Sinceramente non so se ci sia da ridere o da piangere nel seguire le
polemiche di questi giorni, relative ai presunti brogli nelle elezioni
presidenziali ucraine. Trovo quanto meno paradossale il grande risalto
dato alla vicenda dagli organi di informazione, gli stessi che non
hanno fatto cenno alcuno alla enorme quantità di
irregolarità emerse e denunciate durante le recenti votazioni in
USA per l’elezione del nuovo presidente. Irregolarità talmente
rilevanti da aver indotto il GAO
(ente per il controllo amministrativo
e contabile statunitense) ad avviare un’indagine ufficiale in seguito a
qualcosa come 57.000 segnalazioni. Il nocciolo del problema sta nel
sistema di votazione elettronica, adottato in diversi stati
dell’unione, le cui tecnologie sono state sviluppate e fornite alle
amministrazioni locali principalmente da due aziende, la ESS e la
Diebold, guardacaso
entrambe grandi sostenitrici del partito
repubblicano, lo stesso che tempo fa ha impedito l’approvazione di una
proposta di legge per mettere al bando queste tecnologie o quantomeno
garantire l’emissione di un certificato di votazione cartaceo per la
verifica e l’eventuale riconteggio dei voti. Tanto per darvi un’idea,
in una circoscrizione dell’Ohio ci sono stati 4.258 voti per Bush a
fronte di un numero di votanti registrati pari a 638! In Florida, nella
contea di Baker, vi sono 12.887 votanti registrati, il 69,3% dei quali
iscritti nelle liste democratiche e il 24,3% in quelle repubblicane. Il
conteggio dei voti assegnava solo 2.180 preferenze a Kerry e ben 7.738
a Bush: in pratica,
dovremmo credere che cinque iscritti democratici su
sette avrebbero votato per quest’ultimo… Episodi di questo tenore sono
stati segnalati in numerose contee della Florida e dell’Ohio, insieme a
diffuse intimidazioni nei confronti degli elettori nelle aree a
prevalenza democratica.
A mio modo di vedere, la questione dei brogli in Ucraina è stata
montata ad arte dagli organi di informazione (!), e l’aspetto
più grottesco della vicenda è stato il monito del
segretario di stato uscente, Colin Powell, il
quale ha dichiarato che
gli Stati Uniti non riconoscono la validità dei risultati
elettorali in Ucraina e ha minacciato gravi ripercussioni. Accidenti,
la faccia tosta di questi individui ha raggiunto livelli parossistici.
Evidentemente era stato deciso che queste elezioni dovessero essere
vinte da Yushchenko,
il candidato filo-occidentale che ha fatto di
tutto per infiammare gli animi con atteggiamenti “populisti” (come il
rinnegare i risultati delle elezioni e inscenare il suo giuramento di
insediamento presso il parlamento) al punto di evocare lo spettro della
guerra civile.
