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Quattro topi ciechi – come lo sport professionistico nasconde la propria corruzione ai fans

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La storia la scrivono i vincitori, quindi è sempre diversa dalla realtà? Ne parliamo con Teodoro Brescia Dottore di ricerca, docente e scrittore e autore del libro...

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La Federazione FIPT del CONI ha scelto di premiare Nexus per questo nostro articolo d'inchiesta sulla corruzione nello sport, pubblicato su Nexus New Times nr. 148, aprile-maggio 2021. Un importante riconoscimento da parte di un'istituzione ufficiale, che ha colto ed apprezzato il lavoro svolto dall'informazione indipendente, in un tempo in cui il cosiddetto mainstream ha scelto di non svolgere più un ruolo di inchiesta e di vera informazione. Un segnale in controtendenza che speriamo non resti isolato…

Nella foto in alto l'editore Tiziana Chiarion nel momento della premiazione, in basso il direttore della testata Simone Massetti

PUBBLICHIAMO LA VERSIONE INTEGRALE DELL'ARTICOLO PREMIATO

Nel 1982 lo United States Federal Bureau of Investigation (FBI) ricevette una soffiata sul fatto che membri dei New York Knicks dell’NBA (National Basketball Association, NdR) “radevano punti” – ovvero aggiustavano le partite per le scommesse – come “favore” al loro fornitore di cocaina. L’FBI scoprì in breve tempo che lo spacciatore passava dallo scommettere 500 dollari su una partita dei Knicks a piazzarne 10.000 a notte contro di essi, e riusciva a vincere 7 partite su 8.

Poi, tanto rapidamente la storia era iniziata, quanto rapidamente cessò. Apparentemente il favore era stato restituito. In assenza di ulteriori indizi o informazioni, l’FBI chiuse il caso su tale evento.
Più di trent’anni dopo ho ottenuto una copia di questo fascicolo dall’FBI utilizzando il Free of Information Act, e ho scritto su tale incidente mai segnalato, così come su molti altri, nel mio libro Larceny Games: Sports Gambling, Game Fixing and the FBI (Giochi furtivi: gioco d’azzardo negli Sport, partite truccate e l’FBI, NdR). Il New York Post ha scoperto questa storia, e poco dopo ha redatto un articolo d’approfondimento in ultima pagina riguardo ai Knicks, e al loro spacciatore di droga che faceva scommesse. La storia è quindi diventata virale. La CNN mi ha addirittura chiamato a casa cercando di saperne di più. Una stazione televisiva locale di New York ha anche mandato in onda un’inchiesta sull'incidente.
Improvvisamente sembrava che la notizia fosse ovunque.
Ma qual era l’unico posto in cui tale storia non era menzionata, sia via cavo sia online? Su ESPN, l’auto-proclamatosi “leader mondiale dello sport”. Potrebbe forse essere per il fatto che ESPN è il principale partner di trasmissione dell’NBA e paga a tale lega più di un miliardo di dollari a stagione per mandare in onda le partite? Questa “storia dentro la storia” è un microcosmo di quello che generalmente traspare in tali eventi, nonché il motivo per cui gli appassionati di sport sono indotti a pensare che l’unico posto pulito – in questo mondo corrotto – non è e non può arrivare ad essere il campo di gioco, dove si esibiscono i loro atleti e le loro squadre favorite.
I fans, tuttavia, non dovrebbero essere ingannati nel credere tali favole.
La legittimità dello sport – di tutto lo sport – dovrebbe, giustamente, essere ripetutamente messa in discussione.. Eroi delle Olimpiadi sono stati sorpresi ad assumere droghe per il miglioramento delle prestazioni (definite PEDS – Performance-Enhancing Drugs), così come funzionari della FIFA sono stati corrotti e matches in ogni parte del mondo sono stati manipolati per favorire le scommesse. Tali asserzioni sono tutte provate e, purtroppo, è solo la punta di un iceberg davvero molto sporco. La vera profondità della corruzione nello sport professionistico sembra non aver fine, e le quattro entità che dovrebbero occuparsene e cercare di risolvere il problema hanno continuamente deluso i fans.

