“garantire la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e della forza lavoro e condividere una politica comune nelle aree chiave dell’economia: energia, industria, agricoltura e trasporti”.
Secondo quanto dichiarato dal presidente russo Vladimir Putin, subito dopo il raggiunto accordo e l’apposizione della firma nella capitale kazaka,
“oggi stiamo creando insieme un poderoso centro attraente di sviluppo economico, un grande mercato di interesse regionale che raccoglie più di 170 milioni di persone. La nostra Unione dispone di risorse naturali immense.”
Un campanello d’allarme o un’opportunità per il vecchio continente? Intanto vediamo di capire meglio la portata di questo trattato.
Nulla nasce per caso e l’accordo raggiunto all’indomani delle elezioni europee tra i tre paesi euroasiatici è frutto di un lungo percorso avviato nel 1997 quando il presidente kazako Nursultan Nazarbaev, tuttora in carica, pubblicò un libro intitolato “L’Unione Eurasiatica. Idee, pratica e prospettive (1994-1997)” in cui prendeva in esame le luminose prospettive di una convergenza tra le repubbliche ex sovietiche. Già nel 1995 Bielorussia, Kazakistan e Russia avevano siglato due trattati per la futura costituzione di una Unione doganale eurasiatica e di uno spazio economico comune. Nel 2000 nasce la Comunità economica euroasiatica (EurAsEC o EvrAzES) finalizzata a promuovere l’integrazione economica dei Paesi membri con la realizzazione di un mercato comune inteso come vettore di sviluppo nelle repubbliche ex-sovietiche. Della Comunità fanno parte come paesi membri: Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan (l’Uzbekistan si è autosospeso nel 2006) e come osservatori Moldavia, Ucraina e Armenia. L’organizzazione si è dotata di una serie di organismi: il consiglio interstatale, il comitato per l’integrazione, il segretariato, l’assemblea interparlamentare, la Banca eurasiatica per lo sviluppo, il fondo Anti-Crisi e la corte comunitaria.
Nel 2010 prende vita l’Unione doganale euroasiatica, che apre alla libera circolazione di merci, capitali e persone tra Kazakistan, Russia e Bielorussia prefiggendosi l’obiettivo di allargare la partecipazione ad Armenia, Kirghizistan, Tagikistan e finanche al Vietnam. Un’unione che ha trovato da subito l’opposizione ferrea degli Stati Uniti, basti rimembrare la dichiarazione dell’ex segretario di stato americano Hillary Clinton del dicembre 2012:
“Non si chiamerà Unione Sovietica, si chiamerà Unione doganale, si chiamerà Unione eurasiatica e tutto il resto, ma non facciamoci ingannare. Sappiamo qual è il suo obiettivo e stiamo cercando il modo di rallentarla o impedirla”.
Un tentativo, quello del governo Usa, evidentemente andato a vuoto visti i positivi sviluppi dell’Unione e l’accordo raggiunto due giorni fa.
Mentre l’Unione Europea arranca e i paesi membri subiscono la crisi economica, da un atrio dell’Europa (la Bielorussia) fino all’estremo oriente si aprono prospettive inimmaginabili. Anche per aziende italiane come Eni, che ha iniziato l’estrazione del petrolio in Kazakistan già nel 2013.
Articolo di Eugenio Palazzini
Fonte: ilprimatonazionale.it
Nota redazionale: ci scusiamo con i cittadini della Crimea se nella carta geografica proposta la loro regione viene indicata come facente ancora parte dell'Ucraina anziché della Federazione Russa. La seconda immagine mostra invece una proposta di bandiera dell'Unione Eurasiatica.