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SEDUTA SEGRETA AL PARLAMENTO USA di Maurizio Blondet

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US-congress
 
E’ accaduto il 13 marzo scorso. La camera dei rappresentanti  degli Stati Uniti (la Camera Bassa) ha tenuto una seduta segreta e notturna, su richiesta del partito repubblicano. L’argomento in discussione, apparentemente, una proposta di legge dei democratici che, sostanzialmente, toglieva l’immunità retroattiva – voluta da Bush – alle compagnie telefoniche che hanno condotto intercettazioni delle telefonate dei loro clienti senza mandato giudiziario, com’è accaduto dopo l’11 settembre.

Il presidente Bush vuole porre il veto presidenziale su questa proposta, sostenendo che «minaccia la sicurezza della nazione». Ma i repubblicani, prima, hanno voluto la seduta segreta per convincere i repubblicani in un «onesto dibattito». A porte chiuse, senza pubblico, e di notte. Ai deputati è stato formalmente vietato di rivelare ciò di cui si è discusso, in base al regolamento interno (House Rules XVII).

Tralasciamo il fatto che nella democrazia-modello dell’Occcidente il parlamento, eletto dai cittadini, tenga sedute il cui oggetto viene sottratto alla conoscenza dei cittadini stessi. Pare che, nella storia degli USA, ciò sia avvenuto quattro volte.

Il lato agghiacciante è che – a parte un  comunicato di poche righe dell’Associated Press (1), l’intera stampa americana ha scelto di ignorare il fatto; e che a dare rilievo alla notizia è stato solo lo… Australia’s National Website, un notiziario di Brisbane (2). Il notiziario ufficioso australiano è il solo a porsi le domande che il fatto doveva suscitare.

Secondo gli australiani, diversi rappresentanti sono usciti dalla sessione segreta «così furiosi e preoccupati dal futuro del Paese, che hanno lasciato filtrare qualche informazione». Perchè, a quanto pare, i repubblicani, per convincere i democratici a ritirare la proposta che limita le intercettazioni, hanno rivelato ben più che sul tema all’ordine del  giorno.

I rappresentanti avrebbero ascoltato dettagli su «l’imminente collasso dell’economia USA  previsto per settembre 2008, l’imminente collasso delle finanze statali per febbraio 2009, la possibilità di guerra civile in USA come conseguenza del crollo» economico. Si sarebbe parlato anche di «retate anticipate di cittadini USA insorgenti» e della loro detenzione in campi di concentramento (denominati REX 84) già costruiti sul territorio.

Ai membri del Congresso sarebbero stati promessi «luoghi sicuri» di residenza per sè e le famiglie durante i disordini. Sarebbe stata avanzata la «necessità ineludibile della fusione degli USA col Canada e il Messico» – l’uno perchè possiede le necessarie materie prime, l’altro per la manodopera a basso costo – in una nuova unione, con una nuova moneta, l’Amero, a sostituire il dollaro ormai liquefatto.

Attenzione: mentre la riunione segreta ha certamente avuto luogo ed è confermata, non è certo che i temi della seduta fossero proprio quelli della catastrofe incombente. Quelli riportati dal sito australiano, senza indicazione di fonti, sembrano echeggiare ansie e timori che corrono sul web, sui siti complottisti. Li diamo per quel che valgono.

Ma è anche vero che la misura colossale del disastro finanziario è ben lungi dall’essere valutata appieno. Le perdite per banche ed altre «istituzioni finanziarie» dovute allo scoppio delle bolle globali può avvicinarsi ai 1.600 miliardi di dollari, ossia quattro volte più di quelle ufficialmente stimate (400 miliardi di dollari) e pari ad un decimo del PIL americano.

Lo afferma il giornale elvetico Sonntags Zeitung, che riporta una valutazione di Bridgewater Associates (uno dei maggiori fondi speculativi) fondata sulla condizione degli «attivi basati sul debito» che corrono in USA, dai mutui alle carte di credito alle richieste di credito (3).

Questi crediti a rischio sono valutati a 26.600 miliardi di dollari (oltre il doppio del PIL americano) e la perdita di 1.600 miliardi risulta – molto semplicemente – dalla loro valutazione alle quotazioni di mercato anzichè alle quotazioni di comodo con cui li accetta la Federal Reserve. Ovviamente, Bridgewater dubita che le «istituzioni finanziarie» possano raccogliere abbastanza capitale, con questi chiari di luna, da coprire simili perdite.

Basta dire che rispetto all’anno scorso, le aziende americane che hanno cominciato la procedura di fallimento sono aumentate del 33%: è difficile che onorino i loro debiti con le «istituzioni finanziarie», le quali hanno venduto quei loro crediti a coriandoli a una quantità di enti, fra cui i fondi pensione.
Si aggiunga che gli Emirati Arabi Uniti stanno seriamente pensando di agganciare le loro monete  non più al dollaro, ma a un pacchetto di divise, fra cui euro e yen. A questo punto, il dollaro non avrebbe più valore (a darglielo è il fatto di essere l’unica valuta che compra petrolio), e il fantomatico Amero sarebbe la sola soluzione di sopravvivenza per gli USA.

