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L’omosessualitá nel mondo antico

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In questo articolo faremo un excursus storico sull’omosessualità nel periodo antico. Partiremo dal 1792 a.C. con il codice Hammurabi, in cui si narra di Salzikrum (donna-uomo) che poteva unirsi in matrimonio con altre donne.
Saffo, (poetessa greca tra il VII e il VI secolo) dà origine al termine ”Lesbico e Saffico“ celebrando così l’amore per le donne.
Lesbico prende il nome dall’isola di Saffo, ovvero Lesbo. Nell’ Impero Romano Ovidio Nasone, nel Libro delle Metamorfosi, narra la storia di Ifide avvenuta nel IX secolo, che parla di una giovane donna incinta, il cui marito minacciò l’omicidio del feto qualora fosse nata femmina. La madre allora nascose l’identità della figlia. A 13 anni il padre scelse la sposa al figlio; man mano che si avvicinava la data Ifi si rifiutava, non accettando il suo destino. La dea Iside sentendo i suoi lamenti, ebbe pietà per lei e decise quindi di trasformarla in un maschio. Altro riferimento a tal proposito lo troviamo nell’opera di Fedro che lo elogia con Prometeo, ma non è ben accettato, anzi Seneca Il vecchio raccontò di un marito che uccise la moglie scoperta in tradimento con una donna specificando quanto l’atto prese importanza, poiché dello stesso sesso.
In uno degli Apocrifi del Nuovo Testamento (l’Apocalisse di Pietro) si descrive la punizione loro inflitta (ovvero scaraventati giù da un'alta rupe, risalire ed essere scaraventati nuovamente).
In Egitto sono stati scoperti diversi manoscritti che elencherebbero una serie di pozioni magiche che avrebbero dovuto facilitare l’amore tra le donne, mentre pare ci siano canzoni romantiche rivolte a partner dello stesso sesso. Ciò è sostenuto dall’egittologo statunitense Greg Reeder, in una rivista dedicata all’Antico Egitto. Alcuni faraoni ebbero rapporti molto speciali con i loro capi, il più famoso Pepi (pare abbia avuto una duratura relazione con uno dei propri generali che andava a visitare di nascosto ogni notte). 
Dalla religione egizia si è venuti a sapere che il Dio delle terre desertiche aveva tentato di sedurre il nipote Horus (“Il lontano") trascinandolo nel suo letto, il tutto per poi metterlo in ridicolo davanti agli dèi, per aver vissuto il ruolo del passivo nel presunto rapporto erotico-incestuoso. Per gli Egizi le divinità, i membri dell’aristocrazia, la famiglia reale, principesca e la casta nobile tutta, dovevano sempre avere un ruolo sessuale attivo-maschile. Per quanto concerne l’omosessualità non pare esserci alcun divieto nei riguardi di ciò in alcun tipo di documento papireceo. Al contrario vi è un accenno di condanna nei confronti di uno stupro o violenza come dir si voglia, commessa da uomini verso uomini o ragazzi.
Nel 1964 gli archeologi a Saqqara trovarono una tomba appartenente a 2 servitori maschi della corte reale, di nome Khnmhotep e Niamkhkhnum; all’interno si trova un affresco che rappresenta una scena molto tenera tra i due che dolcemente si sfregano il naso.
Per quanto concerne la Mesopotamia alcuni studiosi citano Il Mito di Gilgamesh, che fa riferimento alla sua natura bisessuale.