Le leghe sportive
Scegliete il vostro acronimo preferito: FIFA, NFL, WTP, AFL, WBC, NBA, o altri. Tutti hanno una cosa in comune: sono business giganteschi, da svariati miliardi di dollari, mascherati come sport.
Tra i loro ricavi e le aziende che guadagnano sulle loro spalle (Nike, Adidas, Under Armour, ecc.) formano un ecosistema economico a sé stante, che se considerato nella sua globalità ammonta a trilioni di dollari.
Il prodotto che vendono? Sono le partite. Che vanno consumate, senza fare domande. E comunque tali leghe non forniscono veramente “sport” agli appassionati. Lo sport “vero, reale” si può trovare nelle scuole e sui campi da gioco in tutto il mondo. 
Quello che queste leghe offrono ai fans che pagano è la loro integrità o, almeno, la presunzione che esista. Se gli appassionati smettessero di fidarsi – o di credere nelle performance degli atleti o nei risultati delle competizioni – ‘consumerebbero’ lo sport di ogni lega come fanno attualmente?
Dunque, questa la ragione ultima per cui l’integrità riveste la massima importanza. Perché si traduce in miliardi di dollari.
E, tuttavia, se ogni fan sportivo si prendesse seriamente un momento per rifletterci su, scoprirebbe che vi sono già così tanti esempi nei quali “l’integrità” ha cessato di esistere.
Per cominciare, considerate la Federation Internationale de Football Association (FIFA). Tale organizzazione mondiale del pallone ha più nazioni affiliate di quante non ne abbia l’ONU, e però è inondata di frodi, traffici illeciti e riciclaggi di denaro, in cui sono coinvolti molti funzionari che ricoprono posizioni di prestigio. E anche se questo articolo è interamente dedicato all’argomento, quello che vi traspare è appena un graffio sulla superficie.
L’imminente Coppa del Mondo, che dovrebbe tenersi in Qatar nel 2022, è stata molto probabilmente assegnata a detta nazione per via di un ‘sistema di corruzione’. Mentre le figure di spicco della FIFA si arricchiscono illegalmente dietro le quinte, i tifosi devono fidarsi degli stessi funzionari che si occupano dello sport e – contemporaneamente – impedire che la corruzione possa alterare le partite.
Data tale situazione, peraltro ben nota, come possono i tifosi fidarsi di quello che fa la FIFA?
La lealtà di un’azione semplice – come il sorteggio per la Coppa del Mondo – viene forse messa in dubbio sapendo che criminali, letteralmente, stanno determinando le teste di serie dei gironi a squadre?
Molte leghe e organizzazioni sportive sono volontariamente ignoranti. Se infatti non conoscono – o comunque non si preoccupano d’indagare – un tale diffuso sistema e livello di corruzione, ciò determina che nelle menti dei loro stessi dirigenti tale fenomeno non… esista.
Perché le leghe e le organizzazioni sportive hanno istituito regole anti-doping, e definito liste di sostanze PEDS?
Queste regole anti-‘stupefacente’ esistono perché le leghe sono preoccupate della salute e della buona condizione dei loro atleti? O sono piuttosto state create per raggiungere un’apparenza di lealtà nelle competizioni?


