COMUNICATO STAMPA DEL 03/01/11
LANCET: L’IPERATTIVITA’ DEI BAMBINI E’ UNA MALATTIA DI ORIGINE BIOLOGICA?
SI, NO…FORSE!
Era di fine settembre 2010 la notizia di una svolta nel dibattito sulla sindrome “ADHD” (Sindrome da iperattività e deficit di attenzione) ovvero bambini troppo agitati e distratti a scuola, trattati – soprattutto negli USA ma anche in Europa ed Italia – con potenti psicofarmaci. La prestigiosa rivista scientifica Lancet, aveva infatti pubblicato il lavoro di un team di ricercatori dell’Università di Cardiff (UK), coordinati da Nigel Williams, i quali – così riportarono i principali organi di stampa, immediatamente ripresi dai blog di mezzo mondo – avrebbero avuto le prove dell’origine genetica dell’iperattività, affermazione questa che non solo avrebbe validato le terapie a base di metanfetamine comunemente utilizzate su bambini piccoli per sedarne l’iperattività, ma avrebbe anche aperto la strada a nuove tecniche futuribili per una manipolazione genetica in chiave preventiva del disturbo.
Fred A. Baughman – neurologo americano, autorevole esperto di ADHD e membro dell’Accademia Americana di Neurologia – dopo aver approfondito con attenzione lo studio di Williams e dei suoi colleghi, ha preso posizione contro la ricerca pubblicata da Lancet. “Siamo alle solite – ha dichiarato Baughman – questo non è certo il primo studio che suppone anomalie cromosomiche in pazienti ADHD. Il punto è un altro: in uno studio scientifico su piccoli in cura con Ritalin, il team del ricercatore El-Zein ha riferito: “Il trattamento ha comportato un aumento significativo nelle modifiche cromosomiche”. Perché allora Williams e il suo staff non hanno riferito sullo stato clinico dei loro piccoli pazienti affetti da ADHD, la maggioranza dei quali sono stati appunto trattati con metanfetamine (Ritalin) che – come noto – possono causare atrofia cerebrale, anomalie genetiche e anche cromosomiche? Questo non è onesto. Aggiungo che la questione non è se Williams e la sua equipe abbiano dimostrato o meno l’origine genetica dell’ADHD: il problema è se si possano diagnosticare malattie mediante esami così soggettivi. Non è possibile – conclude Baughman – e quindi questo genere di affermazioni sono solo una truffa”.
“Questa equipe della Cardiff University – ha dichiarato Luca Poma, giornalista e portavoce nazionale di Giù le Mani dai Bambini®, il più rappresentativo comitato italiano di farmacovigilanza pediatrica (www.giulemanidaibambini.org) – ha rilevato alterazioni in 57 bambini su 366 analizzati… e sulla base di dati così esigui i mezzi d’informazione hanno parlato di ‘svolta’ nella tracciatura dell’origine genetica dell’ADHD? Tutto questo è semplicemente ridicolo. In un loro studio, i ricercatori Lambert e Hartsough hanno concluso: ‘Questo studio ha fornito la prova che l’uso in età pediatrica di trattamenti a base di psicofarmaci (anfetaminici, incluso il Ritalin) è significativamente e pervasivamente causa di vizio del fumo in età adulta, dipendenza dalla cocaina e uso occasionale di cocaina e stimolanti’. Poco dopo, Biedermann, consulente ben pagato dell’industria farmaceutica, ha concluso tutto il contrario. Com’è possibile? La verità – prosegue Poma – è che questo tipo di ricerche possono provare tutto e il contrario di tutto: sono utilissime per fare passi avanti, ma nessuna di esse è risolutiva. Ne leggiamo di ogni tipo, tutti i mesi: è ora che i colleghi giornalisti, perlomeno quelli seri e responsabili, la smettano di gridare al miracolo ad ogni nuova ricerca, per poi venire smentiti due settimane dopo. Siamo in un settore per nulla neutrale: interessi finanziari miliardari, marketing farmaceutico, corruzione dei ricercatori, organismi di controllo sanitario che non rivestono il proprio ruolo di severo controllo, e molte altre variabili impazzite rendono questo genere di conclusioni, spacciate per risolutive, del tutto inadeguate ad inquadrare un fenomeno così complesso come i problemi di comportamento dei bambini del XXI secolo. Domandiamoci più che altro quale responsabilità abbiamo noi adulti in questo scenario: abbiamo creato una società delle performance soffocata da principi come il ‘tutto e subito’, schiava del distributore automatico di pillole della felicità, e ora – conclude Poma – i nostri bambini ne stanno pagando il prezzo”.
