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RIVOLTE ALLA CIA (E COSE PEGGIORI) di Maurizio Blondet

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Da pochi giorni Mary McCarthy, una agente CIA di alto livello, è stata licenziata in tronco per la colpa di aver «spifferato» al Washington Post notizie sulle carceri segrete degli USA.
Subito dopo un altro analista della «Ditta», RayMcGovern, ha chiesto a Rumsfeld, in un pubblico convegno: «perché hai mentito su legami fra Osama e Saddam?».
Poi, c'è stata la tragicomica cena per i giornalisti alla
Casa Bianca.
Dove il comico Stephen Colbert, fingendosi un repubblicano di ferro, ha pronunciato un sarcastico, distruttivo falso elogio di Bush.
La sua battuta più fulminante: «io credo, da repubblicano, che il governo migliore sia quello che governa meno. In questo senso, abbiamo messo su un governo meraviglioso in Iraq» (1).
Il fatto è che in prima fila c'erano, ad applaudire ogni battuta, Valerie Plame e suo marito, l'ex ambasciatore Wilson.
La signora Plame è l'agente della
CIA di cui «qualcuno» alla Casa Bianca (Cheney o Rove) spifferò il nome alla stampa, per vendetta contro il marito che s'era pronunciato contro l'invasione dell'Iraq. La Plame, allora, era impegnata in una missione pericolosa sotto copertura: lo smascheramento di un agente in missione è un delitto di Stato.

In breve, Bush, Cheney e Rumsfeld, ormai paranoici, hanno pensato che la coppia fosse l'organizzatrice dell'agguato demolitore di Colbert; hanno pensato ad un attentato con l'arma del ridicolo, orchestrato da congiurati della CIA emarginati.
E forse, non sono lontani dalla realtà.
La giunta della
Casa Bianca sta facendo passare al Congresso una norma «draconiana» contro gli agenti che parlano troppo: arresto e, quel che più conta, perdita della pensione.
Già da tempo ormai Rumsfeld ha spogliato la
CIA delle sue competenze più serie, le operazioni segrete all'estero, attribuendole al Pentagono, ossia a se stesso.
Il licenziamento di Porter Goss (complice fidatissimo di Bush: l'11 settembre era a colloquio col generale pakistano che finanziava Mohamed Atta, il supposto capo dei terroristi) lo punisce per la sua incapacità di tenere a freno gli agenti in rivolta.
E la sua sostituzione completa la militarizzazione della
CIA: lo rimpiazzerà un generale, Michael Hayden, già direttore della National Security Agency (NSA, la super-Digos americana) e yes-man di John Negroponte, il capo dell'ente di controllo supremo di tutta l'intelligence.
Servo fedele degli ideologi neocon, Hayden ha una specialità come cacciatore di «spifferatori»: alla
NSA non li arrestava, li mandava dallo psichiatra, facendoli bollare come squilibrati.
Un vecchio metodo inventato dal KGB.

L'amico Wayne Madsen, lui stesso ex agente della NSA, segnala altri due scandali che hanno accelerato le dimissioni involontarie di Goss (2).
Uno riguarda certe seratine, definite «partite di poker», allo storico hotel Watergate, a cui membri del Congresso erano invitati insieme a «prostitute d'ambo i sessi».
I festini erano organizzati, per evidente scopo di ricatto, da uomini di Porter Goss.
Ma l'altro scandalo che monta può rivelarsi molto più devastante.
Esso riguarda una ditta «privata» della
CIA, la IN-Q-TEL, il cui scopo è identificare e finanziare quelle piccole aziende creative che sviluppano tecnologie promettenti per la CIA stessa.
Ora la
SEC (la polizia finanziaria di Wall Street) sta indagando la IN-Q-TEL per «massicce appropriazioni indebite di fondi del contribuente».
Coinvolti nell'indagine sono anche la Red Capital (la ditta della
NASA che, come quella della CIA, segnala e finanzia gli inventori di tecnologie), la On Point (altra ditta, che fa le stesse attività per l'US Special Operations Command); nella vicenda appare coinvolta anche la Carlyle, il fondo d'investimento di Bush padre che aveva per soci i Bin Laden, e che ha fatto miliardi
con i profitti di guerra.

