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Musulmani in chiesa: qualche riflessione (e un piccolo sospetto)

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Domenica scorsa si è celebrato in diverse chiese cattoliche d'Europa un rito particolare, ovvero una liturgia domenicale a cui hanno partecipato diversi fedeli dell'Islam e imam, cioè guide spirituali delle comunità islamiche, congiuntamente ai fedeli cattolici. La novità che ha fatto molto parlare i nostri giornali, nei titoli di prima pagina, è stata la storicità dell'evento.
In realtà tale storicità è relativa: in passato abbiamo parlato del ruolo dei militanti di Hezbollah libanese nel mettere in salvo icone cristiane (soprattutto di Gesù e della Vergine Maria) dalla foga distruttrice dell'ISIS in Siria, e abbiamo pubblicato un articolo di Maurizio Blondet su Nasrallah, leader storico di Hezbollah, islamico per nulla integralista (Hezbollah combatte contro l'ISIS e contro Al Nusra, oggi "Fronte per la conquista del Levante", al fianco di Assad), che addirittura invocò una "guerra santa" dell'Islam proprio contro l'ISIS; sempre in Siria, un anno fa è stata inaugurata con la presenza di esponenti del governo di Assad la prima moschea al mondo dedicata alla Vergine Maria. Nella Siria laica, infatti, era usanza di molti musulmani e soprattutto donne dedicare le loro preghiere alla Madre di Dio all'interno di luoghi di culto cristiani.
La novità dell'evento consiste invece nella sua non ordinarietà, in nazioni in cui l'Islam è stato importato negli ultimi decenni e non è quindi un sistema di credenze autoctono: domenica i fedeli all'Islam hanno partecipato al rito cattolico, su invito della comunità cattolica per mezzo dei suoi rappresentanti, e hanno in alcune occasioni invocato e pregato Allah come richiesto dalla loro religione; ciò è avvenuto ufficialmente come gesto di apertura tra le due religioni dopo l'uccisione di padre Jacques Hamel, sacerdote cattolico sgozzato nella sua chiesa di Rouen durante la celebrazione della Messa da persone identificate come affiliati all'integralismo islamico. 

La domanda che in redazione ci siamo posti è: per caso, è possibile che questo evento simbolico, come altri di questo tipo, sia un segnale di una volontà massonica di riunire in un'unica chiesa i fedeli dell'Islam e del Cattolicesimo, parallelamente alla riconciliazione tra Cattolici e Protestanti perseguita da Bergoglio? 
Per ora poniamo la domanda, su cui torneremo presto, senza pretese di risposta. Nel farlo, però, vi proponiamo di seguito due riflessioni che, nella nostra navigazione quotidiana, ci hanno colpito. Una laica, di Giorgio Nigra da Il Primato Nazionale, ed una cattolica, di Aldo Maria Valli, vaticanista RAI, da Il Barbadillo
Buona lettura dalla Redazione


Cosa significa realmente l’accoglienza dei musulmani in chiesa

Roma, 1 ago – Dei musulmani che vanno a una messa cristiana: per chi non appartenga a nessuna delle due confessioni monoteiste di cui sopra, la manifestazione andata in scena ieri in molte chiese riveste ben poco interesse. È d’altro canto vero che tale pantomima esce dal consueto copione del “dialogo” fra cugini del Libro poiché, nelle intenzioni, voleva essere una “risposta” a un terrorismo che ci riguarda tutti, cristiani e non (peraltro per il musulmano medio noi Europei siamo tutti cristiani, anche nelle manifestazioni più secolarizzate della nostra società, che gli islamici interpretano più come una decadenza del cristianesimo che come un allontanamento dallo stesso). Insomma, in quanto gesto simbolico che vorrebbe intervenire su una questione cruciale per noi tutti, l’episodio merita comunque un commento.

Innanzitutto balza agli occhi il dato per cui sono stati i cattolici a invitare i musulmani nel loro tempio e non viceversa. Dato non secondario, visto che il gesto di buona volontà sarebbe dovuto venire dalla comunità musulmana, attesa al varco della dissociazione dai suoi componenti fanatizzati e stragisti. Il dato non è secondario, perché ribalta totalmente il senso da attribuire alla scenetta, divenuta l’ennesimo simbolo di sfaldamento interno offerto dalla religione venuta a prevalere in Occidente. Insomma, è sembrata più una resa che un “dialogo”.

