Il mistero del quadrato su Marte: opera della natura o di un’intelligenza extraterrestre?
Un’immagine proveniente dal lontano pianeta Marte sta infiammando il dibattito su internet e non solo: una formazione perfettamente quadrata che spicca sull’arido terreno marziano. La foto, scattata dalla sonda Mars Global Surveyor (MGS) tra il 1997 e il 2006, è diventata virale grazie alla condivisione di figure pubbliche come Elon Musk e il popolare podcaster Joe Rogan, che hanno alimentato la curiosità. La domanda che tutti si pongono è: una forma geometrica così precisa può davvero apparire per caso e in modo naturale? Oppure siamo davanti ad una struttura artificiale e quindi realizzata da un’intelligenza extraterrestre?
Potete trovare l’immagine originale della sonda qui, osservando nella parte alta del fotogramma.
L’insolita struttura è stata individuata nella vasta quantità di dati raccolti dalla Mars Orbiter Camera (MOC) del MGS. Sebbene la sonda non sia più operativa dal 2006, il suo archivio continua a rivelare dettagli intriganti sulla superficie marziana. Il quadrato, con una dimensione stimata di circa 3 chilometri (1,8 miglia) di larghezza, è situato in una zona rocciosa dove l’erosione e l’attività tettonica sono ben note modellatrici del paesaggio. La sua geometria quasi perfetta, tuttavia, è ciò che lo rende così inusuale per una formazione naturale.
L’eco mediatica è esplosa quando Elon Musk, noto per le sue visioni futuriste sull’esplorazione spaziale e la colonizzazione di Marte, ha ripostato l’immagine, commentando con una frase emblematica:
“Dovremmo inviare astronauti su Marte per investigare!”
Un’affermazione che, unita all’entusiasmo del podcaster Joe Rogan, ha dato un’ulteriore spinta alla discussione, portando sempre più persone a scrutare l’immagine e a interrogarsi sulla sua origine.
L’interesse per la vita su Marte non è nuovo. Già alla fine del 1800, le osservazioni dell’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli avevano rivelato quelli che egli chiamò “canali” sul Pianeta Rosso. Percival Lowell, un altro influente astronomo, si spinse oltre, sostenendo che si trattasse di strutture ingegneristiche create da una civiltà avanzata. “È una diretta conseguenza di ciò che il pianeta è attualmente dimora di vita intelligente e costruttiva”, affermò nel 1907.
Per non parlare delle immagini riprese dalla sonda Viking 1 della zona di Cydonia Mensae, nel 1976, tra cui spiccava nettamente un volto. Ma non solo quello, perché tutta la zona mostrava strutture di “sospetta” natura artificiale.
Foto successive, a risoluzione aumentata (e probabilmente con qualche “sfumino” opportuno), hanno reso meno suggestivo il volto di Marte, che è diventato “evidentemente” – a detta degli “esperti” – una struttura del tutto naturale.
E così la più lampante e suggestiva (ma non l’unica) delle anomalie di Marte è stata ufficialmente “liquidata” come formazione naturale che sembra una faccia ma non lo è, tecnicamente un caso di pareidolia, cioè il nostro cervello vede volti dove non ci sono.
Se continuate a vedere una faccia anche dopo tutti gli sforzi per smussare l’effetto – faccia, è perché proprio la volete vedere. E in fondo in fondo, siete complottisti, ammettetelo.
Il dibattito, per quanto riguarda il quadrato su Marte, è aperto: naturale o artificiale?
La scoperta del “quadrato marziano” ha riacceso un forte dibattito fra i fautori della spiegazione naturale (fratture, erosione, attività vilcanica, etc), i tifosi dell’illusione ottica e chi opta per l’origine artificiale.
Non c’è solo il mistero del quadrato su Marte
Nel 2012 la sonda Rover Curiosity della NASA ha rilevato su Marte alti livelli degli isotopi Xenon-129 (¹²⁹Xe) e Argon-40 (⁴⁰Ar).
John E. Brandenburg, fisico del plasma, insieme a Murad pubblicò nel 2014 su Journal of Cosmology il suo studio di quei dati, associati ad altre osservazioni, giungendo a conclusioni eclatanti quanto controverse.
- Lo spettro di massa isotopico dello xenon marziano corrisponde quasi perfettamente a quello prodotto dai test nucleari a cielo aperto sulla Terra. Questa corrispondenza indica una fissione nucleare rapida (ad alta energia neutronica), diversamente da quella che avviene nei reattori nucleari moderati. La super-abbondanza di ¹²⁹Xe nei prodotti delle armi nucleari terrestri è dovuta al fatto che neutroni ad alta energia (come quelli generati dalla fusione dell’idrogeno nelle bombe a idrogeno) possono indurre la fissione in isotopi come l’Uranio-238 (U238) e il Torio-232 (Th232), producendo uno spettro di frammenti di fissione con una distribuzione di massa che favorisce il ¹²⁹Xe. Questo picco di ¹²⁹Xe su Marte è interpretato da Brandenburg come una “firma” di processi nucleari ad alta energia, non di processi naturali o di reattori moderati.
