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La storia la scrivono i vincitori, quindi è sempre diversa dalla realtà? Ne parliamo con Teodoro Brescia Dottore di ricerca, docente e scrittore e autore del libro...

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Nope è un film spiazzante e nuovo, che si candida a diventare, se non un grande successo immediato, un oggetto di culto da assaporare poco a poco, nel corso del tempo.

Dopo la retorica buonista sugli alieni di Spielberg, che Peele cita con ironia, nel film l'alieno ritorna pericoloso come ne La guerra dei mondi di cui lo stesso Spielberg girò il remake. E non è casuale. Il film capostipite, addattamento del testo di Wells, viene girato negli anni '50, in piena guerra fredda. Oggi siamo nuovamente in guerra. La guerra in Ucraina, ma anche, la guerra fredda dell'informazione quotidiana, fatta di esaltazione dell'amico e di demonizzazione del nemico.

La versione che Peele dà dell'alieno è però completamente nuova. Gli alieni della storia del cinema erano buoni o cattivi. Che io sappia è la prima volta che l'alieno viene presentato come un animale: magari fisicamente é tale, ma applica logiche e strategie umane… L'animale non è né buono né cattivo, ha regole proprie. Nell'epoca del Blue Beam e del mito del grande complotto per dominare l'umanità da parte degli alieni, direttamente, o strumentalizzandone l'esistenza fittizia da parte delle élites, l'idea dell'animalità dell'alieno è sconcertante. L'animale non ha strategie, non è capace di oscuri complotti. Sia il Blue Beam che l'animalità, ed il suo apartheid, lo specismo, sono temi di discussione che si sviluppano sulla rete. Il loro innesto nel cinema è inedito ed apre le porte ad una diffusione di culto anche tra gli utenti della rete.

Peele appartiene ad una generazione di registi che, dovendo mettere in scena una storia, ragionano già in termini cinematografici. Intervistato sul suo nuovo film ha dichiarato: “Nessuno aveva ancora girato il grande film horror sugli UFO. In un certo senso, sentivo di avere questa responsabilità: dovevo farlo io (Sonia Serafini, 12 Agosto 2022, STYLE Magazine, Corriere della Sera)”                                         

Nell'ambientazione del film si mescola anche un tocco di Western: la fattoria, il parco a tema ambientato negli anni mitici della frontiera. La cosa che più ha colpito la critica sino ad ora, sta però nella presunta denuncia dello spettacolo. Molti si sono spinti a citare Debord.

Ed in effetti tutto il film ruota intorno ad un unico obiettivo da portare a termine: la ripresa cinematografica dell'alieno. Senza questa ripresa, che ne certifichi l'esistenza, l'alieno non esiste, anche se ha iniziato da tempo a manifestarsi. Ed il suo blitz con strage nel parco a tema, rischia di essere derubricato ad evento naturale.

La ripresa, l'impressione su pellicola, rende reale il reale, e costruisce la storia. I fratelli protagonisti, allenatori di cavalli, possono vantare un'ascendenza cinematografica, e quindi degna di nota, perché identificano un loro ascendente con il protagonista di colore che compare nelle prime immagini in movimento. E mettere su pellicola, catturare nello spettacolo l'alieno, rappresenta per tutti i protagonisti del film la svolta della vita.

Tutti i personaggi della storia ruotano intorno al cinema e non possono concepire niente di diverso perché sono vissuti di cinema.

Ricky è un ex attore bambino che conduce oggi un parco a tema Western. La sua storia è stata funestata da un evento drammatico. Attore bambino prodigio, faceva parte del cast di una situation comedy, costruita intorno ad una scimmia e alla sua integrazione in una famiglia americana tipo.

Improvvisamente la scimmia si ribella sul set e fa una strage di tutti gli attori, risparmiando lui, con cui, al contrario, scambia un gesto di vittoria, prima di essere abbattuta. La scimmia vuol dire “ci siamo liberati”.

Ma, al contrario, dall'ossessione dello spettacolo Ricky non si libererà più. Invece di rimuovere le memorie di quell'episodio drammatico, ha costruito coi resti del set, sopravvissuti alla distruzione, un museo privato. Vive in un parco a tema e, sino in fondo, vuol coinvolgere l'alieno nel suo spettacolo, fare dell'alieno lo spettacolo, così come la scimmia era il centro dell'attenzione della sua sit com infantile.

I fratelli Otis e Emerald  ereditano dal padre, in seguito alla sua morte dovuta ad oggetti contundenti misteriosamente caduti dal cielo, un ranch in cui si addestrano cavalli da noleggiare nelle produzioni cinematografiche. Anche loro ragionano in termini cinematografici. Ma, nella sfaccettatura dei loro caratteri sta la chiave dell'intreccio del film. 

La sorella è la prima ad intuire che i misteriosi fenomeni metereologici che interessano il loro ranch non rappresentano solo un problema. La morte del padre ne è stata la diretta conseguenza. Ma possono diventare la grande occasione della loro vita.