Che il conflitto in atto sia anche un confronto simbolico basato sulla forza sfugge completamente agli organizzatori di questo indegno teatrino. Agli occhi del mondo musulmano, l’Occidente “cristiano” appare tanto “aggressivo” verso l’esterno – secondo il consueto vittimismo levantino – quanto vile e sottomesso al suo interno. La gran parte di quel mondo, in una porzione che eccede ampiamente le frazioni dello jihadismo armato, non fa che deridere la debolezza che permea le nostre società. Da domenica avrà una ragione in più per perseverare in tale convinzione e regolarsi di conseguenza.

Giorgio Nigra

Fonte: http://www.ilprimatonazionale.it


Il caso. Musulmani nelle chiese? La coerenza di chi ha disertato le preghiere con i cattolici


Sopra: Musulmani nelle chiese in Europa per una preghiera dopo Rouen


Posso dirlo? Ho trovato molto rispettosa, dignitosa e coerente la scelta dei musulmani che hanno deciso di non andare nelle chiese cattoliche per manifestare la loro contrarietà al terrorismo di matrice islamica e la loro solidarietà ai cristiani. Sì, avete capito bene: ho detto la scelta di non andare. Perché dico che è stata una scelta rispettosa, dignitosa e coerente?

Per rispondere occorre pensare a che cosa è una chiesa cattolica. Non un semplice luogo di incontro, non una sorta di sala della comunità, nemmeno un luogo di preghiera. No, la chiesa, qualunque chiesa cattolica consacrata,  è molto di più: è la casa di Dio, degli uomini che credono in Dio e del Figlio di Dio, Gesù, che lì è veramente presente nel tabernacolo. È dunque luogo massimamente sacro, perché segnato dalla presenza reale di Cristo.

Le parole di Benedetto XVI

Mi vengono mente alcune parole di Benedetto XVI. Fanno parte di un’omelia pronunciata il 10 dicembre 2006 e dicono così:

«La Parola di Dio non è soltanto parola. In Gesù Cristo essa è presente in mezzo a noi come Persona. Questo è lo scopo più profondo dell’esistenza di questo edificio sacro: la chiesa esiste perché in essa incontriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente. Dio ha un volto. Dio ha un nome. In Cristo, Dio si è fatto carne e si dona a noi nel mistero della santissima Eucaristia. La Parola è carne. Si dona a noi sotto le apparenze del pane e diventa così veramente il Pane di cui viviamo. Noi uomini viviamo della Verità. Questa Verità è Persona: essa ci parla e noi parliamo ad essa. La chiesa è il luogo d’incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo d’incontro tra di noi».

Sono concetti molto chiari e non hanno bisogno di commenti. Voglio solo aggiungere un altro pensiero, sempre di papa Ratzinger, riguardante il luogo nel quale si svolge il sacrificio eucaristico, ovvero l’altare. Benedetto XVI ne parlò il 21 settembre 2008 nella messa, con dedicazione dell’altare, celebrata nella cattedrale di Albano:

«Nella liturgia romana il sacerdote, compiuta l’offerta del pane e del vino, inchinato verso l’altare, prega sommessamente: “Umili e pentiti accoglici, Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te”. Si prepara così ad entrare, con l’intera assemblea dei fedeli, nel cuore del mistero eucaristico […]. L’altare del sacrificio diventa, in un certo modo, il punto d’incontro fra Cielo e terra; il centro, potremmo dire, dell’unica Chiesa che è celeste ed al tempo stesso pellegrina sulla terra, dove, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, i discepoli del Signore ne annunziano la passione e la morte fino al suo ritorno nella gloria».

Ora è più chiaro perché condivido la scelta di quei musulmani che hanno deciso di non entrare nelle chiese cattoliche. Il motivo è molto semplice: Gesù per i musulmani non è oggetto di venerazione. Il Corano lo considera infatti un grande profeta, famoso per i suoi miracoli, ma la venerazione è riservata esclusivamente a Maometto. Non solo. Il Corano nega decisamente, e condanna, l’idea che Gesù sia figlio di Dio.

«I versetti contro la trinità – osserva un islamista serio e competente come il padre Samir Khalil Samir  –  sono molto chiari e non hanno bisogno di tante interpretazioni».

Per molti musulmani i cristiani, proprio a causa della Trinità, sono politeisti o falsi monoteisti. Oltre a negare totalmente la divinità di Cristo, il Corano nega la redenzione:  addirittura vi si afferma che Gesù Cristo non è morto in croce, ma è stato crocifisso un suo sosia. Il Corano e i musulmani, in poche parole, negano i dogmi essenziali del cristianesimo: Trinità, incarnazione, redenzione.

