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Perché le scuole non educano

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Sono passati molti anni da quanto John Taylor Gatto ha pronunciato questo discorso (era il 1990) e da quando l'abbiamo pubblicato per la prima volta nell'edizione cartacea di Nexus New Times, nel 1997. Ad oltre un ventennio di distanza, rimane di un'atttualità disarmante e ve lo proponiamo, per la prima volta on line italiano, anche in vista del convegno del 16 ottobre dedicato a pedagogia ed educazione [Redazione].


Nel suo ruolo di insegnante, John Gatto difende la tesi secondo cui i problemi inerenti alla 'scolarizzazione' potrebbero essere risolti con metodi che aiutino i bambini a sviluppare la conoscenza di sé ed a contare su se stessi, nonché ad incoraggiare il coinvolgimento delle famiglie nel processo educativo.

Un discorso di John Taylor Gatto 235 W. 76th Street
New York, NY 10023, USA
Originariamente pubblicato sulla rivista HOPE Vol.1, No.4, set/ott 1996
POB160, Naskeag Rd, Brooklin, ME 04616 Telefono: + 1 (207) 359 4651
Fax: + 1 (207) 359 8920

Quando, nel 1990, John Taylor Gatto fu nominato Insegnante dell'Anno della Città di New York (per il secondo anno di fila), il suo discorso di accettazione non fu un pacato ringraziamento bensì una sfila nitida e vigorosa alla saggezza convenzionale che ammanta il ruolo dell'educazione, della famiglia, dell'individuo e della comunità ai giorni nostri. Le sue critiche non sono indirizzate soltanto alle scuole ed agli alunni di New York, ma riguardano anche ciò che gli educatori e i genitori provano, più o meno intensamente, indipendentemente da dove risiedono. Le sfide che dobbiamo affrontare nell'educare e nell'occuparci dei nostri bambini sono serie e complesse, e non sono soltanto responsabilità da addossare alle nostre scuole. Le scuole tuttavia possono creare gran parte del contesto necessario a rendere la nostra società ed il nostro mondo il piacevole luogo in cui tutti vorremmo vivere. Ci fa quindi piacere pubblicare gli appassionati commenti di uno dei più rumorosi e limpidi campioni della riforma educativa.

John Wilson, Editore & Direttore, HOPE magazine

Accetto questo riconoscimento per conto di tutti i bravi insegnanti che ho conosciuto negli anni e che hanno lottato per rendere i loro rapporti con i bambini degni di merito: uomini e donne che non si sono mai compiaciuti di se stessi ma che hanno sempre messo in discussione, si sono sempre battuti per definire e ridefinire all'infinito che cosa il termine "educazione" dovrebbe stare a significare. Un "Insegnante dell'Anno" non è il migliore in giro – quelli veri sono persone troppo discrete per essere scovati facilmente – bensì una sorta di rappresentante-tipo, simbolo di quei privati cittadini che passano la loro vita con gioia al servizio dei bambini; il premio è tanto loro quanto mio. Stiamo vivendo un periodo di grande crisi sociale. I nostri bambini stanno al diciannovesimo posto fra i paesi industrializzati per quel che riguarda leggere, scrivere e far di conto. L'economia narcotica mondiale è basata sul consumo di questo e quel prodotto. Se non comprassimo così tanti sogni in polvere gli affari collasserebbero – e le scuole rappresentano un importante punto di vendita. Il nostro tasso di suicidi fra adolescenti è il più elevato del mondo – ed i ragazzi suicidi per la maggior parte sono quelli ricchi, non quelli poveri; a Manhattan il 70% dei nuovi matrimoni dura meno di cinque anni.
La crisi della nostra scuola è un riflesso di questa crisi sociale; sembra che abbiamo perso la nostra identità. I vecchi ed i bambini vengono rinchiusi e tenuti alla larga dal mondo produttivo in una maniera senza precedenti; nessuno comunica più con loro. Senza vecchi e bambini che si mescolano nella vita quotidiana una comunità non ha né passato né futuro, ma solo un presente continuo. In effetti il termine "comunità" difficilmente si può applicare al modo in cui noi interagiamo gli uni con gli altri. Viviamo in reti, non in comunità, e a causa di ciò tutti quelli che conosco sono soli. In qualche strano rispetto una scuola è uno degli attori principali di questa tragedia, così come lo è nella forbice fra le classi sociali che si sta ampliando. Utilizzando la scuola come un meccanismo di divisione sembra che siamo sul punto di creare un sistema di caste, completo dei suoi intoccabili che vagabondano nei treni delle metropolitane chiedendo la carità e che dormono per le strade. Durante i miei 25 anni di insegnamento ho constatato un fenomeno affascinante – cioè che per le grandi imprese del pianeta le scuole e l'istruzione stanno diventando sempre più irrilevanti.

