A sinistra: Il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, ex direttore della Banca d'Italia e membro del Cda della Banca dei Regolamenti Internazionali (BIS)
La morte di Giulio Andreotti avrebbe potuto essere un’occasione per ridimensionare e demitizzare non solo l’immagine di “Belzebù” del personaggio, ma anche il complesso della sua storia di uomo di governo, e ciò proprio alla luce degli avvenimenti successivi al suo tramonto politico. La vicenda della cosiddetta “trattativa Stato-mafia”, protrattasi per tutti gli anni ’90, ha dimostrato infatti che la dibattuta questione del rapporto delle istituzioni col crimine organizzato non riguardava le scelte di questo o di quell’uomo politico, e neppure di questo o quel partito, bensì il contesto internazionale. In questi giorni la lotta al super-impianto radar che gli USA stanno installando in Sicilia, ha dimostrato ancora una volta che la mafia ha ben altri protettori che i nostri uomini politici, visto che nella costruzione dell’impianto MUOS sono utilizzate imprese edilizie che hanno una ben nota copertura mafiosa.
Al contrario, alle scontate operazioni nostalgia di alcuni, hanno fatto riscontro, da parte di commentatori di “opposizione”, operazioni ancora più improbabili, le quali, per giungere alla condanna politica e morale di Andreotti, hanno finito per coinvolgere nella condanna l’intera Storia italiana. Si tratta di un approccio pseudo-storiografico che ha riguardato a suo tempo anche una parte dell’antifascismo, che finì per santificare il fascismo stesso, considerandolo lo sbocco inevitabile delle contraddizioni del Risorgimento italiano. Antonio Padellaro – che è un commentatore che a volte esprime persino dei momenti di lucidità -, stavolta è arrivato al punto di contrapporre al cinismo guicciardiniano di Andreotti il presunto “idealismo” della Thatcher, cioè una fiaba propagandistica bella e buona, costruita su misura per conferire un alone di credibilità ad una sfacciata lobbista delle multinazionali legate al business dell’importazione del carbone dall’estero. Con la chiusura delle miniere britanniche, imposta dalla Thatcher, il Regno Unito è infatti diventato il Paese maggior importatore di carbone del mondo, con circa cinquanta milioni di tonnellate all’anno.
In realtà nessuna nazione è una monade, tanto più se si tratta di una piccola-media potenza, e non è serio trattare le sue vicende come se avessero soltanto un’origine interna. Gli Stati sono sempre inseriti in una gerarchia coloniale, e i loro governi si barcamenano in questo contesto. Il problema è che la fine dell’Unione Sovietica, e del suo contrappeso politico-militare, comportò un azzeramento dei margini di manovra dell’Italia in politica estera, perciò anche la troppo mitizzata scaltrezza di Andreotti, di fronte a questi nuovi scenari, si rivelò del tutto insufficiente. La fine degli equilibri di potenza ha comportato la fine della politica.
In questo senso, anche chi rimpiange il presunto professionismo politico degli Andreotti o dei Craxi, dovrebbe domandarsi come mai proprio quel ceto di governo consegnò l’Italia alla morsa del Trattato di Maastricht, cioè allo strapotere delle lobby delle privatizzazioni e della finanziarizzazione. Se oggi ci ritroviamo al ministero dell’Economia un lobbista come Fabrizio Saccomanni lo dobbiamo anche al servilismo di quel ceto politico.
Qualche giorno fa sono stati pubblicati i dati di una ricerca, da cui risulterebbe che l’Italia ha il maggior numero di “unbanked”, cioè di cittadini ancora privi di un conto corrente e di una carta di credito. Quindici milioni di unbanked italiani da inserire a forza nel sistema dello sfruttamento finanziario, costituiscono un bel business. L’aspetto più interessante della ricerca è che fra gli unbanked vengono considerati anche i minorenni tra i quindici ed i diciotto anni, cioè dei ragazzi, che vanno precocemente addestrati a versare l’elemosina ai banchieri.
Forse è per questo che l’attuale ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, è da parecchi anni un fervido sostenitore dell’educazione finanziaria nelle scuole superiori; un progetto da lui caldeggiato in varie iniziative ed interviste, promuovendo accordi di collaborazione tra il Ministero dell’Istruzione e la Banca d’Italia. C’è di che sospettare che la ministra Maria Chiara Carrozza stia lì solo come diversivo, come distrazione, e che alla Scuola in realtà provveda Saccomanni.
Nel giugno del 2011, Saccomanni infatti scrisse di persona un articolo per il “Sole-24 ore”, nel quale ribadiva questa importanza del portare l’annuncio della buona novella finanziaria agli unbanked; ed ovviamente, già allora, gli studenti della Scuola superiore erano al centro dei suoi pensieri e dei suoi desideri.
L’assistenzialismo per banchieri è il denominatore comune di tutte le iniziative di governo e di tutte le “riforme strutturali”, e per accorgersene basta appena scostare il velo della retorica ufficiale. Il lobbismo finanziario è infatti diventato sempre più aggressivo, invadente ed evidente, e l’arrivo al governo del banchiere Saccomanni ne costituisce un’ulteriore dimostrazione. Saccomanni proviene dalla Banca d’Italia, ma la sua formazione è dovuta al Fondo Monetario Internazionale, che, insieme con la Banca Mondiale, ha l’inclusione finanziaria dei poveri unbanked come obiettivo prioritario da imporre ai governi.
L’inclusione finanziaria è strettamente connessa all’abolizione del contante ed all’adozione dei mezzi di pagamento elettronici. A livello mondiale il più illustre nemico del contante non è Milena Gabanelli, ma il miliardario Bill Gates. Non si diventa miliardari a caso: il trucco consiste nel trattare la povertà non come un problema, ma come un business. Bill Gates infatti promuove la diffusione dei mezzi di pagamento elettronici persino fra i poveri del continente africano, dove ha in corso un esperimento-pilota localizzato in Kenia.
In questo tipo di scelte di “inclusione finanziaria” c’è da riscontrare una continuità che va oltre il succedersi dei ministri, e che configura un contesto di obblighi coloniali. Nell’aprile del 2010 la ministra Gelmini andava a Piazza Affari per garantire agli operatori della finanza che la Scuola era a loro disposizione per l’allevamento di futuri clienti.
Ma il primo protocollo d’intesa tra Banca d’Italia e Ministero dell’Istruzione per il progetto di educazione finanziaria nelle scuole fu siglato nel 2007, dal ministro Fioroni durante il governo Prodi. Insomma, se Saccomanni è il messia dell’educazione finanziaria nella Scuola, ha pur avuto parecchi Giovanni Battista ad annunciarne la venuta.
Articolo di Comidad
Fonte: comidad.org