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Man mano che la nube si addensa… – di Richard North

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Pochi avrebbero potuto immaginare l'impatto delle eruzioni di un vulcano a 1.000 miglia di distanza [dall'Inghilterra, ndt] sotto il ghiacciaio Eyjafjallajoekull, in Islanda.

 

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Eruzione del vulcano sotto il ghiacciaio Eyjafjallajoekull;
la nube può superare i 10000 metri di altezza

Mercoledì scorso [14 aprile, ndt], l'abbiamo scoperto. A metà mattinata, una nube composta di ceneri vulcaniche si è sparsa lungo tutto l'Atlantico avvicinandosi alla Scozia. Ad Aberdeen, Edimburgo e Glasgow le operazioni di volo sono state sospese. A mezzogiorno l'intero spazio aereo britannico è stato chiuso. E da allora è ancora tale.
In un primo momento è stato tutto piuttosto eccitante. Improvvisamente, gli abitanti delle città hanno alzato gli occhi verso un cielo quieto, senza scie di condensazione o fastidiosi riflessi della luce solare sul metallo degli aerei.
Ma adesso le ore si sono trasformate in giorni e, anche se pochi sono disposti ad ammetterlo, i giorni potrebbero facilmente trasformarsi in settimane… o forse più.

 

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Velivoli parcheggiati sulla pista dell'aeroporto di Cologne-Bonn

Migliaia di voli sono stati cancellati, centinaia di migliaia di passeggeri sconfortati lasciati a terra. Il costo per le compagnie aeree viaggia sui milioni di sterline per ogni istante che passa.
Sintonizzatevi con gli ultimi aggiornamenti on-line o in televisione e constaterete il sentore di una inevitabile fine del mondo, con l'immagine di una massa d'ombra che si diffonde sopra l'Inghilterra.
È qualcosa che abbiamo, per la maggior parte, semplicemente accettato. Dopo tutto, questa non è una discussione che possiamo sostenere. Dobbiamo semplicemente starne fuori, no?
Chiunque abbia qualsiasi dubbio sulla saggezza o necessità di questo blocco dei voli a livello nazionale si ricordi quello che è successo al volo BA 009. Questo era un jumbo jet in volo da Kuala Lumpur verso Perth il 24 giugno 1982; stava volando a 11000 metri quando improvvisamente sperimentò l'incubo dell'avaria di tutti e quattro i motori.
Il jet del capitano Eric Moody si abbassò di più di 6000 metri, prima che il pilota riuscisse a riavviare un motore a 4000 metri, seguito dagli altri, per poi atterrare in sicurezza. Il velivolo aveva volato in una nuvola di cenere vulcanica proveniente dall'eruzione del monte Galunggung in Indonesia.

Possiamo citare altri incidenti simili.

Il 15 dicembre 1989, un jumbo KLM perse tutti e quattro i motori volando attraverso una nuvola che si rivelò essere di cenere vulcanica, scendendo verso Anchorage, Alaska. I motori ripresero a funzionare e l'aereo atterrò in sicurezza, ma gravemente danneggiato.
Nel 1991, il monte Pinatubo nelle Filippine eruttò, e più di 20 'incontri con la cenere vulcanica' si verificarono durante quella che era allora la più grande eruzione vulcanica degli ultimi 50 anni.
La capacità di prevedere dove la cenere potesse spostarsi è stata impegnativa a causa dell'enorme estensione della nube. Voli commerciali e varie operazioni militari sono state colpite. Un operatore statunitense rimase a terra con i suoi aerei a Manila per diversi giorni.
Sei anni più tardi, quando il monte Popocatepetl in Messico eruttò, ci furono numerosi incidenti. Anche se il danno è stato minimo nella maggior parte dei casi, un equipaggio sperimentò una significativamente ridotta visibilità durante l'atterraggio e dovette guardare attraverso le finestre laterali della cabina durante il rullaggio dopo l'atterraggio.
Inoltre, l'aeroporto di Città del Messico è stato chiuso fino a 24 ore in più occasioni durante le successive eruzioni.

Ciascuno di questi incidenti è diverso e separato dagli altri. E diverse e separate furono le azioni intraprese in risposta ad essi. Ma è qui che comincia ad emergere un divario tra questi eventi eletti a motivo per lo stop attuale dei voli e la situazione in cui versiamo oggi.

Sono stati questi incidenti a far decidere alla comunità aeronautica internazionale di attuare delle linee guida in caso di eruzione vulcanica. Un risultato molto ragionevole è stato quello di aumentare le osservazioni e i report.
L'incidente di Galunggung successe semplicemente perché nessuno aveva avvertito il capitano Moody del vulcano in eruzione. Se egli lo avesse saputo, avrebbe potuto facilmente cambiare rotta ed evitare l'incidente.