Nessuno ormai crede più che gli scienziati vengano preparati con corsi di scienze, o i politici con corsi di materie civiche né i poeti con corsi di letteratura inglese. La verità è che le scuole in realtà non insegnano un bel nulla, se non ad obbedire agli ordini. Questo fatto per me è un mistero, perché migliaia di persone di buona volontà e dedite alla causa lavorano nelle scuole in qualità di insegnanti, di personale non docente e di amministratori, ma la logica a tratta delle istituzioni sovrasta i contributi individuali. Sebbene gli insegnanti si interessino e lavorino molto, molto duramente, le istituzioni sono psicopatiche; non hanno coscienza. Suona una campanella ed il giovane nel bel mezzo della stesura di una poesia deve chiudere il quaderno e spostarsi in un altra cella dove apprende che l'uomo e la scimmia hanno antenati comuni.

La nostra forma di istruzione obbligatoria è un'invenzione dello stato del Massachusetts risalente al 1850. Una parte della popolazione, stimata intorno al 80%, si oppose – talvolta con le armi – fino a quando l'area dell'ultimo avamposto di Barnstable presso Cape Cod nel decennio del 1880 fu conquistata dalla milizia ed essi consegnarono i propri bambini, che marciarono verso la scuola sotto scorta armata. C'è qui una curiosa idea da valutare. Non molto tempo fa l'ufficio del Senatore Ted Kennedy rilasciò un documento nel quale si affermava che prima che l'istruzione divenisse obbligatoria l'alfabetizzazione dello stato era intorno al 98% mentre, dopo di e a, non è mai salita oltre il 91%, dove è ferma dal 1990; spero che la questione sia di vostro interesse.

Altra curiosità che fa pensare è il fatto che il movimento di istruzione domestica è silenziosamente cresciuto fino a raggiungere dimensioni tali che un milione e mezzo di giovani vengono istruiti interamente dai loro genitori. II mese scorso le pubblicazioni del settore riportavano la sorprendente notizia secondo cui, relativamente alla prontezza di pensiero, i bambini istruiti a casa sembrano essere cinque o anche dieci anni avanti rispetto ai loro corrispettivi educati nel modo tradizionale.
Non penso che ci libereremo delle scuole in un prossimo futuro – sicuramente non nell'arco della mia vita – ma se vogliamo cambiare ciò che sta rapidamente diventando un disastro di ignoranza dobbiamo capire che l'istituzione scolastica "scolarizza" molto bene, ma non "istruisce"; questo è intrinseco al progetto della cosa in sé. Non è colpa di cattivi insegnanti o di scarsi fondi stanziati: semplicemente è impossibile che la scolarizzazione e l'istruzione possano collimare. Le scuole furono progettate da Horace Mann, Barnas Sears e W. R. Harper dell'Università di Chicago, Thorndyke del College degli Insegnanti della Columbia e da altri per essere strumenti della gestione scientifica della popolazione massa. Il ruolo delle scuole è quello di produrre, tramite l'applicazione di formule, esseri umani formulati i cui comportamenti possono essere previsti e controllati.

