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LE CAUSE MISTICHE DELLA GUERRA IN SIRIA E L’ACCELERAZIONE DEI TEMPI

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«Se dici: “Sono ebreo”, nessuno si commuove.
Se dici: “Sono romano”, nessuno trema.
Se dici: “Sono greco, barbaro, schiavo o libero”, nessuno si agita.
Ma se dico: “Sono cristiano!”, il mondo trema»
(Vangelo di Filippo)

«Ecco, Damasco è tolta dal numero delle città e non sarà più che un ammasso di rovine»
(Isaia)

È un po’ arduo scrivere in poco spazio un argomento come questo perché i temi soggiacenti sono molti e si possono qui solo accennare. In primo luogo la premessa è quella di chi non teme di seguire una lettura metafisica della Storia, e che a volte le cause dei conflitti o di certi eventi non siano quelli ufficiali del mero interesse economico, politico o geopolitico, ma che vi possa essere anche (e soprattutto) dell’“altro”. In questo “altro” si affaccia una sorta di terza dimensione della geopolitica, che vi proietta un aspetto verticale, religioso, o come in questo caso esoterico-mistico, dimensione non ignota a chi detiene il vero potere. Questa è la premessa. Si vaglierà quindi una serie di concezioni che sono giustificate più secondo le nozioni dell’esoterismo e dell’occultismo ma che, d’altra parte, trovano una conferma o almeno punti di tangenza, con l’escatologia e la letteratura apocalittica delle principali religioni esoteriche coinvolte.
Senza voler essere presi per ingenui visionari o essere accusati di eccessivo idealismo storiografico, riteniamo legittimo informare quanto meno sulle possibilità di questa “terza dimensione” e offrire un piano di lettura in più, oltre quello orizzontale.

La Siria è un territorio particolare, di sicuro interesse per geomanzia e geografia sacra come anche per la storia sacra. Nella provincia romana di Siria nacque per la prima volta la parola “cristiano” e qui nacque una delle prime chiese cristiane, quella siriaca, o “antiochena”. Ma non si esaurisce qui il motivo per cui la Siria è un territorio di rilevanza geomantica: un insegnamento poco diffuso, contenuto in alcune comunicazioni private di R. Guénon, la prima ad Arturo Reghini nel 1935, la seconda a Vasile Lovinescu nel 1936, ci informa dell’esistenza di sette centri di irradiazione di forze oscure, propriamente contro-iniziatiche, sparsi nell’ “isola del mondo”, fra Eurasia ed Africa (o meglio, non vi sarebbero nell’Europa propriamente detta e nelle Americhe, dove però si possono trovare centri minori di cui uno molto importante in California). Guénon ne parlava come delle “Sette torri del diavolo” e secondo questo insegnamento avrebbero relazione sia con i sette pianeti del settenario antico, di cui incarnerebbero ciascuno una qualità, sia con le sette stelle della costellazione dell’Orsa Maggiore, il cui schema geometrico riprodurrebbero sulla Terra .
Di queste “torri” una sarebbe verso il delta del Niger, nell’area di cultura Yoruba, centro di irradiazione di culti animistici con una ben nota inclinazione al demonico; un’altra torre sarebbe in Sudan, (Nubia e Alto Egitto, antico centro del culto di Seth); un’altra nel “Turkestan”, forse il Turkestan cinese, provincia del Xinjiang  (altra area “calda” di instabilità geopolitica); una sui rilievi del Jebel Sinjar vicino Mosul, nel Kurdistan iracheno. Altre due torri non vengono situate in modo preciso e si troverebbero una sugli Urali e una in Siberia alla foce dell’Ob. Ne rimane una, che viene situata proprio in Siria, e che Guénon mette in relazione con gli Ismaeliti (les Ismaïliens et quelques autres sectes assez suspectes) ma che invece dovrebbe avere un riferimento ben più antico nel Monte Hermon su cui si innesta la tradizione apocrifo-enochiana degli “Angeli Caduti”.
