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L’irreversibile tramonto Del’imperialismo Usa di G. chetoni

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Mentre l'America incontra crescenti difficoltà strutturali nell'espansione economica e industriale e deve incassare una inarrestabile perdità di credibilità politica, declina, rovinosamente, anche il processo di riammodernamento dell'Us Air Force e della Us Navy: il punto focale di quella “proiezione di potenza” che avrebbe potuto conservare, nel confronto globale con competitori emergenti come Cina, India, U.E. e Russia il forte vantaggio di deterrenza tecnologica, finanziaria e produttiva che l’America aveva accumulato durante gli anni della guerra fredda nel rapporto di forza con i Paesi dell’Est e con l’URSS. Paradossalmente la caduta del Muro di Berlino e l’implosione del comunismo hanno liberato enormi energie, congelate, dalla fine della 2° guerra mondiale, dal trattato di Yalta. Sono saltate tutte le regole che avevano permesso per decine di anni l’ingessatura geopolitica dei continenti latino americano ed euroasiatico. L’esempio più clamoroso a sostegno di questa affermazione viene dal black-out che coinvolge l’aviazione militare e commerciale Usa.

Mentre Airbus sottrae crescenti quote di mercato alla Boeing fino a superarla in numero di aerei venduti e in volume di affari con le compagnie di volo internazionali, in campo militare l’Europa è riuscita a rendere operativo l’Efa 2000 quando l’F 22 Raptor Usa è ancora allo stato di prototipo, per crescenti difficoltà di bilancio e di messa a punto.

Mentre l’Europa si appresta a lanciare nel 2006 l’A 380 che rivoluzionerà il trasporto aereo civile mondiale con 850-900 passeggeri imbarcati vantando il minor livello di inquinamento acustico e ambientale, con il maggior risparmio di carburante e la più grande autonomia intercontinentale, l’America continua a produrre un B 747 ormai obsoleto e sempre più difficile da vendere.

In campo militare le cose vanno anche peggio. Gli aerei da supremazia aerea, gli intercettori, i cacciabombardieri F 14151618 sono ormai delle autentiche carrette dell’aria ma il ritardo più devastante che gli Usa hanno accumulato è nei sistemi d’arma.

La tecnologia militare Usa da anni è ormai al palo. E se gli Usa sono paralizzati da un crescente “immobilismo” finanziario e industriale, diminuisce, di conseguenza, il potere di Israele che da sempre utilizza materiale militare di provenienza Usa e le sue donazioni, a carico dei lavoratori americani, per mantenere in efficienza un enorme apparato di repressione. L’annuncio della Russia di voler vendere nei prossimi cinque anni 40-60 centrali nucleari in America Latina, Asia, Africa ed Estremo Oriente, insieme alla politica energetica di Gazprom in Ucraina e Georgia e qualche avvertimento anche per la Merkel, sta letteralmente gettando nel panico Bush, il Pentagono e i necons Usa.

Dal dicembre 1999 ad oggi la Russia è riuscita ad annullare la supremazia militare degli Usa, che durava, incolmabile, dalla guerra arabo-israeliana del ‘67. L’industria russa, con uno sforzo di ricerca senza precedenti dovuta al trasferimento di tecnologia francese e tedesca in progetti di cooperazione bilaterali, è riuscita a produrre sistemi d’arma capaci di annientare qualunque capacità offensiva degli Usa non solo sul suo spazio aereo e marittimo ma, cosa ben più importante, anche su quello dei Paesi che si affacciano via via sulla scena internazionale. Mentre un bombardiere nucleare americano B-2 che vola ad una tangenza operativa di 18.000 metri ed a una velocità di 0.98 mach, subsonica quindi, costa oltre 2 miliardi di dollari, la Russia di Putin, e i suoi acquirenti esteri di materiale militare, possono abbatterlo con un missile del valore di 1 milione di dollari. L'Sa 300 vola a 8.00-9.00 mach fino a quote oltre i 40 km di altezza e può colpire a distanze di 150-160 km il B-2 dal punto in cui è scoperto dai radar. Le valutazioni strategiche, militari ed economiche che conseguono le lasciamo alla valutazione del lettore. Lo studio dei materiali radar assorbenti che coprivano la cellula dell’F-117 “stealth” abbattuto sulla Serbia nel 1999 ha permesso di rendere “visibili” anche i B-2.