In una certa larga misura le scuole riescono in questo. Ma la nostra società si sta disintegrando e in una società di questo genere le persone riuscite sono quelle che contano su se stesse, sicure e indipendenti – perché la vita comunitaria che protegge i deboli e i dipendenti è morta. I prodotti dell'istruzione sono, come ho già detto, irrilevanti. Le persone ben istruite sono irrilevanti. Esse possono vendere pellicole e lamette da barba, appallottolare i fogli e parlare al telefono, oppure starsene sedute in modo assente di fronte a tremolanti terminali di computer, ma come esseri umani sono inutili – inutili per se stessi e per gli altri. Penso che la miseria quotidiana che ci circonda sia in larga misura causata dal fatto che – come sosteneva Paul Goodman 30 anni fa – costringiamo i bambini a "crescere assurdi". Qualsiasi riforma della scuola deve avere a che fare con queste assurdità. È assurdo ed anti-vitale far parte di un sistema che ti obbliga a startene seduto confinato con gente esattamente della medesima età e classe sociale. Un sistema del genere di fatto ti taglia fuori dall'immensa diversità della vita e dalla sinergia della varietà; ti taglia fuori dal tuo passato e dal tuo futuro, sigillandoti in un presente continuo nello stesso modo in cui lo fa la televisione. È assurdo ed anti-vitale far parte di un sistema che ti costringe ad ascoltare un estraneo che ti legge delle poesie quando tu vuoi imparare a costruire degli edifici oppure discutere con un perfetto sconosciuto della costruzione dei palazzi quando vorresti leggere delle poesie.
È assurdo ed anti-vitale spostarsi di aula in aula al suono di una campanella ogni giorno della tua gioventù in un'istituzione che non ti permette alcuna privacy e ti segue anche nella sacralità della tua casa chiedendoti di fare i tuoi "compiti per casa".
''Come impareranno a leggere?" chiederete voi, e la mia risposta è "Ricordate le lezioni del Massachusetts!" Quando i bambini hanno vite piene, invece che graduate in agglomerati di aule, essi imparano a leggere, scrivere e far di conto con facilità se tali cose hanno un senso nell'esistenza che si dispiega intorno ad essi.
Ma ricordate che negli USA quasi nessuno che legga, scriva sappia far di conto ottiene molto rispetto. Noi siamo una nazione di parlatori; paghiamo ed ammiriamo gli oratori al massimo grado e così i nostri bambini parlano in continuazione, seguendo gli esempi pubblici della televisione e degli insegnanti scolastici. Risulta assai difficile insegnare le "nozioni di base" perché ormai esse non sono più realmente basilari per la società che abbiamo creato.

Due istituzioni attualmente controllano le vite dei nostri bambini: la televisione e la scuola, in quest’ordine. Entrambe riducono il reale mondo di conoscenza, forza, temperanza e giustizia ad un'infinita astrazione in continuo movimento.
Nei secoli scorsi il tempo di un bambino e di un adolescente era occupato da vero lavoro, vere opere pie, vere avventure e vera ricerca di mentori che potessero insegnare quello che uno voleva realmente apprendere. Una grande porzione del tempo veniva trascorsa nelle occupazioni della comunità, curando i propri affetti, incontrando e studiando ogni livello della comunità, imparando come costruirsi una casa e dozzine di altre attività necessarie a divenire un uomo o una donna completi.
Ma ecco il calcolo del tempo con cui hanno a che fare i bambini a cui insegno. Delle 168 ore di ciascuna settimana i miei bambini devono dedicarne 56 al sonno; restano 112 ore alla settimana da dedicare a se stessi. Essi poi, secondo recenti sondaggi, guardano 55 ore la settimana di televisione; il che lascia loro 57 ore la settimana per crescere.
I miei bambini frequentano la scuola per 30 ore la settimana, impiegano circa otto ore per prepararsi, andare e tornare da scuola, e passano un media di sette ore la settimana per eseguire i compiti per casa – per un totale di 45 ore. Durante questo lasso di tempo essi sono costantemente sorvegliati, non dispongono di tempi o spazi personali e, se cercano di rivendicare la propria individualità nell'uso di tempi e spazi, vengono messi in riga. Questo riduce a 12 ore la settimana il tempo da dedicare alla creazione di una propria coscienza. Naturalmente i ragazzi si nutrono, e la cosa richiede anch'essa del tempo – non molto, poiché abbiamo perso la tradizione del consumo dei pasti in famiglia. Se assegniamo tre ore la settimana per i pasti serali, otteniamo un totale netto di nove ore a bambino di tempo personale.
Non è sufficiente, non è così? Naturalmente più il bambino è ricco e meno guarda la televisione, ma il tempo del bambino ricco è altrettanto strettamente limitato da un più ampio catalogo di intrattenimenti commerciali e dal suo inevitabile carico di una serie di lezioni private in aree che raramente sono di sua scelta.
E, cosa alquanto strana, queste cose rappresentano soltanto un modo più estetico di creare esseri umani dipendenti, incapaci di riempire i propri tempi, incapaci di dare origine a significati che diano sostanza e piacere alle loro esistenze. Questa dipendenza e mancanza di scopi è una malattia nazionale e ritengo che le lezioni della televisione e della scuola – l'intera idea Chatauqua – abbiano molto a che fare con tutto ciò.
Pensate alle cose che ci stanno uccidendo in quanto nazione: droga, competizione insensata, sesso ricreativo, pornografia della violenza, gioco d'azzardo, alcool e la peggiore pornografia di tutte: l'accumulazione come filosofia di vita. Tutte sono assuefazioni di personalità dipendenti e cioè quello che il carattere della nostra scuola deve inevitabilmente produrre.