A prescindere dalla lettura guénoniana, a volte discutibile per via di certi suoi pregiudizi antignostici (esemplare la sua erronea assimilazione degli Yezidi alla contro-iniziazione), possiamo limitarci ad osservare l’essenza di questa informazione, che indica dei “luoghi di potere”, anche volendo prescindere dalla collocazione più o meno esatta nel contesto di quella che lui chiama Contro-iniziazione (del resto generalmente è impossibile un’attribuzione univoca perché dove si manifesta maggiormente una forza si trova parimenti anche la sua polarità opposta, sebbene una delle due possa prevalere). Anche secondo questa serie di informazioni la Siria risulterebbe un luogo già denso di tali “luoghi di potere”. Densità che si accresce perché in Siria si trova, come anche il Libano, territorio storicamente e geograficamente connesso con la Siria, un gran numero di culti e confessioni, che ne fanno un mosaico multi-religioso, a fianco all’Islam, religione maggioritaria ma non esclusiva. I cristiani sono circa due milioni e mezzo (dato di prima della guerra), e in questo numero vi sono rappresentate le confessioni cristiane più antiche: greco-ortodossa antiochena, maronita, melchita, caldea, armeno-cattolica, nonché l’antichissima Chiesa ortodossa siriaca, monofisita (non segue il concilio di Calcedonia), che nasconde un’eco dell’antico gnosticismo cristiano in quanto, riconoscendo la sola natura divina del Cristo, adombra in forma teologica la distinzione gnostica fra Gesù e Cristo.
Non dissimile la situazione dell’Islam che vede rappresentate la maggior parte delle correnti islamiche, quella sunnita, prevalente, quella sciita duodecimana, e una serie di sette minori, fortemente eterodosse, tanto che ancora si discute se appartengano effettivamente all’Islam (al cui testo sacro si appoggiano) oppure se siano piuttosto delle religioni autonome, avendo in effetti delle scritture proprie. Tali sono ad esempio i Drusi, o gli Alawiti, alla cui ultima corrente appartiene anche la famiglia del presidente siriano Assad. Tali correnti hanno un fondo esoterico, essendo l’insegnamento completo della dottrina dato per gradi, e solo a chi si impegna in tal senso, a volte la “porta dell’adesione” essendo persino chiusa, e presentano tratti fortemente gnostici, in alcuni casi sincretici: credono nella metempsicosi, e l’assimilazione all’Islam potrebbe essere più che altro il frutto di un processo di inclusione/inculturazione finalizzato a garantirne la sopravvivenza politica.
A questo quadro vanno poi aggiunti i non meno misteriosi Yezidi, seguaci dell’ “Angelo Pavone”, anch’essi con tratti propriamente gnostici, erroneamente dagli islamici ortodossi assimilati a poco meno che “satanisti”. In realtà yazdismo, che conta fedeli soprattutto fra i curdi, è forse il residuo di una dottrina gnostica pre-islamica, con forti influenza di dualismo iranico.
Tale il quadro religioso e spirituale della Siria, che annovera quasi tutte le principali religioni dell’area mediterranea e soprattutto, ciò che è più significativo, nelle forme più antiche e originarie, a tratti quasi dimenticate.

Questa presentazione serve a far capire l’estrema “densità” dello spazio geo-religioso siriano oltre alla già detta rilevanza geomantica, se diamo per buona la dottrina riferita da Guénon.
A questo punto è necessario, per comprendere il senso della nostra esposizione, tornare indietro, esponendo quanto seguirà non nel quadro di una qualche teologia specifica ma in un’ottica metareligiosa o esoterica.
