stavolta gli inglesi ci battono alla grande! Pensate
che il
canale televisivo Channel 4 sta per mandare in onda un reality show,
dall’emblematico titolo “Guantanamo Guidebook”, nel quale sette
volontari
maschi verranno sottoposti a tortura ricreando alcune delle pratiche
utilizzate
nella famigerata base navale americana. Lo scenario, ricreato basandosi
su
alcuni documenti declassificati ottenuti da fonti statunitensi,
verrà allestito
in un magazzino di Londra, dove i sette volontari, tre dei quali
musulmani,
subiranno per 48 ore le forme di tortura più “blande”, come la
privazione del
sonno, l’utilizzo di temperature estreme e “leggeri” contatti fisici,
oltre a
nudità forzata e umiliazioni fisiche e religiose. Gli annunci
pubblicitari per
reclutare queste persone chiedevano quanto “duri” fossero… Secondo i
produttori, il programma fa parte di un pacchetto più ampio,
inteso ad
esaminare il diffuso uso della tortura e valutare se sia giustificato
in questa
cosiddetta “guerra al terrorismo”.
Guerra al terrorismo? Se
volete farvi un’idea di cosa sia il
terrorismo, e di chi siano i veri terroristi, vi racconterò la
storia di un
medico iracheno, attualmente rifugiato ad Amman e minacciato dalle
truppe
statunitensi qualora rimettesse piede in Iraq. La colpa di questo uomo
è stata
quella di raccontare, con tanto di prove fotografiche e video,
ciò che ha visto
durante i due assedi di Falluja, in particolare durante il secondo. Per
questo
motivo, ha subito tre irruzioni in casa sua da parte degli americani,
ed è
stato costretto ad abbandonare il paese.
Quando entrò nella
città a dicembre, al seguito di un convoglio
umanitario britannico, vide che era come se Falluja fosse “stata
devastata da
uno tsunami”. Afferma che il disastro causato da questo secondo assedio
è di
gran lunga peggiore del primo, e a titolo di esempio racconta la storia
di una
ragazza di sedici anni, rimasta per tre giorni chiusa in casa coi
cadaveri dei
suoi familiari. Quando i soldati irruppero nella sua abitazione, ella
vi si
trovava in compagnia del padre, della madre, del fratellino di dodici
anni e
delle due sorelle. Vide i militari entrare e sparare direttamente a suo
padre e
a sua madre, senza proferire parola.
La ragazza riuscì a
nascondersi dietro il frigorifero col
fratellino, giusto in tempo per vedere le due sorelle prima picchiate e
poi
colpite alla testa. A questo punto il fratellino, sconvolto, corse
urlando
verso i soldati, solo per essere ammazzato pure lui.
Per paura di essere uccisa
anche lei, rimase in quella casa senza
cibo e senza acqua per tre giorni, prima di essere infine soccorsa e
portata in
un ospedale.
Questo medico ha numerose
storie di questo tenore da raccontare,
tutte documentate, e mi limiterò a riportarvene solo alcune.
Ad esempio, il bombardamento
della clinica Hay Nazal durante la
prima settimana di assedio: conteneva tutti gli aiuti umanitari
stranieri e le
apparecchiature mediche che avevano a Falluja, e per questo era stata
segnalata
ai comandanti delle truppe statunitensi affinché non la
bombardassero. Neanche
a dirlo, fu bombardata per ben due volte durante la prima settimana. E
laggiù
chiunque sa che anche tutte le ambulanze e i medici furono bersagli
privilegiati. Ma una storia davvero interessante, ben documentata e per
la
quale lui e altri colleghi stanno cercando di far incriminare i
militari USA
avvenne verso la fine di novembre:
“Durante la seconda
settimana dell’assedio arrivarono annunciando
che tutte le famiglie dovevano lasciare le proprie abitazioni e
radunarsi ad un
incrocio stradale portando bene in vista delle bandiere bianche.
Diedero 72 ore
di tempo, dopodichè sarebbero stati considerati dei nemici.
Quanto vado a
raccontare è documentato su video: una famiglia di dodici
persone, fra le quali
un parente col figlio di sette anni, sentito questo annuncio,
radunò tutto il
cibo e il denaro che avevano e si avviò sventolando le bandiere
bianche. Quando
raggiunsero l’incrocio dove si stavano radunando le famiglie, udirono
qualcuno
urlare in inglese “Ora!” e cominciarono spari provenienti da ogni dove.
Pur se
avevano in mano le bandiere bianche, secondo la testimonianza di un
giovane di
questa famiglia, la madre fu colpita alla testa e il padre al cuore.
Poi in
successione le due zie, e poi suo fratello; quando si alzò da
terra per gridare
aiuto, anche lui fu colpito sul fianco.
Dopo un po’, alzò il
braccio in cerca di aiuto e fu colpito al
braccio. Dopo un altro po’ alzò debolmente la mano e fu colpito
alla mano. Un
bimbo di sei anni, appartenente a questa famiglia, stava piangendo
disperato
fra i cadaveri e fu colpito anche lui. Insomma, chiunque si muovesse
veniva
colpito.”
Tutto questo è
documentato da foto dei cadaveri e delle ferite sui
sopravvissuti.
Col sopraggiungere
dell’oscurità, alcuni dei sopravvissuti
riuscirono a strisciare sino a un edificio, dove rimasero per otto
giorni
curando le ferite infette con olio da cucina e mangiando radici e
qualche
dattero.
Interessante, ma troppo
lungo da riportare qui, il modo in cui in
seguito furono girati filmati propagandistici ad un checkpoint, nel
corso dei
quali venivano offerti 200 dollari a famiglia per tornare a Falluja, in
modo da
poter essere riprese dalle telecamere e mostrare gli abitanti che
rientravano
in città, quando invece nessuno neanche si sognava di tornarci.
Ora, se avete letto il mio
intervento precedente (a proposito: a
causa di un errore, per i primi due giorni è stata inserita
un’immagine che non
c’entrava niente con Laura Bush, e in molti si saranno chiesti cosa
volesse
dire…) capirete ancora di più le mie perplessità in
merito al rapimento della
giornalista Giuliana Sgrena, dato che guarda caso aveva appena raccolto
testimonianze di esuli da questa città…
E allora, osservate bene
questo individuo: è il generale James
Mattis che recentemente, parlando dell’Iraq, ha dichiarato in un
discorso
pubblico quanto sia divertente sparare a certa gente…