Quando intorno alla metà del secolo scorso l’élite mondialista che di fatto gestisce le sorti del pianeta e dei suoi abitanti iniziò a strutturare le basi per la costruzione di un nuovo ordine mondiale (o comunque lo si voglia chiamare di una nuova società che potesse risultare funzionale ai propri interessi), comprese immediatamente come la globalizzazione fosse la strada migliore da percorrere per ottenere il risultato voluto. Le basi di un progetto di questo genere erano già state poste negli anni ‘30, quando il Council on Foreign Relations statunitense concepì strutture come la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale che nacquero ufficialmente a Bretton Woods nel luglio 1944 ed ebbero senza dubbio modo di affinarsi quando a partire dal mese di maggio 1954 iniziarono le riunioni del gruppo Bilderberg, deputato a
fare sintesi e delineare le strategie. Nello stesso periodo, ad ottobre del 1947 a Ginevra vide la luce il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) composto inizialmente da 18 paesi fra i quali l’Italia (che entrò a farne parte nel 1949) e destinato a comprenderne 37, che si proponeva l’obiettivo di eliminare tutto ciò che potesse in qualche misura ostacolare il commercio internazionale. […] La creazione “dell’uomo nuovo” e più in generale l’intero processo di globalizzazione, non sarebbero stati possibili senza tutta una serie di strumenti che permettessero di superare le differenze culturali, le tradizioni, gli stili di vita, le peculiarità che ancora distinguevano profondamente gli uomini l’uno dall’altro, rendendoli un qualcosa di estremamente eterogeneo, difficilmente omologabile in uno standard globale come quello voluto. Già subito dopo la fine della seconda guerra mondiale la musica ed il cinema “americani” iniziarono ad invadere l’Europa, contaminando culture profondamente estranee a quella statunitense, ma il vero strumento principe della globalizzazione fu senza dubbio la TV ed in un secondo tempo la TV satellitare.
Al termine di tutto questo percorso, l’uomo nuovo è ormai diventato una realtà concreta e risulta del tutto aderente al disegno che l’élite mondialista aveva in mente quando più di mezzo secolo fa iniziò a costruirlo con pazienza. Si tratta del cittadino del mondo, una figura apolide, priva di qualsiasi senso di appartenenza, senza alcuna cultura di riferimento, senza valori e senza tradizioni, con legami familiari e affettivi in via di dissolvimento, interscambiabile con gli altri come può esserlo un pezzo di ricambio, sopravvivente all’interno di una vita ad interim, senza diritti e coordinate con le quali orientarsi, alla perenne ricerca dei mezzi economici che possano permettergli di acquistare i beni di consumo imposti dalla pubblicità e altrettanto perennemente frustrato dall’impossibilità di poterlo fare. L’uomo nuovo potrà essere spostato a piacimento all’interno del villaggio globale, laddove risulta essere più utile la sua presenza, dal momento che in mancanza di un’identità e di una famiglia non esiste alcun senso di radicamento. Potrà essere pagato il “meno possibile”, poiché la sua interscambiabilità ha pregiudicato qualsiasi capacità di contrattare il proprio salario ed è impotente di fronte all’arma del ricatto occupazionale. Potrà essere manipolato a piacimento, grazie al fatto che una persona deprivata della cultura di riferimento e delle tradizioni è come un foglio bianco sul quale i media e l’orientamento del pensiero hanno modo d’imprimere qualsiasi cosa risulti funzionale ai progetti dell’élite mondialista…
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