Sui toni dell’intervento di Lancet è intervenuta anche la BBC. Fergus Walsh ha dichiarato sull’emittente di Stato britannica: “Il titolo del comunicato stampa di Lancet afferma che ‘lo Studio è il primo a trovare prove dirette che l'ADHD è una malattia genetica’, e uno degli autori, il professor Anita Thapar, ha affermato che ‘Adesso possiamo dire con fiducia che l'ADHD è una malattia genetica e che il cervello dei bambini affetti da questa condizione si sviluppi in maniera diversa a quelle di altri bambini’. Bingo. O forse no – prosegue il commentatore della BBC – perché quelle sfacciate affermazioni non sembrano poi essere confermate dal documento scientifico vero e proprio. Lo studio ha analizzato il DNA da 366 bambini, ed ha confermato che quelli con ADHD avevano più probabilità di avere blocchi di DNA mancanti o duplicati. Ho fatto le somme – afferma Walsh – e solo il 15% dei bambini coinvolti nello studio ed etichettati ADHD avevano evidenziato la variante genetica”. “Basta questo – commenta Poma – per giustificare affermazioni così entusiastiche?”. “Ho posto questo dubbio alla Prof. Thapar (coautrice dello studio, ndr) – riprende Walsh – e lei ha tenuto a precisare che non voleva affermare che solo i geni erano responsabili per l'ADHD, ma piuttosto un insieme complesso di geni e fattori ambientali”. Il Prof. Tim Kendall, uno psichiatra consulente ed esperto di ADHD, è stato molto turbato da queste affermazioni audaci che sull’origine genetica dell’ADHD: “C’è il pericolo – afferma Kendall – che una spiegazione meramente biologica per l'ADHD incoraggi i medici a fare affidamento su una risposta solo biologica, cioè farmaci come il Ritalin. Solo due anni fa, i medici sono stati invitati da NICE (l’organismo di controllo sanitario britannico, ndr) a non fare affidamento sul Ritalin da solo. Assistenza e formazione per genitori e insegnanti sono stati segnalati come di importanza fondamentale per aiutare i bambini a controllare la propria condizione – ha aggiunto l’esperto – e ci sono una lunga lista di fattori ambientali che possono aumentare il rischio di iperattività: fumo durante la gravidanza, stress pre-natale, abusi durante l'infanzia, rotture coniugali, situazioni sociali sfavorevoli, e molto altro”. Bill Carey – Professore di Pediatria Comportamentale all’Università della Pensillvanya e Primario di Pediatria all’Ospedale di Philadelphia, ha concluso affermando: “Questi sono scenari complessi, e per essi non vi è una risposta univoca: diffidate sempre delle soluzioni facili a problemi complessi”.
Breve bibliografia:
- Lambert N, Hartsough CS. Prospective study of tobacco smoking and substance dependence among samples of ADHD and non-ADHD subjects. J Learn. Disabil. 1998;31:533-544.
- Biederman J, Wilens T, Mick E, Spencer T, Faraone SV. Pharmacotherapy of Attention-deficit/HyperactivityDisorder Reduces Risk for Substance Use Disorder. PEDIATRICS Vol. 104 No. 2 August 1999, p. e20.
Nota: la traduzione in lingua italiana delle dichiarazioni del Prof. Fred A. Baughman è a cura di Cecilia Metta per la redazione di “Giù le Mani dai Bambini”