L’esportazione verso la Cina, l’India e l’Iran di questa produzione, aumentando a dismisura la potenza convenzionale dei destinatari, ha permesso alla Russia di incassare miliardi di dollari dall’export militare rinforzando ulteriormente la sua economia e la sua capacità di ricerca, progettazione e produzione industriale. In questo quadro la collaborazione tra Russia e Iran ha assunto un valore strategico.

Le enormi risorse finanziarie che l’Iran riesce ad incassare con l’esportazione di gas metano e petrolio, che ormai ha superato da un anno sui mercati internazionali una quotazione oscillante tra i 60-62 dollari al barile, vengono, in parte, spese nella Federazione Russa per l’acquisto di sistemi d’arma a prevalente finalità di difesa. Negli ultimi cinque anni l’Iran ha trasferito verso la Russia 4.6 miliardi di dollari per acquistare materiale militare, oltre a sviluppare con questo Paese un piano di assistenza per la costruzione della centrale atomica di Busher. L’ultimo trasferimento di tecnologia militare dalla Russia all’Iran ha riguardato l’acquisto di 1.250 missili terra-aria Thor M-1 e un aliquota di Buk M 1-2, già presenti nell'arsenale delle Forze Armate dell’Iran, dotati di supporto mobile, destinati alla difesa a breve raggio, con un contratto di fornitura stimato ad oltre 760 milioni di dollari per il 2005.

La consegna, lo schieramento delle batterie e l’operatività del sistema in Iran è previsto per l’estate del 2006. Verso la Cina l’Iran ha destinato risorse per oltre 5.4 miliardi di dollari ricevendone in cambio oltre a materiale industriale e militare anche un fondamentale appoggio diplomatico in sede internazionale e all’Onu. Al ritmo di 1.4 miliardi di euro negli ultimi tre anni, l’Iran ha rinforzato enormemente le sue capacità aeree, navali e terrestri. Capacità di difesa che hanno fatto dell’Iran la prima potenza al mondo, sarà bene ribadirlo, nel campo della difesa aerea e antinave.

La “densità” dei sistemi missilistici che la Repubblica dell’Iran dispiega ogni 100 Kmq è la più alta, in assoluto, a livello mondiale. La qualità tecnologica del materiale è attualmente insuperata e lo rimarrà per anni ed è, nel settore, la stessa di cui dispone attualmente la Russia per contrastare una eventuale, improvvisa aggressione nucleare, portata da aerei o cruise-missiles, degli USA. Non si è lontani dalla verità quindi nell’affermare che l’Iran è in grado di abbattere tutto quello che gli Usa e Israele riescano a far volare ben prima che possano entrare nel suo spazio aereo o marittimo. L’Iran ha una difesa a lungo, medio e breve raggio semplicemente formidabile resa ancora più letale da misure di punto, satellitari ed AWACS tu 140, ottimizzate sulle analisi di impiego dei cruise-missiles Usa sull’Iraq. In campo marittimo ha sistemato nel Golfo Persico e nell’Oceano Indiano un numero imprecisato di avanzatissime batterie antinave SSN 22, Yakhont, C 801, C 802 basate su piattaforme mobili terrestri, imbarcate su naviglio veloce e lanciabili via aerea da Su 27 Flanker. Contro parte di questi sistemi d'arma gli Usa, attualmente, non dispongono nè di contromisure di fuoco nè di apparati jamming capaci di interferire sui sistemi di guida dei missili antinave a ramjet da 2.5 mach. Lo schermo difensivo marittimo è stato completato dalla semina sul fondo di queste acque di centinaia di contenitori stagni contenenti potenti siluri a ricerca acustica EM 52.

