In questa “puntata” della nostra piccola Storia (rivisitata) degli Apollo Days ci soffermeremo su alcuni frames i quali, da più parti, sono stati tacciati di “falsità assoluta”.
Essi quindi – e diremmo “di conseguenza”… – vengono ritenuti come alcune delle prove probanti dell’intrinseca falsità ed inattendibilità di tutto il materiale Apollo ergo…di tutto il Programma Apollo.
Ma una piccola premessa, se non altro per stabilire il link fra questa puntata del Dark Side of the Moon e la Regola Matematica citata in epigrafe, è necessaria e si tratta, in fondo, solo di sottolineare ed enfatizzare una sola, semplice e – riteniamo – inoppugnabile circostanza: le Anomalie e le Singolarità “Spaziali” (in generale, e Lunari in particolare) NON sono “Regole Matematiche”.
Da questa (ovvia) considerazione ne consegue che gli elementi che le formano NON possono essere valutati alla stregua delle componenti di un’espressione, nel senso ovviamente matematico del termine.
La Matematica è una Scienza Esatta per definizione, se non ci sbagliamo…: ma la Ricerca delle Anomalie, invece – ed anch’essa per definizione – NON lo è.
E NON lo è perché la misura di tutte le possibili Anomalie, al pari di tutte le possibili falsificazioni, è data – sostanzialmente – non solo dalle intrinseche Capacità (comunque necessarie ed indispensabili) e dalla Sensibilità (certamente necessaria anch’essa) del Ricercatore di Anomalie, ma anche – e diremmo soprattutto – e dal suo atteggiamento mentale.
L’atteggiamento mentale di uno studente non può cambiare l’esito di un’equazione, né di una qualsivoglia espressione algebrica.
E l’atteggiamento mentale non può né potrà – MAI! – neppure spostare il risultato dell’Orwelliana addizione che si esprime nella frase, resa famosa dal diario tenuto dal Protagonista di “1984” (il Sig. Winston Smith, interpretato nel film da un grandissimo John Hurt), che dice “…Libertà è Libertà di dire che 2 + 2 fa 4…”.
Ma l’atteggiamento mentale però – provate a pensarci – può effettivamente cambiare (anche in maniera radicale) il modo di vedere un evento e poi, di conseguenza, di leggerlo.
L’atteggiamento mentale può modificare, in fondo, tutto ciò che costituisce “materia speculativa”: può cambiare radicalmente il modo di interpretare una Legge nella sua interezza oppure un semplice articolo del Codice Civile o del Codice Penale (e non ce ne vogliano i Giuristi che dovessero leggerci…).
Esso può cambiare radicalmente il modo di vedere una partita di calcio ed un evento che la decide (è rigore? Non è rigore?), così come può informare l’intera percezione della realtà in tutti quei casi in cui essa non si esprime in forma matematica.
L’atteggiamento mentale può anche decidere – come, di fatto, decide alle volte, anche se poi si parla di “Miracolo” e si riconduce tutto ad una dimensione religiosa e/o mistica (ergo anch’essa opinabile) – le sorti di una Vita, determinando l’evolvere o il regredire di una malattia.
L’Atteggiamento Mentale è una connotazione dell’individuo, fa parte della Natura Umana e quindi non è aprioristicamente criticabile.
Ma esso, proprio perché elemento tipico della Natura Umana – la quale è, per definizione, imperfetta –, può anche esprimersi attraverso modalità percettive distorte, giungendo a trasformare talune realtà in favole e vice-versa…
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Bene, dopo tutta questa speculazione dialettica (che esprime l’Atteggiamento Mentale di chi scrive…) veniamo al punto: l’immagine “incriminata” (prima dall’Ing. Bill. Kaysing e poi da tanti altri) è contenuta nel frame AS 11-40-5907:
esso, al pari di altri simili, sembra (diciamo “appare”) falso al 100% perché, si dice, dalla fotografia emerge un fatto evidente ed inoppugnabile: l’orizzonte Lunare (per altro immortalato in decine di altri frames) è – decisamente – “troppo corto”, in rapporto all’ombra del Lunar Module la quale finisce con l’apparire, di conseguenza, troppo lunga.
Insomma: l’orizzonte della Tranquillity Base, in altre parole, sembra essere (in qualche modo) "limitato": non c'è, in esso, alcun "senso di fuga" ed in esso non appare (prospetticamente e pittoricamente parlando) alcun “punto di fuga”.