Voglio raccontarvi qual è l'effetto che ha sui bambini il fatto di prendere loro tutto il tempo – quel tempo di cui hanno bisogno per crescere – e costringerli a dedicarlo ad astrazioni. Qualsiasi riforma che non affronti le seguenti specifiche patologie non sarà nient'altro che una soluzione di facciata.

1. I bambini a cui insegno sono indifferenti al mondo degli adulti; questo sfida l'esperienza di migliaia di anni. Uno studio attento su ciò che facevano i grandi è sempre stata la più eccitante occupazione dei bambini, ma nessuno, di questi tempi, vuole crescere – e chi può biasimarli? I giocattoli siamo noi.
2. I bambini a cui insegno non hanno quasi alcuna curiosità e le poche che hanno sono transitorie. Essi non riescono a concentrarsi a lungo, anche sulle cose che scelgono di fare. Riuscite a percepire la connessione fra le campanelle che suonano in continuazione per cambiare corso e questo fenomeno di attenzione evanescente?
3. I bambini a cui insegno hanno una scarsa percezione del futuro, di come il domani sia inestricabilmente legato all'oggi. Essi vivono in un presente continuativo: il preciso istante in cui essi si trovano rappresenta il confine della loro coscienza.
4. I bambini a cui insegno sono antistorici; non hanno alcuna sensazione di come il passato abbia predestinato il loro presente, limitando le loro scelte e dando forma alle loro vite ed ai loro valori.
5. I bambini a cui insegno sono crudeli l'uno con l'altro: mancano di compassione per le sventure, ridono delle debolezze, disprezzano coloro il cui bisogno di aiuto si manifesta troppo apertamente.
6. I bambini a cui insegno si trovano a disagio di fronte all'intimità e alla franchezza. Essi non riescono a rapportarsi con una genuina intimità a causa dell'inveterata abitudine di preservare un sé segreto all'interno di una personalità esterna costituita da brandelli artificiali e pezzi di comportamenti desunti dalla televisione o acquisiti per manipolare gli insegnanti. Poiché non sono come essi stessi si rappresentano, in caso di intimità il travestimento si assottiglia e così le relazioni intime vanno evitate.
7. I bambini a cui insegno sono materialisti, seguendo la scia di quegli insegnanti che materialisticamente "classificano" qualsiasi cosa e dei personaggi televisivi che mettono in vendita tutto ciò che c'è al mondo.
8. I bambini a cui insegno sono dipendenti, passivi e timorosi di fronte a sfide di tipo nuovo. Questa timidezza viene di frequente mascherata da una spavalderia di facciata, oppure da rabbia o aggressività, ma sotto sotto c'è un vuoto senza forza d'animo.

Potrei citare alcune altre condizioni che una riforma scolastica dovrebbe soddisfare se vogliamo arrestare il nostro declino nazionale, ma ormai avrete afferrato il mio punto di vista, che lo condividiate o meno. La scuola, la televisione o entrambe hanno causato queste patologie; si tratta di una semplice questione aritmetica.
Fra la scuola e la televisione tutto il tempo di cui dispongono i bambini viene consumato. Questo è quello che ha distrutto la famiglia Americana: non si tratta più di un fattore nell'educazione dei nostri figli.