Oltre 900 missili strategici a lunga gittata sono pronti a colpire terminali, porti e infrastrutture di eventuali califfati che intendessero collaborare con gli Usa mettendo a loro disposizione basi, attrezzature ed aereoporti. L’unico modo per gli Usa di evitare una severa lezione è di tenersi lontanissimi dall’Iran. Potrebbero entrare con una squadra navale, prima di un attacco, nel Golfo Persico ma ne uscirebbero, dopo, con delle scialuppe di salvataggio o degli autogonfiabili e l'unico petrolio che potrebbe lasciare lo stretto di Ormuz, da quel momento, sarebbe il contenuto di un barile versato in mare e affidato al gioco delle correnti. Non c’è attualmente caccia, cacciabombardiere, cruise-missile, bomba di precisione, bombardiere intercontinentale, aereo radar, da guerra elettronica, missile balistico con raggio da 2.500 km, conosciuto o precedentemente impiegato, in dotazione all’Us Air Force, alla US Navy, o a Israele che non possa essere intercettato e abbattuto tra i 300 e i 120 Km prima che si possa pensare di entrare nello spazio marittimo e aereo o territoriale dell’Iran. Il bombardamento degli F-16 di Israele sul reattore di ricerca “Osiris” di Tammuz ha concluso un’epoca. Oggi tentare di avventurarsi in profondità all’interno dell’Iran sarebbe per Usa e Israele semplicemente un suicidio militare. In un’altra occasione potremo dar conto minuziosamente dell’enorme potere convenzionale di cui dispone attualmente l’Iran e l’ampiezza della deterrenza geopolitica che può esercitare in Iraq, Afghanistan, Libano, Palestina e più in generale su altre aree del Vicino Oriente e del Centro Asia. Si può inoltre legittimamente sostenere che la capacità di difesa convenzionale dell’Iran sia, di fatto, superiore a quella che possono mettere in campo nell’area del Golfo Persico gli Usa, senza dover sottrarre per tempi lunghi ad altre aree strategiche, forze indispensabili ad assicurare un ormai residuale controllo militare “globale”.

Fintanto che truppe Usa continueranno ad essere dislocate in Iraq, alle periferie delle città, non ci saranno prevedibilmente attacchi Usa all’Iran o alla Siria. Tra i due Stati è operante da tempo un patto di reciproca difesa. La strategia militare dell’Iran prevede inoltre attacchi preventivi di ampia portata su obbiettivi Usa o di Israele nel caso che fosse accertata l’imminenza di azioni aggressive contro la sua sovranità.

L’America impegnata severamente sul terreno in Iraq non è attualmente in grado a livello economico, militare e politico di gestire 2 “punti di crisi” regionali. L’Afghanistan non lo mettiamo nemmeno nel conto. Le perdite Usa in Iraq sono devastanti. Da informazioni attendibili di fonte diplomatica europea i caduti Usa in Iraq sono prossimi a 20.000 unità mentre i feriti dovrebbero attestarsi tra 90.000 e 100.000.

Le spese sostenute dall’Amministrazione Bush per la guerra sono ormai ad oggi, dall’aprile 2003, oltre i 575 miliardi di dollari. Bush ha chiesto al Congresso Usa, proprio in questi giorni, un ulteriore stanziamento di 70 miliardi di dollari da destinare all’Iraq e all’Afghanistan, più una seconda trance di altri 50 a partire dal 2007.

In questo contesto allargare la guerra all’Iran per gli Usa è ormai un obiettivo fuori portata a meno di non usare armamento atomico tattico sui centri di ricerca e sull’industria militare e civile iraniana con attacchi di saturazione di cruise-missiles, una volta saltata irrimediabilmente la possibilità di degradarne l’efficienza, l'operatività e la produzione con interventi aerei mirati.

Ma qui il discorso si sposta verso l’inponderabile. Ragionando in termini comparativi il Governo Berlusconi per mantenere in Iraq un contingente dai 2800 ai 3200 uomini, arrivati su quel teatro di guerra con mesi di ritardo rispetto al marzo 2003, ha speso ad oggi 1.2 miliardi di dollari mentre ha previsto per il prossimo semestre un ulteriore stanziamento di 300 milioni di dollari che porta il finanziamento della missione in Iraq ad un totale di 1.5 miliardi di dollari. Il contingente italiano, per mantenere pressoché costante la presenza militare di 3000 soldati a Tallil, dopo la perdita del controllo sulla provincia di Dhi Qar, della C.P.A, della base Libeccio e Maestrale e una pressoché totale riduzione dell’attività di controllo sulla città di Nassiriya fino al ripiegamento “tattico” nella ridotta di Camp Mittica inserita nel perimetro dell’aeroporto Usa, ha avvicendato con turnazione di 4- 5 mesi la Brigata Garibaldi, la Sassari, l’Ariete 2 volte, la Friuli 2 volte e la Folgore e si appresta dal 1° gennaio 2006 a sostituire nuovamente l’Ariete con la Sassari. In totale per il contingente presente a Tallil il Ministero della Difesa ha provveduto alla rotazione di non meno di 24.000 militari.

