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SCARAMELLENKO di Maurizio Blondet

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Si aprono grandi speranze per la medicina, pari solo a quelle offerte dalle cellule staminali (se solo la Chiesa non impedisse il Progresso).
I grandi giornali attendono ansiosi le rivelazioni promesse dall'invulnerabile napoletano: rivelazioni che, fa sapere, gli ha confidato nei lunghi anni di frequentazione Alexander Litvinenko, purtroppo privo del gene-Scaramella, e quindi deceduto, e dunque ormai impossibilitato a confermare dette rivelazioni.
Sul carattere del defunto, il Guardian ha pubblicato una testimonianza interessante.
Julia Svetlichnaja, docente di filosofia a Westminster, ha incontrato l'ex-colonnello del FSB (KGB) più volte: sperava di avere attraverso di lui, dice, l'accesso al caporione ceceno Ahmed Zakayev.
«Mi diede appuntamento telefonico a fianco della statua di Eros a Piccadilly Circus. Apparve d'improvviso alle mie spalle e disse: 'La stavo osservando da dietro l'angolo. Lei non è una spia?'. Indossava occhiali neri e una giacca di pelle».
I due si siedono al Caffè Nero, un locale vicino.
Lei prova a chiedergli informazioni sui ceceni.
«Ma Litvinenko saltava da una strana storia all'altra: operazioni segrete in Afghanistan, un complotto contro Boris Eltsin, l'assassinio del capo ceceno Dudayev, tutti racconti cui sembrava affezionato».
La donna si sgancia.
Ma ha commesso un errore: ha dato all'ex spia il suo indirizzo mail.
«Da quel momento mi ha inondato di informazioni con un ritmo tale, che ho finito per cancellare la maggior parte dei suoi messaggi senza aprirli».
Qualche scetticismo nasceva da certe «rivelazioni» di Litvinenko: per esempio, che Putin è pedofilo, o da certe sue foto: lui con Zakayev e la Politkovkaya (nella stessa fotografia); lui con in mano una scimitarra cecena e le spalline dell'FSB.

Un altro incontro, ad Hyde Park.
«Litvinenko mi parlò senza esitare dei suoi piani di ricattare gli oligarchi russi: lo farò in modo ufficiale», scrive la Svetlichnaja.
Lei è stanca di camminare, propone di sedersi un un bar.
«I professionisti non si siedono a parlare», replicò lui, «camminano continuamente così nessuno può ascoltarli».
Infine, a maggio, altro appuntamento: la signora si presenti alla tal ora a Muswell Hill, ci sarà Zakayev.
Ma Zakayev non compare.
Litvinenko non riuscirà mai a mettere in contatto i due.
Nonostante le sue manovre «da agente segreto», Litvinenko dava prodigalmente il suo indirizzo e il suo cellulare.
Finì per invitare la Svetlichnaja a casa sua, dove sua moglie Marina allestì una cena alla russa.
Era molto tardi quando Litvinenko accompagnò la docente al treno: ma in vista della stazione, ad un semaforo, anziché andare dritto svoltò di colpo in una strada buia e spense il motore e le luci. «Precauzioni», spiegò: «Ero famoso al KGB per come seminavo i pedinamenti».
Ricorda la Svetlichnaja che a metterlo in contatto con Litvinenko era stato Boris Berezovsky, il mafioso russo, oligarca ebreo, oggi cittadino britannico.
«Setaccia quello che ti dirà», l'aveva avvertita l'oligarca, «l'uomo si vanta molto».
Per tutte queste ragioni, quando la docente ha appreso le notizie che davano Litvinenko avvelenato all'ospedale, ha avuto un pensiero «di cui mi vergogno: che quello fosse un altro dei suoi trucchi per farsi prendere sul serio».
Il vergognoso pensiero deve aver resistito anche dopo la morte vera del poveraccio, perché la Svetlichnaja si chiede dalla fine: «Sarà contento del fatto paradossale che dal momento della sua morte tutti lo prendono molto sul serio?».
Insomma, un uomo «strano».

Di quel sottomondo di ex-agenti che sì hanno pure dei segreti, ma anche la mitomania
e la disperazione di gente che non ha più dietro il controllo dell'organizzazione, che ha bisogno di denaro, che deve convincere del valore delle sue «rivelazioni» anche recitando la parte della spia; e inoltre, con la lancinante psicologia del fuoriuscito russo, diffidente e generoso, spaccone e sofferente.
Un personaggio tragico.
E' il solo punto che Litvinenko non aveva in comune con Scaramella.
Perché tutti gli altri atteggiamenti (e pose) li condividono: vanterie, rivelazioni, fuga da pedinamenti inesistenti, intenti a vendere cari dossier di dubbio valore, ma insieme a costruire il proprio mito.
Un mito condiviso da nessuno.
Nessuno, si capisce, tranne Paolo Guzzanti.
Questo sottomondo è pieno di Scaramellenko.
Solo che il russo alla fine muore; il napoletano, benchè avvelenatissimo, sta benissimo.
Ora aspettiamo le sue rivelazioni: Il Corriere le pubblicherà in prima pagina.
O Forse il Foglio o il Domenicale (2).
Quando si pubblicano come roba seria i deliri di Enzo Biagi o Gluksman, o Christian Rocca, o Michel Leeden, non ci si vergogna di pubblicare uno Scaramellenko.

Maurizio Blondet

Note
1) Julia Svetlichnaja, «Strange stroll around Hyde Park that went nowhere», Guardian, 3 dicembre 2006.
2) Sul Domenicale, come segnala Siro Mazza, è apparso un articolo di Gianni Micalessin contro Hezbollah. In cui si legge fra l'altro: «L'estate scorsa Israele ha subito 34 giorni di aggressione dei terroristi…». L'esatto contrario della verità, senza vergogna.

(Tratto da www.effedieffe.com)

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