L'immagine – sembra – proprio piatta e l'orizzonte che dovrebbe essere lontano emerge (comunque) come estremamente vicino all’Astronauta che riprende.
“E’ un falso!!!” disse l’Ing. Kaysing.
E’ un falso che dimostra in maniera inoppugnabile che c’è un telone (o, comunque, una sorta di schermatura nera proprio dietro il Lunar Module – l’idea della schermatura nera è venuta anche a noi, guardando il famosissimo “Capricorn One”…) il quale copre la menzogna.
La menzogna, nel caso di specie, sarebbe data dal fatto che il Lunar Module (o LM) è posizionato in uno Studios Hollywoodiano e che l’intero paesaggio lunare, comprensivo di due colline – situate a circa 2000 metri di distanza dal punto di presunto allunaggio dell’Apollo 11 ed anch’esse scomparse nel frame in oggetto! – non è, semplicemente, riproducibile in maniera credibile all’interno di uno Studio Cinematografico.
Noi, come Lunar Explorer Italia, abbiamo valutato questo frame assieme ad alcuni altri, che Vi proporremo, pure tacciati di falsità e la nostra sensazione iniziale è stata coerente con il pensiero Kaysinghiano dominante: si, si tratta (rectius: si DOVREBBE trattare…) di una serie di falsi.
Tuttavia, dopo aver avviato – come da prassi – un’analisi a 360°, abbiamo rilevato (diciamo pure “scoperto”…) alcuni elementi interessanti i quali, anche se non a tutti, hanno fatto cambiare opinione ad alcuni dei nostri Ricercatori.
Alcuni di noi sono arrivati a pensare, infatti – così come ci ha anche confermato un Tecnico della NASA – che questo effetto visivo (eclatante nel frame AS 11-40-5907 ed in qualche altro) è dipeso dal fatto che la zona di allunaggio non era affatto piana così come appariva ed appare dalla maggior parte delle immagini disponibili, anzi…Ed è evidente, poi, che la presenza di avvallamenti e gibbosità del terreno modifica, per definizione, la visione che l’Osservatore (qualsiasi Osservatore) ha dell'orizzonte.
Ma facciamo un esempio, tanto per chiarire il nostro punto di vista: se scattiamo la fotografia di una pianura dalla sommità di un dosso o, addirittura, di una collina (pensate alle immagini che il Rover Spirit sta scattando dal Summit della Collina Husband!) ne conseguirà una visione "profonda" del panorama (il che significa che “vedremo”, nell’immagine risultante dalla foto, “l’orizzonte più lontano”).
Ma che cosa accadrebbe se ci posizionassimo in un punto "più basso" (per esempio in un avvallamento o addirittura un fosso – e quindi, per la Luna, un crepaccio, un avvallamento o un cratere, anche di modestissima profondità) per fotografare la stessa pianura?
Ebbene in questo caso sarà certamente possibile che il nostro orizzonte risulti (per chi guarderà – solo – la fotografia) molto più corto.
Molto più breve.
Il limite dell'orizzonte, in quest’ultimo caso, sarà dato – all’Osservatore della fotografia in questione – dal margine superiore dell'avvallamento dall’interno del quale viene ripresa l’immagine (e se non ci credete…Provate Voi stessi!).
Ora, questa ripresa dell'orizzonte Lunare (cioè quella del frame AS 11-40-5907) avviene – così come crediamo di capire leggendo le note di commento esistenti per la maggior parte delle Moon Pictures – dall'interno (ergo dal fondo!) di un piccolo cratere (il quale altro non è che un “avvallamento” del terreno).
Ne consegue, se la nostra premessa iniziale è corretta, che l'immagine ottenuta dovrà apparire "schiacciata" agli occhi dell’Osservatore della (sola) fotografia.
Ed un’immagine “schiacciata” o “piatta”, ribadiamo, vuol dire che mostra un orizzonte (l’orizzonte del panorama fotografato) “breve” o “corto”.
Ma adesso provate a pensare, invece, alle immagini scattate all'orizzonte del Mare della Tranquillità dall'interno del LM (il quale, ovviamente, costituisce un punto decisamente ALTO rispetto al suolo): in quelle immagini – ne abbiamo proposte alcune in altre puntate del Dark Side – l'orizzonte si "allunga" e ben si percepisce l'effetto di "fuga" determinato dalla prospettiva.