La Siria si trova su una linea particolare di progressione su cui sembrano manifestarsi, ad ogni cambio di eone o era astrologica, scandita dalla precessione del punto equinoziale, le discese “avatariche” del principio supremo (se per analogia ci rifacciamo alla corrispondente teoria induista) o almeno di qualche grande “personalità spirituale”, profeta o messaggero divino che segna l’apertura di tale ciclo, almeno per il contesto religioso occidentale-mediterraneo (per l’ambito orientale il discorso sarebbe più complesso e comporterebbe l’apertura di una riflessione più ampia). Non potendo risalire troppo indietro la nostra memoria storica, consideriamo la fine dell’età del Toro (la civiltà minoica o il  Medio Regno in Egitto, ad esempio), simboleggiata dalla distruzione del Vitello d’oro, come la crisi della civiltà religiosa egizia (seppur fatta rifiorire politicamente dall’impero della Dinastia ramesside), come inizio della nuova era. Il sacerdote egizio Mosé (Tut-Mosi, in egiziano) probabilmente un gran sacerdote di Amon, oppure di Aton, come riteneva Freud, si sarebbe allontanato dall’Egitto portandosi dietro diversi fuoriusciti egiziani, che sfuggivano alle persecuzioni contro il culto di Aton introdotto dalle riforme dello sventurato faraone Amenotes, e gruppi di popolazioni semitiche, letteralmente inventando dal nulla un popolo “ebraico”. Diciamo così perché la prima attestazione scritta dell’esistenza di un popolo ysrỉr (cioè Israele) è di poco successiva ed è la stele del Faraone Meremptah. Mosè creò anche la religione ebraica, prendendo tratti del culto di un sanguinario dio locale della guerra e della montagna dei popoli del Sinai (la tribù di Jetro). Tale nuova fondazione avvenne sotto il segno dell’Ariete nel deserto del Sinai. Su questa linea ancora, risalendo verso nord, si trova Gerusalemme, capitale del successivo regno di Israele, poi provincia romana, nella quale alla fine dell’era dell’Ariete e all’inizio dell’era dei Pesci (Ychthys = pesce, anagramma del sotér cristiano) si manifestò appunto il Cristo. È per questa ragione che nella religione cristiana è simboleggiato il sacrificio dell’Agnello, non solo come simbolo del sacrifico eucaristico ma anche, esotericamente, allusione alla chiusura dell’era precessionale precedente, quella aperta con la legge mosaica. Quanto al successivo passaggio storico verso l’Acquario un cenno se ne trova nel Vangelo di Marco: “Egli mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate in città, e vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo; dove entrerà, dite al padrone di casa: – Il Maestro dice: ‘Dov’è la stanza in cui mangerò la Pasqua con i miei discepoli?'” (Mc 14.13-14); l’ uomo che “porta la brocca d’acqua” essendo appunto l’Acquario e il “padrone” essendo il Sole, ossia Gesù stesso, che entra nella casa dell’Acquario. Un riferimento astrologico al passaggio fra Pesci ed Acquario si trova anche in una scrittura buddhista (cfr. Sutra della Luce dorata, Je Tzong Khapa Edizioni).
Ora, mentre i passaggi di ere non sono perfettamente costanti in termini cronologici (circa 1400 anni fra Mosè e Gesù; più di duemila la durata dell’era dei Pesci) – anche in ragione della differente ampiezza reale delle costellazioni, diversa da quella convenzionale basata sulla divisione per dodici dell’eclittica – gli spazi che separano i luoghi lungo questa “linea” ideale sono costanti: la distanza che separa il Nilo dal monte Sinai è grosso modo duecento chilometri, ma duecento chilometri è anche la distanza che separa con una certa approssimazione l’area del Sinai da Gerusalemme. Sarebbe pensabile che il luogo di un prossimo evento di portata planetaria possa collocarsi a 200 km da Gerusalemme sulla direttrice Nord. Damasco, capitale della Siria, si troverebbe esattamente a quella distanza e su quella direzione, proseguendo la linea leggermente curva che a partire dall’eone del Toro costeggia e risale il Mediterraneo.
