Egregio Signor Presidente,
Il prossimo novembre saranno 20 anni che sono arrivato in Italia. 20 fortunati e bellissimi anni per molti versi anche perché non mi sono mai sentito uno straniero. Mai nessuno mi ha fatto pesare il fatto di essere jugoslavo, croato o semplicemente slavo. Qualche piccolo dispiacere per l'ignoranza in relazione al mio popolo, solo un po' di manipolazioni politiche riguardo i peggiori momenti della nostra recente storia. Tutto sommato episodi marginali e sopportabili che non mi hanno disturbato, ma solo sottolineato le parole di Niccolò Tommaseo: “Non vi han conosciuti Croazia”. È passato più di un secolo da quando queste parole sono state scritte, ma ancora non è cambiato nulla.
Recentemente, con mio grande dispiacere e stupore, ho seguito un Suo discorso che vorrei contestare per alcune definizioni riguardanti non solo il mio popolo, ma addirittura un'intera stirpe, quella slava. Durante la guerra dei primi anni Novanta, che ha duramente colpito la mia terra natia, spesse volte mi sono chiesto che cosa vuol dire essere croato. Che cosa è che ti muove quando agisci per il “tuo” popolo? Nascere croato (e slavo) è un caso, così come nascere italiano, ma vivere un territorio, un popolo, una tradizione e una cultura te li fa amare così profondamente da pensare che, in certi ed estremi casi, varrebbe la pena anche morire difendendoli. Credo che questi sentimenti, se autentici e non strumentalizzati, possano estendersi anche oltre i confini delle proprie terre. In fondo si tratta di un sentimento nobile, mirato a proteggere i più grandi valori di una civiltà: la famiglia, la cultura, l'arte, insomma tutto quello che ti fa essere orgoglioso di essere una piccola parte dell'Umanità, quell'Umanità che non può avere confini nazionali e/o etnici.
Quello che ci unisce sono Leonardo e Vran?i?, Goldoni e Drži?, Marconi e Tesla, Tommaseo e Boškovi? e molti, moltissimi altri. Quello che ci divide sono alcuni criminali nella storia antica e recente e che ripudiamo tutti, me compreso e, badi bene, sono slavo. Perché io non ho questo astio che delle volte invece traspare nei nostri confronti? Perché ho accettato la stessa bandiera che negli anni quaranta ha occupato la mia terra? Perché non mi hanno disturbato la lira, il corpo dei carabinieri, dei bersaglieri e degli alpini? Tutto sommato questi nomi avrebbero dovuto ricordarmi un'ingiustizia che ha subito il mio popolo. Eppure no! Per me l'Italia non è mai stata solo Mussolini. Per me, così come per molti altri slavi, l'Italia era soprattutto Michelangelo, Petrarca, Dante, Verdi e tanti altri.
Anche quando l'esercito fascista invadeva la mia terra, in Italia c'era qualcuno che dipingeva, anche quando la mia gente veniva uccisa a sangue freddo, in Italia c'era qualcuno che componeva. Qualcuno che avrebbe avuto la mia stima e ammirazione. Ma lo stesso vale anche per il mio popolo, signor Presidente! Iniziate a insegnare nelle vostre scuole anche la nostra storia, raccontate ai giovani italiani le storie sui grandi slavi e come anche loro hanno costruito l'Europa e la nostra civiltà. Nel giro di poco tempo non ci amerete solo per il nostro bel mare e per i buoni e abbondanti pasti che consumate da turisti. Scoprirete un grande popolo che ha partecipato alla creazione di un mondo migliore e che non è secondo a nessuno.
Non siamo e non siamo stati un popolo sanguinario! Quindi se c'è stato «un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico» non era slavo così come i vostri crimini non sono stati latini. I criminali non hanno una nazionalità, sono pur sempre solo dei delinquenti, così come i grandi uomini non hanno confini. Io mi vorrei ispirare in questi ultimi, slavi o latini che siano. Ora, per concludere, pur parlando a nome personale e non avendo alcun titolo a rappresentare la mia stirpe, ritengo che Lei abbia sbagliato e vorrei che riconoscesse il Suo errore chiedendo scusa a tutti gli slavi. Mi auguro con tutto il cuore che Lei, o chiunque altro, non vedrà questa richiesta come un atto di arroganza o di mancanza di rispetto per la Sua persona e/o per l'incarico che Lei ricopre. Mi sto rivolgendo a una persona sola, per quanto Presidente della Repubblica, e sono convinto di averne il diritto.
Con stima e rispetto.
Nikola Duper
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