La nuvola che staziona sul ranch e da cui provengono strani fenomeni ed inquietanti manifestazioni, non può che essere un UFO. Tutti parlano di UFO e nessuno ha mai filmato un UFO. Se riuscissero ad immortalarlo in un'immagine sarebbero ricchi.

Il fratello è invece più legato al suo ruolo di addestratore e cioè di mediatore uomo/animale.

Conosce il rifiuto dell'animale per lo spettacolo. Di conseguenza sa come trattare l'alieno e riconosce all'animalità stessa una sorta di dignità naturale. In questo senso l'animale di Peele é molto più complesso dello squalo di Spielberg.

I personaggi minori sono la rappresentazione delle due facce della rappresentazione stessa: il digitale, espressione delle tecniche contemporanee di ripresa e l'analogico che concepisce ancora la ripresa come Arte. Sono personificati rispettivamente dal giovane tecnico che installa l'impiantistica destinata a catturare le immagini del mostro sempre sfuggente e dal regista che si immola per fare le riprese della vita: un incontro col mostro a mani nude, armato da una cinepresa primordiale. Entrambi vengono inquadrati con i loro strumenti “iconici”. Il ragazzo sfoggia, ad un certo punto, un visore per realtà aumentata. Il regista disdegna il digitale e si è costruito una cinepresa a manovella per lavorare in qualsiasi contesto.

Tirando le somme, il discorso sullo spettacolo è qui più complesso di una semplice critica alla stupidità consumistica del presente

Se andiamo alle radici teoriche dello Spettacolo, per Debord spettacolo è sinonimo di alienazione. Il discorso di Debord riguarda la vita reale ed é una critica della società contemporanea che trova nello spettacolo la sua rappresentazione. Esistono tre tipi di spettacolo. Lo spettacolo diffuso é una sorte di visibilità del capitale stesso. È tipico di un contesto consumistico. Lo spettacolo concentrato é la distorsione spettacolare della realtà effettuata dai regimi autoritari. In pratica la propaganda. Infine lo spettacolo integrato é la somma dei precedenti.

Lo spettacolo integrato é tipico delle democrazie attuali in cui la propaganda e la rappresentazione prevalgono nella realtà alterandola.

Nel nostro caso il problema non é tanto la distorsione del reale, ma il fatto che conferiamo lo status di reale non a quanto percepiamo coi sensi, ma solo ed unicamente a ciò che viene rappresentato mediaticamente: In questo senso siamo più vicini a Baudrillard per cui la Guerra del Golfo non ha mai avuto luogo perché non è mai stata rappresentata dai media.

Nel film di Peele lo spettacolo messo in scena non riguarda solo la vita reale, ma la constatazione stessa di fare spettacolo. Il cinema non può non essere spettacolo. Peel può parlare solo dall'interno. 

I personaggi umani, mentre mettono in scena lo spettacolo stesso. non possono rifiutare lo spettacolo, essendone gli artefici. Non possono fare altro, perché altrimenti il film stesso di Peele non esisterebbe. Ricordiamo un vezzo analogo della nouvelle vague: il cinema nel cinema, l'esibizione delle riprese e delle cineprese come in “effetto notte” di Truffaut. La differenza tra allora ed oggi è che la messa in scena di allora era mitizzante e tendeva a fare del cinema una sorta di arte concettuale. La messa in scena di Peele, i suoi due set, quello in cui la scimmia compie la strage e quello in cui il cavallo addestrato si imbizzarrisce, é invece parodistica e denuncia la miseria dello spettacolo televisivo dominato dal meccanismo dell'audience.

La resistenza allo spettacolo è allora interpretata dall'animale e non dall'uomo, perché l'animale non è capace di alienazione e odia la traduzione in spettacolo della vita. Questo fa sì che, sin dalla scena iniziale, l'animale si ponga fuori dallo spettacolo.

La scimmia ammaestrata non impazzisce, ma esce da un ruolo “umanizzato” imposto, per recuperare la sua natura animale e la sua dignita individuale.

L'animale alieno non si mescola alla società dello spettacolo. Ne é infastidito perché non fa parte dei parametri animali citati da Otis: é territoriale, ha fame, non vuol essere guardato direttamente.

Conoscere queste sue specificità permetterà a Otis di sopravvivere all'incontro ravvicinato in cui poteva morire, instaurando con l'alieno una forma di comunicazione 

Riassumendo, Nope é un film sul cinema, che critica il cinema come spettacolo, mentre però lo mette in scena e che allarga l'impegno precedente del regista dal razzismo allo specismo. L'animalità dell'alieno gli conferisce una dimensione di forza, anziché di debolezza.

C'é tanto materiale per farne un oggetto di culto. Qualcosa che può rimanere nell'immaginario contemporaneo per la sua diversità.

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