Mentre stendo queste righe è in corso di svolgimento il referendum abrogativo che vorrebbe correggere parti della legge 40/2004 sulla procreazione assistita.
Non intervengo per prendere posizione. Constato che una consultazione di questo tipo non poteva prendere in considerazione le posizioni “terze”, ma ce ne sarebbe stato davvero bisogno. Inoltre riscrivere le leggi è meno costoso che indire referendum. Ho quindi la netta sensazione che, a prescindere dai risultati della consultazione, le forze in gioco siano molto più pervasive delle coscienze individuali. Mi sembra che l’opinione pubblica si stia indirizzando ad accettare una certa dose di eugenetica nelle pratiche mediche del prossimo futuro.
Eppure, per una volta, credo sia inutile assumere toni apocalittici. Non nego che il livello del rischio si sia innalzato, ma la strategia vincente per affrontare il rischio non è la deprecazione.
Siamo giunti ad uno stadio di conoscenza che rende inevitabile scoperchiare alcune pentole. Non lo dico per assolvere il biotech, ma l’umanità sarebbe comunque giunta (o tornata, secondo alcuni) a questo passaggio. Si tratta di assumere nuovi tipi di responsabilità. Forse un giorno avremo la conferma che anche l’homo sapiens sapiens è il frutto di una manipolazione genetica. Una manipolazione, secondo alcuni, non del tutto riuscita. Se vi dessero la possibilità di correggere l’errore, direste di no?
Tornando al presente, è sotto gli occhi di tutti il travaglio del vivere in un ambiente in cui le tensioni sono così acutizzate, il piccolo ego tende a sopraffare ogni tentativo di volare oltre le nuvole. Non sembra proprio il momento favorevole per abbandonarsi alla fiducia nel progresso. Eppure sono convinto che in futuro anche la manipolazione genetica sarà utilizzata a sostegno del processo di guarigione spirituale. Quel giorno sarà evidente che il vero progresso nasce solo dalla comprensione delle leggi spirituali, ma anche la padronanza delle leggi della materia farà egregiamente la sua parte.
Sarebbe bello esser già lì. Ma se lavoriamo oggi con la prospettiva di costruire quel futuro, allora lo stiamo già abitando. Se siamo assolutamente convinti di seguire un sentiero corretto, proviamo una tranquillità indistruttibile, giorno dopo giorno. Occorre costruire una nuova scienza.
Anche in queste settimane ho ascoltato il seguente ritornello: “La scienza non sa ancora individuare il momento in cui un embrione diventa un individuo…”. Pochi comprendono dove sia l’errore. Se la domanda è mal posta (“quando inizia l’individuo?”) non ci potrà mai essere una risposta. L’individuo non “inizia”. La nascita è una metamorfosi di un individuo che non è mai scomparso dopo la morte.
La biologia fatica a capire quanto sia mistico lo sviluppo di un individuo. Giuseppe Sermonti, uno dei pochi scienziati italiani che va contro la corrente, ha spiegato che non esiste il gene della “gattinità”. Eppure per qualche motivo l’embrione del gatto non si trasforma in un cane. Se non esiste neppure il gene dell’ “antropinità”, allora che cosa trasforma un embrione in un feto? Bisogna invocare l’intervento di un qualcosa dall’esterno. Un campo morfo-genetico, risponderebbe Rupert Sheldrake. Allo stesso modo risposero, 4000 anni fa, alcuni scienziati indiani.
Un’eco di queste conoscenze, benché frammentarie, sopravvisse nella teologia medievale, allorché l’Europa – ricordiamolo – percorreva il punto più basso della sua parabola di conoscenza scientifica. Mancando una corretta comprensione delle fasi della vita, il pensiero si irrigidì nel dogma.
Almeno un merito a questo referendum lo devo riconoscere. Ha fatto discutere le persone su qualcosa di diverso delle consuete chiacchiere da bar. Si constata invece un gran bisogno di parlare, una sete di risposte profonde. Forse stiamo uscendo dal regime dei reality show. La gente talvolta pensa e dopo ci prende pure gusto.
Altra cosa strana. Da quanto tempo i quotidiani non ospitavano dibattiti metafisici di un certo livello? SulCorriere della Sera, il 16 maggio 2005, il pensatore Emanuele Severino, interviene così: “Secondo la filosofia (aristotelica) a cui anche la Chiesa si ispira, un uomo può nascere soltanto se, prima di esso, esiste qualcosa che ha la capacità (o “potenza”) di divenire uomo…”. Prima del concepimento (unione dei gameti) ci sarebbe già un uomo “in potenza”, che diviene uomo “in atto” fin dal momento successivo, allorché si sviluppa l’embrione. Su questo assioma si fonda la sacralità dell’embrione-persona.
Credo che l’embrione vada rispettato non solo in quanto progetto di vita, ma in quanto futura sede corporea di una preesistente coscienza già ben formata, che partecipa lucidamente a tutte le fasi della gestazione. In questo la Chiesa, pur negando la reincarnazione, dimostra una profonda sensibilità. Credo che alcuni sinceri uomini di preghiera intuiscano che esiste un legame tra il feto in formazione ed una coscienza già formata. Però non lo dice, permettendo dunque a Severino di coglierne le contraddizioni : “Prima della loro unione, i gameti sono separati e nessuno dei due, in quanto separato, può avere la capacità di diventare uomo (unitario)…come l’insieme dei frammenti del blocco di marmo non ha la capacità di diventare statua”.
Ecco dimostrato in quale vicolo cieco si finisce dopo aver negato la preesistenza dell’anima. Se infatti l’anima individuale “nasce” solo al momento del concepimento, siccome non proviene dai genitori, non può essere già perfettamente compiuta ed unitaria prima che l’embrione si sia sviluppato.
