Ormai da mesi i titoli dei giornali, per chi come noi li legge al bar o in pizzeria, o della tv, per chi come noi usa solo il Televideo, riportano il tira-e-molla tra il governo greco di Alexis Tsipras e Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione Europea (l'ex "Troika") sul futuro economico della Grecia, e, quindi, dell'Euro e dell'Europa. In questo tiramolleggiamento però si inserisce, come abbiamo già segnalato su questo sito, una variabile geopolitica non di poco conto, forse proprio ciò che ha permesso a Tsipras una libertà (e una volontà) di azione diversa dai predecessori, ovvero l'appoggio sempre più evidente della Russia di Putin e dei Paesi BRICS. Sul giornale on line Contropiano, qualche giorno fa veniva riportato un articolo tratto dal Sole 24 Ore del 20 giugno scorso, a firma di Carlo Bastasin, in cui l'argomento veniva affrontato in modo chiaro. In particolare, il rischio, per la condotta di Atene, che l'Europa possa non adottare il TTIP, ovvero il Trattato Transatlantico di "libero scambio" tra UE e USA di cui si parla (poco) ormai da due anni (vedi l'esauriente articolo di Maurizio Blondet Dentro il Superstato, a nostra insaputa) e collegato al quasi omonimo TPP (Trans Pacific Partnership) che gli USA vorrebbero attuare con il Giappone. A voi l'analisi, buona lettura.
Se la Grecia diventa l’inciampo tra Ue e Usa
di Carlo Bastasin
Chi osserva la vicenda greca da Washington e da Berlino con le lenti della politica globale definisce con enfasi la trattativa con Atene un passaggio critico nella «più grande partita strategica giocata in Europa dopo la caduta del Muro di Berlino». Dal punto di vista geopolitico, gli interessi che si muovono attorno alla crisi greca sembrano davvero troppo grandi per pensare che un accordo possa essere gettato via per insofferenza o trascuratezza.
Bisogna osservare la vicenda da Washington per cogliere le dimensioni di quello che sta succedendo e comprendere le ragioni che in questi giorni hanno spinto la Casa Bianca e il dipartimento al Tesoro a chiamare Atene e sollecitare Alexis Tsipras a raggiungere rapidamente un accordo con i partner europei. Per il presidente Barack Obama è vitale che entro la prossima primavera americani ed europei sottoscrivano il Ttip, il parternariato transatlantico per il commercio e gli investimenti. Insieme all’accordo parallelo con il Giappone (Ttp), inciampato al Congresso proprio nei giorni scorsi, il trattato transatlantico deve porre le basi giuridiche della prossima fase della globalizzazione. I contenuti del Ttip sono oggetto di vivace controversia nelle nostre democrazie, ma i negoziatori ritengono che se Stati Uniti ed Europa non approvassero gli accordi, o se passasse troppo tempo prima della loro entrata in vigore, l’Occidente potrebbe non essere più in grado di dare forma – attraverso i propri principi di tutela dei diritti individuali e collettivi, i propri interessi e le proprie regole di disciplina economica – al futuro dell’economia globale. Già oggi il peso negoziale delle potenze asiatiche – Cina in testa – è troppo grande per accettare i criteri americani di funzionamento dell’economia planetaria. Per prima fu Hillary Clinton, ora candidata alla presidenza, a riconoscere che Europa e Stati Uniti devono agire insieme perché tra pochi anni potrebbero non essere più in grado di dare forma ai rapporti economici con il resto del mondo fondandoli sulle regole che caratterizzano le democrazie occidentali.
Gli Usa hanno quindi bisogno di una rapida intesa con l’Europa per controbilanciare il peso della Cina, che nel frattempo sta concludendo accordi commerciali proprio con la Russia colpita dalle sanzioni europee. Ma in questo grande disegno, Atene rischia di essere la pietra di inciampo. Appena vinte le elezioni, i ministri di Atene hanno dichiarato candidamente le intenzioni del nuovo governo greco: «Syriza non consentirà mai che nel Parlamento greco si crei una maggioranza a favore del Ttip». Nelle settimane successive, il governo greco ha cercato sostegno finanziario da Cina, Russia, Abu Dhabi e perfino Iran. Un accordo con Mosca sul gas è stato finalizzato giovedì scorso, poche ore prima della riunione dell'Eurogruppo. Senza la firma di tutti i Paesi, tuttavia, non è sufficiente l'accordo al Consiglio Ue e al Parlamento di Strasburgo per approvare nella sua interezza il Trattato. Quindi, senza Atene, Europa e Stati Uniti rischiano di non poter sottoscrivere il Trattato transatlantico. In base al Trattato di Lisbona, la Commissione europea ha competenza esclusiva sul negoziati commerciali dell’Unione europea, ma il Ttip copre così tanti aspetti della vita economica da richiedere, almeno in parte, l’approvazione anche dei parlamenti nazionali. Una richiesta in tal senso è stata formalizzata da una maggioranza di parlamenti nazionali dell’Unione europea, compresi quello tedesco e francese.
L’amministrazione americana ha fatto presente ripetutamente alla Germania il pericolo di una mancata ratifica in Grecia e questo spiega per quale ragione la cancelliera Merkel, che fino al 2012 non era contraria all’uscita di Atene dall’euro, insista per evitare una soluzione traumatica della crisi. Alcuni dei protagonisti dei negoziati tra Washington, Bruxelles e Berlino hanno già molta esperienza di crisi europee. In alcuni casi sono le stesse persone che si erano attivate nel 2011 per facilitare una soluzione della crisi italiana in occasione della caduta del governo Berlusconi con l’obiettivo di contenere il rischio di enorme instabilità politica e finanziaria che stava maturando nel cuore dell'Europa.
Dopo il 2013, Berlino e Washington hanno superato le gravi incomprensioni seguite alla scoperta dell’attività spionistica della Nsa, giunta a intercettare il telefono della cancelliera. I due governi hanno poi trovato un terreno comune in materia di telecomunicazioni e privacy economica delle imprese di cui si terrà conto anche nel Ttip. Ma la condizione chiesta dagli Stati Uniti è stata che la Germania si impegnasse ad assicurare la firma del Trattato transatlantico da parte di tutti i Paesi e quindi anche da parte di Atene a costo di rinunciare a un’applicazione troppo rigorosa delle regole europee. Secondo gli interlocutori tedeschi, gli Stati Uniti hanno anche posto in termini energici la richiesta che la Germania torni a promuovere nei prossimi anni, dopo troppe esitazioni, il processo di integrazione politica europea.
Fonte: Il Sole 24 Ore – tramite: Contropiano.org