Qui si appunta il vero nodo della questione, non tanto sull’ipotesi, invero poco oppugnabile, che sarà proprio a Damasco (poi vedremo quali fonti del profetismo ne diano ulteriore conferma), quanto sul “chi” si manifesterà… poiché qui si incontrano e si scontrano le tradizioni apocalittiche delle tre religioni del Libro. Essendo la tradizione principale di riferimento quella più articolata, cioè quella cristiana, legata essenzialmente al misterioso testo dell’Apocalissi giovannea, non si può ignorare che la rivelazione in questione parli di una seconda discesa del Cristo (Parusìa). Quindi, almeno per quanto riguarda chi assume questo filone della rivelazione, la Tradizione sembra annunciare almeno per lo spazio mistico dell’Occidente, come futuro “avatara” divino (ci si permetta l’uso analogico di questo tecnicismo) lo stesso Cristo, che si manifesterà nella prossima era precessionale, ormai non troppo lontana. Non serve aggiungere che la natura di questo “Cristo” non coincide automaticamente con quella postulata dalla cristologia cattolica o dalla religione convenzionale, ma questo non è argomento della nostra trattazione…

Le fonti islamiche peraltro, soprattutto quelle sciite, la corrente relativamente più “esoterica” dell’Islam (secondo il giudizio di H. Corbin), concordano sul tema della seconda venuta del Cristo o meglio, secondo le fonti islamiche (che non ne riconoscono propriamente la natura “cristica”) di Gesù (ʿĪsā). Nell’apocalittica islamica si fa anche riferimento ad una figura analoga, il Mahdi ( = “Il ben guidato”), il quale assume per gli sciiti duodecimani un particolare significato, essendo in realtà la seconda manifestazione del Dodicesimo imam, che si sarebbe “occultato” nell’anno 874. Il profetismo islamico-sciita si salda in un certo senso con quello cristiano perché sia il Mahdi cheʿĪsā si manifesteranno nello stesso tempo, prima del Giudizio (yawm al-dīn). E Īsā ibn Maryam, il Cristo figlio di Maria, si paleserà proprio a Damasco, secondo la profezia islamica, nel minareto della Moschea degli Omayyadi, che gli è “destinato” e che infatti è chiamato minareto di Isa. Il suo compito sarà quello di difendere i credenti dal Dajjal ( = Mentitore, falso Messia), l’equivalente dell’Anticristo. Un hadith recita esattamente:
“E mentre il Dajjal sarà occupato da queste cose, Dio invierà il Messia figlio di Maria, che discenderà presso il bianco minareto orientale di Damasco (…) e non è permesso a nessun miscredente di sentire il profumo della sua bocca senza morire. Quindi lo cercherà, finché lo raggiungerà alla porta di al-Ludd (presso Gerusalemme), e visto Gesù, il nemico di Dio si scioglierà come il sale si scioglie nell’acqua.”

Poi il Mahdi e Gesù il Messia governeranno insieme e collaboreranno per portare la pace e la giustizia sulla Terra e addirittura un hadith afferma che pregheranno insieme. Il regno di Gesù (che per la teologia islamica non è mai morto ma assunto con il corpo fisico in Cielo, apertis verbis: passato integralmente e senza residuo ad un altro stato di  esistenza) durerà 40 anni e alla sua morte vi sarà il giudizio finale. È interessante che anche nell’Apocalisse giovannea si affaccia una parusia intermedia, un regno del Cristo della durata di mille anni, che sarà poi seguito da un’ultima battaglia contro Satana e poi dalla Parusia definitiva. Tale interpretazione non è “canonica” nel magistero cattolico, tuttavia è diffusa e sembra alludere al fatto che tale ritorno, come nella profezia islamica, sarà per un periodo temporaneo e non definitivo. Un altro dato interessante, su cui ritorneremo, è che nella profezia islamica l’Antricristo si troverà nell’area di Lod (in arabo al-Ludd) una località nei pressi di Tel Aviv, attuale capitale dello Stato di Israele, cosa che ne rafforza il profetismo dato che Gerusalemme e le altre località limitrofe furono conquistata all’Islam quasi subito, sotto il terzo Califfo e forse addirittura prima della effettiva redazione di quell’hadith, e non può quindi trovare fondamento nella politica dell’epoca.
Vi è anche però il fronte della letteratura apocalittica ebraica. Senza entrare troppo nello specifico delle varie scuole e correnti, la visione escatologica prevalente nell’ebraismo è anch’essa millenarista: prevede un tempo sacro di “sei giorni”, ciascuno di mille anni. L’ultimo sarà il giorno dello shabbat, un’era che durerà mille anni sotto la guida del Masiach atteso dal popolo di Israele. Si ritiene che oggi sia verosimilmente prossimo l’arrivo di tale Messia.