A dispetto dell’esistenza di organizzazioni quali la World Anti-Doping Agency (WADA), le regole anti-‘stupefacente’ e sul doping sono niente più che una campagna di pubbliche relazioni. Negli Stati Uniti l’NBA ha istituito il primo programma anti-‘stupefacente’ a livello nazionale all’inizio degli anni '80, in seguito ad una relazione pubblicata che affermava come più del 75% dei giocatori appartenenti a tale lega usasse droghe (si badi bene: droghe illegali “di strada”, non quelle del tipo “miglioramento della prestazione o PED”).
Per contrastare una possibile insorgente campagna stampa negativa, la lega iniziò a testare i propri giocatori. Tale decisione, tuttavia, venne assunta non per la salute e la sicurezza degli atleti: fu fatto per combattere l’immagine stessa della lega, poiché impiegava centinaia di drogati con potenziale resa prestazionale inferiore causata dalle loro abitudini fuori dal campo di gioco. Ben presto anche le altre leghe si adeguarono – appena il sindacato dei giocatori diede la propria approvazione – per le stesse, identiche ragioni: dare ai fans la percezione che ciascun giocatore fosse un “bravo ragazzo”, e non un tossicodipendente rabbioso.
Quando gli steroidi e altri prodotti per il miglioramento delle prestazioni sono entrati nell’uso comune, le leghe USA hanno iniziato a testare gli atleti anche per tali sostanze. Ma come per i loro compagni in altri sport mondiali quali il ciclismo, il sollevamento pesi e le corse, si giocava a rincorrere i chimici… i quali erano già parecchio in vantaggio nella preparazione di varie combinazioni di sostanze, praticamente impossibili da tracciare ed individuare.
Mentre la scienza delle analisi e dei tests avanzava, emergevano scandali su scandali: la carriera ciclistica di Lance Armstrong era stata una menzogna durata ben 10 anni. Ben Johnson, Marion Jones e altre star della pista e del campo, vennero destituiti dei loro record e medaglie a causa dell’assunzione di PEDS. L’inseguimento del record di fuoricampo di Barry Bonds, Sammy Sosa e Mark McGwire era alimentato dall’uso di steroidi. Il programma delle Olimpiadi russe si scoprì essere pieno di abusi per PEDS, ed è stato sanzionato a livello nazionale.
Tale stato di cose, e molto altro, fu tuttavia rivelato dopo che i fatti si erano verificati. Le competizioni e le corse erano già state fatte. Le medaglie già assegnate. I soldi già presi. Chi ha perso, dunque, realmente?
Gli appassionati, i fans, i supporters. Che hanno creduto pacifico come andare a vedere, o comunque assistere in tv a tali eventi, includesse che ogni verifica di correttezza fosse stata eseguita. E che dunque il prodotto da essi ‘consumato’ fosse una reale competizione legittima. Si aspettavano integrità, invece gli fu fornito qualcosa mancante di quella promessa.
Alle leghe e alle organizzazioni, importava qualcosa? Sì, ma solo se rilevante per i loro profitti finali. È lì il problema: alle leghe importa solo quel tanto che basta a dare l’apparenza d’impedire a chi fa uso di droghe o sostanze dopanti di vincere, e non a recidere veramente una simile pratica. Se i grandi atleti competono a livelli anche più alti di quello che ci si aspetta, è meraviglioso. Cattura l’attenzione. Attira la stampa. Arricchisce ancor di più tutte le componenti coinvolte. Importa realmente, se questo è avvenuto grazie all’uso di sostanze proibite? Alle leghe non tanto… a patto, ovviamente, che gli atleti non vengano scoperti.
E come questi ultimi vengono scoperti, esattamente? Negli sport professionistici americani, dalle leghe stesse. Nell’NFL, ad esempio, è la lega a determinare quali sostanze sono da considerarsi legali/illegali, quando vengono effettuati i controlli, quanto spesso, e quali giocatori sono sottoposti ad esami. Sono poi gli impiegati della lega a raccogliere i campioni, e viene trovata una struttura fiduciaria della lega stessa che analizza i materiali e pubblica i risultati, inviati infine alla lega per una eventuale revisione. 
È un circolo chiuso, controllato completamente dalla lega. Vi sorprende, quindi, che gli atleti vengano raramente colti sul fatto?
Nel 2012 un membro del Pro Football Writers of America mi rivelò che forse il 75% dei giocatori dell’NFL usavano lo Human Growth Hormone (HGH), perché non poteva essere rilevato con una normale analisi delle urine. Quando l’NFL istituì le analisi del sangue per l’HGH due anni dopo, incredibilmente nemmeno un atleta risultò positivo alla sostanza. Cos’era successo? I giocatori avevano forse smesso di usare l’HGH – di provata efficacia – quando i tests cominciarono? 
Eppure, da più fonti era chiaro che l’HGH venisse usato dai giocatori della lega. Nel 2015 un’inchiesta di Al Jazeera collegò il leggendario quarterback dell’NFL Peyton Manning ad una partita di HGH inviata da una clinica anti-invecchiamento di Indianapolis (dove aveva giocato in passato) mentre stava recuperando dai postumi di un serio intervento al collo del 2011. Naturalmente tutte le parti coinvolte negarono ogni addebito. Manning si ritirò dalle competizioni nel 2015, dopo aver vinto il suo secondo Super Bowl. E sei mesi dopo l’NFL assolse Manning da ogni potenziale illecito.


Ovvero: anche se un giocatore del calibro di Manning era stato colto sul fatto, vennero subito fatte delle concessioni. Alex Rodriguez, a quel tempo il giocatore più pagato nella Major League Baseball (MBL), fu sospeso dalle competizioni per l’intera stagione 2014 a causa del suo utilizzo di PEDS (anche se in realtà egli non risultò positivo a nessuno dei tests effettuati a quel tempo).
E a dispetto del fatto d’essere risultato positivo ai PEDS nel 2003, sospeso dalla lega per tutto il 2014, benché avesse negato con i funzionari dell’MLB d’aver mai usato PEDS e, al contempo, confessasse alla Drug Enforcement Agency (DIA) federale d’averlo fatto… Rodriguez fu riammesso nel baseball.

Non solo: come se non bastasse, dopo la sua carriera di giocatore divenne un commentatore di baseball sia per FOX Sports sia per ESPN. Poi, nel 2020, era in lista per l’acquisto del franchise dei New York Mets. Quindi, come giocatore ripetutamente preso a barare, a mentire – e sospeso per una stagione a causa dell’uso di PEDS – Rodriguez quasi divenne uno dei proprietari della lega. Dov’è, dunque, l’integrità? 

