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UN ANNO DOPO di Paolo Cortesi

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“ROMANCE” (1986)

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Quella data è da molti
commentatori intesa come uno spartiacque, un segno epocale che determina
un prima e un dopo nella
storia del mondo.


Ciò è drammaticamente vero per le migliaia di famiglie che hanno avuto
i loro cari uccisi in quella mostruosa e sconcertante azione di guerra
anomala. Ma per il mondo, per la storia del mondo, l’11 settembre non
è paragonabile ad un 14 luglio 1789 o ad un 1 settembre 1939…


Voglio dire che la tragedia delle Torri Gemelle è più comprensibile
(anche se resta insopportabile la sua carica di atrocità) all’interno
e non come evento eccezionale
della storia occulta del mondo occidentale.


La versione popolare dell’11 settembre è molto semplice, addirittura
bambinesca: una banda di cattivi ha proditoriamente attaccato una
nazione che, burbera ma benefica, faceva da sentinella a tutto il mondo.

Chi segue la controinformazione (e soprattutto certi siti Internet) sa
bene che le cose non stanno affatto così; che ci sono molti punti poco
chiari nella versione "ufficiale"; che ci sono tante domande a cui i
"potenti buoni" (sic!) non hanno mai saputo o voluto rispondere; che
il mostro sanguinario d’adesso era, pochi mesi prima, un baldo alleato
della CIA in Afghanistan contro i russi.


L’asse del male è poco più che una trovata buona per la
sceneggiatura di un filmetto d’avventura, e che gli intrecci fra
"buoni" e "cattivi" sono così stretti, fitti e imprevedibili da
far smarrire anche i più abili osservatori imparziali.


La tragedia dell’11 settembre ha reso alle masse tutto più
rudimentale, quindi più semplice, quindi più manipolabile: di qua i
buoni, di là i cattivi. Ogni dubbio è antipatriottico; ogni incertezza
è un tradimento. Si è creato un clima così nevrotico che parenti
stessi delle vittime delle Twin Towers hanno disapprovato Bush che,
dicono, ha utilizzato il disastro di New York per imporre un sistema di
controllo e di sottomissione prima impensabile e intollerabile dalla
antica tradizione democratica illuministica americana.


Questo primo anniversario di lutto è diventato (è triste ammetterlo)
un’altra grancassa per la vulgata che i mass media belano a comando: i pompieri glorificati,
le bandierone a stelle e strisce che sventolano solennemente, i patrioti
autonominatisi "buoni americani" che reprimono con fiera dignità la
lacrima e protendono il forte mascellone.


Dall’altra parte, le orde maligne: i fanatici della distruzione, i
votati all’apocalisse, i talebani (ma ve li ricordate più? ormai sono
spariti dalla mitologia massmediatica…). Questa è una politica da cow
boys, o per usare un termine più appropriato, una politica
manicheistica, che considera una parte santa e l’altra miserabile; il
brutale semplicismo di questa idea è così evidente da rivelare tutta
la sua inutilità.


Ma basta trascurare un attimo quello che i governi vogliono che noi
pensiamo, basta rivolgersi ad altre fonti di informazioni (ho trovato
eccellente, ad esempio, www.propagandamatrix.com,
mentre resta insostituibile il sito www.whatreallyhappened.com), basta
tentare una riflessione che non sia quella suggerita dai mass media
addomesticati ed il primo anniversario della tragedia appare qualcosa di
più complesso che la commemorazione di una aggressione inattesa.


Dobbiamo constatare, con sgomento, che la condizione di guerra è
funzionale alle potenze occidentali, poiché si è dimostrata un alibi
eccellente. I colossi del capitalismo feroce (ricordate il caso Enron?)
si stanno rivelando delle associazioni a delinquere. La follia criminale
dei capitalisti multinazionali sta ammazzando il pianeta. Ma tutto
questo non conta, perché (secondo la collaudata filosofia degli
americani duri e puri) prima c’è un nemico da eliminare; al resto si
penserà dopo, forse…

Dopo l’undici settembre, il governo Usa e i suoi più genuflessi
alleati considerano la guerra come il loro diritto più sacrosanto, e la
evocano e la minacciano e la assaporano con la serena tranquillità
della vittima inerme.


"Dobbiamo difenderci dal terrorismo!" dichiarano i guerrafondai
esteri e nostrani "Dobbiamo vivere in un mondo senza la paura di
attacchi atomici o batteriologici!"; eppure chi sentenzia ora con
tanta saggezza è esattamente chi ha accumulato negli arsenali migliaia
di testate atomiche e tonnellate di aggressivi chimici e batteriologici
che potrebbero sterminare l’umanità un paio di volte. Alla cieca
violenza degli integralisti, che pare balzata nel presente dal più cupo
medioevo barbarico, è opposta la violenza tecnologica, sofisticata,
brillante di led e di acciaio
della fantasmagorica cultura tecnocratica.


In questo primo anniversario, è usuale parlare di un mondo
cambiato
. No: il mondo non è cambiato; perché ancora una volta è
la violenza a vincere su tutti; non è cambiato, perché – come accade
da sempre – chi governa considera la gente come pedine da muovere in
una scacchiera; non è cambiato, perché per l’ennesima volta chi
comanda parla di un bene collettivo che è invece il suo solo progetto
di dominio. E non è cambiato il linguaggio sfuggente, ambiguo,
arrogante dei potenti, le cui
menzogne
devono essere la
verità delle masse docili
.


Sono cambiate le forme del controllo, che è divenuto hollywoodiano,
spettacolare, mastodontico.


E’ cambiato il già perverso rapporto individui/governi, che pare
destinato a diventare in tempi rapidi ad una specie di folle gioco
televisivo. Come nelle novelle della più scadente fantascienza, le
forze del bene lottano e vincono le forze del male; così ci dicono.


Ma il vero male è il dominio dell’uomo sull’uomo, e di questo
peccato mortale sono macchiati tanto gli americani di lusso quanto gli
ispidi integralisti islamici.

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