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La sequestrata di Poitiers

La storia di Blanche Monnier, la “Sequestrata di Poitiers”, è un caso di cronaca nera che ha affascinato e sconvolto il mondo. Spesso raccontata come una fiaba gotica di amore proibito e vendetta, è una vicenda molto più complessa e agghiacciante, che parla di abusi psicologici e fisici, di turbe mentali, dell’ipocrisia della società “perbene” e di quanta umanità si sia disposti a sacrificare sull’altare dell’apparenza e del prestigio sociale.

Osservare la vicenda nel suo contesto storico e culturale

Vi racconteremo questa brutta storia cercando di calarci il più possibile nella mentalità della fine dell’Ottocento, perché interpretarla con la cultura e gli ideali attuali sarebbe fuorviante.
Dovere e destino di ogni ragazza era si sposarsi e produrre figli, passando dalla potestà paterna a quella maritale, in uno stato di obbedienza perpetua sancito dalla legge.
Il matrimonio avveniva solitamente prima dei 20 anni. E non è un caso, perché a 21 anni una donna poteva sposarsi senza (o perfino contro) il parere del padre, bastava seguire una precisa formalità, che avrebbe comportato un certo scandalo sociale, per lei e per la famiglia di provenienza, ma le avrebbe comunque permesso legalmente di sposare un uomo di sua scelta.

Chi era Blanche Monnier, la “Sequestrata di Poitiers”

Blanche Monnier, nata nel 1849, era una giovane e bellissima donna, apprezzata non solo per il suo fascino ma anche per la sua intelligenza e per le maniere impeccabili che le venivano da un’educazione rigorosa e privilegiata.

 


Sua madre, Louise de Monnier, era una figura austera e di alto prestigio. Nata de Marconnay, apparteneva ad una delle famiglie più ricche e nobili di Poitiers.
Suo padre si era recluso per anni in una stanza al terzo piano, pur non essendo infermo. Louise era considerata autoritaria, facilmente irritabile e molto severa. Era rispettata da tutti e amata da nessuno.

Il padre di Blanche, Charles-Émile, era preside della Facoltà di Lettere, il che conferiva alla famiglia un’autorità morale e intellettuale indiscutibile.

Nubile a 25 anni: praticamente quasi “zitella”

Nonostante la sua bellezza e il suo lignaggio, Blanche raggiunse l’età di 25 anni senza maritarsi, e questa era una situazione molto anomala. Non sappiamo se nessun pretendente era stato giudicato idoneo per Blanche dalla famiglia o quale fosse la ragione per cui non era ancora maritata, ma si trovava già pericolosamente vicina alla condizione di “zitella”, all’approssimarsi della quale solitamente le famiglie cercavano semplicemente “un” marito qualsiasi. Forse giocò un ruolo anche la grande instabilità politica del periodo, la guerra, le sanguinose rivolte e uno stato incerto e provvisorio, altalenante fra monarchici e repubblicani.

