Il governo del multimilionario Berlusconi ha deciso di aiutare i poveri. E lo ha fatto nel modo, invero molto prevedibile, dettato dalla sua visione della società. I ricchi del XXI secolo sono straordinariamente simili a quelli dei due secoli scorsi. Intendo simili nella mentalità, nella visione della società e della storia, nelle formule politiche fondamentali. Come i loro "colleghi" della metà dell'Ottocento, i ricchi d'oggi pensano che chi non è ricco è un incapace, un eliminato da una sorta di selezione artificiale in cui sopravvivono solo i più abili, i più smaliziati, i più intraprendenti.
La pseudocultura dell'arrivismo e della sgomitata ha prodotto una classe che identifica la ricchezza con la moralità, e che disegna un codice etico per giustificare la sua preminenza. Libera iniziativa è il nome nobile con cui si indica la lotta senza quartiere per possedere sempre di più e per mantenere ben nette le differenze di classe.
Ora, l'attuale crisi – di cui ogni giorno viene ingigantita la portata – ha creato una ampia fascia di nuovi poveri; chi si trovava prima nella media-piccola borghesia sta scivolando verso l'anticamera dell'indigenza. Su questa marea di nuovi poveri, svetta la minoranza di coloro che non si danno alcun pensiero della crisi: la loro ricchezza li mette al riparo da ogni eventualità, e possono continuare la loro vita di lussi e di sprechi senza neppure doversi informare di quanti disgraziati stanno perdendo lavoro o la casa.
Il solo intervento sociale che il ricco sa concepire è l'elemosina. Il ricco non è culturalmente capace di comprendere la povertà in altri termini che non siano quelli fatalistici: sei povero? beh di certo non è colpa mia… Il ricco non può e soprattutto non vuole farsi venire l'emicrania meditando sugli orrori della infame distribuzione della ricchezza, sulle vergogne dello sfruttamento, sulle bassezze dell'ingiustizia. No: il ricco ama credere – e far credere – che il sistema sia perfetto, equo e sano come la bilancia dell'arcangelo Michele e a lui non si può rimproverare nulla; semmai lui è un fulgido modello per tutti i pezzenti: se anche voi, miserabili, aveste fatto come me, ora sareste ricchi (quasi) come me.
Davanti ad una crisi di cui il ricco non vorrà mai sentirsi minimamente responsabile, cosa fa per i poveri? L'elemosina. E allora il governo fatto a immagine e somiglianza del multimilionario Berlusconi ha pensato bene di affrontare l'emergenza sociale realizzando una tessera che regala 40 euro mensili a coloro che vivono nella povertà. La cifra è irrisoria, talmente minuscola che non si capisce bene quale efficacia le possa essere attribuita. Insomma, è un po' come regalare un cerottino al mese a chi necessita di cure antitumorali.
E dunque, perché questa carta-elemosina? Per due motivi: il primo, dimostrare a chi ha votato il multimilionario, e vuole votarlo ancora, che il suo governo è socialmente impegnato. Oltre al fine ufficiale ve n'è un altro, ancora più pressante: istituzionalizzare lo status di povero.
Nella nuova allucinante società che i ricchi stanno imponendo, è necessario che il povero sia ben consapevole di esserlo e sia legato a tale stato non solo da una sensazione, che potrebbe mutare, ma da un documento, da una pratica burocratica, insomma: deve essere ufficializzato il rapporto di forza. E' un po' come se il ricco, dando la carta-elemosina al povero, gli dicesse: eccoti questo obolo, tu mi devi riconoscenza e obbedienza.
I ricchi stanno rispolverando, nel XXI secolo!, le teorie e le pratiche sociali del XIX secolo. Come evolverà questo scenario inquietante?
Per alcuni anni, i ricchi potranno dispiegare le tante forze di repressione e controllo di cui dispongono. Ci saranno sporadici, ma crescenti, fenomeni di furto, di evasione di tasse e gabelle (la mancata assicurazione auto è in vertiginoso aumento, le bollette sono pagate con ritardo ormai costante), tutto questo verrà punito fino a quando diventerà ambientale: dopo sarà così diffuso che il governo dei ricchi dovrà tenerne conto e prevedere aggiustamenti.
Il divario tra poveri e ricchi aumenterà senza alcuna correzione: ricchi sempre più ricchi si isoleranno in un mondo esclusivo e paradisiaco, da cui allontaneranno tutti gli altri, non solo con la forza, ma con leggi apposite, tali da giustificare il maggior rigore con cui difenderanno il loro status sociale di ricchi.
I poveri saranno sottomessi con tutte le forme di controllo: non solo le classiche (carcere, censura, ricatti sul lavoro, ecc.) ma anche con strumenti di manipolazione psicologica di massa, a partire da un'informazione falsata e strumentale,
Tutto questo cambierà solo in seguito ad un evento catastrofico che scatenerà la furia dei poveri. Ma non si tratterà della classica rivoluzione, cioè del cambiamento rapido e violento del sistema; non si ripeterà mai più una Rivoluzione Francese o una Rivoluzione Russa. Sarà un evento naturale a sconvolgere dalle basi la società umana e a spingere i poveri (consapevoli di non aver più nulla da perdere) a ribellarsi e a combattere i governi dei ricchi.
Potrebbero essere la mancanza d'acqua, una carestia gigantesca, un fenomeno di inquinamento epocale a dar fuoco alle polveri accumulate da decenni.
