svizzera di fama internazionale che collabora a vari periodici e siti
on-line: benchè abiti in terra santa, la Cattori non può spostarsi nel
Paese né parlare con testimoni.
Contrariamente agli altri
giornalisti, la Cattori non ha accettato il «consiglio» del colonnello
di tenersi sul vago a proposito dello scontro che ha dato origine, una
decina di giorni fa, al conflitto. Secondo la Cattori, sarebbe stato
l’esercito israeliano a sconfinare «deliberatamente» in Libano, in
località Aita al Chaab, in territorio Hezbollah.
Questo, sempre sul
piede di guerra, ha ucciso alcuni soldati israeliani penetrati nella
sua zona e ne ha catturati due, come da suo programma, per scambiarli
contro due membri Hezbollah detenuti nelle carceri sioniste: Samir el
Kantar, in galera dal 1978, e Yahia Skaff, detenuto dall’82.
Insomma
la Cattori conferma che è stato Israele a violare la sovranità
territoriale del Libano (cosa che del resto fa comunemente con i suoi
aerei), mentre Hezbollah si sarebbe fatto giustizia da sé, al posto di
uno stato libanese sostanzialmente disarmato.
Può darsi che non sia
vero, s’intende: censura e disinformazione sono parte integrante della
guerra Ma il particolare si accorda bene con quel che sostiene un
analista politico-militare israeliano, Ran HaCohen: che i militari
hanno in qualche modo «forzato la mano» al loro stesso governo.
Come fa notare HaCohen, è la prima volta in vent’anni che nel governo israeliano non ci sono dei generali in ministeri importanti.
Sulla
poltrona di primo ministro dovrebbe sedere il generale Ariel Sharon; ma
il caso e l’emorragia cerebrale gliel’hanno impedito, sicchè ora il
premier è Ehud Olmert. Il quale, benchè fedelissimo di Sharon, non ha
alle spalle una carriera militare.
Di più: il ministro della Difesa
Amir Peretz non solo è un civile senza esperienza bellica, ma un
sindacalista di sinistra, alquanto pacifista.
Per recuperare potere, i comandi, spiega il professore, «reclamavano un attacco massiccio su Gaza molto prima che il soldato Shalit fosse sequestrato».
Ma
il governo riluttava: la politica di blocco economico di Gaza, in corso
da sei mesi, stava avendo succcesso nell’indebolire il seguito di Hamas
tra la popolazione, senza bisogno di cannonate.
Per questo, dice
testualmente HaCohen, i militari hanno «preparato il terreno alzando il
tiro in modo continuo e calcolato: ripetute uccisioni di civili e
bambini, assassinio di un alto ufficiale dell’Autorità Palestinese, i
cosiddetti ‘arresti’ a Gaza per la prima volta dal ritiro».
Poi, il «rapimento» del soldato Shalit il 26 giugno.
A quel punto il governo «non ha più potuto tenere a freno l’esercito».
L’esercito
di Sion ha dunque imposto un altro fatto compiuto (una specialità che
fu di Sharon) e i generali hanno ripreso in mano l’iniziativa.
Ma
ora, devono strappare un grosso successo sul campo: per non incorrere
nelle critiche dei politici e dell’opinione pubblica interna, che
hanno forzato alla guerra.
Il che spiega la violenza sproporzionata dell’attacco aeronavale, con la distruzione sistematica di ogni infrastruttura in Libano e l’uso di armi proibite, come bombe al fosforo e gas nervini.
«È una classica campagna di bombardamento strategico», dice Stephen
Bidden, già direttore di studi militari all’US Army War College ed ora
membro del Council on Foreign Relations.
I bombardamenti strategici
sono quelli che Italia e Germania hanno sperimentato sulla propria
pelle nella seconda guerra mondiale: distruzione a tappeto delle
risorse economico-industriali del Paese nemico, per spezzarne la
capacità combattiva.
Ma gli specialisti militari USA stanno constatando con disagio crescente i risultati di questa strategia.