Stando così le cose, per un musulmano non entrare in chiesa, ma pregare altrove, è dunque un segno di grande coerenza e rispetto. Un segno che, fra l’altro, ci aiuta a ricordare che una chiesa cattolica è qualcosa di ben diverso da una moschea. Quest’ultima, infatti, non è propriamente un luogo di culto, ma un luogo di incontro per i membri della comunità, un luogo nel quale non solo si prega ma si ricevono direttive di vario tipo: morale, sociale, anche politico. Un luogo nel quale non si celebra un culto nel senso cristiano del termine, anche perché non vi è alcun amministratore del culto consacrato a questo scopo. Pensare di accogliere i musulmani in una chiesa come se la chiesa fosse la “moschea dei cattolici” significa, quindi, fare soltanto una grande confusione e non rispettare le differenze.

Un teologo come monsignor Antonio Livi è arrivato a sostenere che la presenza di musulmani in chiesa è, letteralmente, assurda: non ha senso. Non lo ha perché i musulmani non credono nei misteri cristiani che in una chiesa cattolica sono celebrati alla presenza reale di Cristo. Non lo ha perché i musulmani, sono ancora parole di monsignor Livi,

«professano una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede cattolica».

È un giudizio che può suonare duro per le nostre orecchie abituate al politicamente corretto, ma è indubitabile.

Aggiungerò che, considerato quanto ho cercato di spiegare (e che per un cattolico, tutto sommato, dovrebbe essere evidente), pensare che la presenza di musulmani in una chiesa non costituisca un problema tradisce un’idea protestante, non cattolica, della chiesa stessa. Sono i protestanti che hanno «desacralizzato» la chiesa riducendola a luogo di incontro della comunità dei fedeli.

Sui giornali ho letto diverse testimonianze di semplici fedeli musulmani che, decidendo di non entrare in chiesa ma di pregare nei loro luoghi abituali di incontro, hanno espresso non disprezzo per i cattolici, ma profondo rispetto. Di questo li dobbiamo ringraziare, perché anche nel campo religioso viviamo in un tempo di grande confusione e approssimazione, un tempo dominato dall’appiattimento e dall’incapacità di distinguere le peculiarità.

Ma tu, potrà osservare qualcuno, in questo modo neghi la possibilità di esprimere concretamente il senso di fratellanza, così importante in questa fase nella quale siamo tutti minacciati dagli estremismi violenti. Rispondo che non è così. Il senso di fratellanza si può esprimere molto bene, molto meglio, evitando confusioni e approssimazioni. «Ciascuno a casa propria» può sembrare una formula brutta, non solo sgarbata ma anche portatrice di divisione, ma se la giudichiamo così è, appunto, perché non siamo più abituati a distinguere, perché siamo tutti sottoposti al dogma del livellamento. Invece le differenze ci sono, sono importanti e vanno conosciute. Solo conoscendole, solo tenendone conto, si può sviluppare, sempre che ce ne sia la volontà, un vero dialogo. In caso contrario c’è solo un vacuo parlarsi addosso.

Qualcuno potrà anche obiettare che ragionare così significa non essere al passo con i tempi e con l’esigenza, tanto pressante, dell’accoglienza. Per rispondere non starò a farla lunga. Mi basta un pensiero del buon vecchio Chesterton:

«Il novanta per cento di ciò che chiamiamo nuove idee sono semplicemente vecchi errori».

Aldo Maria Valli

Fonte: http://www.barbadillo.it


NOTA REDAZIONALE (AGGIORNAMENTO) – Padre Jacques Hamel era tra i sacerdoti cattolici impegnati a pieno titolo nel dialogo con l'Islam, come si può apprendere da diversi siti e giornali in rete che ne riportano la biografia.
Da L'Intrapendente leggiamo che il sacerdote, che da dieci anni proseguiva l'attività pastorale nonostante avesse superato l'età per il pensionamento…

Credeva nell’accoglienza e nel dialogo. Era amico fraterno dell’Imam Mohammed Karadila, presidente del Consiglio regionale per il culto musulmano dell’Alta Normandia. Con lui faceva parte, dall’attentato del giornale satirico Charlie, di un comitato interconfessionale per la convivenza pacifica. Era stata la sua parrocchia a cedere il pezzo di terra su cui è sorta la moschea di Saint Erienne-du-Rouvray. 

Qualcuno potrebbe pensare, malignamente?, che la vittima possa non essere stata scelta casualmente dai mandanti del suo omicidio, ma che possa essere stata una scelta simbolica da cui far partire nuovi sforzi per arginare i fondamentalismi, laddove si intenda con questo termina chiunque, nella propria tradizione religiosa, si opponga alla nuova religione massonica. Ma questo è ancora, solo, un sospetto.


 

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