I nostri lettori saranno tutt’altro che stupiti dallo scandalo Prism (o Datagate), che mostra solo la punta dell’Iceberg del controllo del ‘sistema’ sulle vite dei cttadini. Ciò nonostante, grazie a questo scandalo gran parte dell’opinione pubblica ha potuto appurare in modo palese di vivere in un mondo orwelliano, come dimostra il boom di vendite di 1984 (non male, in un periodo di crisi per il mercato librario). D’altra parte, però, viene quasi spontaneo chiedersi…cosa c’è sotto? L’articolo che segue fornisce dei validi spunti di riflessione.
Redazione
Il modo in cui l’opinione pubblica europea viene “informata” dello scandalo che riguarda la più grande agenzia statunitense di “intelligence”, la National Security Agency, presenta i consueti risvolti ambiguamente celebrativi che caratterizzano qualsiasi notizia proveniente dagli USA. Questo scandalo pare infatti risolversi anch’esso nell’ennesimo “trionfo della democrazia americana”. I media ci dipingono un Obama sotto attacco da parte di un’opinione pubblica americana che si dimostra gelosa delle proprie libertà, mentre il dibattito si sposta sui massimi sistemi, sullo scontro di due diverse idealità: da una parte la tutela della sicurezza dei cittadini, dall’altra la garanzia della loro privacy.
La presa in giro si completa sugli organi di stampa della finta opposizione, come “Il Fatto Quotidiano”, dove vi sono anche commentatori che giungono ad affermare che in Italia la situazione della violazione della privacy sarebbe persino peggiore che negli USA; cioè il tutto viene risolto in un astratto confronto, basato sulla falsa premessa che si tratti di questioni interne ai vari Paesi; questo come se la NSA si limitasse a spiare il territorio statunitense e non tenesse sotto controllo anche noi.
Il problema è che le attuali tecnologie rendono la privacy un’illusione, e questo modo di dibattere sembra più che altro finalizzato all’idea di abituare l’opinione pubblica a rassegnarsi a vivere sotto controllo. Qualche commentatore meno allineato ha fatto notare che questo scandalo sollevato dal quotidiano britannico “The Guardian” costituisce una gigantesca scoperta dell’acqua calda, dato che da anni si sapeva praticamente tutto a riguardo. In effetti, già nel 2009 la NSA fu al centro di una polemica per casi di spionaggio ai danni di alcuni parlamentari statunitensi; pare ci fosse sotto osservazione un deputato del Congresso, non individuato con certezza dai media; e persino il senatore Jay Rockefeller avanzò il sospetto di essere spiato.
Va sottolineato che però in Europa di questo scandalo del 2009 non si seppe a suo tempo praticamente nulla. Meno di nulla i media europei ci hanno detto su una vicenda successiva ancora più clamorosa, che riguardò le rivelazioni di un “insider” della NSA, l’agente Thomas Drake, che subì anche una persecuzione giudiziaria per “tradimento” da parte dell’amministrazione Obama. Alla fine Drake riuscì in parte a scamparla ed a cavarsela con una condanna minore, perché il tribunale riconobbe che le sue informazioni non compromettevano la sicurezza nazionale, ma scoperchiavano il gigantesco giro d’affari, di corruzione e di frodi che avviene all’interno della NSA. A rendere ancora più strano il silenzio dei nostri media, c’è la circostanza che Drake fu intervistato nella più importante trasmissione televisiva di informazione degli USA, “Sessanta Minuti” della CBS.
Anche in altre interviste Drake portò a conoscenza dell’opinione pubblica dei fatti clamorosi. La sicurezza nazionale è diventata negli USA il settore in maggiore crescita, con un’enorme redistribuzione della ricchezza: il solito capitalismo sedicente privato ed imprenditoriale che invece parassita i soldi pubblici. Agli agenti della NSA è data la possibilità di diventare milionari procurando appalti alle ditte private. Drake dichiarava testualmente: <>.
Da profondo conoscitore del sistema, Drake parlò anche delle tecniche di “false flag”, di depistaggio, usate dall’amministrazione Obama per affrontare il suo caso, cercando di farlo passare per qualcosa che attentava alla sicurezza nazionale. In realtà attentava soltanto ai business ed agli arricchimenti fraudolenti che avvengono sotto l’alibi della sicurezza nazionale. Anche l’attuale scandalo sul sistema di spionaggio informatico Prism sembra proprio inquadrarsi in questo tipo di operazioni di depistaggio e distrazione. Facciamoli pure discutere nei talk show di libertà, di privacy, di sicurezza; l’importante è non parlare di appalti e di corruzione. Tanto ci sarà sempre una parte dell’opinione pubblica disposta ad avallare qualsiasi liberticidio in nome dello stato di necessità, perciò il dibattito si sposterà invariabilmente sull’opinabile. Ci si potrà quindi domandare quale sia stato il ruolo di Apple, Google e Facebook nel sistema di spionaggio Prism, ma non a quale grado sia arrivata la commistione affaristica di queste multinazionali con la NSA.
Nei Paesi sudditi deve rimanere la convinzione che la corruzione e le tangenti siano roba da popoli inferiori, mentre negli USA ci si scontra sul modo più giusto di combattere il terrorismo. Alla beffa si aggiungono il danno e l’ulteriore beffa, poiché le aziende italiane sono diventate terreno di caccia per ex-agenti CIA ed FBI specializzati in presunti servizi anti-hackeraggio; dei “servizi” che in realtà appaiono come la riscossione di un “pizzo” per essere protetti dalle stesse minacce di spionaggio industriale di provenienza statunitense. Con l’immancabile ipocrita arroganza dei colonialisti, questi pseudo-detective informatici affermano anche di fornire alle aziende americane che vogliano fare affari in Italia, delle certificazioni anti-corruzione sugli eventuali partner commerciali italiani.
Il ministro della Difesa Mauro può oggi permettersi di dichiarare che il MUOS in costruzione a Sigonella sarebbe un impianto che serve alla pace ed alla sicurezza globale, e tutto il problema starebbe nello stabilire se sia inquinante o no (e non lo sarà, c’è da scommetterci). Quindi, se i nostri media ci informassero sulle vere funzioni della NSA e di tutto l’apparato della “sicurezza” USA, l’effetto non sarebbe soltanto quello di un banale e consolatorio “tutto il mondo è paese”, bensì lo smascheramento del carattere affaristico-criminale dell’imperialismo, per il quale inventarsi un nemico significa creare appalti e business. Un business, ovviamente, sempre e rigorosamente basato sul saccheggio della spesa pubblica.
Articolo di Comidad
Fonte: comidad.org