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Il Prof. Giacinto Auriti è morto, era gravemente malato e viveva ormai solo nel suo appartamento. Non lottava più contro il sistema, stanco ed esausto ormai perché la vita aveva vinto: lo aveva stremato e portato via le glorie, e alla fine lo aveva lasciato con confusi ricordi e una condanna che gravava sulle sue spalle che lo obbligava a tentare ancora il giudizio in appello. La stessa stampa che in più occasioni ha avuto modo di condannarlo e deriderlo, ha dimenticato la scomparsa di uomo che non si è nascosto dinanzi alle telecamere o i giornali che erano giunti per trasformare la sua rivoluzione in farsa. In quell'occasione il Prof. Auriti capì il gioco sporco che stavano tentando di fare per screditare la sua persona e il Simec, il simbolo econometrico di proprietà del popolo, il frutto dei suoi 36 anni di studio, e allora strinse attorno a sé la popolazione per dimostrare che le persone non avevano paura.
Non sappiamo cosa stesse pensando in questi giorni il Prof. Auriti, ma sicuramente ha ripercorso centinaia di volte con la mente la sua vita cercando di capire dove e cosa avesse sbagliato. Non abbiamo avuto il tempo per incontrarlo e dirgli che non era stato lui a non spiegare bene, ma che invece erano state le persone a non aver creduto fino in fondo in ciò che facevano. Il Professore ha sacrificato tutta la sua vita, i suoi studi, la sua intelligenza, li ha completamente donati alla realizzazione di un'idea e sapeva bene che quella lotta aveva un prezzo.
"La dignità gratuita non esiste, e io pago perché voglio la proprietà popolare della moneta", lui aveva rimesso il suo debito con grande fierezza stoica, senza mai tirarsi indietro, senza avere paura di perdere una carica o delle onorificenze. Ha rischiato tutto per qualcosa in cui credeva, la sua carriera, il suo patrimonio, sottoscrivendo ogni atto o dichiarazione con il suo nome, il suo onore e la sua persona. Questa è la più grande lezione etica e morale che Auriti intendeva lasciare ai suoi alunni, al suo pubblico e a tutti coloro che lo seguivano come se fosse un leader. Non tutti evidentemente hanno colto a fondo il significato di quelle parole, o forse se ne sono appropriati per costruire poi una propria "religione", un "proprio credo" millantando teorie e grandi ricerche di studi. Hanno cominciato accanto ad Auriti e non appena la sua tenacia ha perso colpi, con difficoltà e sconfitte legali, lo hanno abbandonato, negando persino la paternalità del loro stesso sapere. Ora si ergono al di sopra vantando di essere dei professori, dei ricercatori o dei pensatori, mentre parlano dell'esperienza del Simec come una simpatica trovata, che si serviva di un "baracchino" per cambiare la moneta. Dopo averlo dimenticato nella solitudine delle sue cause e dei suoi problemi legali, ora lo piangono e sicuramente in un futuro non troppo lontano cominceranno ad utilizzare il suo nome, le sue parole e la sua grande scoperta per scopi commerciali o per coltivare la loro stessa immagine.
Per la grande tenacia e decisione, e allo stesso tempo umiltà e semplicità, gli è valso l'affetto del suo Abruzzo, dei suoi studenti che hanno fatto tesoro del dono concessogli, la fiducia di una comunità che ha così promosso e curato l'esperimento del Simec, ma senza conseguire i risultati che si volevano ottenere. Infatti coloro che adottarono il Simec lo fecero per scopi puramente commerciali, perché consentiva di abbattere quasi del 50% i prezzi dei prodotti alla vendita: si è giunti così ad un compromesso commerciale che però non ha formato le coscienze e convinto le persone sul vero significato di una moneta locale. Il Prof. Auriti nelle sue trasmissioni ha sempre cercato di entrare nel cuore delle persone più umili, ma la comunicazione e la spiegazione di certi principi necessita di tempo e il Prof. Auriti tutto questo tempo non lo aveva. Sapeva che lo avrebbero bloccato, così come avevano fatto per la sua facoltà di "economia monetaria", e per questo doveva portare a termine qualcosa che aveva cominciato da tempo, doveva fare la moneta per consentire alle giovani generazioni di far tesoro di quell'evento e di continuare poi su quella strada.
La teoria del valore indotto creava innanzitutto lo spostamento del centro di potere da una struttura piramidale come sono le banche centrali, ad un sistema di potere diffuso, distributivo onde ridare al popolo quella libertà negatagli. Questa non è solo una moneta, ma una piccola rivoluzione, un contributo alla libertà del popolo dall'usurocrazia. È ovvio che affermare ciò significa anche scontrarsi contro un muro, tale che poi verrà subito azionato il meccanismo della disinformazione tramite la Guardia di Finanza, che ha criminalizzato il possesso di quelle monete, e delle Associazioni di Consumatori. Con riferimento a queste ultime, vogliamo porre maggiore rilevanza sull'Adusbef, e magari vorremmo sapere cosa ha spinto lei a fare una causa per ottenere il rimborso del signoraggio, senza capirne il messaggio inviato. È fortemente incoerente combattere contro l'usurocrazia senza sapere che il debito pubblico è un dato contabile e non può certo giustificare la vendita dell'oro nelle casse dello Stato Italiano.

Non avremo più l'occasione di incontrare il Prof.Auriti, ma vorremmo ricordargli che noi oggi siamo qua, a combattere, perché ci crediamo, perché sappiamo che il denaro non può comprare la nostra anima. Ciò che Auriti non avrebbe mai voluto è la resa, la sconfitta passiva, delle persone di buona volontà, che lottano consapevolmente e non hanno paura di perdere una illustre carica.

Vi lasciamo con un messaggio di Auriti, sperando che apra la vostra mente e vi induca a pensare sulla grandezza di quest'uomo, al cui confronti i nostri politici e rivoluzionari "per hobby" sono solo una brutta copia in trasparenza:

Auriti's rock

(Tratto da http://etleboro.blogspot.com)

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