Che si può fare? Innanzitutto abbiamo bisogno di un feroce dibattito a livello nazionale che vada avanti, giorno dopo giorno, anno dopo anno – il tipo di risalto continuo che il giornalismo ritiene noioso.
Dobbiamo gridare e discutere sulla situazione scolastica fino a quando la cosa non sarà sistemata o irrimediabilmente compromessa, o l'una o l'altra. Se riusciamo sistemarla, bene; se non ci riusciamo, allora il successo dell'istruzione domestica indica un percorso diverso che risulta molto promettente. Riversare il denaro nell'istruzione familiare potrebbe prendere due piccioni con una fava, rimettendo in sesto le famiglie così come i bambini.
Una riforma autentica è possibile, ma non dovrebbe costare nulla. Dobbiamo ripensare le premesse fondamentali dell'istruzione e decidere cosa vogliamo che i bambini apprendano e perché. Per 140 anni questa nazione ha cercato di imporre obiettivi decisi da un altezzoso centro di comando costituito da "esperti" – un'élite centralizzata di ingegneri sociali. Non ha funzionato e non funzionerà. Si tratta di uno sfacciato tradimento della promessa democratica che un tempo rese questa nazione un nobile esperimento.
Il tentativo della Russia di controllare l'Europa dell'Est è esploso davanti ai nostri occhi. Il nostro tentativo di imporre lo stesso tipo di ortodossia sociale, utilizzando le scuole come strumento, sta anch'esso andando in pezzi, anche se in modo più lento e doloroso. Non funziona perché le sue premesse fondamentali sono meccaniche, disumane e ostili alla vita familiare.
Le vite possono essere controllate dalla macchina educativa, ma reagiranno in termini di patologia sociale: droga, violenza, autodistruzione, indifferenza e i sintomi che noto nei bambini a cui insegno.

È giunto il momento di guardare indietro per recuperare una filosofia educativa che funzioni. Una di quelle che apprezzo in modo particolare è quella prediletta per migliaia di anni dalle classi dirigenti dell'Europa. Credo che funzioni altrettanto bene sia per i bambini ricchi che per quelli poveri. Ne faccio uso nel mio metodo di insegnamento nella misura in cui mi è possibile – cioè fino a che riesco a passarla liscia, data la situazione attuale di istruzione obbligatoria.
Al centro di questo sistema educativo elitario sta la convinzione che la conoscenza di sé è l'unica base di una vera conoscenza. Dappertutto in questo sistema, a qualsiasi età, troverete disposizioni che mettono il bambino da solo in un ambiente non guidato con un problema da risolvere. Talvolta il problema è irto di pericoli, come per esempio il problema di far galoppare o saltare un cavallo ma questo, naturalmente, è un problema risolto con successo da migliaia di bambini di famiglie agiate prima di compiere dieci anni. Riuscite a immaginare chiunque abbia padroneggiato una tale sfida che manchi di fiducia nella propria abilità nel fare qualsiasi cosa? A volte il problema è quello di controllare la solitudine, come fecero Thoreau a Walden o Einstein in Svizzera.
Uno dei miei ex studenti, Roland Legiardi-Laura, sebbene entrambi i genitori fossero morti ed egli non disponesse di alcuna eredità, girò da solo gli USA in bicicletta quando era poco più che adolescente. Può forse sorprendere il fatto che nella maturità egli fece un film sul Nicaragua, sebbene non avesse né denaro né precedenti esperienze nel settore, e che fu premiato con un riconoscimento internazionale – anche se normalmente di mestiere faceva il carpentiere?
In questo momento stiamo privando i nostri bambini del tempo di cui necessitano per sviluppare la conoscenza di se stessi; dobbiamo inventare esperienze scolastiche che restituiscano parte di questo tempo. Dobbiamo dare fiducia ai bambini sin da un'età molto tenera con lo studio indipendente, magari organizzato a scuola, ma che si svolga lontano dagli ambienti istituzionali; dobbiamo inventare un curriculum secondo cui ogni ragazzo abbia l'opportunità di sviluppare la propria singolarità e la fiducia in se stesso.


Sopra: Quando la classe di John Gatto gettò messaggi in bottiglia nelle acque di Coney lsland, quello di Wilma Amaro approdò su una spiaggia del New Jersey, dove fu raccolta dal capo della polizia. Questo portò ad un invito a pranzo di Wilma e sua madre da parte del capo della polizia, lezioni su come avviene l'inquinamento, e felici scuse dagli studenti e dalla scuola.


