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Vaccini, quando l’allarme sanitario è deciso dai politici

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Per restare in tema con quanto segnalato da Domenico Mastrangelo nel suo articolo Verso una Medicina di Regime? sull'ultimo numero di PuntoZero, di cui abbiamo pubblicato un estratto qui, approfondiamo una questione molto importante: può la politica sostituirsi alla classe medica nel decretare emergenze nazionali in tema di vaccinazione? Interviene sul tema, intervistato dalla brava Gioia Locati, Maurizio Bonati dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. Anche se non condividiamo del tutto le sue opinioni sulla necessità delle vaccinazioni, ci sembra più che significativo che anche ricercatori in ambito farmacologico favorevoli alle vaccinazioni si interroghino sul progressivo avanzamento dello stato orwelliano in termini sanitari. [Redazione].


Non vi sono emergenze sanitarie in Italia. Non vi sono pericolose epidemie: né ora, né se ne intravedono all’orizzonte. I provvedimenti che i Comuni o le Regioni di mezza Italia stanno votando per rendere obbligatorie alcune vaccinazioni pediatriche non sono giustificati dalle Asl.

L’obbligo vaccinale per ammettere i bambini all’asilo è una scelta politica.

Anche la quantità di vaccini raccomandati e inseriti nel nuovo piano vaccinale (contando i richiami, 27 nel primo anno di vita, 13 il secondo, 9 a cinque anni e 10 durante l’adolescenza, in tutto 59) non risponde ad alcun progetto sanitario condiviso dagli organismi competenti, i dipartimenti di Epidemiologia e di Prevenzione, le Asl regionali o l’ Istituto Superiore di Sanità.

Ecco perché le amministrazioni non potranno imporre 4 vaccinazioni + 2 (o addirittura 13 com’è nei progetti toscani) per ammettere i bambini all’asilo senza giustificare l’emergenza sanitaria. Ed ecco perché qualsiasi ordinanza di questo tipo verrebbe – o verrà – facilmente impugnata.

Ne abbiamo parlato con Maurizio Bonati, ricercatore del Mario Negri, responsabile dei dipartimenti di Salute pubblica e Salute materno infantile.

“Partiamo da un principio condiviso: i bambini che accedono ai nidi e alle materne devono essere vaccinati – afferma Bonati – Perché imporre l’obbligo delle vaccinazioni oggi? Forse i bambini non sono vaccinati e – se non lo sono – quanto non lo sono? C’è un’emergenza o più emergenze? O si sta individuando un bisogno in prospettiva? Se non siamo in emergenza, abbiamo più tempo per decidere il da farsi”.

Chi decide un’emergenza sanitaria?

“Gli organi sanitari preposti sulla base dei dati di monitoraggio”.

Ma oggi stanno decidendo Comuni e Regioni: si introduce l’obbligo di sei o 13 vaccinazioni per essere ammessi all’asilo. Si motivano i provvedimenti dicendo che il 93 per cento di vaccinati (media italiana di copertura delle vaccinazioni pediatriche considerate obbligatorie) non basta a contenere una probabile epidemia.

“Ripeto, questa scelta va giustificata. Se un sindaco blocca il traffico a causa dell’inquinamento, lo fa in base ai dati Arpa che attestano la pericolosità della concentrazione di inquinanti raggiunta. La percentuale del 95% di copertura, considerata sicura per evitare la trasmissione delle malattie, è una convenzione basata su alcune stime”.

Ma nessun sanitario è stato interpellato sulla proposta dell’obbligo?

“Sì e alcuni dei proponenti sono anche medici”.

Uno Stato è libero di decidere quali vaccinazioni suggerire alla popolazione o deve seguire le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità?

“L’Oms emana indicazioni a cui ciascuno Stato membro dovrebbe attenersi in considerazione delle condizioni sanitarie del Paese. L’Italia è sempre stata sensibile alle vaccinazioni da proporre e nell’aderire alle campagne dell’Oms. Oggi però la proposta vaccinale italiana è “totale”.

In che senso?

“Fino a quando funzionava la Commissione nazionale vaccini (ne facevo parte), circa quattro anni fa, in quella sede, venivano decise le priorità (le malattie più preoccupanti da combattere con il vaccino) e le strategie. Si stabiliva quali fossero le categorie a rischio, quali le classi di età e, sulla base dei picchi epidemici, del numero dei caso gravi e delle segnalazioni si concordava quali fossero le malattie da debellare e quali da tenere sotto controllo. Si ragionava sull’essenzialità dei nuovi vaccini per la realtà italiana e su come proporli alle famiglie“.

Ma oggi con che criterio sono scelte le vaccinazioni?

“Oggi i criteri e i giudizi di priorità sembrano assenti. Per il fatto che i vaccini moderni sono efficaci ( in particolare nel breve e medio periodo ) e sicuri, il nuovo piano vaccinale è stato meno critico (restrittivo) con un conseguente aumento di costi per l’acquisto dei vaccini e organizzativi per somministrarli. Ma vaccinare di più non necessariamente vuol dire vaccinare meglio”.