Lance Armstrong nel 2002
Ma l’uso di sostanze dopanti è ben più di una mera questione – relativa solo agli atleti – per cercare d’ottenere un vantaggio nelle competizioni tramite mezzi chimici. L’uso di PEDS è manipolare i risultati delle partite, sia apertamente sia di nascosto. Ed è chiaro che tali sostanze forniscono agli atleti un vantaggio sui loro avversari. Tale aspetto, da solo, basta ad alterare i risultati potenziali. Ma forse il lato più pericoloso del doping è la criminalità che vi è dietro, il vero retroscena nascosto.
L’atleta che voglia barare per vincere – grazie ai PEDS – può facilmente esporsi all’‘ecosistema criminale’, sia intenzionalmente sia non. Queste sostanze sono spesso illegali, e ottenerle non è così facile come chiedere una ricetta al proprio dottore. Per tale motivo la rete della criminalità organizzata nel mondo usa i PEDS come ‘porta d’accesso’ per raggiungere gli atleti, sfruttando la costante richiesta di sostanze e il fatto che gli atleti le utilizzano. Per poi costringerli a truccare le partite.
Naturalmente le leghe vogliono farvi credere che questo non succede, e non può accadere. Nei “grandi 4” sport americani la combine è un’anomalia storica. Sembrerebbe infatti che l’NBA non abbia visto truccare una delle sue partite dagli anni ‘50 ad oggi. L’ultimo match ad essere stato truccato nella NHL fu negli anni ‘40. È da un secolo che le partite dell’MLB non vengono truccate (dall’infame World Series del 1919). E l’NFL, la lega del maggior sport americano, ha affermato con orgoglio che nei 100 e più anni della propria esistenza non ha mai avuto matches truccati.
Tale statuizione sembra davvero “notevole” per diverse ragioni. Tuttavia simili dichiarazioni possono esser fatte perché nessuno è mai stato incarcerato per aver truccato una partita, in nessuna delle citate leghe. Ma la mancanza di arresti non significa affatto che nelle leghe sportive professionistiche americane le partite non siano mai state truccate! Mentre invece è stato dimostrato che le competizioni sono state alterate nel calcio, nel tennis, nel rugby, cricket, boxe, e altri sport in tutto il mondo… com’è possibile dunque che gli sport americani non siano apparentemente mai stati toccati da un crimine che è diffuso a livello globale?

I Media
Se lo sport professionistico è un mostro, sono i media che nutrono la bestia: i gruppi e le corporations delle telecomunicazioni finanziano lo sport professionistico. È la semplice, pura, cruda verità.
Gli sport non esisterebbero per come li conosciamo, e lo stipendio dei giocatori non sarebbe così ingente senza i proventi derivanti dai media. I biglietti da soli non potrebbero mai tenere a galla le leghe (come la pandemia del COVID-19 ha ampiamente dimostrato).
Negli Stati Uniti le 4 grandi leghe sportive ricevono una somma totale annua maggiore di 20 miliardi di dollari da parte di ESPN, CBS, NBC, TNT e FOX, per i diritti di trasmettere le partite. La Premier League inglese raccoglie più di 5 miliardi di dollari a stagione, in diritti televisivi internazionali. L’Ultimate Fighting Championship (UFC) ha ottenuto 1,5 miliardi di dollari per cinque anni in diritti televisivi, senza contare i proventi aggiuntivi generati con gli eventi pay-per-view. La Australian Football League (AFL) ha ceduto i propri diritti nel 2017 per 2,5 miliardi di dollari a Channel Seven, Foxtel e Telstra, per sei anni. E la lista e l’ammontare di denaro speso potrebbe proseguire…
Ma quale tipo di zavorra si attacca a questi miliardi di dollari? Nel 1971 l’ex giocatore della NFL Bernie Parish scrisse nel suo libro They Call It a Game (Lo chiamano un Gioco, NdR) di aver avuto l’impressione, quando negli anni ‘60 la CBS acquistò i diritti televisivi della NFL, che essa avesse acquistato la lega. Non solo cambiò il modo con cui lo sport veniva presentato ma, almeno secondo Parrish, sembrò essere cambiato tutto, anche il modo con cui si giocavano le partite. Non si trattava più di uno sport, affermò, ma di intrattenimento. Solo un altro show televisivo.

Tornando al presente, questa sensazione è ancora più forte. Mentre il valore dell’intrattenimento nello sport è aumentato, sono diminuiti – se non svaniti completamente – i commenti negativi delle competizioni, degli allenatori, dei giocatori e della proprietà. Il diktat che proviene dall’alto è fondamentalmente “tienilo felice, tienilo imbattuto”. Va bene criticare la performance di un atleta o la decisione di un allenatore, ma è lì che si traccia la linea. Una critica più profonda e penetrante del proprietario di una squadra, di una lega o di un’organizzazione, non è più un commento accettabile, o adatto, per coloro che guardano da casa.

