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    Una summa del berlusconismo

    Di Silvio Berlusconi si è davvero detto di tutto e di più. Si sono scritte, per esempio, pagine e pagine di inchiostro, e ancora se ne scriveranno alla sua dipartita. 
    D’altronde esaminare uno dei periodi – a mio avviso – più chiaroscuri e degradanti della storia di questo paese – ovvero il ventennio non ancora terminato della sua egemonia – non sarà affatto facile per i posteri, specie per i disvalori che ha portato e inculcato alle masse.
    Dal 1992, in Italia, la democrazia è stata come mascherata: al comando è arrivato non un dittatore violento e burbero, ma un affarista col sorriso che ha sempre guardato ai suoi interessi cercando di compiacere e fregare il popolo con il più classico meccanismo Giovenale del panem et circenses. 
    Un uomo che con il denaro ha acquisito tutto, potere, altro denaro, donne, e che ha perfino trattato con la mafia dato che il suo braccio destro è stato condannato per aver intrattenuto rapporti con organizzazioni criminali. 
    Berlusconi ha portato in Parlamento e negli enti locali avvocati, medici, igieniste dentali, fisioterapisti, amici e conoscenti, e il suo unico ostacolo sono stati i giudici che ha combattuto su tutti i fronti. 
    Ha auspicato – e ancora lo fa – “riforme” per togliere loro ogni garanzia e diritto, e il fatto che se la sia cavata nonostante ventisette imputazioni, è dovuto al fatto che le leggi le ha fatte il Parlamento, non la Magistratura, che si è limitata ad applicarle e a giocare con lui come al gatto col topo. 
    “Un uomo solo al comando” è stato il motto di questo piccolo Napoleone: ecco perché si può parlare a tutti gli effetti di dittatura debole mascherata da democrazia. 
    Il regime berlusconiano, in sostanza, si è basato sull’ignoranza dei fatti (cosa che accade tuttora, per carità): il suo impero televisivo (canale 5, Italia 1 e Rete 4, quest’ultima perfino abusiva per molto tempo) lo ha coperto in modo subdolo e costante, minimizzando i suoi misfatti e centellinando le critiche al sistema di potere. 
    Anche la tv di Stato è stata controllata da Mister Emittenza durante i suoi governi, sia pure con un diverso grado di dipendenza. 
    Davanti a tanto potere economico – dunque “persuasivo” – e mediatico, ma anche a tanto carisma – il personaggio in oggetto comunque lo ha, inutile negarlo! – le opposizioni si sono letteralmente sbriciolate per molto tempo, e ogni volta che sono state lì lì per compattarsi, ecco che sono state ulteriormente divise e derise dalla “macchina” ben oliata. 
    Quello che più conta, però, è che siamo stati tutti vittime per quasi vent’anni di un uomo che ci ha insegnato che chi ruba di più è meglio di chi ruba di meno, e che le uniche cose che contano nella vita sono il sesso e il denaro. 
    Non lo dico per moralismo, ma perché è così: non voglio dire, con questo, che in tutto il mondo non sia accaduta la stessa cosa – è accaduta eccome, e il tutto fa parte di un progetto involutivo che ci vuole stupidi e materialisti, prima di ogni cosa! – ma in Italia questo modus operandi è stato talmente palese… che oggi il paese è incastrato a tutti i livelli in una mentalità a dir poco selvaggia, per cui “se non rubi o rubi poco, sei praticamente un fesso”.
    La prova è che gli italiani sono diventanti talmente “furbi” che ancora accondiscendono nei riguardi del politico che non commette fatti eclatanti. 
    Un cambio di mentalità – e di passo – si è avuto con l’ingresso nell’agone politico del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo: questa politica dal basso infatti, unita a una gestione di trasparenza che si è palesata in Parlamento (checché ne dicano i detrattori) ha portato un po’ di luce nei tanti elettori che avevano capito il gioco delle parti tra quella che per molto tempo era stata la maggioranza – i vari governi berlusconiani a partire dal ‘94 – e la cosiddetta “opposizione”. 
