il che naturalmente da allora ha spostato l’opinione pubblica verso la tettonica a placche senza che le implicazioni di tale esito venissero comprese appieno.
Anche se vari ricercatori fecero ogni sforzo per presentare dati di qualità e una valida metodologia, bisognerebbe comprendere che all’epoca esisteva scarsissimo accordo su una potenziale espansione della Terra.
Quel che i ricercatori non capirono fu il significato delle posizioni dei poli magnetici determinate in base a formule paleomagnetiche convenzionali; si tratta di posizioni dei poli virtuali, non di posizioni effettive. In virtù di tale svista, costoro allora formularono supposizioni erronee a riguardo dell’applicazione dell’antica latitudine e colatitudine per determinare il raggio.
Quando, ad esempio, si usano in modo corretto le posizioni della tettonica di espansione relative ai dati dell’Africa, i dati paleomagnetici, in contrasto con le conclusioni pubblicate, quantificano in modo conclusivo il raggio di una Terra soggetta a tettonica di espansione durante il Triassico.
Questo, unitamente ai tracciati di poli nord e sud diametralmente opposti, costituisce la prova definitiva a sostegno di una Terra in espansione.

Misurazioni geodetiche spaziali
La geodesia spaziale è una moderna tecnologia che utilizza satelliti e radiotelescopi per misurare di routine le dimensioni della Terra e gli spostamenti delle placche dei continenti con precisione sub-centimetrica.
Negli anni Novanta, quando si installarono stazioni di terra sufficienti a formare una rete globale, si è rilevato che l’eccesso globale del raggio era pari a 18 millimetri all’anno – vale a dire che le misurazioni hanno indicato che la Terra si stava espandendo di 18 millimetri all’anno.
La NASA considera tale valore “estremamente elevato”, se paragonato ai tassi di deglaciazione previsti durante lo scioglimento delle calotte polari, stimati in misura inferiore ai 10 millimetri all’anno.
Di fatto i ricercatori “si aspettavano che per la maggior parte…le stazioni avranno spostamenti in ambo i sensi di solo alcuni millimetri/anno” e si spinsero a raccomandare che il moto verticale fosse “ristretto a zero, poiché tale valore è più consono alla reale situazione, che uno spostamento medio di 18 millimetri/anno (S. Robaudo e C. G. A. Harrison, 1993).
Ora tale raccomandazione si rispecchia nelle attuali soluzioni matematiche per il raggio globale, dove le soluzioni globali sono di fatto vincolate a zero.
Tali raccomandazioni sono giustificate in base a una prospettiva di tettonica a placche.
L’eccesso calcolato di 18 millimetri all’anno è stato considerato un errore di correzione atmosferica, quindi è stato semplicemente azzerato.
Va apprezzato il fatto che senza l’ammissione di un potenziale aumento del raggio terrestre, la NASA non aveva altra opzione se non quella di correggere tale valore a zero e quindi adottare la premessa di un raggio terrestre statico.
Ad ogni modo, secondo la prospettiva di una Terra soggetta a tettonica di espansione l’eccesso di 18 millimetri all’anno equivale all’attuale valore di aumento del raggio terrestre pari a 22 millimetri/anno, determinato in modo indipendente in base a misurazioni di aree di allargamento dei fondali marini.

TETTONICA DI ESPANSIONE COME VALIDO FATTO SCIENTIFICO
In termini semplici, ora è possibile delimitare con precisione il processo della tettonica di espansione dall’inizio del tempo geologico a oggi; un risultato mai raggiunto in precedenza, che di per sé stesso quantifica la tettonica di espansione.
Tramite l’impiego di moderni dati geologici e geofisici globali si è dimostrato che la nostra Terra è andata soggetta a una espansione costante durante il Supereone Precambriano, prima di una espansione in rapida accelerazione nel corso di ere più recenti, nonché a frantumazione continentale e apertura dei moderni oceani nel periodo compreso fra gli ultimi 200 milioni di anni sino al presente.
Grazie a questi moderni dati geologici e geofisici, ora disponiamo dei mezzi utili a quantificare con precisione il processo di espansione della Terra, rendendo assai propizi i riscontri a sostegno dell’espansione.
Ad ogni modo, allo scopo di accettare la tettonica di espansione come valida concezione di tettonica globale dobbiamo essere disposti a eliminare la premessa di un raggio terrestre costante, onde incoraggiare le ricerche attive inerenti a teorie alternative a quelle di tettonica globale correntemente accettate.    ∞

(Fine parte 2; originariamente pubblicato su NEXUS nr. 87; la prima parte a questo link)


L’autore:
Il Dr. James Maxlow, nato in Inghilterra nel 1949, si è trasferito in Australia nel 1953. Ha una laurea in geologia (1971) conseguita presso il Royal Melbourne Institute of Technology nonché una laurea di secondo grado (1995), seguite da un dottorato in geologia con specializzazione in tettonica globale (2002), conseguito presso la Curtin University of Technology, Perth, Western Australia. Ha lavorato per oltre 35 anni in gran parte del territorio australiano in veste di geologo minerario e di esplorazione. 
L’interesse del Dr. Maxlow verso l’espansione della Terra scaturisce dal lavoro svolto nella regione del Pilbara, Australia Occidentale.
A scatenare la sua curiosità è stata la possibilità di correlare strettamente i sedimenti stratificati, sino alle più fini laminazioni sedimentarie osservate nei minerali ferrosi, presenti in siti distanti fra loro oltre 300 chilometri.

Il Dr. Maxlow ha immaginato che questa struttura a cupola sia un frammento preservato dell’antica Terra, con la cupola tettonica che rispecchia il raggio dell’antica Terra. Prima di riuscire a far ritorno all’università sono occorsi altri 15 anni di lavoro e di impegni dovuti alla gestione di una famiglia.
Da quando ha conseguito i suoi titoli accademici, il Dr. Maxlow è attivamente coinvolto nella diffusione dei pregi della teoria dell’espansione della Terra e ha al suo attivo conferenze in Giappone, Grecia e Australia. Inoltre è implicato nella produzione di software e DVD finalizzati alla promozione della tettonica di espansione terrestre come plausibile alternativa alla tettonica a placche comunemente accettata oggigiorno.
Il Dr. Maxlow ha scritto vari articoli per NEXUS (vedere nr.i 33, 36 e 61); autore di Terra Non Firma Earth, è stato uno degli oratori in occasione del Convegno di NEXUS tenutosi a Brisbane nel 2005 ed è in programma un suo intervento alla NEXUS Conference di luglio 2010 sulla Sunshine Coast, Queensland, Australia.
Per contatti, [email protected]; per ulteriori informazioni, visitate il suo sito web http://www.jamesmaxlow.com.


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