Il pretendente indesiderato

Sappiamo che nel 1874 Blanche si innamorò di un uomo di nome Victor Calmeill, ma l’unione non era gradita alla famiglia, in particolare alla madre, Louise, che la considerava una vergogna sociale. L’avvocato, secondo la versione ufficiale, non era ritenuto degno della figlia, né per status, né per ricchezza, né per prestigio. Alcune versioni che si trovano in giro, additano come causa della disapprovazione la differenza di età, questo è un tipico esempio di distorsione in cui si incorre quando si osserva il passato con la mentalità odierna. Due secoli fa, era assolutamente “normale” che le giovani ragazze sposassero uomini di 20, 30 o anche 40 anni più anziani. Dunque non può essere stato questo il motivo della feroce opposizione al matrimonio.
Da una nostra ricerca risulta inoltre che Victor Calmeil non era affatto un uomo di basso rango. I documenti dell’epoca, come i “bulletin” delle società accademiche di Poitiers, lo descrivono come un avvocato di successo, segretario della Société d’horticulture de la Vienne e un membro attivo della Société académique d’agriculture, belles-lettres, sciences et arts. Era un uomo di cultura, un antiquario e un collezionista di reperti storici, come confermato dall’offerta di pergamene e altri oggetti fatta dai suoi eredi nel 1886. Questo significa che non era affatto “povero” e che il suo status sociale era impeccabile. Perché allora opporsi a un matrimonio che avrebbe tolto quella bella figlia dall’imbarazzante posizione di zitella?
Probabilmente un’ossessione per il controllo da parte della madre Louise, abbinata con una profonda divergenza politica. Le fonti storiche suggeriscono che i Monnier fossero ferventi monarchici, mentre Victor Calmeil aderiva a ideali repubblicani.
In un’epoca di forti e sanguinosi contrasti politici, quando la Repubblica non era neanche formalizzata e si tentava di restaurare la monarchia, questa differenza poteva essere un motivo molto forte per la famiglia di Blanche per considerare l’uomo un vero e proprio nemico.
Il padre di Blanche, Charles-Émile, fu rimosso dall’incarico di preside della Facoltà di Lettere di Poitiers proprio durante la crisi politica del 16 maggio 1877, quando fallì il tentativo di imporre un governo conservatore e lo scontro ideologico tra monarchici e repubblicani si intensificò.
Volendo fare un’ipotesi plausibile, possiamo immaginare che Blanche insistesse nel voler sposare Victor, e avendo 25 anni, legalmente poteva farlo anche andando contro il parere del padre. Le sarebbe costato un certo stigma sociale, sia a lei che all’intera famiglia, ma la legge le consentiva di procedere.
Il fratello di Blanche, Marcel, che viveva nella casa di fronte con la moglie e la figlia, ex sottoprefetto e avvocato, sarebbe stato ugualmente danneggiato e perfino il futuro della figlioletta poteva risentire di avere in famiglia una zia “ribelle”. Inoltre i monarchici non avevano ancora rinunciato alla restaurazione della monarchia, pertanto una tale unione era ancora più inaccettabile.
Come impedire ad una figlia disobbediente di sposare un repubblicano? Rinchiudendola in casa.

L’inizio della reclusione

La madre di Blanche, Louise, impedì alla figlia di uscire da quel momento in poi. Probabilmente l’intento iniziale era di “disciplinarla” con la reclusione finché non fosse “rinsavita”. La cosa non funzionò, Blanche non cambiava idea e diventava sempre più rabbiosa. Allora fu rinchiusa in una piccola stanza buia nella soffitta, con le persiane incatenate. La stessa Louise smise di apparire in pubblico e di ricevere visite.
Nel frattempo le condizioni di salute di Charles-Émile peggiorarono, al punto che fu necessario somministrargli l’estrema unzione.
Il sacerdote, padre Montbron, avrebbe poi così testimoniato riguardo quell’incontro:

“Pianse amaramente e sembrò mostrare rimorso, sia perché aveva dovuto cedere all’insistenza della moglie comportandosi in modo così severo, sia perché era stato costretto a evitare uno scandalo, poiché disse che sua figlia, un’isterica, si stava spogliando completamente davanti a tutti e si stava quindi esibendo alle finestre che davano sulla città.”

Qui siamo davanti alla prima di una serie di “storie” che i vari testimoni riferiranno col chiaro intento di “giustificare” la famiglia (e la propria non azione).
Blanche era già reclusa, con l’unica finestra della stanza chiusa e i battenti incatenati. Difficile pensare che riuscisse ad “esibire” le sue nudità al mondo. Sicuramente, sentendo la presenza di qualcuno in casa, avrà emesso lamenti per richiamare l’attenzione. Al sacerdote è stata data questa spiegazione e l’uomo l’ha accettata, senza pensarci due volte. Era più “comodo” e meno problematico dell’alternativa.

La prigionia di Blanche si inasprì ulteriormente dopo la morte del padre, nel 1882, la cui scomparsa rese il figlio Marcel capofamiglia. Marcel avrebbe potuto imporre la sua volontà sulla madre e scarcerare la sorella, ormai imprigionata nella sua stanza da anni. Ma non lo fece. Durante il processo Marcel dichiarò che la sorella era pazza e non aveva mai tentato di fuggire da quella stanza dove desiderava restare rinchiusa. Diversi testimoni affermarono invece di aver spesso sentito Blanche urlare e supplicare, e gridare parole come “polizia”, ​​”pietà” e “libertà”.

