A meno che… devono essersi detti Valerio Volpe e Cristina Nervo, una coppia di trentenni di Verona con un bimbo di dieci mesi, questo rumeno non si fidi di noi. E Adrian Cosmin, 28 anni, camionista rumeno, si fidava di loro. Anzi si considerava quasi socio di Valerio e Cristina nella ditta di trasporti della quale la coppia veronese era titolare.
Adrian aveva bisogno di lavorare e, un po’ perché si fidava e lo avevano convinto, un po’ perchè era latente il ricatto e temeva di perdere il posto di lavoro, aveva accettato di sottoscrivere una polizza sulla propria vita. All’inizio aveva rifiutato, poi messo alle strette, aveva ceduto, fatto le visite mediche e firmato, quella che si sarebbe rivelata la sua condanna a morte. E’ normale, si fa sempre così, lo avevano convinto, e si era dovuto convincere anche che fosse normale che la polizza sulla sua vita fosse a favore della donna del suo datore di lavoro.
Il resto è cronaca marginale di questi giorni. Marginale anche perché non trova spazio in cronaca che limitatamente, brevemente, distrattamente, nonostante si tratti forse del più efferato delitto dell’anno in Italia.
Su quel corpo carbonizzato gli inquirenti non hanno impiegato più di tanto per capire cosa fosse successo e, quando è saltata fuori la polizza, Cristina Nervo, messa di fronte all’evidenza, ha fatto presto a confessare. Non preoccupatevi, l’hanno già messa agli arresti domiciliari, facendosi scudo di un figlio di dieci mesi. Ma in un paese dove la certezza della pena fosse garantita, difficilmente eviterebbe l’ergastolo. In Italia chissà, in Padania chissà. Come vedremo è già successo, potrebbe ripetersi.
Di fronte ad uno squallido fatto di cronaca nera come questo, una piccola storia ignobile indice innanzitutto di miseria umana, ma anche evidentemente del pensare che la vita di un romeno valesse meno di quella di un italiano, diviene pleonastico perfino dire che se una coppia di romeni avessero ucciso in quel modo un ragazzo italiano, saremmo letteralmente sepolti dalla notizia. Verrebbero oscurati perfino gli europei di calcio e Bruno Vespa e Giuliano Ferrara si abbandonerebbero a lunghe edizioni speciali dei loro format televisivi.
Giornalisticamente avrebbero perfino ragione perchè poche volte si assiste ad un omicidio volontario premeditato di tale efferatezza. Ammesso e non concesso (anzi rifiutato) che sia in corso una faida tra italiani e rumeni a chi ne ammazza di più, neanche nel caso terribile della povera Giovanna Reggiani possiamo individuare una tale lucidità criminale data solo dalla premeditazione. Per il caso di Vanessa Russo poi si trattò di violenza di strada finita casualmente (e preterintenzionalmente) in tragedia. Nonostante ciò servì a creare un contesto di odio antirumeno.
Non sarebbe giusto quindi concludere che non solo gli italiani uccidono i romeni, ma che lo fanno perfino in maniera più aberrante, sia pur creando infinitamente meno allarme sociale. Eppure non può non venire in mente il caso di Jon Cazacu, il lavoratore rumeno che chiese di essere messo in regola al suo datore di lavoro. La risposta del datore di lavoro fu cospargerlo di benzina, dargli fuoco e lasciarlo morire carbonizzato. Accadde in provincia di Varese nell’anno 2000. All’assassino di Jon non mancò mai la solidarietà della Lega Nord, che organizzò fiaccolate e gli fornì copertura politica e assistenza legale.
Così tanta fu la solidarietà che in primo grado l’imprenditore assassino evitò un ergastolo scontato e fu condannato a trent’anni. Poi, sempre con la complicità della Lega Nord, riuscì ad avere la pena prima dimezzata e quindi ulteriormente ridotta, oltre a beneficiare dell’indulto che a parole la Lega Nord aborre. Sarà fuori nel 2009. Per chi uccide un romeno in Padania, dobbiamo concludere, non vale la certezza della pena. Vedrete, troveranno attenuanti anche per Volpe e Nervo, la coppietta veronese. Del resto c’è un bambino innocente di mezzo e la vita di Adrian Cosmin, lavoratore rumeno, bruciato vivo per un milione di Euro, tornerà a non valere nulla.
tratto da luogocomune