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Resistere alla politica della paura di John Mack

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Dr.John Mack,
personaggio amato negli ambienti più interessati e partecipi

alla ricerca sugli UFO e sulle
esperienze di incontri ravvicinati.

Come tali, pubblichiamo
ciò in sua memoria. Il Dr. John Mack
è stato

tragicamente ucciso il 27
Settembre 2004.


Il Senatore John Edwards e molti
altri Americani credono che il Vice

Presidente Cheney abbia "passato
il limite" quando disse che se avessimo

scelto John Kerry, invece di George Bush, saremmo
stati nuovamente

sconfitti e in maniera
devastante per la saldezza degli Stati Uniti. Ma io

credo che il limite è
stato superato molti mesi, fa quando il Presidente

Bush e la sua
amministrazione decisero di manipolare le menti della nostra

gente, terrorizzandola
costantemente con lo spettro di attacchi

terroristici. Il pericolo del
terrorismo è reale, per questo è di grande

importanza che la nostra
capacità di valutazione del rischio che affrontiamo

non sia distorta in nome di
vantaggi politici.


Non c’è nulla di nuovo
in questa strategia tesa ad ottenere e mantenere il

potere.

Dallo storico greco Tucidide, al Barone
di Montesquieu,
sino ad Hermann


Goering nel
ventesimo secolo, abbiamo capito che che tutto ciò che i leader

nazionali devono fare per
mantenere il potere è focalizzarsi su una minaccia

esterna, nel contempo tacciando
di mancanza di patriottismo quanti non

vogliono seguire i loro piani,
esponendo così il paese ad un pericolo. Ma

oggi, ciò che forse
è da considerare senza precedenti è il modo sistematico,

virtualmente scientifico, con
cui l’attuale amministrazione ha usato la

paura, per controllare il
dissenso e misurare la quantità di paura che noi

dovremmo provare.

Alla conferenza intitolata La
Paura: i suoi usi ed abusi politici,

sponsorizzata il Febbraio
scorso dalla New School University di New York,

gli organizzatori
sottolinearono che Per la prima volta nella nostra

storia, oggi non solo veniamo
avvertiti che dobbiamo avere paura, ma ci

viene detto persino quanto
impauriti dobbiamo essere (allarme rosso,

arancione e giallo) eppure, a
prescindere dal tipo di timore che dovremmo

provare, nessun consiglio ci
viene elargito sul da farsi, eccetto forse il

dover diffidare degli stranieri
e il premunirsi con scorte di nastro

isolante e acqua in bottiglia.

Il terrorismo è una
minaccia terribilmente reale. Ma l’incessante ricorso

alla retorica del terrore,
della violenza e del pericolo, che ha

accompagnato un numero
crescente di falsi allarmi, paralizza le nostre menti

e ci deruba del potere di
distinguere la verità dalle menzogne e di

discernere fra i pericoli reali
e quelli che ci vengono sbandierati al solo

scopo di meglio manovrare la
politica interna.


Roboanti proclami e minacce si
confondono con la forza, e stupidi discorsi

macho sulla debolezza
dell¹uomo, o il sistematico deridere la nostra

eccessiva sensibilità,
in realtà possono solo coprire ignoranza e

debolezza. Una paura di questo
tipo può condurre, come ha fatto nel passato,

ad ingiustificati atti di
aggressione compiuti in nostro nome.


Esistono altre dannose
conseguenze della politica della paura. Essa viene

usata strumentalmente per
privarci della nostra libertà, mentre noi

chiediamo libertà e
democrazia per gli altri. Questo provoca una sorta di

regressione psicologica
nazionale, riducendo la nostra mente a primitive e

scarnificate forme di pensiero,
quello che il giornalista conservatore

Charley Reese ha definito
il comico libro mondiale degli eroi Americani e

dei malvagi operatori stranieri.

Gli stessi leader si
autoconvincono, alla fine, delle proprie

proiezioni-minaccia e
soccombono inevitabilmente all’atmosfera di paura che

hanno contribuito a creare. Il
loro discernimento si è indebolito e non si

rivolge più ai reali
pericoli, mentre gonfia, come nel caso dell¹Iraq,

minacce alla nostra sicurezza
nazionale che in effetti non esistono.


Tale regressione colpisce
coloro che hanno le chiavi del comando, può essere

scioccante, ma non può
più sorprendere che atrocità come quelle commesse

nella prigione di Abu Ghraib
vengano perpetrate, anche se solo in alcuni

casi, da donne.

Il male peggiore è forse
ciò che la politica della paura ha fatto ai nostri

valori come popolo. Il poeta
Michael Blumenthal, ritornando negli Stati

Uniti il mese scorso dopo tre
anni di permanenza in Europa, ha ritrovato

una nazione spaventata e
spaventosa, priva di generosità e umanità e

decenza e carità una
nazione che sembra incapace di trovare per il suo

patriottismo una qualsiasi
ragione più profonda di un’atmosfera manipolata

cinicamente da ansietà e
paura. Theodore Sorenson, il primo assistente del

Presidente John F.Kennedy, in un
suo discorso inaugurale tenuto lo scorso

Maggio in Nebraska, ha messo in
guardia sul colpo sferrato al grande cuore

e all’anima di questo Paese,
una nazione che si muove verso una mediocrità

feroce, invece che verso un
nobile fine.


Alcuni di noi si stanno
accorgendo del pericolo della politica della paura.

Voci si alzano
dall’opposizione. Catharine Gamboa di Baltimora scrive

all’editore: Io rifiuto di
sottomettermi al terrore, rifiuto di essere

impudentemente manipolata da
questi sinistri battiti di tamburo, e Steve

Mavros di Philadelphia dichiara
di essere stufo di vivere nella paura e

stanco degli allarmi che mi
dicono se fare o meno una passeggiata (New


York Times, 9 Settembre, p.A32).
Kasey Hrehocik, studentessa della Poteet

High School in Texas, ha
scritto un documento che si oppone alla fabbrica

della paura con cui ci dicono
di convivere. Quando permettiamo alla paura

di oltrepassare le difese
sociali che tengono insieme i nostri ideali ed i

nostri valori ha ammonito,
permettiamo alla nostra casa, l’America, di

diventare una palude ricoperta
di immondizia riempita di manipolazioni ed

inganni.

Ma le voci di queste coraggiose
persone devono trovare unione, in una

crescente onda di resistenza.
Il pessimo uso della paura finalizzata al

controllo delle nostre menti
potrebbe trasformarsi in un nuovo cardine della

nostra coscienza nazionale, e
chi appartenga ad ogni livello del nostro

sistema educativo deve poter
riconoscere i segnali di tale velenosa

strategia. Solo aprendo gli
occhi, credo, saremo in grado di preservare i

nostri valori nazionali e la
nostra integrità, e riusciremo a compiere le

scelte intelligenti, dalle
quali dipendono la vera "sicurezza" ed il suo

raggiungimento.

Questo editoriale, scritto per
il Boston Globe, non
era stato ancora

pubblicato al momento della
morte del Dr. Mack,
avvenuta il 27 Settembre

2004, in un incidente di auto.

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