La condizione dell’ebraismo è particolare. Privo di un sacerdozio, il sacerdozio Kohanim che la religione ebraica non possiede più dalla distruzione del Secondo Tempio (i suoi rabbini non essendo che degli esperti di diritto), esso nulla è se non la perpetuazione della Vecchia Legge, quasi un fossile spirituale, residuo psichico dell’Era dell’Ariete che – a differenza di altre antiche religioni, come lo zoroastrismo – non è più contenitore di un’ordinazione sacerdotale. Come tale esso si dibatte fra un ebraismo riformato, che accetta questa desacralizzazione e si conforma all’egualitarismo e al laicismo moderno, e uno conservatore che crede che il Messia ripristinerà i sacrifici e l’ordine sacerdotale innalzando il Terzo Tempio. In realtà il messianismo è centrale nella cultura ebraica degli ultimi duemila anni, ma assume un ruolo teologico-politico essenziale nell’ultimo mezzo secolo, e soprattutto ora, con la destra ebraica al potere in Israele. Dall’originario modello politico laico-socialista, lo Stato di Israele si sta trasformando sempre più in uno Stato etnico-identitatio e talmudico, che aspira ad assimilarsi all’Eretz Israel del mito religioso. Ma l’edificazione stessa dell’entità sionista è già di per sé un atto di orgoglio umano, perché solo il Santo può ricostruire il Regno di Israele. Per questo, dal punto di vista religioso, il sionismo politico è un vero abuso. I rabbini più ortodossi non riconoscono l’entità sionista e alcune scuole religiose come i Naturei Karta la condannano apertamente come un atto di blasfemia e orgoglio. L’avvento del Messia sarebbe l’unico evento in grado di dare vera legittimità religiosa allo Stato ebraico stando al vero spirito delle Scritture giudaiche, e questo la dirigenza ebraica lo sa perfettamente.


 

Resta da vedere chi sia il Messia atteso dall’ebraismo e, se esso fosse già stato il Cristo, allora sarebbe ben distante dalle attese del messianismo ebraico che vi attendeva invece un re nazionale. Questa  interpretazione, in realtà da tempo sostenuta anche dai cabalisti cristiani per ragioni di opportunità, è tuttavia il sospetto che gli stessi ebrei hanno e che di recente è tornata di attualità per la scioccante rivelazione postuma del centenario rabbino Ytzak Kaduri, cabalista ed haredì (ultraortodosso), che avrebbe lasciato una “nota profetica sul Messia” la quale, aperta dopo la sua morte (2006), nell’estremo imbarazzo di tutti ha rivelato che il vero nome del Masiah era proprio Yehoshua, Gesù, secondo il metodo cabalistico del notaricon.
Non possiamo rispondere per gli Ebrei, ma il dubbio è: se come, crediamo, quel Logos si manifestò davvero in Yoshua ben Yosef o in qualcuno del suo circolo (suo cugino Giovanni il Battista?) o comunque in quel contesto storico, e se gli ebrei lo hanno mistificato e rifiutato, essi riconosceranno allora la sua missione cosmica oppure di nuovo la disconoscereanno?
E se, dato che le profezie islamiche parlano del Dajjal come “al-Masīḥ al-dajjāl” cioè il falso Messia,  se cioè l’Anticristo avrà dei tratti dichiaratamente messianici, allora c’è da chiedersi se tale Anti-Messia non sarà preso proprio dagli ebrei (e dagli israeliani), o da una parte di essi, come il loro atteso Messia. Quindi il Messia illusoriamente identificato come tale dagli ebrei potrebbe essere il vero Anticristo.

Fermo restando che ciò rimane nell’ambito delle congetture, ci pare tuttavia che questo dato troverebbe ulteriore giustificazione nelle fonti tradizionali, in particolare nell’hadith citato che dice “Egli (Īsā, il Cristo) lo raggiungerà al cancello di al-Ludd”, cioè vicino Tel Aviv, capitale dello Stato Ebraico. Ripetiamo, si tratta di ipotesi, ma questo passo sembrerebbe confermare la possibilità di un’associazione politica fra l’Anticristo e un falso Messia sostenuto da gruppi religiosi ebraici connessi con lo Stato di Israele.
Se le cose stessero così avremmo che le tre personalità escatologiche delle tre religioni del Libro si troveranno ad incarnarsi contemporaneamente: il Cristo, il Mahdi dell’Islam (quello sciita, visto che per i sunniti il Mahdi potrebbero essere il Cristo stesso), e il Masiah (qualunque cosa esso sia) degli ebrei!