Il capo della IN-Q-TEL si è dimesso a sorpresa da pochi giorni, spiegando di «voler passare più tempo con la sua famiglia»: giustificazione incredibile per un uomo di 35 anni, che era a quella carica da soli quattro mesi.
Il suo nome spiega qualcosa di più: si chiama Amit Yoran, un israelo-americano che, prima, era direttore della divisione «National Cyber-Security» al dipertimento della Homeland Security: insomma un uomo di snodo degli occulti legami fra Israele, la
Casa Bianca e l'apparato militare-industriale USA, di cui lo scandalo può mettere in luce troppe cose oscure.
Sotto Yoran, la
IN-Q-Tel ha aumentato in modo esponenziale le sue spese: con finanziamenti miliardari a piccole aziende ad alta tecnologia che sviluppano «software per l'estrazione profonda di dati» da grandi archivi, e «tecnologie di spionaggio»; due campi in cui certe aziende israeliane (del Mossad) hanno un primato mondiale, e che la SEC sospetta di aver beneficiato un po' troppo della pioggia d'oro.
Insieme a ditte-fantasma con sedi improbabili per l'hi-tech: Dubai e Malaysia.

Yoran, per di più, s'era affiancato come vice Mark Frantz: un uomo che viene dalla Carlyle e, ancora prima, era stato alla banca d'affari «A.B. Brown»: da questa banchetta (oggi acquisita dalla Deutsche Bank), pochi giorni prima dell'11 settembre, partirono gli ordini per l'acquisto di opzioni «put» sulle compagnie aeree che sarebbero state di lì a poco colpite dall'attentato, la United e la American Airlines.
Una speculazione al ribasso di qualcuno, che sapeva perfettamente quel che stava per avvenire.
Il presidente della banca era stato «Buzzy» Krongard, direttore esecutivo della
CIA.
In ogni caso, la ribellione che cova nella
CIA assume l'aspetto di una gravissima crisi istituzionale, specie perchè è simultanea alla molto simile rivolta dei militari di carriera, rivelata da sei generali che si sono messi in pensione per poter chiedere a Bush – senza rischiare la corte marziale – di licenziare Rumsfeld.
In ogni altro Paese, fatti simili sarebbero i prodromi di un colpo di Stato; e allo stato attuale, alcuni osservatori (anonimi) non lo escludono.
Anche perché la lotta è ormai per la vita: la classica situazione in cui i congiurati non possono che andare avanti, altrimenti perdono tutto, anche la pensione, anche la libertà.

Ma forse, ciò che abbiamo definito «rivolta» dei militari e delle spie ha uno scopo più limitato, e anche più disperato: bloccare eventi terribili, terribili progetti di attentati «islamici» che la Casa Bianca avrebbe in progetto.
Vi allude un anonimo assai bene informato, che si firma «Voice of the White House», e le cui rivelazioni compaiono su un sito (TRBNews.org) che pare raccogliere elementi di estrema destra della
CIA (mentre la CIA «liberal» e «progressista», maggioritaria, si esprime attraverso la rivista Counterpunch).
Di estrema destra, ma anti-neocon.
Che cosa dice la «Voce della Casa Bianca»?
Racconta che «ogni settimana, tre membri del Mossad si recano alla centrale della CIA a Langley e s'incontrano con dirigenti del massimo livello. Durante questi incontri settimanali, il Mossad espone i suoi bisogni, richieste e domande» (3).
Gli incontri sono più che cordiali.
Perché, dice l'anonimo, Israele, a certi alti funzionati della CIA, «offre costosissime vacanze annuali in Israele, volo in prima classe El Al, hotel a 5 stelle, ricchi regali» e probabilmente «prostitute d'ambo i sessi».