Un
terzo dei morti sono bambini (nei Paesi arabi, metà della popolazione
ha meno di 15 anni) e le immagini che la censura non riesce a bloccare
non giovano ad Israele.
«La giustificazione militare di tali bombardamenti sembra vaga, perché i bersagli non hanno relazione con gli Hezbollah», dice James Dobbins, già inviato di Bush in Afghanistan ed ora analista strategico alla Rand Corporation.
«Il fatto è che gli Hezbollah non hanno infrastrutture materiali che possano essere distrutte».
«Gli
israeliani stanno cercando di premere su altri [il governo del Libano]
perché risolvano i loro problemi, per questo colpiscono le
infrastrutture», aggiunge Bidden.
Ma è il rapido ed evidente «successo» sperato?
Altra prova inequivocabile documenta il massacro al fosforo compiuto su Beirut
Stranamente, gli Hezbollah, anche dopo dieci giorni
di bombardamenti, riescono ancora a lanciare razzi e Katiushe in
territorio israeliano, anche in relativa profondità, tenendo in ansia
la popolazione ebraica di Haifa.
Com’è possibile?
L’armata di Israele ha una proverbiale capacità di localizzare ed eliminare con precisione chirurgica le postazioni del nemico.
Ne ha tutti i mezzi: dai sensori elettronici, alle foto satellitari al dominio del cielo.
Ora, basta guardare le foto satellitari dell’area Hezbollah per vedere che praticamente non ha strade, ma tratturi da muli.
Come fanno a passarci i grossi camion su cui sono montate le rastrelliere di Katiushe?
E dovrebbero essere ben visibili dall’alto, tanto più che dovrebbero essere numerosi.
Come mai non vengono liquidati?
Inoltre, la Katiusha è in realtà un’arma da assedio, usata con successo contro i tedeschi a Stalingrado («Organi di Stalin»).
La loro gittata di 20 chilometri è puramente teorica; già dopo un paio di chilometri il tiro perde in precisione ed efficacia.
Come mai raggiungono Haifa, a 35 chilometri dal confine?
Non ci sarà un trucco?
E
qui comincia il lavoro del colonnello Sima Vaknin-Gil, il capo della
censura e fornitore di notizie selezionate ai giornalisti accreditati.
quantità di razzi Hezbollah sono nascosti nelle case nelle aree urbane,
vengono sparati da dentro i villaggi, sono trasportati lungo la
superstrada Damasco-Beiruth. Se missili sono nascosti nelle abitazioni,
queste diventano un bersaglio legittimo».
Crederci o no?
Dipende.
Chi
ha visto il grosso auto-articolato che porta sul pianale le Katiushe,
fatica a credere che possa essere nascosto in appartamenti.
Tutto è possibile, visto che poche informazioni utili filtrano dal fronte.
Esperti
militari, guardando le poche immagini televisive permesse dagli
israeliani, hanno notato che i pezzi d’artiglieria cingolati degli
israeliani che sparano con gittata di 35 chilometri sussultano
pesantemente ad ogni tiro: non sono nemmeno stabilizzati dalle speciali
zeppe metalliche che si inseriscono sotto il mezzo per il tiro.
Non è certo la precisione che Israele sta cercando.
E lo dimostrano anche i crateri che le bombe hanno scavato a Beirut: diametro venti metri, profondità dieci.
Fatto sta che le cose vanno per le lunghe.
E
fateci caso, dal giorno 21 luglio tutti i giornali e i media
occidentali hanno «abbassato» il conflitto in Libano a mezza pagina,
calando anche il tono.
Il Corriere della Sera ha aperto addirittura con un’intervista «esclusiva» a Romano Prodi (capirai che scoop).
Stanno seguendo i «consigli» del colonnello Sima?
Dopo
quel che abbiamo scoperto su Renato Farina, il giornalista che non si
limita a dar notizie perché si considera un «soldato dell’Occidente»,
non ce la sentiamo di escludere nulla.
(Fonte: www.effedieffe.com)