E adesso veniamo alla guerra in Siria, cominciata nel 2011. Come siamo arrivati noi, attraverso un ragionamento induttivo, peraltro corroborato dal citato hadith che parla del minareto bianco di Damasco come luogo della futura Parusia nell’eone d’Acquario, così non ci illudiamo che non vi siano pervenuti anche altri, ben prima di noi, soprattutto coloro che traggono dall’“Invisibile” l’origine reale del loro potere. La prima ragione per cui le potenze mondiali si combattono in Siria in una specie di guerra mondiale per procura è che chi controllerà Damasco quando sarà il tempo della Parusia avrà modo di controllare (o penserà di controllare o contrastare se necessario) la forza del Logos che vi si manifesterà. Vi è anche una seconda possibilità complementare alla prima: gli strateghi del potere sionista possono aver valutato cioè quella di un tentativo di “accelerazione” dei tempi della Profezia per favorire la venuta del Messia (o dell’Antimessia a seconda della prospettiva che si adotta). Questo risponde ad una mentalità tipicamente ebraica, una visione quasi meccanicistica del rapporto fra la storia umana e il divino, di poter cioè forzare la mano sui tempi, facendo «accadere», anche se intenzionalmente, certi segni così che i tempi della profezia saranno compiuti. In quest’ottica acquisisce un senso il succedersi di “segni” che si sarebbero registrati in Israele in questo anno: la nascita di un vitello rosso (in realtà frutto di una manipolazione zootecnica, l’impianto di embrioni della razza red angus in vacche autoctone), oppure la fuoriuscita di un serpente, immancabilmente in favore di telecamera, da una fenditura del Muro del Pianto: tutti eventi che dovrebbero anticipare la costruzione del Terzo Tempio. Tali segni, ovviamente artificiali, che sulle prime potrebbero apparire delle semplici boutade propagandistiche, potrebbero invece, se messi insieme, confermare il sospetto di “strategia” di questo tipo. Il fatto che si siano succeduti in tempi così rapidi fa proprio pensare ad un insieme di eventi organizzati in questo senso. Israele ha bisogno del Masiah atteso per trarre piena legittimazione teologica alla sua esistenza politica, agli occhi delle stesse comunità ebraiche che al momento rappresenta solo in modo parziale e discontinuo. In quest’ottica di “compimento” dei tempi, in cui tutti gli eventi annunciati dai profeti dovranno essere avverati prima che il tempo possa dirsi compiuto, rientra anche una profezia di Isaia (17, 1):
“Ecco, Damasco è tolta dal numero delle città e non sarà più che un ammasso di rovine”
che spesso viene citata da alcuni predicatori americani come giustificazione della guerra in Siria, e che gli agenti alleati di Israele hanno fatto di tutto per (quasi) avverare. Il senso tecnico del termine accelerazione dei tempi è esatto, dato che l’era dei Pesci è praticamente conclusa ma quella dell’Acquario non è ancora arrivata, dato che il punto equinoziale non è ancora entrato in Acquario. L’idea di antipicare i tempi della Parusia non è così fantasiosa come si possa pensare, e fu anzi già tentata, in modo infruttuoso, circa un secolo fa dalla Società Teosofica.

Un dato importante da tener presente è che non potrà esservi nessuna Parusia, nessuna venuta, senza precedente manifestazione dell’Anticristo o del falso Messia. È interessante a questo proposito osservare che le fonti talmudiche non parlano di nessun nemico individuale da abbattere, di nessun anti-messia, cosa che ci appare molto sospetta e che potrebbe anch’essa corroborare l’ipotesi che il Masiah ebraico, se vi sarà, potrebbe avere esso la funzione di falso Messia, Dajjal ed Anticristo… Dunque il tempo non sarà compiuto finché, come dice San Paolo (Tes. 2, 6-7), non avrà piena manifestazione il Mysterium iniquitatis, e quindi “non sia tolto di mezzo il katechon che finora lo trattiene”. (Ts. 2,7). Perché l’Anticristo possa effettivamente manifestarsi, o propriamente incarnarsi, sarà necessario che venga tolto di mezzo questo misterioso Katéchon su cui molto si scrive da secoli. Fermo restando che a tale entità simbolica possono corrispondere diversi piani di lettura, a seconda del tempo a cui sono riferiti, è difficile non riconoscere che tale forza “che trattiene” sia ad oggi, e in riferimento alla politica internazionale, esattamente la Russia. Non solo la Russia come nazione ma la sua attuale dirigenza che, fra alti e bassi, ha costituito un argine inatteso alle trionfanti forze atlanto-sioniste ma soprattutto al nichilismo dell’Occidente liberale.