Se non si può affermare che esista un uomo “in potenza” prima del concepimento – conclude Severino – nemmeno si può affermare che dall’istante successivo esista un uomo “in atto”. Quindi cadrebbe la pretesa di considerare l’embrione come una “persona” . Secondo Monsignor Sgreccia, Dio infonderebbe l’anima razionale subito dopo il concepimento. Tommaso D’Aquino invece riteneva che il feto rimanesse un semplice corpo animale fino al terzo mese di gravidanza. Esistono opinioni discordanti anche all’interno della tradizione cristiana, per tacere delle altre religioni.
E’ chiaro che di fronte a certe dichiarazioni inverificabili gli scienziati se la ridono. Non si può dar loro tutti i torti. Ma le colpe non stanno nelle fonti religiose, quanto nella soppressione dei punti di vista differenti, nella persecuzione delle ricerche ritenute “eretiche”, come la parapsicologia.
Torniamo ad esaminare una grave difficoltà insita in ogni teoria scientifica o religiosa sul concepimento. Se un nuovo individuo distinto dal padre e dalla madre deve nascere, due sono i casi: o si nega che l’embrione abbia un’anima o quantomeno una psiche distinta dai genitori, o si ammette che nel concepimento subentri una terza “presenza”.
Se sono uno scienziato conformista, riduco la nascita ad un meccanismo governato dal caso. Però se osservo due fratelli assumere porzioni differenti dello stesso dna, non so che cosa rispondere!
Se sono un teologo, la mia spiegazione “ufficiale” sarà che Dio crea un’anima razionale su misura per ciascuno di noi. Al che si potrebbe replicare: non potremmo supplicarlo di darcene una migliore?
Queste incongruenze sarebbero aggirabili adottando la prospettiva della scienza vedica, sulla quale mi sono brevemente soffermato nel Nexus n. 50. Se la società accettasse questa prospettiva, dovrebbe sconvolgere il suo intero modo di ragionare. Comprenderebbe che non siamo piovuti sulla Terra dal nulla, ma che abbiamo scelto di nascervi per compiere un’esperienza preziosissima ed irripetibile.
Un testo del filosofo buddista Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte, offre una sintesi chiarificatrice:
Riguardo alla nascita, il” Sutra del Grande accumulo di gioielli” contiene il seguente brano: «Ora ti dirò, Ananda, come una nuova vita è in grado di entrare nell’utero della madre. Se il padre e la madre hanno l’impulso di far l’amore, il ciclo mestruale è regolare e la vita nello stato di esistenza intermedia è presente, e a patto che i numerosi disordini citati in precedenza siano assenti e vi sia corrispondenza tra il karma [la causa interna] e la causa esterna, allora una nuova vita è in grado di entrare nell’utero della madre.»
“Il Grande Maestro Miao-lo, della scuola buddista cinese T’ien-t’ai, affermò che «la nostra vita pervade l’intero universo sia fisicamente sia spiritualmente.» Il potere e le funzioni intrinseche alla vita che le permettono di manifestarsi possono essere chiamate «cause interne». Il Buddismo spiega che le cause interne interagiscono e si armonizzano con le cosiddette «cause esterne» – che nel caso della nascita sono il concepimento e il favorevole ambiente dell’utero materno – per dare avvio al fenomeno della nascita. La medicina occidentale ritiene che lo spermatozoo e l’ovulo siano gli unici elementi essenziali per il concepimento, e che la fecondazione del gamete femminile sia l’unico prerequisito necessario alla formazione dello zigote e al successivo sviluppo dell’embrione. Al contrario, secondo il Buddismo non basta l’incontro dell’ovulo e dello spermatozoo, è necessaria anche la presenza della vita nello stato di esistenza intermedia perché la vita umana venga all’esistenza e cominci il suo processo di sviluppo. Il concepimento è dunque il risultato di tutti e tre i fattori. (pag.35, Esperia editore)
La spiegazione del concepimento tramandata dal mondo indiano è perfettamente logica. Una coscienza individuale deve necessariamente preesistere ai gameti genitoriali prima di potersi reincarnare. Secondo un meccanismo governato da forze universali, l’embrione appronta la sostanza biologica necessaria allo sviluppo del futuro corpo del nuovo individuo, ma contemporaneamente svolge un intenso scambio di forze per assumere il corredo karmico dell’individuo che sta entrando. E’ solo in base al karma accumulato nelle esistenze precedenti che l’individuo può ereditare alcune parti del dna dei genitori anziché certe altre.
Vorrei fermarmi qui. Tornerò a parlarne sull’edizione cartacea di Nexus. Non ho nemmeno sfiorato tanti altri aspetti che mi stanno a cuore. Perché fatichiamo così tanto nelle relazioni umane? Perché proprio oggi? E che cosa c’entra in tutto questo l’embrione ed il resto? Altra domanda che sorge naturale: come si può trovare una conferma sperimentale per le teorie sul concepimento? Non si tratterà anche in questo caso di fantasie “religiose”, di superstizioni o altre cose del genere?
Ho raccolto testimonianze e studi che confermano la correttezza di questo tipo di affermazioni. Su Nexus n.52 mi sono occupato con la massima serietà del cosiddetto viaggio astrale. Fino a che punto possiamo fidarci di queste cose? Se le dichiarazioni di un “viaggiatore” possono essere sottoposte a controlli rigorosi (sull’esempio del lavoro di Gary Schwarz con i medium, vedere Nexus n.51), allora il contenuto può essere ritenuto attendibile. Finora ho trovato soltanto conferme di quanto avevo già appreso.
di Enrico Corbi