La crisi spagnola ha avuto origine da una doppia bolla speculativa creata ad arte dalla finanza: il settore immobiliare e creditizio, infatti, sono cresciuti in modo abnorme, tanto da sgonfiarsi improvvisamente paralizzando il credito e strozzando tutti gli altri settori dell’economia del paese.
Oggi l’indebitamento – e quindi il controllo straniero – della nazione e degli enti locali è cresciuto alle stelle, e anche qui – ovviamente – è stata attuata una pilotata austerity che ha letteralmente divorato la classe media, la più sacrificata, che si è vista tagliare gli stipendi diverse volte negli ultimi anni, e che si è vista aumentare l’IVA, il costo dell’energia, l’istruzione, la sanità e via discorrendo.
Le leggi spagnole sono state così restrittive e disumane negli ultimi anni che hanno sfrattato intere famiglie senza pietà, e hanno tagliato la sanità pubblica a moltissimi ultraottantenni, condannandoli a morte breve.
E a proposito degli sfratti e dei mutui, gli spagnoli, in caso di insolvenza, non solo hanno perso la casa ma hanno dovuto continuare a pagare per legge il “proprio” mutuo, cosa che sta distruggendo ancora oggi mutuatari e garanti.
Insomma la Spagna oggi, al pari dell’Italia, è un paese da cui scappare.
In un giovedì di novembre del 2013, però, una trentina di ragazzi si è ritrovata in una piccola libreria indipendente nel quartiere Lavapiés di Madrid: qui, tra tante idee e qualche proposta, ha gettato le basi per il partito di Podemos, arrivando in due anni a vincere le elezioni amministrative del maggio 2015.
Come è potuto accadere? I fondatori del partito, oltre a essere esperti di politica (molti di essi sono laureati proprio in Scienze Politiche) hanno partecipato alle piazze degli Indignados, e hanno già dibattuto durante quelle esperienze molte delle proposte accolte.
È bene ricordare che gli Indignados sono nati ufficialmente il 15 maggio 2011 a Puerta del Sol, un luogo della movida madrilena che da quel momento ha assunto una nuova e inedita fisionomia. La prima notte, sotto la statua di Carlo III a cavallo, si sono accampate proprio 30 persone, ma già la seconda erano cinquecento, la terza quasi mille e, grazie ai social network, il movimento è approdato in tutte le città spagnole, da Barcellona a Cordova a Oviedo fino a Valencia, Murcia e Pamplona.
Il movimento 15-M chiedeva semplicemente la fine dell’austerità, delle politiche europee ma soprattutto una vera democrazia, in altre parole il ripristino della sovranità popolare allo slogan “noi siamo il 99%”.
Il leader di Podemos, attualmente, si chiama Pablo Iglesias Turriòn, ha 36 anni, una formazione umanistica e un passato nella gioventù comunista: Iglesias ha studiato un anno a Padova, e il suo italiano è quasi perfetto.
È grazie alla sua esperienza tra gli Indignados e al suo carisma indiscusso che il suo partito è arrivato a vincere: Iglesias, infatti, in questi due anni, ha studiato molto il linguaggio audiovisivo e dei talk, e nelle sue apparizioni, forte della corruzione e degli scandali dei due principali partiti – PSOE e PP – ha raccolto un consenso trasversale fatto di gente disincantata e soprattutto stanca del “sistema”.
Nascendo come partito anti-casta, Podemos non accetta finanziamenti da parte di grosse corporazioni o multinazionali: i suoi contributi oggi sono solo l’autotassazione e il crowdfunding.
Podemos però non discrimina tout court i finanziamenti elettorali, anche se intende ridurli di molto.
Il programma del partito è un documento di 36 pagine, dove si prevedono molte cose, più o meno condivisibili: si richiede, per esempio, un rafforzamento del settore pubblico in molti settori (in Spagna, il 55% del settore sanitario è in mano al settore privato) l’abbandono delle politiche di austerity in favore di politiche espansive e redistributive, una “New Deal” industriale che assorba la disoccupazione giovanile (under 30, siamo a circa il 54%) incentivi reali alle piccole e medie imprese presenti sul territorio, reddito universale di base, riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni (anche qui si sono avute leggi imposte da Bruxelles come la legge Fornero) eliminazione dei contratti a progetto e abrogazione di tutte le norme che hanno precarizzato il lavoro.
Il programma, inoltre, parla di diritto alla casa, alla cultura, a un’economia sostenibile, all’istruzione, alla formazione, puntando anche sulla ricerca e sul ripristino della sanità pubblica.
Dal punto di vista economico, Podemos intende operare una politica di redistribuzione equa del capitale (in pratica si pagano le tasse in funzione della ricchezza effettiva) tassare i grandi capitali, introdurre la Tobin Tax sui capitali speculativi, la responsabilità penale per le evasioni fiscali oltre i 50 mila Euro, dichiarando infine illegittimi i cosiddetti paradisi fiscali.
Contro gli sprechi della casta, Podemos vuole conti on line e ben visibili, ma anche la riduzione dei privilegi e degli stipendi dei politici (in quest’ultimo caso, in particolare, si statuisce che l’eletto possa guadagnare massimo tre volte il salario minimo).
Ma è in ambito europeo che il partito non convince: al pari di Syriza in Grecia, infatti, si contestano tutti i trattati europei (in particolare il Fiscal Compact) ma s’intende solo ristrutturare il debito e non uscire dall’Euro, o meglio “sperare” in una moneta gestita dai cittadini (cosa risibile, per chi vi scrive!).
Insomma, al pari di Tzipras in Grecia che alla fine, dopo sceneggiate ogni volta diverse, fa sempre quello che gli impone la Troika (almeno fino a questo momento) Podemos potrebbe agire sulla stessa linea.
Insomma, stiamo parlando di un’opposizione troppo “morbida” su questioni vitali – dato che sono loro a prestarci i soldi – che rischia di vanificare e far squagliare l’intero programma e progetto politico.
Si calcola che solo il reddito di cittadinanza di Podemos costi intorno ai 145 miliardi di Euro: anche volendo attuare le riforme economiche di redistribuzione di cui si parlava prima, è impensabile attuarlo in un regime di centellinamento del denaro da parte della BCE e con una reale sovranità limitata.
Podemos dunque, al pari di Syriza, ha impostato un programma che è tutto l’opposto di quello delle istituzioni europee: o qui si tirano fuori gli attributi, o entrambi faranno la fine di una bolla di sapone!
L’unica cosa che temo – sarò onesto – è che siano sic e simpliciter delle finte opposizioni al “sistema”: in questo caso, nei prossimi anni, arriveremo a delle vere e proprie guerre civili.