E nemmeno la metamorfosi della «democrazia americana»  in una aperta dittatura in guerra contro i suoi cittadini è una semplice fantasia da blog complottisti. Tale metamorfosi è in atto dall’11 settembre 2001. Già il candidato Ron Paul, come parlamentare, ha denunciato a suo tempo che il Patriot Act – il decreto d’emergenza varato da Bush dopo il mega-attentato, con la scusa della «sicurezza» e della «terrorismo» – fu votato senza che alcun membro del Congresso avesse potuto farne previa lettura, la notte del 27 ottobre 2001, in un Congresso semi-svuotato e spaventato dalle lettere all’antrace (giunte a senatori democratici); e ai deputati e senatori fu detto che nessun dibattito sarebbe stato tollerato dalla casa Bianca, data la situazione di «emergenza». Persino William Safire del New York Times scrisse che, con il Patriot Act, il presidente Bush
«si dotava di poteri dittatoriali».

La legge che ha reso permanenti le norme d’emergenza del Patriot Act, «Domestic Security Enhancement Act» del 7 febbraio 2003, ha  portato gli aspetti dittatoriali ad estremi paradossali. Anzitutto, lo stesso testo della legge è di fatto segreto; poche copie stampigliate «Confidential – not for distribution» sono state recapitate a pochi congressisti fidati. Circola ovviamente una versione – ma non ufficiale – ricostruita dal Center For Public Integrity (un gruppo di volontari), che avrebbe ricevuto gran parte del testo da una fonte federale anonima. La lettura di questo testo è agghiacciante (4).

• Section 501, Expatriation of Terrorist: Ogni cittadino americano può essere trattato come «enemy combatant», ossia arrestato e detenuto senza processo, come a Guantanamo, se incorre in una qualunque delle violazioni previste dalla Section 802 del primo Patriot Act. E cosa dice questa

• Section 802? Definisce «terrorismo» qualunque atto «che metta in pericolo la vita umana in violazione di una legge federale o di Stato»: in pratica, in così vasta dizione è compreso persino l’eccesso di velocità, che diventa «terrorismo».

• La Section 101 specifica che ogni individuo, in quanto «terrorista» secondo i criteri di cui sopra, è designato come «straniero» e dunque spogliato dei diritti in quanto «enemy combatant».
Non basta: è penalmente punibile «rilasciare qualunque informazione sulle incarcerazioni e la locazione dei detenuti», sia che la notizia venga da «un membro del governo o da cittadino comune». I funzionari di Stato non solo possono, ma sono obbligati a non rivelare nemmeno il nome degli arrestati  (Section 201).

• Gli agenti preposti all’ordine pubblico sono immuni da denunce di violazione dei diritti civili che possono aver commesso (Section 312).

• Ogni raccolta di informazioni da chiunque effettuata può, a giudizio dei gestori dell’emergenza, essere considerata «attività clandestina di intelligence» per «una potenza straniera». Anche il giornalismo è reato (Section 102).

• Il governo federale può adottare i poteri di legge marziale sia all’interno  che all’estero, senza bisogno che il Congresso dichiari l’esistenza dello stato di guerra (Section 103).

• Gli agenti di Stato sono immuni da persecuzione legale quando eseguono perquisizioni senza previo mandato giudiziario (Section 106).

• Si instaurano tribunali segreti a cui viene dato il potere di incriminare per «disprezzo della corte» (noi diremmo ostruzione alla giustizia) contro individui o enti che rifiutano di riconoscersi colpevoli o di incriminare altri (Section 109).

• Il governo può a suo giudizio trascurare le risultanze medico-legali (Section 127).

• La Section 321 autorizza «governi esteri» (indovinate quali) a raccogliere informazioni d’intelligence su cittadini americani e a condividere queste informazioni con altri governi astranieri.

• La Section 322 agevola i processi di estradizione, consentendo di fatto alla Homeland Security di estradare senza formalità, e in segreto, chiunque  verso qualunque Paese. Eccetera eccetera.

Basta questo per intuire che, al confronto, il KGB o la Gestapo sono stati  legalmente più ristretti nelle loro attività. Un simile decreto non ha giustificazione se non, appunto, nella previsione di un «dopo» per il potere attuale. Chi ha organizzato la guerra mondiale al terrorismo può benissimo averne voluto e previsto le ultime conseguenze, fino alla fine del sistema americano, fino al collasso economico e al disordine civile armato. Con la scusa della emergenza e della «sicurezza», in caso di crisi assoluta, la democrazia-modello si prepara a diventare uno Stato di oppressione, concentramento e razionamento.

Lo Stato dell’Apocalisse: «Quanti non avessero volute adorare l’immagine della bestia, ordinava che fossero uccisi. S’adoperava inoltre che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, fosse impresso sulla mano destra o sulla fronte un marchio, in modo che nessuno potesse comprare o vendere all’infuori di coloro che portavano il marchio, ossia il nome della bestia».

tratto da effedieffe


1) «House goes behind closed doors to debate surveillance bill», Associated Press, 14 marzo 2008.
2) «What was discussed at a closed session of  the US House of Representatives?», Australia.To,
23 marzo 2008.
3) «Financial market losses could top 1,600 billion dollars: report», Earth Times, 6 luglio 2008.
4) Comunicazione di Webster G. Tarpley all’autore, 15 dicembre 2004.

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