Nel frame 5907, dunque – e così come si conferma nei successivi –, il punto di ripresa utilizzato dall'Astronauta è – doveva essere – un punto "basso" rispetto all'orizzonte effettivo. Cioè il “suo” orizzonte”, che poi – nelle fotografie – diventa il nostro,
La conseguenza di questa situazione – davvero eclatante in alcuni casi – è che molte immagini hanno finito con l’evidenziare un "orizzonte corto".
E, per orizzonte corto, dobbiamo aggiungere anche questa necessaria precisazione: un “orizzonte corto” può apparire, per chiunque debba farsi un’idea del paesaggio solo guardando una fotografia, come un “orizzonte tagliato”.
Qualcuno (anzi: molti…) ha/hanno anche detto che l'orizzonte vero e proprio – il quale, a loro dire, sarebbe stato sempre ben visibile, ANCHE dall’interno del craterino dal quale le fotografie venivano scattate – è stato deliberatamente (ed artificiosamente) oscurato.
Ebbene noi, come Lunar Explorer Italia, siamo dell’idea che molti degli Apollo Frames sìano stati manipolati ed alterati ma, in questo caso specifico, non crediamo che l’accusa sopra indicata sia totalmente fondata.
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E’ comunque con il frame AS 11-40-5914 che iniziano altri grandi problemi.
La critica rivolta a questa immagine è, ancora una volta, di facile intuizione: l'orizzonte dietro al LM è così “corto” e così incredibilmente “vicino” (troppo vicino a chi scatta…) per essere vero.
Ed idem dicasi per i frames AS 11-40-5961 e 5962
i quali forse, allorché guardati in rapida successione, appaiono ancora più “falsi”, secondo molti, del 5914 (Vi suggeriamo, per completezza di informazione, di visionare anche gli AS 11-40-5927, 5928 e 5929).
Ora, una delle nostre Main Policies, in qualità di Ricercatori Scientifici, già la conoscete: prima di teorizzare (a vanvera) bisogna provare – almeno – a chiedere a chi sa (o dovrebbe sapere).
E quindi, come ovvio, abbiamo interpellato la NASA e, nella fattispecie, abbiamo chiesto ad uno dei Curatori dell'Apollo Space Catalog (vorremmo citarne il nome ma, come da lui stesso dettoci, “questo tipo di pubblico ringraziamento non è gradito nel suo ambiente di lavoro”) qualche chiarimento in merito ai frames “incriminati” e la risposta, cortese e sollecita, è stata questa:
”I examined the film for the images in question and they do not look any different. However, when comparing 5961 and 5962 I did noticed that the Lander – nota: Lander, nella dizione NASA, vuol dire Lunar Module – Is larger in 5962 than in 5961. I then checked the index for the images to see if they were taken with the same or different lenses.
I found they were both taken with the 60mm lens which meant they could not have been taken at the same place. Next, I checked the landing site diagram and found the following.
Image 5961 was taken about 60 meters from the Lander at Station 5, and 5962 was taken about 30 meters from the Lander – so they could not have been taken within seconds of each other.
Image 5931 was part of the panorama taken at Station 4 about 20 meters from the Lander and 5927, 5928, & 5929 were taken about 10 meters away – so they were not taken together either.
Also, when I was looking at the full panorama that includes 5961 I noticed that the ground between where it was taken and the LM seemed to dip down and fall away to the left (south). Checking a map of the landing site I found out that was true – image 5961 was taken near the lip of Little West Crater, and 5927, 5928, & 5929 at the edge of the small depression the LM landed in.
So, although all the images were taken roughly along the same line of sight, they
were taken from progressively lower points relative to the hills in the background which suggests, that the horizon is cutting off more of the view of them the closer you get to the Lander.
You can find both the map and the diagram I refer to above at the URL that follows (http://astrogeology.usgs.gov/Projects/LunarAtlas/maps/) although you may have to download them in order to view all of them and see what you think”.
Allora: se comprendiamo bene quello che la NASA stessa ci racconta, dovremmo pensare che l’appiattimento dell’orizzonte visibile in alcuni frames (e quindi la sua apparente “eccessiva brevità”) dipende proprio – come avevamo teorizzato – dal punto di vista dell’Astronauta che andò ad effettuare le riprese.
