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Nicola Calipari continua a morire. La prima volta è stato ucciso in Iraq, da proiettili alleati (dire “fuoco amico” sarebbe troppo offensivo per chiunque). La seconda volta è stato ucciso quando nessuno fra i nostri governanti ha saputo imporre agli Stati Uniti una seria presa di responsabilità, con un riconoscimento di colpa che era palesemente dovuto. E ieri è morto per la terza volta, con la notizia, peraltro già scontata, che il Dipartimento della Difesa USA (Pentagono) si rifiuta di comparire come responsabile civile nel processo contro Mario Lozano, il soldato americano che ha sparato a Calipari.
Il suo avvocato difensore, Alberto Biffani, ha detto che "il rifiuto del Dipartimento della Difesa Usa ad essere presente come responsabile civile nel processo non avrà per noi alcuna conseguenza", aggiungendo che "se la motivazione con la quale il Dipartimento ha rifiutato la citazione è che, essendo uno 'Stato sovrano', non possono essere processati, è una motivazione che trova riscontro anche nelle decisioni della Corte europea per i diritti dell'uomo".

Anche l'avvocato Franco Coppi, legale di parte civile di Rosa Calipari, dichiara "nessuna meraviglia per la decisione del Dipartimento della Difesa americano che ritiene di non poter essere citato come responsabile civile nel processo".

E allora? Chi paga per la morte di Calipari? Nessuno, a quanto pare, e non basta certo la soddisfazione di processare Lozano in absentia per fare davvero giustizia. Anzi, la scelta stessa di perseguire una strada come questa, che avrebbe sicuramente portato a un nulla di fatto, legittima i sospetti che in realtà non si sia voluto andare davvero a fondo della faccenda: non è infatti prendendosela con Lozano che verremo a conoscere i veri motivi che hanno portato alla morte di Calipari, e solo un cieco di professione può non vedere, sotto le pleateali bugie raccontate dal soldato americano, e la loro sistematica copertura da parte del Pentagono, un disegno ben più ampio le cui responsabilità vanno fatte risalire molto più in alto.

Sgrena è stata liberata senza l’assenso degli americani, o forse addirittura contro la loro volontà (abbiamo già analizzato in passato i motivi per cui il “gruppo islamico” che aveva rapito la nostra giornalista era decisamente poco credibile), e gliel’hanno fatta pagare. Chi dei due dovesse morire non si sa, ma l’ordine chiaramente era quello di non farli arrivare a casa sani e salvi.

E il fatto che il Pentagono continui a sostenere che Lozano ha rispettato le regole di ingaggio, mentre è stato smentito chiaramente sia dall’indagine tecnica, sia dal video che lui stesso ha girato, sta a indicare che gli americani si sentono perfettamente a posto con la realtà dei fatti, che evidentemente è molto diversa da quella apparente.

Sostenere che “Lozano ha agito secondo le regole”, quando la cosa è chiaramente falsa, equivale a dirci in faccia “lo sapete benissimo perchè ve l’abbiamo ammazzato, quindi non rompeteci le scatole”.

Benissimo. Ma allora, non è forse il caso di rivedere da cima a fondo il nostro palese stato di sudditanza verso gli Stati Uniti, in un momento storico in cui un distacco dalla loro politica criminale potrebbe anche significare un ribaltamento degli equilibri sufficiente a fermare una volta per tutte questa loro follia assassina?

(Tratto da www.luogocomune.net)

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