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L’ultima celebrazione della dea Iside: l’Hypnerotomachia Poliphili (1499)

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L'Hypnerotomachia Poliphili è un libro straordinario per diversi motivi: è un gioiello dell'arte tipografica, è un capolavoro della narrativa italiana rinascimentale, è un elegante mistero.

Il libro fu pubblicato dal grande Aldo Manuzio, nel dicembre del 1499. Non è indicato il nome dell'autore, e solo un acrostico sembra dare qualche indicazione in merito. Infatti, le lettere con cui iniziano i trentotto capitoli del romanzo formano questa frase in latino: Poliam frater Franciscus Columna peramavit, ovvero frate Francesco Colonna amò tantissimo Polia.

Grazie al messaggio in codice, i critici hanno attribuito l'Hypnerotomachia Poliphili a questo misterioso frate. 

Partendo da un antico appunto manoscritto scoperto dal letterato settecentesco Apostolo Zeno, gli studiosi hanno identificato lo scrittore in un Francesco Colonna nato a Venezia nel 1433, frate domenicano, che ebbe diverse disavventure amorose, tanto da venire cacciato dal convento e subire un processo, nel 1516, per aver "sverginato una putta". Muore nel 1518, non prima di venire denunciato per truffa da un orefice. Vissuto a lungo a Treviso (città in cui, guarda caso, abitano i protagonisti dell'Hypnerotomachia Poliphili) Francesco non fu solo un frate poco casto e poco onesto, ma anche un buon umanista che compì studi universitari a Padova e insegnò grammatica ai novizi.

Uno storico dell'arte crede che autore dell'Hypnerotomachia Poliphili sia un ben diverso Francesco Colonna, non frate veneziano, ma principe romano omonimo, nato verso il 1460 e morto nel 1538.

Ma, infine, cosa racconta l'Hypnerotomachia Poliphili? E perché un romanzo fantastico ha tante zone d'ombra? Perché l'autore non si rivela? Innanzitutto, vediamo molto rapidamente di cosa parla l'opera.

È la storia di un giovane, Polifilo, che, stravolto per le pene di un amore infelice per la bellissima Polia, quasi al termine di una notte insonne si addormenta. Il lungo libro non è che la descrizione di questo sogno (il titolo, di derivazione greca, significa infatti La lotta d'amore nel sonno di Polifilo). La narrazione è troppo lunga e complicata per poterne dare un riassunto. Basta dire che frater Francesco, con un linguaggio denso e bizzarro in cui mescola italiano, latino e greco, descrive minuziosamente ciò che vede nel suo viaggio alla ricerca di Polia: edifici colossali, come una piramide, un obelisco, la statua di un gigantesco cavallo alato e di un elefante con geroglifici incisi sul dorso.

E ci sono draghi, bellissime fanciulle, un giardino di cristallo ed uno di seta, un labirinto d'acqua e ninfe dolcissime.

Tutto il clima dell'Hypnerotomachia Poliphili è pagano, non soltanto per la sua immersione totale nella mitologia classica, ma perché l'intera storia è una esaltazione della forza eterna della natura e dell'amore creatore, che non si annulla nella vita mistica. Amore spirituale, certo, il quale anima e nobilita l'amore carnale, che plasma con gioia la vita. Non a caso una delle numerose e splendide xilografie che decorano il testo raffigura il dio Pan come Priapo, il cui membro eretto è onorato da una schiera di fanciulle per nulla scandalizzate.

La simbologia del romanzo è densa ed elaborata. E se alcuni simboli sono semplici e ovvi (come Marte che rappresenta la violenza, o Venere l'amore), altri sono oscuri, addirittura inquietanti: cosa significano i due sarcofagi che racchiudono i corpi di un re e di una regina che Polifilo incontra all'inizio del viaggio?

È possibile trovare altre informazioni all'interno del testo, oltre all'acrostico che ha rivelato il nome di Francesco Colonna?

Al termine del romanzo c'è un epitaffio in latino, intitolato "Epitaphium ubi Polia loquitur", ovvero "Epitaffio dove parla Polia". Le sue linee tipografiche non sono simmetriche, ma stranamente  irregolari, e questa è una particolarità comunque molto interessante, se pensiamo all'accuratezza impeccabile delle composizioni di Manuzio. Lo stesso significato dell'epitaffio è così pleonastico da insospettire: Polia dice di essere un fiore profumato di ogni virtù che l'aridità del luogo (ma quale?) ha inaridito e che neppure le lacrime di Polifilo possono riportare in vita. Finisce poi col dichiarare che un fiore così spento non può rinascere mai più, cosa che ha appena detto. Perché ripetere la stessa idea due volte? Sembra che il testo poetico sia un pretesto per poter disporre le parole in un certo modo. Forse l'Hypnerotomachia Poliphili contiene non una, ma due crittografie? 