Qualcosa fa in modo dunque che quell’energia antispirituale non possa manifestarsi in pieno fino ad incarnarsi completamente. Ovviamente l’azione di Katéchon di cui parliamo è specifica, limitata e relativa, non pretendiamo di aver individuato il Katéchon nel senso assoluto, ma solo una sua manifestazione locale. È certo tuttavia che il dopo Putin nella Federazione russa è tutt’ora un’incognita visto che non si sa chi e come raccoglierà il suo testimonio politico. Pertanto la fine dell’era Putin potrebbe essere, a meno che forze eurasiatiste non prendano piede nella coscienza politica della dirigenza russa, l’evento che toglierà di mezzo il katéchon, il freno all’avanzata delle forze anti-spirituali.
Il quadro degli schieramenti geopolitici attuali, al netto degli aspetti contingenti, sta in modo sorprendente riproducendo lo schema di contrapposizione che vediamo predetto negli hadith islamici: una forza politica rappresentante del vero cristianesimo, la Russia ortodossa, e l’asse sciita composto da Iran ed Hezbollah alleati contro lo Stato sionista e le forze cripto-giudaiche che si manifestano nelle sette evangeliche del protestantesimo americano, il Cristo e il Mahdi contro il Dajjal. È inutile ricordare che nella teologia politica sciita, gli USA e Israele sono apertamente identificati come il Grande Satana (Shaytân-e Bozorg) e il Piccolo Satana  (Shaytân-e Kuchak). Hezbollah oggi è il principale difensore dei cristiani di Siria (interessante a questo riguardo il libro di Sebastiano Caputo, Mezzaluna sciita). D’altra parte si comprende come la Russia possa voler in un certo senso non dare alla grande potenza sciita, l’Iran, eccessivo spazio in Siria. Si tratta di rapporti di potenza: chi dei due “alleati” dovesse prevalere, potrebbe forse influenzare l’equilibrio della nuova era “religiosa” (con le riserve del caso in relazione alle segnature astrologiche dell’Acquario) in favore dell’elemento islamico o di quello “cristico”, inverando maggiormente l’una o l’altra versione della stessa profezia.
La divisione dei due fronti, fra forze dello Spirito e anti-spirituali, in realtà taglia obliquamente le stesse religioni, come una evangelica separazione del grano dal loglio in ognuna di esse. Vediamo così i cristiani divisi, e gli stessi islamici divisi, militare in entrambi gli schieramenti.
Il cristianesimo ortodosso, quello autentico, perché più vicino a quella che potrebbe essere la Gnosi cristiana (per tante ragioni che non possiamo qui trattare) si vede alleato con la corrente più esoterica dell’Islam, lo sciismo.
Dall’altra parte uno pseudo-cristianesimo, il protestantesimo americano e le sue correnti più radicali, le “chiese evangeliche”, che sono un mero cristianesimo di aspirazione, essendo tagliate fuori dalla Successione apostolica: vuoto che per una legge metafisica qualche altra forza avrà dovuto occupare… Lo stesso islam sunnita, in cui la corrente predominante è ormai il waabismo, finanziato da decenni dalla casa Al Saud, fedele alleata degli Stati Uniti e di recente anche di Israele, presenta degli aspetti molto controversi: è proprio in ambito sunnita che nasce il Daesh, l’autodichiarato neo-Califfato, o Isis, in realtà una marionetta sionista e saudita, composta per lo più da mercenari pagati da questi, come ormai sufficientemente documentato. Sempre in linea con la nostra ipotesi, si spiega l’uso delle bandiere nere da parte di Daesh, in luogo di quelle verdi dell’Islam: le bandiere nere sono quelle tradizionalmente associate al Mahdi, quindi si tratta anche qui di un tentativo di anticipazione dei tempi. Tentativo che in realtà è una contraffazione umana, una parodia del divino e soprattutto, come lo stesso Stato sionista, un abuso del diritto religioso di riferimento: la Guerra Santa nell’Islam, e di conseguenza anche il Califfato, può essere proclamata e risvegliata solo da un seyyed, un religioso dal turbante nero cioè un discendente del Profeta, figura che hanno solo gli sciiti. I militanti del Daesh sono quindi formalmente ritenuti dei taqfiri (cioè eretici) nel mondo islamico, e lo stesso waabismo, oggi prevalente fra i sunniti, è giudicato con un certo sospetto. D’altra parte sappiamo bene che l’asse sunnita è un alleato strategico per Israele che punterebbe a smembrare gli Stati arabi nati dal trattato Sykes-Picot, per creare un Sunnistan, di fatto come suo indiretto protettorato, per attuare anche qui la profezia del Grande Israele (altrimenti non realizzabile ad oggi) che deve andare dal Nilo all’Eufrate. Anche per la piena attuazione di ciò si attenderebbe l’imminente instaurazione del Terzo Tempio.