Hittiti e Asia Minore 
In Frigia ha origine il mito che narra la storia di Agdistis: il giovane Attis stava per sposare la figlia del re Mida, ma Agdistis, folle di gelosia, ne provoca l’evirazione; alcune gocce di sangue cadono nel terreno e da lì spunterà un fiore. Da notare che il motivo della castrazione o auto-evirazione è molto insolito per il mondo greco (fermamente condannato poi dai Romani).
Alcuni testi Assiri fanno riferimento anche alla prostituzione sacra maschile praticata all’interno del culto della Dea Istar, che a volte assumeva le sembianze da essere ermafrodita.
Lungo il corso della storia dell’Impero persiano le pratiche omosessuali sono ampiamente documentate, specie quelle tra un uomo adulto con un eunuco adolescente reso tale per essere e diventare il “favorito imperiale". Quinto Curzio Rufo asserisce che quel popolo “è talmente abituato ai ragazzi, da non riuscire più a servire le donne".
Sono conosciute in particolare le storie amorose e sessuali del Gran Re Dario III col giovane Bagosa, che in seguito sarà anche uno degli amanti di Alessandro Magno, ma anche quella di Artaserse II di Persia con una ragazza di nome Tridate.
Alessandro Magno è anche strettamente legato ad Efestione (generale macedone degli “Hetaroi", descritto come il suo amante in gioventù. Alessandro ubriaco uccise Efestione per futili motivi e poi si abbandonò a un dolore straziante.
Lo studioso Alain Daniélon dice che neppure l’Antico regno di Israele fu esente dalla prostituzione sacra di marca pagana, sia al femminile che maschile.
Nell’antica Grecia i cittadini vivevano molto spontaneamente la loro bisessualità. Plutarco afferma. “Colui che ama la bellezza sarà favorevolmente disposto sia verso quella maschile che femminile".
Zenone di Cinzio, fondatore dello stoicismo antico, dice che “si dovrebbero scegliere i propri partner sessuali non in base al loro sesso bensì in base alle loro qualità personali".
Nel VII secolo a.C. sull’ isola di Lesbo, la poetessa Saffo canta l’amore tra due donne, ma già Omero più di un secolo prima, nell’Iliade, aveva narrato le imprese virili del popolo tutto femminile chiamato "Amazzoni", nazione composta interamente da donne guerriere che viveva senza uomini fin dai tempi presenti alla guerra di Troia.
Questa tradizione sembrerebbe provenire dalla Tracia, Scizia, Colchide o in alternativa dalle regioni del Caucaso (Mar Nero) mentre Platone le riferisce ai Formati iranici.
Ugualmente nella Macedonia era molto diffuso l’amore tra persone dello stesso sesso ed è stato sin dall'inizio largamente accettato dalla società civile ed in perfetta sintonia con le pratiche messe in atto nella penisola greca.
In tutto il mondo ellenistico era diffusa una sorta di pederastia intercorrente tra maestro e allievo, rapporto tra uomo libero adulto ed un ragazzo nel fiore dell’adolescenza, libero, non quindi in condizione di schiavitù. 
Possiamo dire che nell’antica Grecia il più famoso esempio di relazioni omosessuali è quello rappresentato dal battaglione Sacro Tebano che rappresentava l’élite dell’esercito tebano nel corso della guerra con Sparta, guerra combattuta per conquistare l’egemonia nel mondo greco. Sappiamo con certezza che tutti e 300 i componenti del battaglione Sacro Tebano avevano rapporti di tipo omosessuale con gli altri membri di tale battaglione, e tali rapporti omosessuali erano visti con favore dai comandanti dell’esercito tebano, che pensavano che tali rapporti rendessero più forti ed invincibili i 300 uomini di detto battaglione.
Il saggista Didier Godard dice che “la civiltà celtica è caratterizzata da una libertà sessuale che comprende anche le relazioni d’amore tra persone dello stesso sesso".
Il concetto di peccato in senso morale non esiste all’interno della loro cultura religiosa e le modalità di esistenza sono molto più libere.
Anche gli Etruschi sono stati descritti come un popolo voluttuoso in cui non vi era alcuna differenza sociale tra uomini e donne.
Lo storico dell’antica GreciacTeopompo aggiunge che è normale tenere le donne in comune e che era permessa l’unione sessuale tra maschi.
Nel VI secolo a.C. Plutarco ricorda che a Sparta alcune donne trovavano l’amore tra le braccia di altre donne. Più tardi, nel 160 a.C., Luciano di Samosata presenta le Hetairistriai, “Le donne mascoline”. 
Le hetairistriai di cui parla Platone nel Simposio, diverranno le Tribadi. Contemporaneamente nel 150 a.C., nella cultura ebraica, Rabbi Eleazar sancisce l’oscenità dei rapporti tra donne. 
Il mito greco-romano descrive un rapporto sessuale tra una divinità femminile e un essere umano di sesso femminile: è quello di Diana e Callisto, che dovette essere in origine un mito legato alla iniziazione sessuale (ma non solo) delle giovani, nel passaggio dall’adolescenza all'età adulta. Esso però ci è giunto contaminato da altri miti di tipo astrale, nei quali Callisto è l’Orsa Maggiore e oltretutto modificati in modo che il rapporto sessuale avviene non più fra una dea e una donna, bensì tra un dio Zeus che ha assunto il corpo di Diana per ingannare e sedurre una donna.
Le relazioni omosessuali nell’antica Roma sono molto meno documentate;   Il poeta Publio Ovidio Nasone si dimostra particolarmente acuto in tal senso, ma è anche uno dei più strenui sostenitori di uno stile di vita fortemente improntato all’amore verso le donne in contrasto alle norme sessuali romane alternative ad esso.
Durante la repubblica romana e nel corso dell’epoca costituita dal principato e dall’inizio dell’altro Impero Romano, poco viene registrato circa le relazioni sentimentali tra le donne, mentre prove maggiori ci riportano al tardo Impero Romano e alla tarda antichità.
Tuttavia, abbiamo due fonti molto importanti e significative che parlano e attestano che i rapporti lesbici fossero molto frequenti tra le donne romane, almeno nel periodo imperiale. Le due fonti in questione sono Paolo e Tito Livio. Paolo nella Lettera ai Romani afferma a chiare lettere che le donne romane erano solite mantenere rapporti lesbici senza nessun ritegno, poiché Dio aveva abbandonato il popolo romano a causa dei suoi peccati. A sua volta il grande storico romano Tito Livio in un passo della sua opera “Ad urbe condita" parla di un gruppo di nobili matrone romane che erano solite intrattenere rapporti lesbici tra loro. Questi rapporti erano tenuti drasticamente segreti ma alcuni senatori ne vennero a conoscenza ed esposero le donne al pubblico disprezzo. Le nobili matrone decisero di vendicarsi dei Senatori ed organizzarono un pranzo al quale volevano invitarli per avvelenarli. Tuttavia, il loro piano venne scoperto grazie alla confessione di una schiava e le matrone vennero duramente punite.

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