Babe Ruth una volta saltò una serie di partite di baseball a causa di un attacco di sifilide, ma fu detto che si trattava di “mal di stomaco” causato da “troppi hot dog e bibite”. 
È scontato che annunciare come un atleta sia stato colpito da una malattia sessualmente trasmissibile sarebbe potuta essere una notizia inaccettabile nel 1920 (e anche oggi), ma quel ‘livello di protezione’ che lo sport mondiale riceveva resiste ancor oggi, perché è radicato nel sistema.
Il famoso conduttore sportivo Howard Cosell si è lamentato apertamente della “Atletocrazia” (o “Jockocracy”), un neologismo “accidentale” coniato dallo scrittore sportivo Robert Lipsyte per descrivere l’invasione di ex atleti nel regno dei media sportivi. Cosell portò la sua idea un passo più avanti. Nel suo libro del 1985 I Never Played the Game (Non ho mai giocato al Gioco, NdR), Cosell ha discusso la “Sindrome Sportiva” consistente in una serie di postulati, tra i quali:
1. Il Gioco è sacrosanto – un rituale fisico e quasi religioso di bellezza e arte
2. Solo coloro che hanno giocato le partite possono comprenderne e comunicarne la bellezza
3. Tutti gli atleti sono eroi, a tal punto che alcuni sono presentati come genitori sostitutivi nelle case americane
4. La vittoria non è tutto… È l’unica cosa!
5. Lo sport è Camelot. Non è un posto per la verità. Solo per la fuga, per il rifugio lontano dalla vita.
Cosell credeva che questo trend verso l’“Atletocrazia” avrebbe sporcato il modo in cui lo sport veniva presentato, dato che gli “atleti trasformati in commentatori” non andrebbero così a fondo nelle partite – e negli elementi e fattori che le circondano – come potrebbe fare un esterno. Aveva ragione, ma Cosell non aveva previsto quanto in basso sarebbe caduto il mondo dei media sportivi. 
Anche i più acerbi reporter sportivi imparano presto a tenere alcune storie nel cassetto. Non solo lontano dai registri ufficiali, ma anche fuori dalla carta stampata. La paura di perdere contatto con un giocatore, con una squadra o con un’organizzazione, è sempre presente. Un tale risultato sarebbe l’equivalente di perdere il lavoro. Quindi, quella di auto-censurare il proprio lavoro diventa una seconda natura. Le domande fatte agli atleti diventano generiche, quasi banali nel loro significato. E qualunque tipo di vera inchiesta sportiva investigativa, ovvero quella tipologia che può avere un reale impatto e che può rivelare la presenza di corruzione, viene eliminata. Perché? Non fa bene agli affari.


Terry Steans è stato ad un certo punto coordinatore delle indagini globali presso la FIFA e, più tardi, ha lavorato in una posizione simile per l’International Centre for Sport Security (ICSS). Nel 2013 Steans ha lavorato su un caso che coinvolgeva due truccatori di partite di Singapore, controllati dal famoso truccatore di partite Wilson Perumal Raj (a quel tempo detenuto in Ungheria) che tentavano di alterare un match del Regno Unito utilizzando contatti interni alla nazione. Uno di tali contatti era Delroy Facey, un ex giocatore della Premier League. Necessitando di fondi per completare l’operazione per fermare questi criminali, Steans incontrò Sky UK e sottolineò quello che l’indagine aveva rivelato. L’emittente Sky rifiutò di cooperare o di fornire assistenza economica all’operazione di Steans, adducendo ragioni di “problematiche nella protezione del brand” e “conflitto di interessi”. Sky aveva un contratto di trasmissione del calcio Pay-per-View nel Regno Unito e nel mondo, e aveva dunque paura di danneggiare il proprio prodotto nel caso di un loro coinvolgimento diretto. Perché Sky dovrebbe ‘spararsi su un piede’ mettendo a nudo la corruzione in uno sport che finanzia e in cui è partner attivo? La medesima situazione succede per ogni azienda o media che lavora con una lega sportiva. Un conto, infatti, è che siano le forze dell’ordine a rivelare qualche tipo di corruzione e poi stilare un rapporto sui risultati… ma ben altro se invece trattasi di un network televisivo a scoprire il marcio su una lega sportiva che rende probabilmente 1 miliardo di dollari o più all’anno. È una situazione triste, ma completamente logica se letta in chiave e prospettiva di business.
Tuttavia, per i fans, significa che la verità viene lasciata indietro. Se nessuno, ad esempio, ha voglia di chiedere se un giocatore assume PEDS, o se la proprietà di una squadra o una lega è coinvolta in un sistema di corruzione, o se una partita è stata truccata… allora come potrebbero gli appassionati venire a conoscenza di simili fatti? In superficie, senza domande inquisitorie, tutto sembra perfettamente a posto. Mentre, appena sotto il velo dell’apparenza, il gioco è marcio fino al midollo.

L’industria delle scommesse sportive
Nello scorso decennio il mondo ha assistito ad un’eruzione di scandali di scommesse e partite truccate, virtualmente in ogni sport giocato. Ad esempio si è visto:

