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“Operazione cognome”: Dietro il “politicamente corretto”, nuovo esempio di guerra epistemologica?

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Ogni provvedimento che esce dalle istituzionali, occupate dalle c.d. élite, va guardato con il massimo sospetto. Con tutto quello che è successo negli ultimi tempi, fino a prova contraria, le loro azioni sono indirizzate o a rafforzare il controllo, o a provocare il caos.

L’ “Operazione cognome”, l’ultima farsa della Corte Costituzionale, si presenta come manifestazione del “politicamente corretto”, salutato con giubilo dai globalioti come nuova conquista del “diritto” dei nascituri di non trovarsi automaticamente il cognome del padre, ma di prendersi invece quello della madre. 

In molti hanno già commentato sugli aspetti più palesi. Si tiene presente la tradizione secolare iberica in cui i figli assumono i due cognomi, ad esempio “Mendoza y Gonzales” dove il primo è il cognome paterno e il secondo è quello materno: ma non si fa così in Italia, Francia e tanto meno in Germania. E fioccano le osservazioni ironiche, a partire dal fatto che il cognome attuale di tutte le donne italiane è quello del padre; e che, tra tre generazioni, le persone potrebbero trovarsi con ben sedici “cognomi”.

Da non dimenticare poi la consuetudine anglosassone secondo cui la moglie assume il cognome del marito anche nella vita quotidiana, relegando in genere il cognome (sempre ereditato dal padre) alla casella “maiden name” (nome da nubile) nella modulistica burocratica. Le donne che tengono al proprio cognome pur adottando quello del marito, lo antepongono al cognome da sposata, come nel caso di “Hillary Rodham Clinton”. In Italia funziona allo stesso modo, anche se per l’anagrafe il cognome resta quello paterno e non quello preso dal marito.

Sorvoliamo sulla diatriba alquanto artificiosa tra il modello “patriarcale” e “matriarcale” per passare ad un aspetto più concreto: quello genealogico, con i relativi diritti ad una eredità materiale o immateriale.

Per millenni, le genealogie spettavano a pochi, tipicamente gli appartenenti alle caste aristocratiche e sacerdotali ma anche mercantili. 

Da una parte, non si può escludere che i lignaggi fossero tramandati, in forma scritta o verbale, da persone non appartenenti necessariamente alle classi dominanti. E non si può nemmeno affermare con certezza la veridicità delle varie genealogie “ufficiali”. 

Dal punto di vista storico il cognome arriva in Europa in tempi relativamente recenti. A partire dal medioevo le famiglie storiche compilavano alberi genealogici, con l’ausilio dell’arte del blasone che aggiungeva elementi ricchi di simbolismo politico ed esoterico, per indicare alleanze e lignaggi che vanno oltre al concetto attuale di cognome.

Con il proliferare della documentazione cartacea, le genealogie si estendevano oltre la cerchia ristretta dei nobili e del clero e si possono ricostruire attraverso i registri parrocchiali dei battesimi, dei matrimoni e dei decessi; archivi che col tempo si affinano sempre di più per entrare a far parte del patrimonio statale. Si diffonde l’utilizzo del cognome tramandato di padre in figlio, in emulazione della prassi dei titoli nobiliari. Tuttavia, i nobili non disdegnavano di prendere nomi e titoli del ramo materno quando ciò risultava essere vantaggioso. 

Nonostante l’esistenza di poderosi archivi storici, gli ambienti di potere hanno spesso osteggiato la divulgazione di dati genealogici dettagliati sul proprio conto. Peraltro, il detto “Mater semper certa est, pater numquam” ha avuto risvolti concreti nel potere politico. Ad esempio, in presenza di matrimoni reali con la presenza di un marito anziano o con problemi caratteriali, come nel caso di Luigi XIII di Francia, gli storici si sono interrogati sulla paternità effettiva del Re Sole.

Con la digitalizzazione degli archivi in molti paesi occidentali, si apre la possibilità per molti di recuperare conoscenze genealogiche dimenticate. Quindi, dovrebbe essere più facile, almeno in teoria, accertare lignaggi e parentele anche dei personaggi e delle famiglie detentori del potere politico e finanziario. Ma non è sempre così. Tra le problematiche riscontrate dai ricercatori, vi è quella già citata del nome da nubile in ambito anglosassone, e quella della modifica dei cognomi legata alle alleanze dinastiche ed alle migrazioni, in particolare quelle di origine ebraica.

Il ricercatore statunitense Miles Mathis (www.mileswmathis.com), autore di numerosi articoli su vari personaggi dai presidenti americani ad Albert Einstein, riscontra differenze e anomalie nelle varie fonti ritenute affidabili. Tra le altre cose, lui, come altri, ha riscontrato gravi carenze su siti come Wikipedia, la nota piattaforma controllata dalla “gestapo digitale” (ultimamente il prof. Alessandro Orsini, dopo alcune dichiarazioni televisive ritenute “politicamente scorrette”, si è visto sparire l’articolo su di lui su Wikipedia).

In particolare, il sistema anglosassone di far decadere il cognome delle moglie a favore di quello del marito, ha fatto sì che vengano omessi o comunque occultati legami di parentela importanti; in tal modo al ricercatore poco attento che si attiene solo a Wikipedia ed si siti dedicati alla genealogia, possano sfuggire certi collegamenti; collegamenti che potrebbero essere alla base di ascese apparentemente inspiegabili nel mondo politico ed economico. La vicenda si complica se andiamo a vedere la questione delle adozioni.

È altresì noto il fenomeno del cambio di cognome in seguito alla migrazione, per consentire al nuovo arrivato di immedesimarsi nella società europea od anglosassone. Anche a questo riguardo, gli storici hanno scritto molto sulle famiglie di origine ebraica, che nei secoli hanno spesso adottato cognomi e nomi del paese di nuovo insediamento. 

Nel caso delle dinastie bancarie, parentele e discendenze possono essere di gran rilievo finanziario ma, trattandosi il più delle volte di trust privati, queste dinastie, che in genere hanno meno visibilità mediatica rispetto alle famiglie reali, non hanno particolare interesse ad un “disclosure” troppo palese e troppo dettagliato, e men che meno a che tali collegamenti siano messi in relazione all’azionariato ed ai consigli di amministrazione di fondazioni e di società quotate in borsa. Se i collegamenti sono in genere riscontrabili tra i ricercatori più attenti – pensiamo ad esempio allo studioso italiano Pietro Ratto – essi sono in genere relegati alle opere specialistiche e non vengono certamente discusse sulle reti televisive nazionali all’orario di punta.

Per concludere, è presto dire se la decisione della Corte porterà a cambiamenti effettivi nelle consuetudini sociali oppure no; essa rientra però nella lotta epistemologica che mira alla “decostruzione” del concetto del cognome quale significatore della collocazione dell’individuo nella società, e trova riscontro nei tentativi di ingegneria sociale rispetto al ai ruoli maschili e femminili. 

In prospettiva, tale confusione dei cognomi potrebbe rendere ancora più difficili le ricerche genealogiche in Italia.

D’altra parte, visto che la c.d. “élite” è sempre più allo sbando, potrebbe succedere il contrario: un rinnovato interesse nella “linea matriarcale” potrebbe aprire nuove visioni storiografiche, nonostante  i tentativi del potere oligarchico a scoraggiare tali studi, specie quelli indirizzati nei loro confronti.

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