Non molto tempo fa con 70 dollari ho mandato una ragazzina di 12 anni con la madre – che non parlava inglese – in corriera lungo la costa del New Jersey. Portò a pranzo il capo della polizia di Sea Bright scusandosi per aver sporcato la sua spiaggia con una bottiglia vuota di Gatorade. In cambio delle sue scuse pubbliche ho fatto in modo che la ragazza disponesse di un giorno di apprendistato sulle procedure di polizia della piccola città.
Pochi giorni dopo altri due dei miei alunni dodicenni sono andati da soli da Harlem alla 31ma West Street dove hanno iniziato un tirocinio con un editore di quotidiani. La settimana prossima tre dei miei ragazzi si troveranno nel mezzo delle paludi del Jersey alle sei del mattino, a studiare i ragionamenti del presidente di una compagnia di trasporti mentre invia diciotto-ruote a Dallas, Chicago e Los Angeles.
Forse che questi sono bambini "speciali" inseriti in un programma "speciale"? Essi sono soltanto simpatici ragazzi del centro di Harlem, svegli e vispi, ma così malamente educati che quando arrivarono da me la maggior parte di essi non era capace di fare addizioni o sottrazioni in scioltezza; e non uno che conoscesse a quanto ammontava la popolazione di New York o quanto quest'ultima distasse dalla California.
La cosa mi preoccupa? Certo. Ma sono sicuro che non appena acquisiranno la conoscenza di sé diverranno anche insegnanti di se stessi, e solo l'auto-insegnamento ha un qualche valore duraturo.
Dobbiamo dare subito ai ragazzi del tempo indipendente perché questa è la chiave della conoscenza di sé e dobbiamo ricoinvolgerli nel mondo reale il più in fretta possibile in modo che il tempo indipendente possa essere utilizzato per qualcosa di diverso da ulteriori astrazioni. Questa è un'emergenza e richiede azioni correttive drastiche. I nostri bambini nelle nostre scuole stanno morendo come mosche; cattiva o buona istruzione, non cambia nulla: irrilevanti.

Di cosa altro necessita un sistema scolastico ristrutturato? Di smettere di essere un parassita della comunità lavorativa. Ritengo che abbiamo bisogno di rendere il servizio alla comunità una parte prescritta dell'istruzione; questo è il modo più veloce di responsabilizzare i bambini.
Per cinque anni ho gestito un programma scolastico guerrigliero in cui ho assegnato a tutti i ragazzi, ricchi e poveri, svegli e tardi, 320 ore annue di duro servizio comunitario. Dozzine di questi ragazzi anni dopo sono tornati da me e mi hanno detto che questa esperienza aveva cambiato la loro vita, aveva insegnato loro a vedere in modi diversi, a riconsiderare valori e scopi. Questo accadde quando essi erano tredicenni, nel mio programma Lab School – reso possibile soltanto dal fatto che il mio ricco distretto scolastico era nel caos più totale. Quando tornò la "stabilità", il Lab (laboratorio) chiuse i battenti. Aveva avuto troppo successo ed era costato troppo poco perché gli fosse permesso di proseguire; avevamo fatto fare ai programmi di alto rango una brutta figura.
In questa città non mancano certo problemi concreti; si può chiedere ai ragazzi di aiutare a risolverli in cambio del rispetto e dell'attenzione del mondo adulto. Buono per i ragazzi e buono per il resto di noi.
Studio indipendente, servizio comunitario, avventure pratiche, grandi dosi di privacy e solitudine, un migliaio di tirocini diversi – questi sono i potenti, efficaci ed economici mezzi per iniziare una reale riforma della scuola. Ma nessuna riforma su larga scala rimetterà in sesto i nostri bambini danneggiati e la nostra società danneggiata fino a quando non imporremo l'idea di "scuola" aperta – per includere la famiglia come ingranaggio principale dell'educazione.
Gli Svedesi realizzarono questo nel 1976 quando di fatto abbandonarono il sistema di adozione dei bambini indesiderati ed invece impiegarono tempi e fondi nazionali per rafforzare la famiglia originale in modo che i bambini nati da Svedesi fossero voluti. Ridussero così il numero di bambini Svedesi indesiderati da 6.000 nel 1976 a 15 nel 1986. Si può fare. Gli Svedesi semplicemente si stufarono di pagare per le macerie sociali causate dai bambini indesiderati e così si occuparono della cosa; anche noi possiamo farlo.

