È di queste settimane la notizia del divieto in 15 località francesi dell'utilizzo del burkini, il costume integrale dotato di velo che molte donne di religione musulmana utilizzano in spiaggia per non contravvenire alle regole morali associate alla loro religione. Non sono troppo lontani i decenni in cui anche le donne europee, non musulmane, vestivano nelle spiagge con costumi integrali, e se scandalo si suscitava era semmai per l'eccessiva porzione di corpo mostrata e non il contrario. Che oggi donne provenienti da contesti sociali e morali diversi da quello dell'Europa attuale adottino questo abbigliamento forse non dovrebbe scandalizzare.
In un precedente articolo, nato dalla candidatura alle elezioni comunali di Milano di una esponente della Fratellanza Musulmana (poi eletta), Sumaya Abdel Qader, nella lista del Partito Democratico (la Fratellanza Musulmana è nota per la sua visione radicale e letterale dell'Islam e della Legge Coranica), mi sono chiesto provocatoriamente come un partito "progressista" che si è addirittura fatto portabandiera delle istanze LGBT e femministe, possa contribuire a promuovere una organizzazione di questo tipo candidandone esponenti nelle proprie file. Una domanda da estendersi forse anche ai democratici di Oltreoceano, dato che il capo dello staff di Hillary Rodham Clinton, Huma Abedin, che le fece da assistente quando Hillary era Segretario di Stato e che sarebbe capo del suo staff se venisse eletta alla Casa Bianca, oltre ad essere vicina alla Fratellanza Musulmana, ha anche scritto e collaborato per anni con la rivista saudita Journal of Muslim Minority Affairs (che ha come capo-redattrice sua madre), la cui linea editoriale rispecchia la visione wahabita del mondo e del ruolo della donna (notizia riportata dal New York Post e dalla Pravda). Progressisti o regressisti, dunque, questi "democratici"?
Basti pensare all'Afghanistan, in cui le ragazze che negli anni Settanta giravano vestite come ragazze europee e si bagnavano nelle spiagge fluviali e nelle piscine come le loro coetanee occidentali e sovietiche, oggi sono donne mature che indossano il burqua. Eppure erano islamiche anche allora. (vedi galleria fotografica qui e qui).
Ogni volta che si affronta questo argomento, l'opinione pubblica viene spinta a dividersi dai suoi orientatori tra chi difende l'Islam e le sue tradizioni (ad importazione saudita, qatariota e yankee) e chi invece lo contrasta in nome della laicità di costumi. Al primo caso, ad esempio, appartiene la scelta del governo Renzi di coprire le statue raffiguranti dei corpi nudi che si trovano ai Musei Capitolini di Roma durante la visita del primo ministro iraniano Rouhani, il 27 gennaio scorso. Una scelta molto criticata, trattandosi di un nudo artistico, che sarebbe stata compiuta per non offendere la sensibilità della delegazione iraniana, la quale però – secondo Rouhani – non avrebbe mai fatto questa richiesta.
Al secondo caso si deve invece la campagna francese contro il burkini (da non confondere con il Burkina, che è uno stato africano, che volentieri vorrebbe non c'entrare con le nostre questioni), che è stata avallata anche dal primo ministro Valls. Ora, già in passato il governo centrale di Parigi ha proibito l'utilizzo di simboli religiosi (crocifissi, chador, kippah, ecc.) nelle scuole pubbliche. Adesso pare che nelle località balneari in cui vige il diveto siano già state comminate le prime sanzioni, e che la polizia abbia invitato le trasgreditrici a cambiarsi d'abito. In questi giorni è già successo a Cannes e a Nizza, quest'ultima già luogo dell'"attentato" del 14 luglio che ha visto un camionista nordafricano investire appositamente turisti e bagnanti inermi sotto le ruote del suo autotreno, come riporta Il Giornale:
Nelle foto diffuse dal sito vantagenews.com si possono vedere quattro agenti di polizia che attorniano una donna musulmana intenta a dormire in spiaggia con il proprio burkini in mezzo ai bagnanti in costume. Gli agenti svegliano la signora e dopo un breve colloquio la convincono a togliersi almeno il pezzo del costume che le copriva spalle e braccia, mentre uno dei poliziotti sembra prendere appunti sul blocchetto delle multe.
