L’attuale gestione – qualcuno parla di “cricca” – possiamo definirla senza tèma di smentita “azienda affaristica di stampo neoliberista finalizzata ai profitti parassitari” (quale è, del resto, ogni impresa che si rispetti). E che i profitti siano già tanti – forse troppi – lo dimostra la enorme quantità di pieghevoli che la ditta distribuisce in tutta Italia per dimostrare i “mirabilia” del nuovo ente anfibio: figuriamoci quelli che si accumulano nelle tasche (e negli investimenti finanziari) dei “padroni privati”! Per non parlare dell’enorme spreco di carta consumata per la notifica delle operazioni dei correntisti, che una volta un solo piccolo foglio dava di volta in volta al titolare l’esatto quadro della situazione.
Poiché intendo soffermarmi solo su due forme di estorsione di fatto, limito l’introduzione a pochi tratti essenziali. La SpA postale ha creato un nuovo ente bancario (il bancoposta!) e non ce n’era proprio bisogno, tanto più che il conto corrente postale ed altri rapporti finanziari postali sono tradizionalmente pertinenti non a uomini di affari ma il più spesso a piccoli operatori. Tanto per cominciare ha abolito il vecchio postagiro – fiore all’occhiello della gestione statale! – che consentiva a qualunque correntista di compilare un modulo speciale, metterlo in busta e impostare questa in una qualunque parte del paese, per trasferire danaro proprio ad un correntista qualsiasi, anche pubblico, e talvolta perfino all’estero. Ha abolito il “principio di reciproca compensazione” che rendeva gratuito il servizio del conto corrente. Oggi, per un solo versamento della fattispecie la SpA incassa fino ad €uro 2,50 (cinquemila delle vecchie lire!): infatti, per i primi sessanta accrediti annui si applica un “pizzo” di €uro, 1,5; dal 61mo solo mezzo €uro. Ma, come dicevamo, i titolari sono operatori minuscoli mentre i grandi si servono delle banche vere e proprie. Oggi, anche un vecchio correntista come lo scrivente, sotto il peso dei propri anni, deve fare code e code per versare i balzelli di uno scadenzario senza fine. Che tali operazioni possano essere fatte “on line” (come si dice in gergo yankee) non è un motivo valido per costringere la gente a possedere un computer e tanto meno a servirsi dell’internet!
Ha abolito lo stesso principio per le caselle postali (una volta totalmente gratis) attraverso cui il cliente (a proposito, l’utente non esiste più!) riduce il carico della posta da recapitare: oggi la casella viene affittata con un vero e proprio contratto di locazione! (Risum teneatis, amici!)
Arriviamo al punto. La SpA postale ha abolito non un servizio ma perfino una ENTITA’ REALE, quale è la “stampa del privato qualsiasi”, naturalmente con la complicità paradossale del potere legislativo, che non è abilitato a tanto e che, a questo proposito, ci riporta al potere “soprannaturale” dei papi, che si dichiarano perfino infallibili quando starnutano “ex cathedra”, manipolando di fatto la realtà, di cui si ha solo il dovere di prendere atto. Analogamente il potere legislativo, che dichiara inesistente un’entità esistente, si attribuisce un potere quasi soprannaturale, che è meglio definire arbitario, quindi naturalmente illegittimo e umanamente ridicolo. In parole povere, “nel rispetto della ragione umana” non si può affermare la non esistenza di un’entità esistente e quindi reale. Ebbene, il nuovo ente postale l’ha fatto con la disinvoltura che, in genere, è di una dittatura che si pone al di sopra dei diritti naturali e del senso logico, e fa legge a sé stessa, esattamente come il prete cattolico (delegato papale), che si sostituisce perfino al padreterno nell’assolvere i peccatori, si tratti pure di feroci criminali contro l’umanità.