La  famiglia rappresenta il principale ingranaggio dell'educazione. Se utilizziamo l'istruzione per staccare i bambini dai genitori – e, senza fallo, questa è stata la funzione centrale delle scuole sin da quando John Cotton l'annunciò come scopo delle scuole di Colony Bay nel 1650 e Horace Mann fece altrettanto per quelle del Massachusetts nel 1850 – ci apprestiamo a continuare a ritrovarci il museo degli orrori che abbiamo ora.
Il curriculum della famiglia sta al centro di ogni vita buona. Noi ci siamo distaccati da quel curriculum; è tempo di farvi ritorno. La via al buonsenso nell'educazione – per le nostre scuole – passa attraverso il loro iniziare ad allentare la presa delle istituzioni sulla vita familiare e nel promuovere, durante il tempo scolastico, confluenze fra genitori e bambini tali da rafforzare i legami familiari. Questo era il mio vero scopo quando ho mandato la ragazza e sua madre sulla costa del Jersey ad incontrare il capo della polizia.
Ho molte idee su come creare un curriculum familiare e immagino che anche a molti di voi verranno molte idee, non appena inizierete a pensarci su. Il nostro principale problema, nell'acquisizione di quel tipo di pensiero radicale che potrebbe riformare la scuola, è che abbiamo grandi interessi acquisiti che traggono profitto dal sistema scolastico esattamente così come è, nonostante la retorica che sostiene il contrario.
Noi dobbiamo fare in modo che nuove voci e nuove idee vengano prese in considerazione – le mie idee e le vostre.
Abbiamo tutti la pancia piena di voci autorizzate alla televisione e sulla stampa. Ora è richiesto un decennio di dibattito aperto a tutti – e non più le opinioni degli "esperti'. Gli esperti dell'educazione hanno sempre sbagliato; le loro "soluzioni" sono costose, fini a se stesse ed includono sempre una ulteriore centralizzazione. Basta!
È tempo di tornare alla democrazia, alla singolarità e alla famiglia.
  Ho detto quel che dovevo. Grazie

* * *

Nota dell'Editore: Abbiamo chiesto al Sig. Gatto se avesse voglia di scrivere poche righe su ciò che è successo da quando ha tenuto il discorso di cui sopra. Egli in risposta ci ha scritto quanto segue. Bisogna notare che, quando egli ha deciso di smettere di insegnare nell'apparato scolastico, non aveva alcuna idea precisa su come avrebbe sbarcato il lunario. – J. W., HOPE Magazine

Caro John,
Un anno e mezzo dopo che tenni questo discorso, ho smesso di insegnare (sulla pagina Op-Ed del Wall Street Journal del 25 luglio 1991). Una settimana più tardi mi fu chiesto di parlare agli ingegneri del Centro Spaziale della NASA di Goddard e la settimana successiva ero alla Casa Bianca. Quindi in rapida successione sono stato invitato ad inaugurare la stagione del Nashville Center for the Arts, ad essere l'Oratore di Punta della Convention dei Bibliotecari del Colorado ed ho trascorso otto ore in privato con i controllori delle 32 divisioni operative della United Technologies Corp. di Hartford, CT. Da lì alla comune The Farm nel Tennessee centrale, in una riserva Indiana del New Mexico e ad una convention di scuole domestiche cristiane ad Atlanta. Tutto sommato, da quando ho abbandonato l'insegnamento cinque anni fa, ho tenuto 522 tra discorsi e laboratori in 49 stati (mi manca l'Oklahoma) e sei paesi stranieri. Non mi faccio pubblicità ma mi reco dovunque vengo invitato, sino al momento in cui i miei ospiti non mi impongono ciò che devo dire.
Il fatto di starmene seduto su di un aereo un giorno su due mi ha fatto prendere 85 libbre, così mi aspetto di passare al mondo degli spiriti da un momento all'altro se non adotto una qualche strategia, ma nel frattempo ho incontrato un sorprendente campione di gente comune coraggiosa e ottima proveniente da ogni punto dello spettro politico/sociale – abbastanza da convincermi che un rinascimento Americano è latente nelle persone ordinarie di questa nazione se soltanto riusciamo ad immaginare un modo di ripristinare la promessa democratica.
Io penso che ce la faremo. Nutro fiducia e speranza che possiamo farcela.

John Taylor Gatto


Note sull’Autore:
John Taylor Gatto, per 30 anni insegnante in una scuola pubblica di New York, nel 1989, 1990 e 1991 fu nominato Insegnante dell'Anno di New York nonché, nel 1990 e 1991 Insegnante dell'Anno dello Stato di New York. Egli è l'autore di Dumbing Vs Down, The Exhausted School e di The Empty Child: A Schoolteachuer’s Intuition about the Problem of Modern Schooling (sarà edito all'inizio del 1998 da Simon & Schuster).


Articolo pubblicato originariamente su NEXUS New Times n. 13, 1997
(la riproduzione dell'articolo è consentita, a condizione di citare link e fonte originale)



 

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