• 41 giocatori di calcio della K-League and Football Association coreana espulsi con l’accusa di truccare le partite
• I giocatori di tennis Sergei Krotiouk (Russia), Daniel Koellerer (Austria) e David Savic (Serbia) espulsi a vita dallo sport
• 2 clubs di calcio turco espulsi dalla Champions League e dalla Europa League con l’accusa di truccare le partite
• Lo Stato di El Salvador ha sospeso dall’attività 22 giocatori sospettati di essere coinvolti nel truccare partite di calcio
• 10 membri dell’Australia Premier League arrestati con il sospetto di truccare partite di calcio
• L’India Premier League di cricket è stata trovata piena di partite truccate, al punto che l’attivista Naresh Makani ha presentato una causa contro il Board of Control for Cricket (BCCI) in India e altri, affermando che “tutte le partite del cricket IPL erano truccate e i proprietari dei franchising erano coinvolti”
• 5 giocatori della Rugby League sospesi, 3 funzionari espulsi e altri 9 sospesi dalla National Rugby League (NRL) con l’accusa di scommettere sulle partite della lega in Australia
• L’olandese Wessel Nijman espulso dal gioco delle freccette per 5 anni per aver violato le regole delle scommesse e dell’anti-corruzione
• La più grande star francese della pallamano e medaglia d’oro olimpica Nikola Karabatic chiamato a giudizio per frode sul suo presunto coinvolgimento in un caso di scommesse clandestine
• Si è pensato che l’intera Canadian Soccer League sia sotto l’influenza degli scommettitori clandestini perché forse almeno 60 partite in una singola stagione – il 42% delle partite giocate – presentavano i segnali di una sospetta attività di scommesse
• La Football Association of Thailand (FAT) ha accusato una dozzina di persone di “ricevere denaro o altri benefici per perdere una partita o influenzare altri a perdere una partita o manipolare il risultato”.
• I procuratori belgi hanno accusato 19 persone, inclusi due arbitri di calcio, agenti dei calciatori e l’allenatore del club di Champions del Belgio Bruges di frode e partite truccate
• 2 giocatori gallesi di snooker espulsi per aver truccato le partite

E questi sono solo alcuni esempi. Ci sono anche state affermazioni molto credibili e/o prove di partite truccate nella Union of European Football Associations (UEFA), la Liga spagnola, la Serie A italiana, i tornei di tennis French Open e Wimbledon e – che vogliate crederci o no – anche eSport (video game).
Come è venuto alla luce tutto ciò? Parzialmente a causa del lavoro di operatori delle scommesse legali e dei servizi di monitoraggio delle scommesse. Quando queste entità vedono scommesse sospette o attività di scommesse, le segnalano e cominciano a monitorare i risultati. Se credono che non siano regolari, gli operatori delle scommesse legali indagheranno più a fondo sia chi organizza sia chi scommette e, se necessario, comunicheranno tutto alle forze dell’ordine per arrivare in fondo al caso. A volte tale sistema ha funzionato esattamente come doveva, ed ha portato all’arresto e alla detenzione di coloro che truccavano le partite. Ma è ben lontano dall’essere perfetto.
Come mi ha detto un manager delle scommesse sportive di Las Vegas, “Non vieni a Vegas per scommettere su una partita truccata”. La maggior parte delle persone che sono state prese ad alterare le partite sono frutti che stanno in basso. Pesci piccoli, non particolarmente sofisticati nell’arte della combine, che utilizzano ciò che è disponibile pubblicamente per realizzare i loro piani. Se fatto troppo esplicitamente, gli scommettitori legali molto probabilmente si accorgerebbero di una tale attività (ma non sempre).
I migliori scommettitori illegali, i più svegli, si sono adattati ai sofisticati sindacati della criminalità organizzata mondiale, e non sono così stupidi. Loro hanno i propri uomini, informatori e contatti interni piazzati in alcuni di questi centri scommesse legali e agenzie di monitoraggio. Pagano i funzionari interni delle società legali di scommesse per rallentare i risultati dei giochi su cui si scommette, così da inviare le loro scommesse qualche secondo prima che i risultati “ufficiali” siano resi noti. Se c’è un’opportunità da sfruttare, questi ‘sindacati’ tentano sempre di farlo. Ma per la maggior parte chi trucca le partite e i loro accoliti operano totalmente sul mercato nero, qualcosa che la lenta espansione delle scommesse sportive legalizzate non riesce a contenere.
Vi sono tre ragioni per le quali il mercato nero delle scommesse non può essere eliminato:

1. Non è tassato né regolamentato dal governo
2. Le scommesse sportive legalizzate non sono disponibili ovunque nel mondo (e in alcuni Paesi neppure in ogni località)
3. Le aziende che controllano le scommesse legali limitano scommettitori e scommesse

