Sappiamo tutti oggi cosa sia un’app, una chat e via discorrendo: sono cose, ormai, divenute familiari a chi naviga sul web, e chi leggerà questo articolo avrà di sicuro un minimo di dimestichezza e conoscenza per questa tipologia di strumenti.
Oggi attraverso una app si può ascoltare musica, informarsi, guardare le previsioni meteo, perfino ordinare il cibo al ristorante più vicino, e – ovviamente – conoscere persone nuove.
L’apparente potere che questi strumenti danno è insuperabile: tutto diviene a portata di click, eppure ordinare delle persone… è cosa ben diversa dall’elenco di funzioni in precedenza citate.
Oggi – e non è poco – siamo arrivati al punto che con questi strumenti possiamo conoscere individui in qualunque parte del mondo, e contemporaneamente anche in un certo raggio chilometrico, da qualsiasi punto ci troviamo, in qualunque momento del giorno e della notte.
Una vera bulimia d’incontri insomma, un trionfo della socialità si potrebbe pensare, eppure tutto questo è solo e semplicemente apparente: questi strumenti, infatti, stanno provocando una solitudine che forse non si è mai conosciuta nella storia umana, almeno nella parte di storia che tutti noi oggi conosciamo.
Oggi le persone s’isolano sempre di più, anche se credono di essere “connesse” e in compagnia di più e più persone, cosa che non potrà mai renderle sole.
Questo paradosso in realtà è un’impostura, e i motivi – a pensarci bene – sono davvero evidenti.
“Non è possibile essere soli oggi”, penserebbero l’adolescente o l’adulto ancora inconsapevoli di questi aspetti.
“Io Accendo l’app e/o la chat e vedo carrellate di uomini e donne – spesso perfino nudi! – e posso scegliere da catalogo quello che più mi piace”, potrebbero ancora obiettare.
Il punto è che siamo talmente presi da questi meccanismi che non ci accorgiamo che sono loro a possedere noi, dato che definiscono molti dei nostri rapporti, impedendoci – de facto – di conoscere persone per relazioni più intense e profonde – cose indispensabili, tra l'altro, per la crescita e la maturazione di chiunque – e finché saremo in loro compagnia, sarà solo con loro che intratterremo delle autentiche relazioni.
Queste app e chat, inoltre, comportano non solo una bulimia fisica – che appaga gli istinti più “bassi” – ma anche una specie di bulimia emotiva, dato che inconsciamente ci convinciamo che vedere una persona per un piccolo periodo sia – quasi quasi – il massimo di relazione che possiamo permetterci, viste le “complicazioni” che ogni volta “sorgono” e visto che sulle applicazioni ci sono altri “corpi” che ci stanno aspettando, magari ancora più belli di quello che abbiamo appena incontrato.
Insomma, in questa collezione di figurine umane, i rapporti si sgretolano sempre di più: siamo ormai allo shopping, al vero consumismo umano di massa, e questo è profondamente triste, perché alla fine tutti usiamo e siamo usati.
Qualcuno obietterà che sulla rete nascono anche amicizie, perfino degli amori: certo che è così, ci mancherebbe, ma possiamo davvero negare la dipendenza che questi strumenti stanno avendo sulle nostre vite?
Possiamo davvero negare lo stravolgimento – anzi la distruzione – dei rapporti umani che in generale stanno provocando?
Oggi siamo tutti soli, e per giunta sempre più cinici e aridi dal punto di vista affettivo, anche se perennemente connessi al telefonino e convinti di avere mille e più amici virtuali.
Questi meccanismi, in sostanza, ci stanno svuotando l’emotività, ecco la vera realtà delle cose:
ci stanno fregando le emozioni, i sentimenti, nonché la possibilità di fare esperienze che – ripeto – sono per tutti molto importanti.
Per ripiegare a tutto ciò, siamo – sempre di più – innamorati di noi stessi e in preda al nostro ego, a tal punto che non riusciamo a vedere questa macroscopica solitudine né soprattutto il quadro d’insieme.
La verità è che una società che non è libera di salutarsi, di conoscersi per strada, scambiare quattro chiacchiere e avere perfino la libertà di dire “Ti trovo carina o carino” – e che è costretta a farlo solo in contesti virtuali, “bui”, perlopiù caricati di moltissima repressione – è semplicemente una società malata.
Non dico che queste tecnologie siano sbagliate in sé – potrebbero perfino essere utili – ma è la società a esserlo, specie se diventa schiava di strumenti così mortificanti per le relazioni umane.
Il risultato di tutta questa virtualità, comunque, è che sempre più gente è incapace di avere dei rapporti, di qualunque genere essi siano, perfino di incontrare altre persone; ma non solo, i sentimenti umani divengono sempre più banalizzati e di facciata, dato che bisogna conoscere, conoscere e ancora conoscere, per poi rimanere – senza avere il tempo di accorgersene, ovviamente – sempre con un pugno di mosche in mano.
Una maturità affettiva oggi – mi duole dirlo – si può sviluppare solo affrancandosi da queste tecnologie, o meglio cercando di ridurle ai minimi termini e – magari – per periodi strettamente necessari.
Solo così potremo avere delle relazioni appaganti che ci facciano stare bene: tutta questa compulsività infatti, unita alla frenesia che questi giochini comportano, impediscono il sorgere di qualunque tipo di sentimento.
L’amore con gli altri – e per gli altri – resta davvero una significativa esperienza, specie se si incontrano persone sulla nostra lunghezza d’onda (tutto è energia, ricordiamocelo sempre).
Impedirselo in questo modo, dunque, è un vero e proprio atto di auto-sabotaggio, una ferita che ci porterà solo tristezza, cinismo, rancore e gratuita cattiveria, nei riguardi di noi ma anche – e soprattutto – del nostro prossimo.
Fonte: www.gabrielesannino.com