La finestra della stanza di Blanche, dopo l’irruzione della Polizia

Le particolarità del fratello Marcel

Marcel Monnier, fratello della “Sequestrata di Poitiers” era un personaggio un po’ strano, almeno stando alle testimonianze delle sue cameriere. Non voleva che gli venissero cambiate le lenzuola e la sua stanza non doveva mai essere pulita. Il vaso da notte poteva essere svuotato, ma solo se e quando era pieno fino all’orlo. A volte, dopo aver defecato, lo deponeva sul comodino accanto al letto della moglie, “in modo che lei potesse sentirne bene l’odore”. Dunque aveva una certa fissazione per la sporcizia e gli escrementi, che potrebbe rendere un po’ meno fasulla la sua testimonianza, almeno nella parte in cui dichiarò che pur andando a trovare la sorella, non si era accorto delle sue condizioni, perché sapeva che era nuda e quindi per rispetto non la guardava mai, né aveva sentito la puzza. Forse per lui l’odore di escrementi e sporcizia era addirittura gradevole.

La reclusione diventa ancora più disumana

Subito dopo la morte di Charles-Émile, il cancello principale di casa Monnier fu chiuso a chiave, la servitù usò solo l’ingresso di servizio. Ogni fessura della finestra di Blanche fu chiusa e sigillata, in modo che nessuno potesse vederla o sentirla e che la donna non riuscisse più ad infilarci delle lettere in cui chiedeva aiuto. A quanto pare, infilandole nelle fessure delle persiane, la prigioniera ne aveva lasciate cadere più di una, chiedendo alla cuoca di recuperarle in cortile e poi spedirle. Ma quelle lettere non furono mai spedite, perché su ordine della signora di casa, venivano tutte consegnate a lei, che lesse solo la prima, le altre le distrusse senza neanche aprirle.
La cameriera Virginie Magaul, che lavorò per alcuni anni per la famiglia, riferì che Blanche litigava furiosamente con la madre e le tirò addosso ben sei vasi da notte, che si ruppero sulle scale. A quel punto la donna non le fornì più un nuovo vaso, lasciandola seduta sulla sua stessa sporcizia.
Altre due cameriere, Juliette DuPuis ed Eugenie Tabeau, dichiararono in seguito che Madame Monnier non entrava mai nella stanza della figlia e non permetteva che Blanche venisse lavata o che le venissero cambiate le lenzuola, la coperta o il materasso. Erano autorizzate a sostituire solo la traversa, che si riempiva di escrementi, ma non potevano farlo prima delle 21.30 di sera.

Perché queste due donne non fecero nulla per aiutare la povera reclusa? Non senza una serie di contraddizioni entrambe affermarono di aver creduto in buona fede alle dichiarazioni della loro padrona, che le aveva informate che la figlia era “incurabilmente” malata e che ogni cura fosse quindi inutile. Per questo motivo non si preoccupavano della situazione, né ritennero fosse opportuno contrariare gli ordini della loro datrice di lavoro.
Qui è necessario fare una pausa per capire meglio. Una cameriera, in quanto donna che lavorava, era in una posizione sociale bassissima. Un licenziamento senza lettera di referenza positiva significava non lavorare mai più, il che si traduceva nella miseria assoluta, soprattutto se la cameriera era zitella. La totale discrezione per quanto veniva visto e udito in casa era il requisito fondamentale per il personale di servizio. Non è affatto strano che queste donne abbiano preferito far finta di niente e obbedire alla loro severa ed iraconda padrona, se questo significava non perdere il posto di lavoro. Riguardo il concetto che è inutile curare chi è affetto da un male non curabile, anche questo rientra nella mentalità dell’epoca.

“Blanche è all’estero”

Ma torniamo a Marcel che diventa capofamiglia e alla prigionia di Blanche che diviene ancora più disumana. A chi chiedeva notizie della sorella, Marcel dichiarava che si trovava all’estero in viaggio, poi che si era trasferita definitivamente lì, presso dei parenti. Anche questo non è strano. Era una scelta tipica delle zitelle, scegliere un parente distante dove fare da dama di compagnia e serva per il resto della vita, lontano dal contesto sociale in cui erano cresciute.