    La fine di Berlusconi, però, non è stata decretata dai giudici o dalla “sinistra”, ma è arrivata dai cosiddetti poteri forti, dall’estero, e si è concretamente manifestata con la famosa lettera della BCE del 5 agosto 2011 al governo di centro-destra, dove si chiedevano delle “riforme” per rientrare nei vari vincoli europei del 3% e via discorrendo. 
    Queste “riforme” erano e sono quelle che sta portando avanti il frontman dei banchieri Matteo Renzi: tra le tante, cito le privatizzazioni dei servizi pubblici locali e la riforma dell’art 18 (quest’ultima appena portata a termine col Job Act, che paradosso!) 
    Molti si chiederanno cosa c’entra – giustamente – la riforma dell’art 18 con la crisi: ebbene, non c’entra niente, dato che neanche la crisi esiste per davvero quando capisci coma nasce il denaro e chi te lo presta! 
    Insomma, attraverso le crisi, si sono accentrati i cosiddetti “poteri europei”, quelli giudicati “forti” in questo momento storico, proprio come ha dichiarato più volte Mario Monti in varie trasmissioni televisive durante il suo – relativamente breve – governo “tecnico”. 
    Ma tornando a Berlusconi, egli è stato – al pari di tutti gli altri – il classico “utile idiota” funzionale ai desiderata dei padroni del pianeta (la casta finanziaria che si è impadronita delle proprietà della moneta): ebbene, fin quando come tutti ha impoverito le masse… distraendole allo stesso tempo con i suoi meccanismi, è stato un elemento funzionale al “sistema”. Quando poi la stretta, a causa della crisi, si è fatta più imponente, ecco che l’affarista ha prima minimizzato la cosa – vi ricordate i ristoranti e i voli sempre pieni? – salvo poi, ad un certo punto, davanti alle “pressioni” dei banchieri, mettere i propri interessi davanti al paese, visto che Mediaset il giorno in cui Silvio ha fatto le valigie perdeva in borsa il 13%. 
    Questi ricatti della finanza ci fanno capire un’altra cosa molto importante, e cioè che a Berlusconi è stata concessa – al massimo – una politica di tipo “carsico”, ovvero una politica che lo vede collaboratore – e quindi difensore dei suoi interessi – ma non più protagonista. Il cosiddetto “Patto del Nazareno” – che nessuno in realtà conosce o ha mai visto – è esattamente questo. 
    Matteo Renzi, al contrario, in questo momento, è l’uomo dei poteri forti: dietro di lui strateghi come Michael Leeden (che è anche consulente strategico per la Casa Bianca e che si è occupato di Guerra Fredda, mass media e servizi segreti) ma anche l'attuale Segretario di Stato USA John Kerry, che ha più volte espresso giudizi favorevoli sull’ex Sindaco di Firenze 
    durante le sue trasvolate atlantiche (tenute in sordina, naturalmente, dai media nostrani). 
    Ma le sorprese non finiscono qui: secondo il New York Post, dietro "Super Matteo", ci sarebbe anche e soprattutto la destra finanziaria americana (infatti il PD non ha più niente di sinistra) ma non solo, Israele e perfino la dinastia dei Rothschild. 
    Il berlusconismo, però, non è finito: pensare che Silvio Berlusconi si farà espropriare le aziende così come sta accadendo alle vite dei cittadini è impensabile. Ecco perché si appellerà alla Corte Costituzionale per l’irretroattività della Legge Fornero – che sospende i politici condannati in tutti i gradi di giudizio – proprio come ha appena fatto il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris, ed ecco perché farà ricorso ovunque pur di riavere i 
    suoi diritti politici.
    Quello che però Mr emittenza non ha ancora capito è che i giochi per lui sono finiti: se anche dovesse tornare al potere, la finanza non perdona e si vendicherà subito con le sue aziende, alla prima mossa falsa. 
    Insomma il berlusconismo – paradossalmente – è davvero “poca cosa” davanti ai poteri finanziari. Quando la storia degli ultimi cento anni sarà finalmente riscritta, il giusto ruolo che dovrà essere dato a Berlusconi sarà quello di aver creato un “egregio sottosistema”, un menage tanto stupido quanto involutivo per l’intera vita della nazione.



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