Allude ai richiami che nessuno fa più…?

“Anche, ma non solo. Partiamo da un presupposto. Non si può avere il 100% di vaccinati per tre motivi. Vi è una quota di persone che non può fare i vaccini (chi è immunodepresso o ha malattie importanti); un’altra quota che sfugge, non è monitorata (chi non manda i bambini al nido o alla materna, ad esempio), infine chi è contrario a qualsiasi tipo di vaccinazione. Dunque, non si può ottenere il 100 per cento di copertura. Cosa vogliamo fare? Quali malattie contenere? Ora abbiamo a disposizione 15 vaccini per altrettante malattie, hanno tutte la stessa priorità?
E perché preoccuparsi degli asili e non degli stadi o dei mezzi pubblici, perché vietare l’asilo ai bambini e non il tram agli anziani non vaccinati contro influenza o pneumococco, come previsto dal piano nazionale?
Le scuole sono soltanto una piccola parte della comunità: ci sono gli ambulatori medici, gli uffici, gli ospedali, le università, i luoghi sportivi…
La domanda è: a Milano o in altre città quali sono le malattie da cui ci dobbiamo guardare e quali le persone che vanno protette?”.

Già, quali malattie… Siamo un Paese considerato libero da poliomielite dal 2002 e l’ultimo caso di difterite in Italia risale al 1991.

“Andrebbero riviste le priorità. Il tetano era considerato un’emergenza nella società contadina, quando i bambini di pochi mesi si rotolavano nella terra assieme agli animali. L’obbligatorietà dell’antiepatite B è stata introdotta anche per ragioni non di emergenza sanitaria. È una malattia che si trasmette con trasfusioni di sangue infetto o attraverso aghi e siringhe infetti. Un esempio di priorità è stata la vaccinazione contro il morbillo, da mantenere e incentivare: quando questa non c’era, registravamo fino a 400 casi di complicanze gravi all’anno”.

Cosa direbbe ai Comuni che stanno votando l’obbligo?

“Che ogni decisione deve essere giustificata dal punto di vista sanitario e deve essere praticabile. Non c’è, al momento, la possibilità di eseguire i soli 4 vaccini obbligatori per l’impossibilità di disporre di confezioni singole. Obbligare alla somministrazione dell’esavalente potrebbe risultare una coercizione e porterà a inasprire gli animi.
Le poche famiglie decise per il no potrebbero organizzarsi con asili privati e potrebbe succedere che si formino piccole comunità di non vaccinati con il rischio che dilaghi il morbillo come accaduto nelle comunità Amish.

[Secondo questo studio invece, nelle comunità Amish, dove prevale per motivi religiosi la scelta di non aderire alle vaccinazioni, non vi sarebbe stato nessun caso di morbillo per ben 18 anni, tra il 1970 ed il dicembre 1987, NDR NEXUS].

Bisogna quindi ponderare attentamente le decisioni anche in base alle potenziali conseguenze negative“.

Un’ultima domanda. Lei dice che oggi i vaccini sono efficaci e sicuri. E questo vale per i vaccini considerati singolarmente. Se è provato che un vaccino inoculato a tre mesi non è nocivo come faccio a stabilire che anche più vaccini in una volta, fino ad arrivare a 27 vaccini in 12 mesi non fanno male? E come mai, a proposito del recente antimeningocco B, l’ISS ha messo per iscritto che “è sottoposto a monitoraggio addizionale”?

“Il richiamo al controllo nel tempo (monitoraggio), la farmacovigilanza attiva è lo strumento efficace per valutare la sicurezza e intervenire tempestivamente. È quello che succede per i farmaci e per i vaccini. I controlli devono essere indipendenti e questo è ciò che la comunità scientifica e regolatoria pubblica devono garantire. È su queste evidenze che si devono basare le decisioni.
Meningo B. I dati sono pubblicati e devono continuare ad esserlo. Lo sono per i farmaci e lo sono per i vaccini. Bisogna essere vigili e controllare. L’efficacia a distanza, la necessità di richiami e dei tempi è ancora da definire per meglio definire una strategia. Oggi è l’efficacia a breve e medio termine a guidare le scelte. Non è poco, ma bisogna continuare a studiare e capire”.

 

I paradossi.

Contro l’obbligo vaccinale dell’esavalente ha fatto ricorso il Codacons. L’associazione di Consumatori chiede la disponibilità dei 4 vaccini singoli (in confezioni singole ne esistono solo tre. Manca l’antidifterico) ricordando che ogni anno lo Stato spende 114 milioni di euro l’anno per le due vaccinazioni in più, “denaro che potrebbe essere destinato a migliorare la Sanità pubblica”.

