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Un altro morto vicino ad Assange. Ma forse in Wikileaks sono i servizi Usa anti-Hillary

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Aveva 76 anni Gavin MacFadyen, direttore di Wikileaks, sostenitore e mentore di Julian Assange, e da tempo lottava col cancro. Ma il fatto che la sua morte, annunciata d’improvviso, venga aggiunta dalla Rete al body count (il conto dei cadaveri) attorno a Hillary Clinton, la dice lunga sull’autorità morale che s’è ormai guadagnato il governo Usa. Sono note le minacce esplicite di morte che apparati di detto governo (per non parlare di Crooked Hillary) hanno lanciato ad Assange, rifugiato nell’ambasciata equadoregna a Londra perché se uscisse verrebbe, come minimo, catturato.

A luglio s’era sparsa la voce della morte di “Guccifer”, il taxista (!) nonché hacker romeno (Marcel Lazar Lehel, se è il suo vero nome) che aveva piratato le mail di Hillary, estradato dalla Romania e incarcerato in Usa dove era stato condannato a 54 mesi. Guccifer s’è impiccato in cella, sosteneva per esempio il Christian Times; “suicidato”, concludeva la vox populi sul web. Notizie poi smentite ma non ufficialmente, bensì attraverso siti tipo snopes.comche sembrano ispirati da qualche servizio (ce ne sono 17). Si è detto anche che Guccifer, rinchiuso al Detention Center Bureau (DCB), di Alexandria, in Virginia, era poi stato trasferito in una località sconosciuta, apparentemente su ordine del Procuratore generale degli Stati Uniti, Loretta Lynch, sfegatata sostenitrice di Hillary, dopo una telefonata di Bill Clinton. 

EXCLUSIVE: Security Source Details Bill Clinton Maneuver to Meet Loretta Lynch

Attenzione, questi stessi pulviscoli di informazioni e smentite possono nascere dalle stesse centrali, per sollevare polveroni e depistaggi.

È certo, perché l’ha detto Assange, che era un attivista di Wikileaks e spifferatore di informazioni riservate Seth Rich, 27 anni, che nella sua posizione di informatico e modesto impiegato del Comitato elettorale pro Hillary (il Democratic National Commitee, DNC) era in grado di mettere le mani e spifferare notizie imbarazzanti per la  candidata. Il 10 luglio scorso il giovane è stato ucciso a colpi di pistola da ignoti, a Bloomingdale, Washington. La polizia ha parlato di rapine, ma né soldi né orologio o altro è stato tolto a Rich. Una esecuzione punitiva di un traditore?

Certo è che Assange ha promesso una ricompensa di 20 mila dollari a chi avesse notizie sull’assassinio di quel collaboratore, che sarebbe (ha alluso) uno di quelli a cui si doveva se Wikileaks aveva messo le mani su 30 mila mail interne al DNC – email che mostravano il vergognoso favoritismo di questo comitato a favore di Hillary contro  Bernie Sanders, e hanno costretto alle dimissioni la direttrice del DNC, Debbie Wasserman Schutlz.

MacFadyen, giornalista investigativo di livello, era amico personale di Assange, che spesso aveva dormito a casa sua a Pimlico, Londra.

Il 24 aprile è morto, investito da un treno, John Jones, l’avvocato di Assange – L’11 maggio è defunto Michael Ratner, avvocato militante da sempre per i diritti civili, presidente del Center for Constitutional Rights (CCR), e dello European Center for Constitutional and Human Rights (ECCHR) con sede a Berlino, anche lui attivo in Wikileaks.

“Un anno sanguinoso per Wikileaks”,

suona un tweet dell’organizzazione.

A destra: John Jones, morto anche lui quest’anno.

Ché poi, attenzione, si fa presto a dire Wikileaks. Una analisi di questa entità è al disopra delle nostre forze; ma non è escluso che dietro questo marchio si celi una “galassia” (come si diceva di Al Qaeda..) con varie agenzie d’informazione a dare una mano. Sono i russi, dicono ovviamente la Clinton e il suo entourage. Troppo facile.  

“Più probabilmente, un lavoratore scontento dell’Intelligence Usa”,

ha detto domenica alla radio William Binnery: che è un importantissimo ex funzionario della NSA (National Security agency), creatore del software che la NSA usa per ficcare il naso nelle comunicazioni private, divenuto anche lui uno “spifferatore”, nel 2012, del massiccio programma di spionaggio che il governo ha messo in atto contro i suoi cittadini (https://www.eff.org/press/releases/three-nsa-whistleblowers-back-effs-lawsuit-over-governments-massive-spying-program).

https://soundcloud.com/breitbart/nsa-whistleblower-tells-aaron-klein-agency-has-all-of-hillarys-emails

Un servizio di intelligence USA? Difficile dire  quale, ce ne sono (almeno) 17. Binnery propenderebbe per la Cia. Il punto è che è d’accordo con lui il giudice Andrew Napolitano, un ex magistrato d’assalto divenuto ora un commentatore di fatti giudiziari alla Fox.