Comunque sia, questa esportazione forzata di modelli occidentali verso
oriente sembra controbilanciata dall’importazione in USA dei tipici
sistemi di propaganda dei regimi comunisti: avete presente l’ossessivo
culto dell’immagine caro a tanti dittatori di paesi come la Romania di
Ceausescu,
la Corea del Nord di Kim
Il Sung, o lo stesso Iraq di Saddam
Hussein? Be’, guardate un po’ cosa campeggia da un’autostrada della
Florida…
Quello che però in questi giorni mi ha colpito maggiormente
è lo strano silenzio calato sull’Iraq: sembra letteralmente
sparito dalle cronache, che ne hanno parlato soltanto in relazione ai
colloqui internazionali avviati in Egitto per risolvere i problemi del
paese. Dopo incessanti resoconti giornalieri sulla situazione a
Falluja, Mosul e altre città in mano alla resistenza,
improvvisamente poco o nulla trapela sull’attuale situazione. Mi
domando se questo possa avere a che fare coi resoconti trapelati
qualche giorno fa, secondo i quali in realtà il 60% di
Falluja sarebbe tuttora sotto il controllo dei guerriglieri. In tutto
l’Iraq, sabato scorso sarebbe esploso un attacco generalizzato contro
le forze di occupazione statunitensi (uscite allo scoperto dopo due
giorni di calma apparente): a Baghdad, nel distretto di Al-‘Amiriyah,
un’auto bomba avrebbe distrutto due veicoli di comando GMC e due Humvee,
mentre durante degli scontri diretti i guerriglieri iracheni
(usando C5K e RPG7)
avrebbero distrutto due Bradley e un Humvee, oltre
ad un altro veicolo blindato, e ucciso 22 soldati statunitensi; scena
analoga nel distretto di Al-A’Zamiyah, dove la coalizione avrebbe perso
tre Humvee e due Bradley, oltre a due
pickup Nissan della “guardia
nazionale” irachena, e sarebbero stati uccisi 16 soldati statunitensi e
9 guardie irachene; più tardi nella stessa zona un BradleyAbrams, sarebbero stati distrutti o
immobilizzati. Un successivo
resoconto parla di un totale di ben 185 soldati USA uccisi, 16 Humvee,
8 Bradley, 4 APC,
11 autocisterne o camion, 2 elicotteri Chinook
distrutti o danneggiati (più di 50 sarebbero i morti accertati
su uno dei due elicotteri, mentre non si conosce il numero delle
vittime sul secondo).
Se ci fosse un fondo di verità in questi rapporti, questo
spiegherebbe l’improvvisa cappa di silenzio calata sull’Iraq. Anche
l’attività dei “tagliateste” è passata in secondo piano,
dopo che coincideva regolarmente con notizie o scandali che mettevano
in imbarazzo gli statunitensi (torture, massacri di civili inermi,
uccisioni a freddo di prigionieri feriti, etc.), il che rafforza in me
la convinzione che questi gruppi “terroristici” in realtà
facciano parte di una rete organizzata e gestita da qualche servizio
segreto non meglio identificato (qualcuno parla di CIA–DIA–Mossad) per
screditare la legittima resistenza irachena. E così Margaret
Hassan, Nick Berg,
Daniel Perl
e
molti altri ne hanno fatto le spese,
pagando con la vita per queste “PsyOps”, queste operazioni psicologiche
contro la guerriglia. Nel caso della Hassan, cosa
ci avrebbe guadagnato
il movimento di resistenza dalla morte di una persona impegnata da
oltre 25 anni nell’assistenza umanitaria alla popolazione irachena, e
per giunta sposata con un cittadino iracheno? E chi ci ha invece
guadagnato da questa atrocità? A tutt’oggi non è ancora
chiaro chi o quale gruppo l’avrebbe uccisa!
Cambiando argomento, con la crisi economica che aleggia, per
rimpinguare le vostre finanze potreste raccogliere la sfida da 100.000
dollari di premio, offerti dal milionario (in dollari) americano Jimmy
Walter a chiunque riuscirà a dimostrare scientificamente come
l’impatto degli aerei e il conseguente incendio abbiano potuto far
crollare le due torri del WTC
nel corso degli attacchi dell’11
settembre 2001, secondo la versione ufficiale dei fatti fornita dal
governo. Sembra addirittura intenzionato a spendere un altro milione di
dollari (oltre all’uno e mezzo già spesi) in pubblicità
sul Wall Street Journal,
sul New York Times, sul New York Daily News e
molti altri quotidiani della Grande Mela… chissà, forse
avrà sentito di quel sondaggio della CNN secondo il quale ben il
90% degli interpellati ritiene che il governo sia in qualche modo
implicato negli attentati.
Per lasciarvi, vi offro una bellissima immagine di Titano, una delle
lune di Saturno, che sembra possa essere “geologicamente viva”, o
almeno così dicono gli scienziati. Chissà, in futuro
potrebbe rivelarsi un buon posto per trasferirsi…
…anche perché su Marte, come attestano queste foto, le stagioni
non sono più quelle di una volta!