Gli Usa per mantenere in Iraq una forza di 180.000 uomini hanno dovuto avvicendarne oltre un milione allungando il periodo di ferma in zona operativa anche oltre i 12 mesi, con le conseguenze che si possono immaginare sulla tenuta psicologica e sull’efficienza militare delle divisioni americane che continuano ad operare in zone fortemente ostili e in condizioni ambientali estreme. Gli agi che offriva il Vietnam in riposo, ricercatezza di cucina, ambiente e disponibilità di puttane sono lontanissimi. Per i figli dei “veterani” in Iraq non c'è libera uscita, aria condizionata, bar dove bere birra fredda o frequentare locali a luci rosse. A Baghdad essere infilati morti ammazzati in una black-bag è molto più facile che nel Delta del Mekong. Mentre l’Italia staziona in una zona che gli analisti militari definiscono “stabilizzata” o a “basso rischio” le forze Usa agiscono in aree ad altissimo pericolo per la spietata efficienza messa in campo dalla guerriglia del Baath.

Se gli Italiani hanno perso 32 uomini, quindi più dell’1% del totale delle forze militari a disposizione, gli americani, dovendo far fronte a non meno di 70-80 azioni di fuoco al giorno della guerriglia, con perdite multiple, ad ogni attacco, in morti e feriti, secondo le stime dei media internazionali avrebbero avuto (ci ripetono )… 2.160 soldati caduti. Balle di rai, mediaset, agenzie, giornali di partito e “indipendenti”.

La percentuale in questo caso risulta, addirittura, attestata su una percentuale appena superiore alle perdite sofferte dal contingente italiano che ha dovuto in sole 2 occasioni far fronte a un attentato e a due attacchi di portata limitata con impiego di sole armi leggere da parte della Milizia di Al Sadr.

Stimando, da dati di fonte diplomatica della UE, per caduti il 12-15% dei militari USA, il Pentagono dovrebbe aver registrato almeno 19.000-20.000 morti e, valutando il rapporto 1/5 tra morti e feriti, oltre 90.000 tra inabili, sottoposti a terapie riabilitative e interventi chirurgici. Più del 40 % dei militari Usa sono stati curati per gravi traumi cranici. L’elmetto di klevar in dotazione alle truppe Usa ha salvato molte vite ma gli spostamenti d’aria conseguenti ad esplosione ha prodotto un aumento di lesioni celebrali con postumi di inabilità permanenti. In Vietnam i B-52 Usa martellavano l’Esercito del Nord con bombe acustiche perchè un soldato con i timpani spaccati, si diceva allora al Pentagono, non si può più utilizzare come combattente e in più costa, al nemico, più di un morto perchè continua a mangiare e a vestirsi. Solo a Ramstein ci sono 1.470 posti letto, destinati ai feriti Usa in Iraq, e oltre 1.700 tra medici e infermieri. Dal maggio 2003 la ricettività dei complessi ospedalieri tedeschi è al completo. Quando non si riesce a controllare la strada, strategica, che dalla “green zone” porta all’aeroporto, in tutto una dozzina di chilometri, e si devono incassare perdite crescenti lungo il percorso di personale civile e militare e lo si pattuglia con forze raccogliticcie come la Guardia Nazionale, vuol dire per gli Usa che la guerra in Iraq, e in Afghanistan, è ormai persa da tempo. Fini, Martino e compagnia cantante quando vanno a trovare il “presidente dell’Iraq” Talabani usano gli strapuntini dei Black Hawk. L’imperialismo di Usa e GB marcia ormai con il passo degli stivali delle sette leghe verso un irreversibile tramonto. Il partito amerikano è ormai con l'acqua alla gola in America Latina, Eurasia, Medio ed Estremo Oriente mentre continua la liquidazione di quello che rimane delle divisioni Usa e dei suoi servi in Iraq e Afghanistan. Per il declino definitivo occorrerà aspettare altri 25-30 anni.

Dresda, Berlino, Hiroshima, Nakasaki… fosforo rosso, fallout radioattivo, agente arancio, napalm, fosforo bianco… Falluja.

La prossima nota sarà sul dispositivo di attacco preparato da Martino contro l’Iran, con l'invio di 350 militari dell’Aviazione Militare a Herat dietro la foglia di fico dei Centri Provinciali di Ricostruzione in Afghanistan che espone a enormi pericoli il contingente italiano di quella base come quello di Camp Mittica.

(Ricevuto via email, fonte sconosciuta)

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