Quando abbiamo chiesto ad Aifa come mai non esiste la confezione di antidifterico singola ci è stato risposto che “Aifa non ha basi legali per imporre a un’azienda la produzione di un vaccino monovalente antidifterico”. Ma Aifa non ha nemmeno mai domandato, a conferma che in Italia non si rischia alcune epidemia di difterite.

La regione Emilia Romagna ha votato l’obbligo vaccinale per ammettere i bambini all’asilo ma, mancando i 4 vaccini in confezioni singole, gli impiegati emiliani stanno firmando gli esoneri per l’anti difterite.

 

Cosa dice la legge.

Cosa rischia chi non rispetta l’obbligo deciso dalle amministrazioni? Risponde il procuratore della Repubblica Beniamino Deidda, cliccando sul link sotto potete leggere per intero un suo intervento. In sintesi: un sindaco può intervenire nelle questioni sanitarie solo quando vi è un’epidemia. Può anche emettere un’ordinanza ripetitiva dell’obbligo vaccinale stabilito dalla legge (in Italia per le 4 vaccinazioni che non si trovano singolarmente) ma l’eventuale violazione da parte delle famiglie non è sanzionabile. Vi è poi un decreto del 1999 che fa decadere l’esclusione scolastica per chi non ė vaccinato. Si parla anche della Convenzione di Oviedo recepita con una legge del 2001 che esclude dai trattamenti sanitari obbligatori le vaccinazioni preventive su persone sane. Vaccinazioni_Procuratore Rep. Deidda convegno Savona 18.06.16 qui.
 

La nuova proposta di legge

È stato depositato in Senato, il 2 febbraio, un disegno di legge, per introdurre le vaccinazioni obbligatorie in ogni scuola di ordine e grado. Firmato da un gruppo di deputati, il testo manca di informazioni fondamentali. Non sono precisate le vaccinazioni da rendere obbligatorie, non vi è traccia di una riflessione critica sulle priorità dell’anno 2017, zero ipotesi lungimiranti sugli anni prossimi venturi. Insomma, il testo di legge non entra nel merito e, quel che è grave, è stato redatto senza consulenze tecniche. Disegno di legge Senato qui.

Leggiamo nel testo che “gran parte della popolazione ė diffidente verso le vaccinazioni raccomandate come se queste fossero meno importanti”. (Basterebbe contattare le poche famiglie perplesse per capire che la diffidenza è verso la quindicina di vaccini da fare in blocco visto che non sono mai stati fatti studi sul “pacchetto completo” da inoculare a pochi mesi. E visto che i dati di farmacovigilanza non sono aggiornati dal 2013).

I deputati ripresentano la storia del vaiolo in maniera lacunosa. Eppure sul sito ISS è descritto che in piena epidemia di vaiolo, in Africa, negli anni Sessanta, l’80% di vaccinati non fu risparmiato dal morbo. E che per contenere la malattia furono indispensabili isolamento e misure igieniche. Cliccate qui.

Morale: il disegno di legge in Senato – e tutte le ordinanze sull’obbligo proposte da Comuni e Regioni – hanno piedi d’argilla, non poggiano su dati certi, sono contraddittorie e impraticabili. Si reggono sul generico assunto che il 93% di copertura fra i bambini – perché contando adulti e anziani la media si abbassa – non basta a contenere le malattie. Però, proprio guardando a tutta la popolazione e alla percentuale di copertura assai più bassa, si nota che non tornano le malattie.

Guardando al vaccino antipolio, (fatto con virus uccisi o inattivati) si sa (basta chiedere al medico Asl) che questo offre una protezione individuale e, in caso di ritorno della polio, non basterebbe a contenerne la diffusione. Il virus della polio potrebbe svilupparsi nell’intestino dei vaccinati (protetti dalla malattia ma diffusori), verrebbe espulso con le feci e tornare in circolo contagiando anche chi non ė più immunizzato. La barriera più potente per la diffusione del virus polio è rappresentata dai servizi igienici, reti fognarie incluse. Chi si vaccina contro il morbillo, con vaccino a virus vivo, è invece contagioso per una decina di giorni (quindi se un bambino leucemico si ammala è più probabile che abbia contratto il morbillo da un bimbo che si è appena vaccinato).

 

La protesta.

Il 21 marzo, le famiglie contrarie al disegno di legge “poco democratico e illegittimo” scenderanno in piazza. L’appuntamento è a Roma, in piazza Montecitorio dalle 15 alle 19. Il ritrovo è per tutti, anche per chi non ha figli. Si tratta di difendere la nostra (vera) democrazia, pretendere studi sul pacchetto dei vaccini da inoculare in blocco, avere disponibili i dati di farmacovigilanza e soprattutto il libero accesso all’istruzione, garantito dalla nostra Costituzione. Per info: [email protected]


Fonte: Col senno di poi (blog di Gioia Locati)


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