Questa spiegazione, ovviamente, ha soddisfatto alcuni Ricercatori e non ha soddisfatto altri (anche all’interno della nostra stessa Organizzazione) e quindi, per definizione, anch’essa si presta a discussione ma, e questo occorre dirlo, si tratta di un’ipotesi esplicativa razionale e coerente con la Logica, il Buon Senso ed i principii fondamentali dell’ottica.
Il che non è poi così male, specie se provate a considerare quanto sia difficile ottenere pareri dagli USA e come sìano “abituali” e “storici“ i silenzi della NASA e delle Istituzioni ad essa comunque collegate…
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Che altro aggiungere a questa breve, ma sostanziata (e, grazie al Collaboratore dell’Istituto di Scienze Planetarie di cui abbiamo riportato le dichiarazioni, anche ben argomentata), dissertazione?
Forse solo una modesta considerazione – la quale, per altro, è di ordine logico e non tecnico: in una situazione (oggettiva) di “NON chiarezza”, che cosa ed a chi credere?
E qui, inevitabilmente, torniamo alla domanda iniziale: nella Ricerca della Verità (supponendo che si tratti di un problema nel senso matematico del termine) che cosa conta, effettivamente, per giungere alla risposta – per lo meno ad una risposta “credibile”… – oltre ed in aggiunta ai dati disponibili?
Conta – e ne siamo tutti convinti, al di là delle opinioni personali di ciascuno – l’Atteggiamento Mentale del Ricercatore.
Conta ciò che egli crede, in fondo.
Conta la sua “apertura mentale”.
Conta la sua “disponibilità” intellettuale”.
Conta la sua “Cultura”, nel senso più ampio del termine.
Se il Ricercatore, in fondo, è convinto che l’Apollo Programme sia tutto una fiction, alla fine tutte le prove (TUTTE, senza eccezioni!), diranno che la Verità è che si tratta di una fiction.
D’altro canto, se il Ricercatore – sempre in fondo… – è dell’idea che l’Apollo Programme sia una realtà indiscutibile (come la “rotondità” della Terra) allora, alla fine delle indagini, tutte le prove (idem c.s.: SENZA eccezioni!) diranno che la Verità è che ci troviamo davanti o
1) ad eventi curiosi (ma spiegabili) i quali, comunque, accedono ad una realtà complessa e di difficile ricostruzione o
2) ad eventi inspiegabili i quali, sempre e comunque (ed a maggior ragione!), accedono ad una realtà complessa e di difficilissima ricostruzione.
Dal nostro punto di vista, poi – e qualora esso possa avere un qualche valore in questa difficilissima opera ricostruttiva di una serie di eventi estremamente articolati e complessi –, la Verità Assoluta sull’argomento – oggi come oggi – è irraggiungibile.
E questo è un dato assolutamente e squisitamente oggettivo.
E’ irraggiungibile perché nessuno di coloro che scrivono (pro o contro la realtà delle Missioni Apollo) è mai andato sulla Luna a verificare i fatti di persona (e non servono prove a sostegno di questa asserzione).
Però, se Vi piace la Filosofia (e se pensate che Scienza e Filosofia non sìano altro che due modi – entrambi corretti – di leggere i medesimi fenomeni), allora abbiamo trovato una risposta che potrebbe essere soddisfacente, in fondo, per tutti quanti.
Eccola qui: è molto più facile credere ad una menzogna che sia capace di sposare le nostre convinzioni e le nostre inclinazioni piuttosto che – anche agendo nella più perfetta Buona Fede – prestare ascolto a chi ci dice la Verità, qualora questa Verità non solo non viene a combaciare con ciò che pensiamo, ma anche – ironia della sorte… – allorché proviene da qualcuno al quale, per definizione, ci viene difficile credere.
Ed è questo, forse, uno dei passaggi più difficili del Viaggio che dovrebbe portarci dalla Terra alla Luna; e lo è perché, in fondo (ed a parere di chi scrive), una parte del suo Lato Oscuro è definita proprio dalla nostra (in)capacità di vedere.
Il che vuol anche dire, in fondo, che una parte del Lato Oscuro della Luna è “oscuro” proprio a causa del nostro modo – talora troppo ottimistico ed altre volte eccessivamente scettico – di guardarlo…
O no?!?
Articolo di Paolo C. Fienga