“Ci sono membri dell’intelligence che, semplicemente, non vogliono quella (la Clinton) come presidente degli Stati Uniti: non sa come gestire i segreti di stato, e siccome alcuni dei segreti che ha rivelato (nelle mail su server privato, ndr.) contenevano i nomi propri di nostri agenti operanti in Medio Oriente sotto copertura, che  si dice siano stati catturati o uccisi, la NSA si è sentita obbligare ad agire."

 

Un false flag di più?

Peraltro, anche  il gigantesco e clamoroso “cyberattack” che due giorni fa ha silenziato twitter, amazon, netflix ed altri importanti siti, fra cui quello del New York Timesè stato presto liquidato dagli esperti del web come un “false flag” del governo Obama per accusare la Russia, secondo il programma della propaganda democratica, per cui Donald Trump sarebbe una marionetta di Putin. Poi c’è stato uno strano messaggio di Wikileaks che invitava gli ignoti hackers a smettere perché avevano raggiunto lo scopo, come se fossero uomini suoi: ma perché la vera Wikileaks, che diffonde via tweet, avrebbe dovuto bloccare twitter?

Una nuvola, anzi un turbine di disinformazione – da cui spuntano ogni tanto dei morti – circonda davvero queste ultime giornate della elezione presidenziale Usa. In parte come arma di distrazione di massa, perché nessuno sta parlando del programma presidenziale che Donald Trump ha esposto in uno storico discorso a Gettysburg. Programma rivoluzionario, o meglio contro-rivoluzionario, che comprende la promessa di “prosciugare la palude” della politica corrotta a Washington per via istituzionale.

Chi sa l’inglese lo legga qui: http://www.breitbart.com/2016-presidential-race/2016/10/22/donald-trump-contract-american-voter-100-days-5338007/.

Per intanto, l’Amministrazione, giusto per non perdere la mano, è tornata a prendere in considerazione l’assassinio del presidente siriano Assad. Un funzionario-portaborse (di cui non si fa il nome) del senatore repubblicano Doug Lamborn, ne ha parlato giovedì in una riunione ristretta al Congresso davanti a 72 persone. Li rivela, con biasimo, l’autorevole Foreign Policy:

http://foreignpolicy.com/2016/10/21/hill-staffer-floats-solution-to-syria-war-assassinate-assad/

Il fatto è che Aleppo sta per essere liberata (se Erdogan non fa qualche mossa a sorpresa, che ci si attende). Che i “ribelli” si stanno dimostrando per i criminali che sono, avendo sabotato la tregua umanitaria tanto voluta dall’ONU, dai media e da Hollande per “salvare i bambini”, e giustappunto i “ribelli” hanno impedito ai civili (bambini compresi) di andare verso la liberazione e i soccorritori. A Mosul, i jihadisti dello Stato Islamico – sostenuti dall’Occidente – hanno massacrato almeno 284 civili  nelle loro mani, ed usano centinaia di altri come scudi umani. Stanno facendo tali stragi, che Assad  può dire, come ha detto  alla tv svizzera:       

“Io non attacco il mio popolo, io lo libero”. 

Intollerabile. Come ha detto il portaborse del senatore Lamborn, per metter fine alla crisi siriana è necessaria la sparizione di Assad.

 

Ed Elisabetta ‘vede’ ancora guerra

La regina Elisabetta ha incontrato il patriarca Kirill di Mosca e, insieme, l’arcivescovo di Canterbury. Impressionante ciò che ha detto, secondo un (anonimo) addetto della BBC: 

“Il mio amato paese sta per entrare nel periodo più oscuro nei mesi prossimi, perché una guerra apocalittica e brutale sarà scatenata in Oriente. Non sono preoccupata con le banalità del [le festività di] Natale. Sono preocccupata delle terribili conseguenze che avremo di fronte se i tamburi di guerra suonano ancora più forte”.

Il patriarca Kirill avrebbe risposto:

“La guerra di oggi al terrore deve essere uno sforzo congiunto. Non è la battaglia solo della Russia. Spetta a tutti i paesi unirsi per sconfiggere questo male. E io chiamo questa guerra, la santa”.

Come abbiamo riportato solo noi, il maggio scorso Elisabetta s’era fatta sorprendere con un sapiente “fuori onda” a mostrare che lei personalmente era a favore del Bexit. Aveva detto ai suoi maggiordomi che la vestivano con l’abito cerimoniale con cui la sovrana deve presentarsi al Parlamento: 

“Sta arrivando una tempesta, che la Gran Bretagna non ne ha mai viste di eguali. La seconda guerra mondiale sembrerà una buca sulla strada in confronto a questa”, 

sussurrò la regina.


Fonte: maurizioblondet.it


Immagine in apertura: Gavin MacFadyen © tcij.org


 

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