Nei giorni scorsi siamo stati indotti a credere che il blocco totale degli aeroporti è stato inevitabile. Che non c'è assolutamente alcuna alternativa. Ma questo semplicemente non è vero.

Quello a cui stiamo assistendo non è una legge naturale, sancita da tempo immemorabile, ma una politica elaborata dalla International Civil Aviation Organisation (ICAO) e poi interpretata ed applicata dalla britannica National Air Traffic Service (NATS). Analizziamo meglio come è stata applicata.
Nel settembre 2009 l'ICAO pubblicò il suo 'Programma d'intervento per la gestione del traffico in caso di cenere vulcanica presente nello spazio aereo della regione del Nord Atlantico'.
Sotto molti aspetti le linee guida sono molto dettagliate anche se non fanno assolutamente alcuna distinzione tra grandi e relativamente modeste eruzioni. Né si tiene conto dell'effetto di diluizione, man mano che la nube si muove dal suo punto d'origine. L'unico riferimento è quello a nubi di polvere generica, senza alcun tentativo di effettuare una valutazione dei rischi. Utilizzando come modello il più grande e pericoloso tra i vulcani islandesi, il vulcano Katla, ha offerto una serie di procedure di monitoraggio e tracciamento delle nubi di cenere e alcuni 'consigli' da dare alle compagnie aeree in caso di eruzione di un vulcano.

 

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 La torre di controllo dell'aeroporto di Edinburgo durante il blocco dei voli in UK

L'eruzione alla quale stiamo assistendo in questi giorni è un relativamente modesta, certamente non paragonabile ad una del Katla.
Eppure vale la pena notare che anche per la più grave delle eruzioni previste, il piano dello IOCA prevede il cambiamento di rotta dei voli per aggirare o volare al di sotto delle nubi di polvere.

Siamo stati persuasi a credere che volare sarebbe una follia, ma una parte della logica che ci sta tenendo a terra è una equazione economica, piuttosto di trattarsi di semplice sicurezza personale. Volare al di sotto delle nubi per evitarle significherebbe bruciare più carburante. Ma non volare affatto sta sicuramente bruciando denaro molto più velocemente. Volare a bassa quota per evitare semplicemente il pericolo che la cenere venga risucchiata dai motori sarebbe una soluzione temporanea che sta guadagnando credito nel forum per piloti professionisti Pprune. Un pilota iscritto lì ieri ha sottolineato: 'Le possibilità che la nube si trovi alle quote di volo nelle tratte brevi è trascurabile' [link, ndt].

Non sono solo alcuni piloti temerari ad iniziare a mettere in discussione la necessità dell'attuale situazione di stallo. Steve Wood, Capo Pilota del Sussex e del Surrey Air Ambulance, ieri ha descritto le misure adottate come 'una reazione completamente eccessiva'.

I moderni motori a reazione sono eccezionalmente robusti. E in effetti devono essere così; essi devono affrontare non solo i rischi di impatto con uccelli, ma anche con la pioggia, la grandine, e persino la nebbia salina in fase di decollo da aeroporti costieri. Tutto ciò può potenzialmente provocare seri danni ai motori. Inoltre, la sabbia è un pericolo comune in situazioni di tempesta di polvere e negli aeroporti siti nel deserto. Alcuni aerei sono meglio attrezzati di altri per affrontare condizioni di elevata presenza di polvere, e la consultazione con i costruttori di aeromobili e di motori potrebbe aver permesso restrizioni più precise, piuttosto che un divieto generalizzato.

Ma un portavoce del NATS ha ammesso: 'Noi in realtà non trattiamo con i produttori'. Erano più interessati all''applicazione delle norme internazionali' piuttosto che a lavorare su una base specifica. Il divieto totale, con un cielo azzurro e di Sole splendente, ha portato alcuni a chiedersi se questo regolamento one-size-fits-all sia adeguato per una situazione che esso non prevedeva.

E, tra i 200.000 britannici attualmente bloccati all'estero, molti sarebbero felici di correre il rischio.
In ultima analisi, nonostante la paura, nessuno è mai rimasto in realtà ucciso in un incidente causato da un vulcano.
Non si può dire lo stesso per quanto riguarda il molto più pericoloso viaggio da casa verso l'aeroporto.

Richard North è co-autore di Scared to Death – From BSE To Global Warming: Why Scares Are Costing Us The Earth.

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