Sarà un'ecatombe che si avvicinerà all'estinzione del genere umano. A questa non seguirà una radiosa epoca di fratellanza e di saggezza, ma i nostri discendenti potranno ricostruire la società su basi migliori, finalmente.
La pseudocultura dell'arrivismo e della sgomitata ha prodotto una classe che identifica la ricchezza con la moralità, e che disegna un codice etico per giustificare la sua preminenza. Libera iniziativa è il nome nobile con cui si indica la lotta senza quartiere per possedere sempre di più e per mantenere ben nette le differenze di classe.
Ora, l'attuale crisi – di cui ogni giorno viene ingigantita la portata – ha creato una ampia fascia di nuovi poveri; chi si trovava prima nella media-piccola borghesia sta scivolando verso l'anticamera dell'indigenza. Su questa marea di nuovi poveri, svetta la minoranza di coloro che non si danno alcun pensiero della crisi: la loro ricchezza li mette al riparo da ogni eventualità, e possono continuare la loro vita di lussi e di sprechi senza neppure doversi informare di quanti disgraziati stanno perdendo lavoro o la casa.
Il solo intervento sociale che il ricco sa concepire è l'elemosina. Il ricco non è culturalmente capace di comprendere la povertà in altri termini che non siano quelli fatalistici: sei povero? beh di certo non è colpa mia… Il ricco non può e soprattutto non vuole farsi venire l'emicrania meditando sugli orrori della infame distribuzione della ricchezza, sulle vergogne dello sfruttamento, sulle bassezze dell'ingiustizia. No: il ricco ama credere – e far credere – che il sistema sia perfetto, equo e sano come la bilancia dell'arcangelo Michele e a lui non si può rimproverare nulla; semmai lui è un fulgido modello per tutti i pezzenti: se anche voi, miserabili, aveste fatto come me, ora sareste ricchi (quasi) come me.
Davanti ad una crisi di cui il ricco non vorrà mai sentirsi minimamente responsabile, cosa fa per i poveri? L'elemosina. E allora il governo fatto a immagine e somiglianza del multimilionario Berlusconi ha pensato bene di affrontare l'emergenza sociale realizzando una tessera che regala 40 euro mensili a coloro che vivono nella povertà. La cifra è irrisoria, talmente minuscola che non si capisce bene quale efficacia le possa essere attribuita. Insomma, è un po' come regalare un cerottino al mese a chi necessita di cure antitumorali.
E dunque, perché questa carta-elemosina? Per due motivi: il primo, dimostrare a chi ha votato il multimilionario, e vuole votarlo ancora, che il suo governo è socialmente impegnato. Oltre al fine ufficiale ve n'è un altro, ancora più pressante: istituzionalizzare lo status di povero.
Nella nuova allucinante società che i ricchi stanno imponendo, è necessario che il povero sia ben consapevole di esserlo e sia legato a tale stato non solo da una sensazione, che potrebbe mutare, ma da un documento, da una pratica burocratica, insomma: deve essere ufficializzato il rapporto di forza. E' un po' come se il ricco, dando la carta-elemosina al povero, gli dicesse: eccoti questo obolo, tu mi devi riconoscenza e obbedienza.
I ricchi stanno rispolverando, nel XXI secolo!, le teorie e le pratiche sociali del XIX secolo. Come evolverà questo scenario inquietante?
Per alcuni anni, i ricchi potranno dispiegare le tante forze di repressione e controllo di cui dispongono. Ci saranno sporadici, ma crescenti, fenomeni di furto, di evasione di tasse e gabelle (la mancata assicurazione auto è in vertiginoso aumento, le bollette sono pagate con ritardo ormai costante), tutto questo verrà punito fino a quando diventerà ambientale: dopo sarà così diffuso che il governo dei ricchi dovrà tenerne conto e prevedere aggiustamenti.
Il divario tra poveri e ricchi aumenterà senza alcuna correzione: ricchi sempre più ricchi si isoleranno in un mondo esclusivo e paradisiaco, da cui allontaneranno tutti gli altri, non solo con la forza, ma con leggi apposite, tali da giustificare il maggior rigore con cui difenderanno il loro status sociale di ricchi.
I poveri saranno sottomessi con tutte le forme di controllo: non solo le classiche (carcere, censura, ricatti sul lavoro, ecc.) ma anche con strumenti di manipolazione psicologica di massa, a partire da un'informazione falsata e strumentale,
Tutto questo cambierà solo in seguito ad un evento catastrofico che scatenerà la furia dei poveri. Ma non si tratterà della classica rivoluzione, cioè del cambiamento rapido e violento del sistema; non si ripeterà mai più una Rivoluzione Francese o una Rivoluzione Russa. Sarà un evento naturale a sconvolgere dalle basi la società umana e a spingere i poveri (consapevoli di non aver più nulla da perdere) a ribellarsi e a combattere i governi dei ricchi.
Potrebbero essere la mancanza d'acqua, una carestia gigantesca, un fenomeno di inquinamento epocale a dar fuoco alle polveri accumulate da decenni.
Sarà un'ecatombe che si avvicinerà all'estinzione del genere umano. A questa non seguirà una radiosa epoca di fratellanza e di saggezza, ma i nostri discendenti potranno ricostruire la società su basi migliori, finalmente.