Orbene; negli ultimi tempi, le «richieste e domande» del Mossad sono concentrate sull'attacco all'Iran.
Lo vogliono ad ogni costo.
Anche a costo di rovinare per sempre l'amministrazione Bush e il partito repubblicano al potere, già in difficoltà a spiegare l'invasione dell'Iraq.
Il fatto è che durante il primo attacco a Saddam, gli SCUD dei dittatori iracheni erano piovuti su Israele, senza poter essere fermati dalla contraerea dei «Patriot» USA-israeliani.
L'imprecisione degli SCUD ha limitato i danni.
Ma l'Iran ha gli Shahab, che sono molto più precisi, e i «Patriot» restano assolutamente inutili contro questo pericolo.
Israele vuole demolire il programma atomico iraniano, ma teme le ritorsioni.
Ecco perchè il Mossad vuole, esige e domanda che sia l'America a fare anche questa guerra per Sion, eliminando l'Iran dalla carta geografica.
Ma come convincere l'opinione pubblica che quest'altra guerra è necessaria agli USA?
Come piegare agli americani, già altamente irritati per l'aumento della benzina?
Con l'attacco all'Iran, il barile rischia di saltare a 200 dollari.
Un altro aumento alla pompa, ed è la fine per qualunque governo americano.

Occorre un «evento spettacolare» almeno come l'11 settembre, che riporti Bush nei panni trionfali del «comandante in capo».
E se ne sta discutendo uno agghiacciante.
Si tratterebbe di un «incidente nucleare» da addebitare al nemico.
L'incidente dovrebbe avvenire negli Stati Uniti.
In «riunioni segrete», si è parlato anche delle città da colpire.
Non più New York, per il danno eccessivo che il colpo infliggerebbe all'economia; né Washington, perché colpirebbe la possibilità di comando della Casa Bianca.
Miami è stata esclusa «a causa della sua vasta popolazione ebraica».
Seattle, perché è sede della US Navy (e della Microsoft).
San Diego, perché è un porto vitale per i traffici con l'Asia.
Restano San Francisco e Oakland: indicati appunto nelle segrete conversazioni come teatri ideali per «l'attacco atomico» iraniano – ma si è parlato anche di addossarlo alla Corea del Nord – se si arriverà all'azione.
La cosa è palesemente incredibile.
Però, dice l'anonima «Voce della Casa Bianca», «me ne ha parlato, e non solo a me, uno che conosco alla CIA, uno di quelli che sono sul punto di essere licenziati e i cui amici sono già stati licenziati dall'idiota Goss».
Questo tizio della CIA elenca le motivazioni per un possibile enorme atto criminale: «il presidente vuole lasciare la carica, o regnare per sempre, come un eroe militare; i repubblicani vogliono mantenere la loro presa di ferro sul potere, che ora stanno perdendo; i neocon vogliono compiacere il loro padrone Israele».

E' incredibile, e forse non se ne farà niente.
Ma è forse questo che stanno cercando di scongiurare i ribelli della CIA e dell'armata.
Ed è per questo – in preparazione dell'incidente – che la Casa Bianca sta cercando di soffocare tutte le voci, anche con arresti.
Non si può fare un 11 settembre più orrendo (che sarà probabilmente un «11 ottobre», in ausilio ai repubblicani per le elezioni di medio termine di novembre) se non si ha la certezza che nessuno sarà in grado di spifferare.
Solo per aver parlato fra loro di incenerire San Francisco e Oakland, Bush, Cheney e Rumsfeld rischiano la fucilazione alla schiena.
Anche loro sono costretti ad andare avanti, altrimenti perdono tutto.

Note
1) Il discorso di Colbert è reperibile sul sito Daily Kos («Re-improved Colbert transcript», 30 aprile 2006).
2) Vedere il sito WayneMadsenReport, in data 6 maggio 2006.
3) Voice of the White House, «A Bush-neocon-zionist atomic 'incident' in the US?», TRBNews, 6 maggio 2006.

(Fonte: www.effedieffe.com)

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