Quanto al “sionismo cristiano”, la corrente religiosa dei Neoconservatori americani che controllano gli organi non politici degli USA cioè la CIA e il Pentagono, esso il frutto dell’indirizzo giudaizzante delle chiese evangeliche. Questo orientamento teologico non si limita ad enfatizzare il ruolo dell’ebraismo e la centralità della tradizione veterotestamentaria, come spesso si è visto in certo protestantesimo, né all’idea che alla seconda venuta di Cristo molti ebrei lo accetteranno come Messia, ma ha una presupposto molto più stringente: la bizzarra idea che il ritorno degli ebrei in Palestina e la ricostruzione di Israele sia la condizione indispensabile per il ritorno di Cristo. Di nuovo si ripresenta, e in forma totalmente esplicita, che un avvenimento frutto dell’intervento umano possa preludere o determinare un evento escatologico. Corollari della visione di queste sette evangeliche sono: la convinzione che gli ebrei siano ancora il Popolo eletto di Dio, e che questo implichi il dovere dei cristiani di sostenere Israele; che Eretz Israel appartenga esclusivamente al popolo ebraico e che tutti i palestinesi vadano scacciati dai loro storici insediamenti, che Eretz Israel debba estendersi dal Nilo all’Eufrate, quindi inglobare una parte del territorio egiziano, il Libano, la Siria, la Giordania, e quasi mezzo Iraq. Condividono una visione pessimistica e la prospettiva di una imminente battaglia di Armegeddon che essi attendono con zelo, perché solo dopo la sconfitta degli arabi e degli altri popoli per mano degli ebrei, potrà avverarsi il ritorno di Cristo. Queste sette, fra cui la più nota è quella dei Dispensazionalisti, sono sorte nella seconda metà del XIX secolo e praticamente hanno preceduto di cinquant’anni il sionismo di Herzl nel sostegno alla creazione del focolare ebraico. Va senza dire che l’origine di queste sette evangeliche è molto sospetta, anche se il cristianesimo americano in generale appare, sin dalla nascita, come una sorta di giudeo-protestantesimo. Ribadiamo che dai tempi almeno di Bush figlio i think tank americani che più influenzano le scelte politiche statunitensi sono legati a queste sette. I neocon, che in modo quasi trasversale hanno forte presa sulle istituzioni e sugli apparati, imponendosi tanto ai governi repubblicani, alla cui area appartengono, quanto ai democratici a cui sono legati tramite la dirigenza Clinton, aderiscono esattamente a questa visione apocalittica.
Tale dunque il contesto dello scontro, fra due contro una delle tre religioni del Libro dell’ormai conclusa ronda storica, e che vede frammentarsi in modo traversale il quadro delle alleanze con gli sciiti alleati dei cristiano-ortodossi, contro il potere ebraico e i suoi alleati giudeo-protestanti e una parte importante del mondo sunnita, e con l’apparente complice latitanza del cattolicesimo. Sullo sfondo, oltre la battaglia fra eggregori religiosi, la contrapposizione quasi ancestrale che trascende i culti teologico-politici contingenti: quella metapolitica che contrappone potenze del mare a potenze di terra, di cui eurasiatismo contro atlantismo è solo la versione novecentesca, la lotta fra le due bestie bibliche, Leviatan e Behemoth.
Il controllo della Siria e di Damasco durante i “tempi ultimi” deciderà ben più della pipeline siriana o del controllo del porto di Tartus, cioè chi fra questi due poteri eternamente in lotta, questi due corni della piramide bicefala del potere sulla Terra, avrà il predominio sul prossimo eone.

(Originariamente pubblicato su Ereticamente)

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