Se si scrive l'epitaffio incolonnandolo a destra e senza spazi tra le parole, esso appare così:

VIATORFACQVAESOMORVLAM

POLIAENYMPHAE

HICESTMYROPOLIVM

QVAENAMINQVIESPOLIA?FLOS

ILLEOMNEMREDOLENSVIRTVTEM

SPECTATISSIMVS

QVIOBLOCIARITVDINEM

PLVSCVLISPOLIPHILILACHRYMVL

REPVLVLESCERENEQVIT

ATSIMEFLOREREVIDERESEXIMIA

PICTVRAVNIVERSISDECORITER

PRAESTARECONSPICERES

PHOEBEINQVIENS

QVEMINTACTVMVRORERELIQVE

RASVMBRACECIDIT

HEVPOLIPHILEDESINE

FLOSSICEXSICCATVS

NVNQVAMREVIVISCIT

VALE 

 

Ora indichiamo tutte le dodicesime lettere di ogni riga contando a partire da destra:

 

VIATORFACQVAESOMORVLAM

POLIAENYMPHAE

HICESTMYROPOLIVM

QVAENAMINQVIESPOLIA?FLOS

ILLEOMNEMREDOLENSVIRTVTEM

SPECTATISSIMVS

QVIOBLOCIARITVDINEM

PLVSCVLISPOLIPHILILACHRYMVL

REPVLVLESCERENEQVIT

ATSIMEFLOREREVIDERESEXIMIA

PICTVRAVNIVERSISDECORITER

PRAESTARECONSPICERES

PHOEBEINQVIENS

QVEMINTACTVMVRORERELIQVE

RASVMBRACECIDIT

HEVPOLIPHILEDESINE

FLOSSICEXSICCATVS

NVNQVAMREVIVISCIT

VALE

 

La colonna formata dalle dodicesime lettere dal margine destro di ogni riga forma questa sequenza:

 

VOSELECIEISEOVVIIA

 

È una frase latina, questa: VOS ELECI E ISEO V V I I A, e sciogliendo le abbreviazioni:

 

VOS ELECI E ISEO VENUS VICTRIX INVICTA IMMORTALIS AETERNA

 

che in italiano suona:

 

Voi scelsi dall'Iseo (tempio di Iside) Venere vincitrice invitta immortale eterna.

Questa frase ci rivela lo spirito profondo dell'Hypnerotomachia Poliphili. E ci fa capire bene perché l'opera sia anonima e l'autore abbia usato messaggi cifrati: nel 1499 non era possibile, e tanto meno per un frate domenicano, dichiarare apertamente simpatie verso il culto di Iside, che il Rinascimento aveva riscoperto.  

E nell'Hypnerotomachia Poliphili vi sono diversi riferimenti diretti ad Iside. Quando Polia e Polifilo, ad esempio, sono ammessi al cospetto di Venere, la dea allatta Cupido, cioè appare nel gesto caratteristico di Iside che allatta Osiride. Un'intera scena del romanzo ripete il mito della rinascita di Osiride, che Iside resuscita dopo la sua uccisione. Nel romanzo, come nel culto isiaco, la rosa rossa è il fiore che accompagna il rito della rinascita. E tutti i rituali descritti nella Hypnerotomachia Poliphili sono officiati da sacerdotesse, mai da sacerdoti, proprio come accadeva nella religione di Iside, che celebrava la potenza eterna della generazione, a cui era consacrata la donna. Iside, nell'antico Egitto, era la dea della maternità.

Possiamo considerare l'Hypnerotomachia Poliphili come l'ultima celebrazione della dea Iside, che fu per alcuni secoli la divinità più amata e diffusa nel bacino del Mediterraneo, dall'Asia Minore alla Gallia. E che ora, in quel 1499 che stava affacciandosi al pieno Rinascimento, per non scatenare la censura della chiesa cattolica, doveva nascondersi sotto le immagini sontuose e straripanti di un sogno.

 

(Articolo tratto dal nr. 125 di Nexus New Times, disponibile come arretrato sia in versione cartacea che digitale)

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