Uno scommettitore di successo, anche uno che non tenta nemmeno lontanamente di fare qualcosa di nefasto, può vedere i propri profitti limitati dai centri scommesse legali, al punto da spingerlo a cercare di scommettere liberamente altrove. Ho visto tali società limitare gli scommettitori con limiti di 10 dollari a scommessa quando i secondi cercano di guadagnare 1000 dollari o più per singolo evento. Il modello di business dei centri sportivi è strutturato più sulla limitazione delle responsabilità aziendali che sulla prenotazione delle scommesse. Dato che questi limiti sono radicati, i grandi scommettitori cercheranno di spostare il loro raggio d’azione altrove, e questo manterrà vivo il mercato nero sotterraneo del gioco d’azzardo per sempre. Qui, è dove opera chi trucca le partite.
E per le società di scommesse legali questo va bene. Non vogliono essere coinvolte nel circolo delle partite truccate. Vivono e muoiono nella presunta integrità dei matches, così come succede per le leghe sportive. Se possono guadagnarci (e lo fanno) su scommesse con puntate minori, ottimo. Se scommettitori più acuti cercano pascoli più verdi altrove, così sia. Per tali società quello che conta è rastrellare. Fintanto che le scommesse vengono fatte in modo onesto, il risultato compromesso di una partita significa poco per le scommesse sportive legali. Che il mercato nero faccia quello che vuole.
Quindi, senza nessuna conoscenza o sorveglianza delle scommesse illegali su un evento, capire quale partita è stata truccata, o anche solo parzialmente alterata, diventa quasi impossibile. Non si può “seguire il denaro”, se il denaro non si vede.
E chi trucca le partite diventa sempre più sofisticato nel modo in cui nasconde le proprie attività, usando staffette, conti dei casinò, Bitcoin – praticamente ogni metodo di trasferimento monetario disponibile – e il più complesso di tutti è il sistema Hawala. Come viene descritto da Wikipedia, Hawala è un “sistema informale di trasferimento di valori basato non sul movimento di denaro contante, o sul trasferimento monetario via telegrafo, banche o computer, ma sulle prestazioni e sull’onore di un’enorme rete di broker (conosciuti come Hawaladar)”. Il denaro trasferito attraverso l’Hawala non è tracciabile. Ed è dunque, in ultima analisi, il metodo perfetto per commettere questo genere di crimine.