Il fatto potrebbe solo essere una curiosità da sputarci sopra, ma esso arreca un danno incommensurabile alla cultura. Infatti, la spedizione di una stampa (dal ritaglio di un articolo, al giornale, al libro) costa molto più del valore venale del contenuto, dovendola effettuare “come corrispondenza”. Ora, costringere l’utente (pardon, il cliente), semplice cittadino e più spesso operatore culturale (giornalista, pubblicista, scrittore, ricercatore, artista, studioso e via dicendo) a spedire mezzo chilo di “stampati” come corrispondenza significa estorcergli un vero e proprio “pizzo” non potendo definire diversamente l’enorme “soprapprezzo” della francatura a causa dell’assimilazione della categoria stampa a quella di corrispondenza.
Ma non è finita. L’ultimissima innovazione è un’ennesima abolizione illegittima: quella della posta ordinaria, il che costringe l’utente (accidenti al lapsus: volevo dire cliente) a servirsi di quella cosiddetta “prioritaria” che comporta un aumento di circa il 33%! Che è mai? E’ soltanto la vecchia “normale” posta ordinaria che, grazie ad una più avanzata tecnologia di mezzi e di organizzazione, può essere consegnata in tempi più brevi. Ed ecco l’alto ingegno degli imprenditori neoliberisti, che, invece di considerare il miglioramento dei servizi una normale crescita della civiltà, a parità di costi, lo prendono a pretesto per pretendere maggiori compensi. E dicono di farlo per il maggiore benessere dei cittadini! Sia pure! Ma questo non comporta necessariamente il diritto di costringere gli interessati a NON SERVIRSI della posta ordinaria. E qui sta la prova dell’abolizione come veicolo di estorsione vera e propria. Analogo fenomeno sta avvenendo nelle Ferrovie dove si è costretti a servirsi di mezzi ad alta velocità (magari con scarsa manutenzione e maggiore rischio d’incidenti) e quindi a pagare di più.
E c’è una seconda prova. L’attributo “prioritaria” sta ad indicare una possibile opzione rispetto ad un servizio non prioritario, ovvero ordinario. Ma se la posta prioritaria resta l’unica possibile, non c’è alcuna ragione valida per chiamarla ancora prioritaria, non dovendo più distinguerla da una ordinaria, ordinaria essendo diventata essa stessa Sempre che non si voglia continuare ad offendere la logica elementare, non si può più chiamare prioritaria una modalità unica di consegna postale.
Sommando le due ultime abolizioni a dir poco grottesche (ed anche esilaranti se non facessero piangere di pietà e di sacrifici!) quanto offensive del diritto (e della “giustizia giusta”), si ottiene un’ennesima estorsione dal vago sapore “mafioso” se è vero che il sottoscritto, autore di libri – per fare un esempio emblematico – debba spedire un proprio libro come “corrispondenza prioritaria” mentre prima del “regime” della SpA Poste Italiane, avrebbe potuto spedirlo come semplice stampa, ovvero con pochi spiccioli!
Ritengo la situazione molto grave e penso che sia interesse generale – ma soprattutto di tutti gli operatori e creatori di cultura (e credo che non siano pochi anche se spesso sommersi) – di bloccare la corsa frenetica della cricca postale verso forme di predazione sempre più vorace e sempre più lesiva della dignità degli utenti (questa è la parola giusta) che non possono essere “usati come pecore da tosare”, ma vanno rispettati come “soggetti di diritto” (in questa che si suole dire ancora, enfaticamente, “patria del diritto”!). E non ho accennato alla riduzione del personale e degli sportelli e all’applicazione della vergognosa “legge Biagi” sul precariato.
Io intendo interessare, tra gli altri, il potere legislativo, la Corte Costituzionale e la Magistratura per vedere se ci sia analogia con il capitalismo paralegale dei mafiosi e perché sia posto fine a cotanta messe di “pizzo” mentre si dice di combattere la “mafia” (uno dei pilastri portanti, appunto, del sistema capitalista).
Esorto quanti mi leggono a fare quanto è in loro potere – e nel loro stesso interesse – per bloccare le predazioni postali consumate come migliori servizi senza la vergogna di chi sa di mentire (come il lupo della famosa favola!).
(Centro Studi Biologia Sociale – [email protected])