- Anche il Kripton-80 (⁸⁰Kr) è particolarmente abbondante, indicando un intenso flusso neutronico sul nord di Marte ( neutroni/cm²), coerente con un’irradiazione neutronica. L’eccessiva abbondanza di Argon-40 , che non può essere spiegata da fenomeni di perdita atmosferica, viene attribuita alla cattura di neutroni da parte del Potassio-39 (³⁹K) nelle rocce marziane, anch’essa richiedente un intenso flusso neutronico. L’anomalia del Kripton, che mostra una “frazionazione inversa” (isotopi più leggeri più abbondanti), suggerisce ulteriormente un’origine nucleare piuttosto che processi di erosione atmosferica. L’autore sottolinea che i rapporti tra isotopi primordiali come ³⁶Ar e ²⁰Ne su Marte sono simili a quelli della Terra, rendendoli un buon metro di paragone per le anomalie negli isotopi più pesanti.
- Campioni di rocce marziane meteoritiche, ritenute provenienti dal sottosuolo, mostrano una diminuzione di uranio e torio rispetto alla Terra (di un fattore 3-10). Al contrario, le rocce superficiali di Marte mostrano abbondanze simili a quelle terrestri. Questo “paradosso”, osservato dai dati delle sonde Phobos e Mars e confermato dal Gamma Ray Spectrometer della sonda Mars Odyssey, rivela livelli elevati di Uranio e Torio nello strato superficiale di Marte. Mappe di Torio-232 e Potassio-40 mostrano punti caldi (hot spot) di concentrazione in aree come Mare Acidalium e Utopia Planitia, e, in modo significativo, un’altra concentrazione all’antipodo approssimativo del centro ipotetico dell’esplosione più grande. Questa deposizione antipodale, suggerita dal Dr. Edward McCullough, è coerente con un’onda d’urto globale seguita dalla ricaduta di detriti irradiati, implicando un’esplosione nucleare.
- Quantità significative di vetro inciso dall’acido sono state identificate tramite spettri infrarossi vicino ai siti delle due esplosioni proposte. Le caratteristiche di questo vetro assomigliano alla “trinitite” trovata nel sito del primo test nucleare (Trinity) ad Alamogordo, New Mexico.
Tali elementi, esaminati insieme, suggeriscono che in passato Marte sia stato teatro di due grandi esplosioni nucleari.

- Punti di detonazione: Le esplosioni sarebbero state centrate nelle pianure settentrionali di Marte: Mare Acidalium (vicino a Cydonia Mensa) e Utopia Planum (vicino a Galaxias Chaos), entrambe località di interesse per la possibile presenza di “artefatti archeologici”. Le mappe del Potassio-40 radioattivo mostrano caratteristiche simili, inclusa la deposizione antipodale.
- Esplosioni a mezz’aria. L’anomalia dello ¹²⁹Xe che richiede fissione a neutroni veloci, l’energia rilasciata stimata e l’assenza di grandi crateri portano l’autore a concludere che l’unica spiegazione conosciuta è l’uso di armi termonucleari con boosting di fissione, detonate a mezz’aria. Questo tipo di detonazione avrebbe aumentato la sovrapressione dell’onda d’urto su vaste aree a causa del ben noto “effetto Mach Stem”.
- Scala della catastrofe: Basandosi sull’abbondanza di ¹²⁹Xe, sull’irradiazione neutronica (evidenziata dall’⁸⁰Kr) e sullo strato di U e Th sulla superficie, i calcoli dell’energia rilasciata convergono a circa Joule, ovvero 10 miliardi di Megatoni. Questa energia – comparabile all’impatto di un asteroide di 70 km di diametro – sarebbe stata sufficiente a produrre uno strato di ejecta globale di 4 metri, causando una catastrofe estintiva di scala planetaria.
- Quando accadde: L’assenza di isotopi di vita breve come Fe e Si e la presenza di anomalie di Th e K suggeriscono che l’evento sia avvenuto milioni di anni fa, probabilmente durante l’epoca Amazoniana media o tarda. L’irradiazione di litologie nei meteoriti marziani (EETA79001) indica un’età possibile di circa 180 milioni di anni o precedente.
- Conseguenze: Queste bombe, con il loro elevato contenuto di fissione, sarebbero state estremamente “sporche”, inducendo avvelenamento da radiazioni in qualsiasi forma di vita su Marte che fosse sopravvissuta alle esplosioni iniziali.
Implicazioni
Durante un periodo in cui il clima marziano era più simile a quello terrestre, l’evoluzione biologica consentì l’evolversi di una civiltà, che ha lasciato tracce archeologiche molto erose in diversi siti, come Cydonia Mensa e Galaxias Chaos. L’autore paragona alcune delle strutture anomale marziane a quelle simili terrestri. Rileva, ad esempio, somiglianze tra la Faccia di Cydonia e le teste Olmeche in Messico.
Questa civiltà marziana si sarebbe estinta a causa di una catastrofe nucleare, probabilmente attaccata da un’altra civiltà con due ordigni che esplosero a mezz’aria.
L’autore ipotizza che questa calamità nucleare possa aver lasciato alcune specie batteriche intatte, forse rilevate dagli esperimenti Viking del 1976.
Successivamente, nel libro “Death on Mars”, John E. Brandenburg ampliò tale teoria e giunse a ipotizzare una guerra tra civiltà aliene, al termine della quale Marte divenne inabitabile (a causa delle esplosioni nucleari) e l’altro pianeta fu distrutto, sgretolato nell’attuale cintura di asteroidi fra Marte e Giove. Un’eco di tale scontro sarebbe rimasta nel passo dell’Apocalisse che recita:
“E vi fu guerra in cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone; anche il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero e per loro non fu più trovato posto nel cielo.”