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La vicenda di questo mancato “bailout” (salvataggio) del sistema finanziario va necessariamente letta nel più ampio quadro delle elezioni presidenziali in corso, ed è mia forte convinzione che si sia trattato in realtà di una gigantesca trappola messa a punto e orchestrata nell’ombra da Barack Obama a discapito di John McCain.

Partito come proposta di legge dal tavolo di Bush, il progetto originario non conteneva sufficienti garanzie da parte di Wall Street nei confronti di Main Street (“la gente” in senso lato), e i democratici non hanno mancato di farlo notare. In altre parole, il progetto Bush voleva “regalare” 700 miliardi di dollari agli istituti finanziari in difficoltà, ma non prevedeva nè una supervisione bipartisan del governo, nè un eventuale beneficio per il cittadino, che si sarebbe comunque dovuto addossare la futura inflazione, ma non avrebbe avuto alcun vantaggio in caso di effettivo recupero economico.

I democratici avevano chiaramente il coltello dalla parte del manico, in quanto, da un lato, possono tranquillamente addossare le colpe del disastro al gioverno repubblicano, e dall’altro controllano la maggioranza al Senato e alla Camera (e quindi di fatto controllano tutte le commissioni parlamentari, compreso quella sull’economia. Questo è il motivo per cui Harry Reid, capo della maggioranza al Senato, e Nancy Pelosi, capo della maggioranza alla Camera, parlano ufficialmente di fronte alle telecamere).

Di contro, c’è da tenere presente che tutti i membri della Camera, e circa il 30% dei senatori, vanno incontro alla rielezione il prossimo novembre (i deputati vengono rieletti ogni 2 anni, i senatori ogni 6): tutti costoro sono quindi, prima di tutto, preoccupati di non diventare attaccabili dai loro rispettivi sfidanti, a livello locale. I democratici quindi hanno profondamente modificato l’accordo iniziale, introducendo la supervisione bipartisan, ed un eventuale recupero finanziario per il governo, nel caso di successo dell’operazione: questo ha fatto storcere la bocca a molti deputati repubblicani, che già sono contari per natura agli interventi governativi di questo tipo.

Naturale quindi che si siano rifiutati di firmare, trovando anche il supporto – curiosamente generoso e “bipartisan”, in questo caso – di alcuni democratici.

In questo modo la crisi economica potrà essere interamentre addossata al governo uscente, ed in più Obama potrà accusare McCain di non essere riuscito a mettere d’accordo i “suoi” repubblicani, mostrando quindi di non avere le qualità di leader necessarie per diventare presidente.

Con questo trappolone i democratici si sono costruiti una situazione in cui non potevano perdere: se la legge fosse passata, il merito era loro; se fosse stata silurata, la colpa è dei repubblicani. E farò molta fatica a convincermi che dietro tutto questo non ci sia una stretegia mirata ed intelligente da parte di Barack Obama e dei suoi attendenti.

 


 tratto da luogocomune
 
 
 
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