Sempre nella giornata di ieri a Cannes una trentaquattrenne musulmana era stata multata poiché stazionava sulla spiaggia vestita con leggings, una tunica e un velo.
Curiosa la motivazione per quest'ultima sanzione:
Nella motivazione della sanzione i poliziotti avevano scritto che "l'abbigliamento della donna non rispettava i buoni princìpi morali e il secolarismo".
Alcune domande: quali sarebbero i "buoni principi morali"? In Italia, ed esempio, questa dicitura viene utilizzata per qualificare gli abiti troppo succinti delle prostitute che esercitano in strada la loro professione, permettendo alle amministrazioni comunali di comminare loro delle sanzioni. Paese che vai, "morale" che trovi.
Ma soprattutto: cosa vuol dire rispettare "il secolarismo"?
Secolarismo e secolarizzazione sono due parole molto utilizzate, con le quali si intende il processo attraverso il quale le società europee (ma anche arabe) si sono progressivamente adattate "ai tempi" e al governo "secolare" o "temporale" (cioè politico), rinunciando gradualmente sia alle convinzioni religiose sia alla morale ad esse associata. La progressiva secolarizzazione dell'Europa viene spesso vista come un problema, ad esempio, dal mondo cattolico e cristiano fedele alla sua tradizione, o come un fattore positivo di emancipazione da convinzioni e credenze del passato (potete approfondire l'origine storica del termine sul sito della Treccani).
La provocazione che mi è saltata alla mente, leggendo la motivazione, è: se un domani un frate o una suora, ma anche un monaco buddista o un hare krishna, passeggiassero sulla spiaggia di Cannes potrebbero essere multati per non aver rispettato il "secolarismo"?
È una provocazione, di cui qualcuno potrebbe anche chiedersi l'utilità, ma la domanda potrebbe un giorno non lontano essere posta realmente.
Infatti, il sindaco di Cannes, per giustificare l'ordinanza ha affermato che il burkini sarebbe una
«tenuta che ostenta un’appartenenza religiosa mentre la Francia e i luoghi di culto sono bersagli di attacchi terroristici».
Ora, mentre in Italia si discute su burkini sì e burkini no, in Francia silenziosamente si è già compiuta l'associazione diretta tra abito e appartenenza religiosa, e tra appartenenza religiosa e pericolo terroristico. Si badi che si parla di appartenenza religiosa, e non appartenenza all'Islam o ad una forma religiosa specifica ritenuta pericolosa per l'ordine pubblico. Infatti, non essendo l'Islam una religione messa al bando ma rispettata ed accolta, anche nelle sue componenti più radicali, non sarebbe possibile fare normative ad hoc per gli aderenti a tale religione (anche se non si è mai visto un buddista europeo o un frate francescano compiere attentati) senza violare la laicità dello stato e discriminare gli aderenti a tale religione. Quindi, sarà presto lecito da parte dei difensori dei diritti umani e delle minoranze chiedere l'adozione di tale comportamento anche nei confronti di esponenti di altre religioni. L'associazione è già fatta, esiste come precedente legale: appartenenza religiosa = terrorismo.
Ecco perché papa Bergoglio, a cui Shimon Perez ha chiesto di guidare l'ONU delle Religioni, critica esclusivamente il fondamentalismo senza riferimenti religiosi specifici all'Islam. Non ci sarebbe da sorprendersi se presto anche i Francescani dell'Immacolata (abbiamo accennato alla loro vicenda in un vecchio articolo) venissero accusati di essere terroristi, e con loro chi ostenta l'appartenenza ad una qualche forma religiosa o spirituale che non si addice al nuovo ordine in fase di progettazione, che prevede, forse, proprio una esasperazione della violenze e dell'odio reciproco tra le varie fedi per poterle poi estirpare del tutto.
E pensare che, in Natura, uomo e donna nascono entrambi nudi…
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