Cari posteri che leggerete questa mia lettera nel 2100,
i vostri migliori storici faticheranno a comprendere questo tempo (gli ultimi giorni del 2009), e non avranno categorie per classificare, o solo per nominare, il tempo in cui noi, vostri antenati, viviamo.
Voi stenterete a credere che sia davvero esistito un popolo con un così infimo livello di consapevolezza. Voi non crederete che la maggioranza di una nazione sia stata plagiata in uno dei processi di manipolazione mentale collettiva più inquietanti della storia. Voi resterete senza fiato e senza parole davanti al collasso di una civiltà che, nei secoli passati, espresse molte delle grandezze dell'umanità.
Voi, posteri, non troverete comprensibile il fatto che l'Italia sia tornata al regime feudale, in cui i signori avevano ricchezza, potere e immunità, mentre i nuovi servi erano condannati all'umiliazione quotidiana di lavori precari, sottopagati, monotoni.
E soprattutto voi non capirete come libere elezioni abbiano portato alla guida dello stato un uomo chiamato Berlusconi Silvio che ha trattato l'Italia come fosse la sua azienda, esigendo da un docile parlamento leggi ad personam che lo tutelassero da numerose vicende giudiziarie, che pretendeva dal popolo la stessa sottomessa adulazione che il padrone esige dai suoi dipendenti, che ha censurato e zittito le voci dissidenti, che ha espresso su se medesimo elogi così iperbolici che, detti da qualunque altro, avrebbero sollevato ragionevoli dubbi sulla sua integrità psichica, o avrebbero scatenato risate.
Per tentare di capire questa eclisse italiana, cari posteri, non vi è che una sola parola, bandolo dal quale si svolge tutta la velenosa matassa: televisione.
L'Italia del XXI secolo è stata la cloaca in cui è confluita tutta la demenza di massa indotta dalla televisione. Pensate, per esempio, ad una valanga: quando la massa nevosa si stacca dalla montagna essa aumenta progressivamente durante la caduta; ciò che giunge a valle è una quantità molto maggiore di quella iniziale. La televisione, nel corso di quasi sessant'anni, ha trasformato antropologicamente gli italiani (non solo gli italiani, è chiaro, ma essi più di altri e peggio di altri, per motivi che magari esamineremo in un'altra occasione).
Tutte le facoltà umane – nel corso di sessant'anni di esposizione generale e continua alla televisione – sono state come assorbite e disperse e atrofizzate dal senso del vedere, ma un vedere inerte e passivo: questo è l'elemento da cui dovrete iniziare la vostra analisi di questo nostro tempo scellerato.
La televisione è lo strumento di sottomissione per eccellenza, in nessun'altra forma di "intrattenimento" si è altrettanto ricettivi senza alcun diaframma. La lettura è l'opposto della visione della tv: la lettura richiede elaborazione del codice, interpretazione dei dati, memorizzazione, articolazione delle idee, due cervelli si incontrano e dialogano, quello dell'autore e quello del lettore. Nulla di solo simile avviene nel processo di assorbimento del programma tv: lo spettatore apre gli occhi e riceve un flusso di immagini, suoni e parole che viene gestito tutto e soltanto dalla sorgente. Le immagini si sono rivelate potentissime. Nonostante siano passati Cartesio e Darwin, Leonardo da Vinci e Freud, Voltaire e Camus, ciò che si vede è enormemente più forte e incisivo di ogni altro messaggio. L'uomo medio del XXI secolo crede istintivamente a ciò che vede, qualunque cosa sia. Rinuncia alla più elementare analisi critica, abdica al filtro del dubbio e del ragionamento, apre gli occhi e assorbe le immagini che diventano per lui la realtà, la verità. Così è vero ciò che si vede, è falso -anzi peggio: non esiste- ciò che non si vede. Per rendere il processo di manipolazione ancora più stretto, si è aggiunto un ingrediente fondamentale: la nevrotizzazione.
Vi era infatti il pericolo che la semplice costruzione televisiva di una pseudo-verità potesse, prima o poi, rivelarsi per quello che è: una miserabile truffa. Allora si è trovato il metodo per alzare il livello di confusione, con una sorta di cortina fumogena che distorce: la nevrotizzazione, cioè l'irruzione dell'urlo, della rissa sistematica, della violenza verbale e non solo, della prevaricazione rabbiosa e della furia. L'esposizione pacata delle proprie ragioni è diventata debolezza; mentre la ripetizione ossessiva di poche sillabe gridate schizzando saliva è diventata la grandezza dialettica del nostro infame presente.
Ecco, cari posteri, come mezzo secolo di televisione ha devastato millenni di civiltà: l'uomo medio italiano del XXI secolo è un teledipendente, un drogato di immagini, un ricettacolo vuoto che si lascia riempire dall'urlo più alto, dall'immagine più colorata e ricorrente; la sua pigrizia mentale lo ha reso un semianalfabeta di ritorno, ed ha trasformato la sua mente in una tabula rasa. A questa folla di zombie inconsapevoli si può imporre tutto; è come un corpo anestetizzato che può essere aperto dal bisturi e non avrà la minima reazione.
Ecco, cari posteri, questi sono alcuni spunti di riflessione che oggi vi affido e che forse vi serviranno quando tenterete, increduli, di trovare una spiegazione per un periodo in cui – come i suicidi di massa dei lemming – gli italiani apparvero sconvolti da una epidemia psichica.
Paolo Cortesi