Forze dell’ordine
Il problema più grande nel bloccare la pratica delle partite truccate sta nell’essere un “crimine senza vittime”. Che succede se un giocatore o una squadra decidono di truccare una competizione per qualche guadagno extra? Chi, realmente, ne viene danneggiato?
Lo sport è intrattenimento, e lo scommettere su un match ne è solo un’estensione. Ogni partita è tecnicamente un 50% di probabilità in termini di risultato. Importa realmente se il risultato viene influenzato illegittimamente in un senso o nell’altro?
Ma truccare le partite è molto più di questo. Mentre certamente alcuni giocatori, allenatori o arbitri, possono coscientemente essere coinvolti ed ‘aggiustare le partite’ per denaro, non tutti sono così intenzionati a farlo. Alcuni, sono costretti a farlo sotto ricatto. Alcuni, vengono obbligati. Alcuni, sono aggrediti. Alcuni, si crede, persino uccisi. Quando uno scommettitore clandestino si presenta, non è qualcosa che un innocente giocatore dovrebbe prendere alla leggera.
Questo tipo di “scommettitori” sono in realtà membri appartenenti ad associazioni del crimine organizzato, dedito ad accumulare denaro. Molto, molto denaro.
Quanto? Nessuno può dirlo con certezza. Ma consideriamo quanto sappiamo circa i risultati ottenuti dai broker clandestini: solo nel calcio essi sono stati in grado di truccare le partite in modo tale che se chiedono come risultato finale ad esempio un 3-1, la partita finirà esattamente 3-1. Possiedono squadre, organizzate all’interno di leghe o organizzazioni nazionali, create proprio allo scopo di truccare i matches. Hanno tornei organizzati che esistono solo a scopo di scommessa. E hanno partite truccate anche nella Coppa del Mondo. Il più grande, il più visto, evento sportivo del pianeta.
Gli scommettitori clandestini possono, se entrano in contatto con i giocatori, le squadre o le partite giuste, duplicare, triplicare o quadruplicare il loro denaro in 90 minuti. Ciò che preoccupa gli investigatori è come questo denaro possa essere utilizzato. Si crede che le organizzazioni estremiste o terroristiche utilizzino le combines per incrementare i loro fondi. Non solo, si crede anche che gli scommettitori clandestini affiliati a tali organizzazioni non formino squadre solo allo scopo di alterare le partite, ma per compiere veri e propri atti di terrorismo. Essi infatti reclutano giovani indigenti che hanno bisogno di denaro, e li invitano ad unirsi al loro gruppo – usando abilità di team-building ed essenzialmente operando un lavaggio del cervello – per servire i loro scopi, per poi scatenarli nel mondo e fargli eseguire i loro ordini. Può sembrare estremo andare dal truccare una partita di calcio al terrorismo, ma è invece diventata una minaccia reale.
Le forze dell’ordine, in tutto il mondo, non possono fare molto per impedirlo. In superficie, come già detto, truccare le partite sembra una cosa innocua se rapportata ai molti altri problemi che la polizia deve gestire. È l’ultima voce di una lunga lista di crimini su cui indagare. 
Anche quando le forze dell’ordine accettano di occuparsene, molte di queste partite truccate sono un crimine “da una volta e via”. I truffatori entrano nel Paese, organizzano la combine e se ne vanno immediatamente. Provate a prenderli. Per fare questo serve il lavoro di diverse agenzie di polizia di diverse nazioni. Nessuna, peraltro, entusiasta di lavorare con le altre.
Il tempo, il denaro e le risorse necessarie per indagare adeguatamente in tale campo sono enormi. Troppo investimento, pare, per la maggior parte delle agenzie di polizia, per un “crimine senza vittime”.
Ho constatato queste carenze personalmente. Negli Stati Uniti, una nazione in cui le leghe professionistiche sportive affermano che le partite non vengono truccate da più di 60 anni, l’FBI ha virtualmente cessato ogni indagine su tale tipologia di crimini. Quando l’America approvò il suo Sports Bribery Act nel 1964, all’FBI fu assegnato il compito d’indagare su ogni violazione di questo crimine federale. Dopo più di vent’anni di raccolta di risorse e informatori nonché indagini sulle informazioni raccolte, nel vedere che il risultato degli sforzi era quasi zero arresti e/o detenzioni, l’FBI ha smesso essenzialmente di lavorarci. L’unica maniera in cui oggi l’FBI è coinvolta in questo ambito (se, e quando lo fanno) è se un’informazione credibile gli “cade letteralmente in grembo”, come è accaduto nel disgraziato caso dell’arbitro NBA Tim Donaghy.
Più frequentemente succede, invece, che tutto sia lasciato nelle mani delle leghe. Che devono indagare da sole. E com’è facilmente immaginabile, è una cosa a dir poco comica – se non in qualche modo pericolosa – da prendere con le molle. Tuttavia, negli USA, questo è esattamente quanto accade. Le leghe indagano direttamente i fatti illeciti, ovvero qualcosa che non desiderano rendere pubblico.  
Ovviamente ogni lega ha creato il proprio “dipartimento di sicurezza” o “dipartimento delle investigazioni”, formato da ex membri di diverse agenzie di polizia. Sebbene questi possano avere una certa esperienza investigativa, mancano di ogni reale potere di polizia.
Non possono ottenere mandati di perquisizione. Non possono obbligare un giocatore, un allenatore o un arbitro a parlare e/o a testimoniare. Non possono effettuare arresti. Così, ritengo, essi in realtà lavorano per coprire ogni tipo di corruzione che scoprono. Per tenere le cose sotto silenzio. Non è nell’interesse di alcuna lega rivelare coscientemente la corruzione all’interno dei propri ranghi, figuriamoci rendere queste cose pubbliche. Questo tipo di mentalità organizzativa non è limitato allo sport americano. La FIFA ha il proprio ramo d’indagine. Il Tennis ha creato la Tennis Integrity Unit (TIU). Anche negli eSport esiste l’eSport Integrity Commission (ESIC). E sì, ognuna di tali entità ha rivelato abbondanza di misfatti che hanno portato i giocatori ad essere multati, sospesi o addirittura radiati, con l’accusa di aver truccato partite. Tuttavia, nel parlare con fonti interne come il summenzionato Terry Steans, queste unità investigative sono sotto-finanziate, hanno carenza di personale e – come le regole antidroga di molte leghe – sembrano agire più come fronte di pubbliche relazioni che come effettivi rami d’indagine in questi sport. Ciò, in parte, è dovuto al fatto che le leghe usano un approccio sull’argomento di “non vedo, non sento, non parlo”.
Non vogliono trovare qualcosa di sbagliato, così non danno al proprio staff il potere di scoprire gli illeciti. È un sistema costruito per fallire, mentre allo stesso tempo appare aver successo, dato che non viene trovato alcun crimine commesso. 
È lì, la verità sugli sport professionistici. Sembra tutto perfettamente pulito. Libero da ogni tipo di corruzione. E invece le 4 principali compagini del mondo sportivo USA fanno molto meno del loro dovere nel cercare, e ancor meno nel rivelare, ogni sorta di illeciti. 
Ma potete davvero biasimarli? Il loro business è l’integrità. È quello di rendere alcuni milionari e, altri, miliardari. Perché rovinare tutto? Perché distruggere qualcosa che la maggior parte dei fans dà per scontato essere una favola divenuta realtà, andando a scavare nel torbido? Quando nessuno realmente vuole farlo? Tutto quello che desiderano gli appassionati di sport è una distrazione di tre ore dal peso della vita moderna. Perché interferire in questo… quando gli affari vanno così bene?

L’Autore

Brian Tuohy è riconosciuto dalla Corte Suprema degli USA come un’autorità accademica, ed è il maggior esperto americano di partite truccate nello sport. Suoi lavori sono apparsi su Sports Illustrated, Vice Sport e Sports On Earth, ma anche in cinque libri di saggistica tra i quali The Fix Is In, Larceny Games e il suo ultimo The Fix Is Still In. È stato ospite in oltre 200 programmi radio e podcast nazionali e locali, ha parlato alla Florida State University, al The Walter Cronkite School of Journalism dell’Arizona State University e al Columbia College di Chicago.
 

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