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“P COME PENTAGONO,M COME MISTERO, R COME RAI” – di Massimo Mazzucco

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Visto invece da chi non ne sapeva nulla, c'è stata certo una notevole quantità di informazioni sorprendenti da digerire. Di certo si può dire almeno una cosa: non si è tratatto di un plateale caso di debunking, cosa che invece era legittimo temere, visti sia il canale su cui il programma andava in onda, sia il particolare momento politico.

O forse, semplicemente, il debunking "non è venuto" come magari qualcuno si aspettava.

Le ipotesi a questo punto possono essere molte. Di certo è parso che il conduttore, Roberto Olla, agisse in buona fede, ed un paio di battute istintive che gli sono scappate, …

di fronte a certi commenti non troppi convincenti dell'"esperto balistico", sembravano indicare un suo sincero desiderio di andare a fondo della cosa. A sua volta ha però stupito come Olla avesse preparato il suo intero "impianto di accusa", dimenticandosi dell'arma numero uno che ha a disposizione chi non crede alla versione ufficiale dei fatti: la foto di Ingersoll.

Olla ha tenuto a precisare, sin dall'inizio, che avrebbe presentato soltanto fonti "ufficiali", come il rapporto della Commissione Indipendente sull'11 Settembre oppure il filmato del Pentagono fatto da un "elicotterista dell'esercito". Ma anche Jason Ingersoll è un militare: non solo è caporale dei Marines, ma è anche uno dei fotografi ufficiali in dotazione al Pentagono.

Può davvero Olla non conoscere quell'immagine, così importante, quando noi stessi abbiamo riconosciuto, in un rapidissimo montaggio sui siti internet che parlano dell'11 Settembre, una nostra pagina che riporta quella fotografia?
L'intera trasmissione avrebbe preso una piega ben diversa, se invece di ragionare di fronte a quell'ingombrante modellino del Pentagono, lo si fosse fatto con l'immagine intatta della facciata, ripresa da Ingersoll prima del crollo, che mostra chiaramente un solo foro di entrata, di tre-quattro metri al massimo. Sarebbe stato divertente a quel punto vedere come se la cavava l'esperto balistico, che già ha sudato non poco per spiegare come un motore abbia potuto perforare tre anelli dell'edificio, mentre l'altro si sarebbe "accartocciato" seduta stante, per poi sparire nel nulla insieme al resto dell'aereo.

È stato anche abbastanza triste vedere con quale cura (leggi: con quanti dei nostri soldi) sia stato preparato quel meraviglioso modellino del Pentagono, quando mancava completamente una qualunque ricostruzione del prato e della collina antistanti. E' lì, lungo la traiettoria di approccio, che si pongono i maggiori problemi, e che va fatta la vera discussione.

Ma nonostante il conduttore si sia dovuto arrangiare con le mani, dicendo "ecco, qui più o meno c'era l'aereo", i due comandanti dell'Alitalia hanno fatto chiaramente capire che le probabilità di compiere la manovra attribuita ad Hanjour erano praticamente inesistenti.

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Per non dover dire "impossibile", i due comandanti hanno suggerito più volte che "solo una grande fortuna" avrebbe permesso a chiunque – loro compresi – un approccio di quel tipo. In quel momento, l'imbarazzo in sala era palpabile.

Ha fatto invece molto piacere sentire confermato da ambedue i piloti quello che noi andiamo sostenendo da molto tempo, rispetto alla assoluta mancanza di logica della scelta di Hanjour di colpire il Pentagono in quel punto.

Una volta in vista dell'edificio, si trattava semplicemente di prenderlo di mira dall'alto, cercando di colpirlo in alto, verso il centro, in modo da tenersi un margine di errore in qualunque direzione.

Invece Hanjour ha voluto cercarsi quell'impossibile manovra raso-erba che avrebbe condannato anche un esperto professionista ad un fallimento quasi sicuro, proprio a pochi metri dall'agognato bersaglio.

I comandanti hanno confermato anche l'estrema difficoltà di volare al massimo della velocità, con l'aereo in perfetta orizzontale, a pochi centimetri da terra. In quelle condizioni – hanno detto – basta sfiorare la cloche per causare un cambio di direzione di almeno un centinaio di metri. Inoltre, le turbolenze che vengono a crearsi sotto la pancia dell'aereo, sono decisamente difficili da compensare, anche per i piloti più esperti.

Se a quel punto Olla avesse avuto sottomano la foto di Ingersoll, che mostra i rulli di cavi elettrico, alti un paio di metri, ancora in piedi dopo l'impatto, avrebbe potuto facilmente chiudere la partita, dimostrando l'assoluta impossibilità che sia stato un aereo di quelle dimensioni a colpire l'edificio. Per non parlare dell'opportunità perduta da Olla di domandarsi come sia possibile che un intero aereo sia stato praticamente "fuso" dal calore dell'incendio, mentre sarebbe stato possibile non solo recuperare, ma addirittura identificare, TUTTI i corpi dei passeggeri, eccetto cinque naturalmente.

Ma tant'è, accontentiamoci.

Tornando alla trasmissione in sè, non si capisce davvero quale ne fosse il vero scopo. La cosa più probabile è che sia il risultato di due intenzioni diverse, all'interno della RAI: da una parte, quella del conduttore, genuinamente desideroso di approfondire un argomento che meriterebbe ben altre attenzioni, e all'altra, una direzione che ha probabilmente sentito il bisogno di affrontare comunque un argomento che sta ormai facendo capolino troppo spesso del sottoscala di Internet.

La speranza forse era quella di "pre-vaccinare" in qualche modo il grosso pubblico dall'eventuale impatto improvviso di una notizia del genere.

Ma è mancato il Magdi Allam della situazione, e questo ha permesso alla trasmissione di concludersi invece con l'accordo di tutti sulla chiara mancanza di una qualunque prova che un 757 abbia colpito il Pentagono, e sulla legittimità quindi delle posizioni di chi non crede alla versione ufficiale dei fatti. Vista la rete su cui stavamo, e visti soprattutto i tempi che corrono, non è affatto poco.

Naturalmente, il vero giornalismo rimane tutta un'altra cosa.

Massimo Mazzucco (www.luogocomune.net)

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