L’innamorato scompare dalla storia

Nel 1886 moriva Victor Calmeil, senza sapere che fine avesse fatto la donna che voleva sposare. La sua figura venne completamente rimossa dalla storia, quasi come se non fosse mai esistito. Non sappiamo se provò a cercarla, se quelle famose lettere che Blanche provava disperatamente a spedire fossero dirette proprio a lui, se tentò di sollecitare le forze dell’ordine, se la dimenticò e si sposò con un’altra oppure se restò nei suoi pensieri fino alla morte. Non sappiamo neanche in quali circostanze avvenne il decesso.
Il 16 agosto 1892, un testimone udì Blanche urlare: “Cosa ho fatto per essere rinchiusa? Non merito questa orribile tortura. Dio non deve allora esistere, per far soffrire così le sue creature? E nessuno che venga in mio soccorso!”
Nel 1896 muore l’unica domestica che osava prendersi cura di Blanche in modo più umano rispetto agli ordini della padrona. Da quel momento la prigioniera viene lasciata in uno stato di completo abbandono.

La scoperta

Il 22 maggio 1901, giunge una lettera anonima al Procuratore generale di Poitiers:

«Signor Procuratore generale, ho l’onore di informarvi di un evento eccezionalmente grave. Parlo di una zitella che è segregata nella casa di Madame Monnier, in mezzo alla fame, e che vive in un letto sporco dagli ultimi venticinque anni – in una parola, nella propria sporcizia.»

Nel pomeriggio del giorno dopo, il commissario Bucheton della polizia di Poitiers, accompagnato da agenti e con un mandato del procuratore di Parigi, si recò alla residenza dei Monnier. Dopo aver superato l’ostruzionismo dei domestici, di Marcel (che definì il contenuto della lettera come “tutta calunnia”) e di Louise, gli agenti trovarono una porta della soffitta chiusa a chiave con una spessa catena e un lucchetto. Fu Marcel ad aprire il lucchetto, quindi sapeva bene che la sorella era richiusa in quella stanza. Gli agenti entrarono e furono accolti da un odore insopportabile. L’ambiente era nel buoi più totale.

«Abbiamo dato immediatamente l’ordine di aprire la finestra dell’edificio. Questo fu fatto con estrema difficoltà, perché dalle vecchie tende scure cadeva moltissima polvere. Per aprire le persiane fu necessario rimuoverle dalle cerniere a destra. Appena la luce entrò nella stanza abbiamo notato, dietro, sdraiata su un letto, la testa e il corpo coperti da una coperta repulsivamente sporca, una donna identificata come Mademoiselle Blanche Monnier. La sventurata donna giaceva completamente nuda su un pagliericcio marcio. Tutt’intorno a lei si era formato uno strato di escrementi, frammenti di carne, verdure, pesce e pane marcio… Vedemmo anche gusci d’ostrica e insetti che correvano sul letto di Mademoiselle Monnier. L’aria era così irrespirabile, l’odore emanato dalla stanza così nauseabondo, che ci fu impossibile rimanere oltre per proseguire le nostre indagini.»

Blanche era scheletrica, pesava appena 25 chilogrammi, aveva i capelli lunghissimi trasformati in una stuoia di feltro, piena di sporcizia e parassiti, la pelle coperta da una vera e propria crosta di sudiciume.

Blanche Monnier appena giunta in ospedale, subito dopo la sua liberazione

Sul muro cella stanzetta c’erano una serie di scarabocchi, per lo più incomprensibili, ma l’ispettore decifrò una frase:

“Niente fai della bellezza, dell’amore o della libertà, sempre della solitudine.
Bisogna vivere e morire in prigione per tutta la vita.”

L’indignazione pubblica fu enorme, Louise e Marcel vennero arrestati, mentre una folla inferocita urlava contro di loro. Pochi giorni dopo, Louise morì d’infarto.
Quando Blanche ne fu informata, gridò: “Ah! Voglio una festa! Voglio una festa!”

Le versioni di comodo

Prima del decesso, Louise fu interrogata e sostenne che la sua povera figlia era uscita di senno fin dal 1872, quando il fratello si era sposato. Si ammalò, smise di nutrirsi regolarmente, dimagrì e rifiutò di indossare la camicia da notte. Riguardo le sue condizioni di sporcizia, la donna affermò che la figlia rifiutava qualsiasi pulizia.
Queste dichiarazioni non sembrano veritiere, ma inventate.
Il 1872 corrisponde a due anni prima dell’incontro di Blanche con l’avvocato Victor Calmeil e del loro corteggiamento osteggiato dalla famiglia. Blanche è stata presente in società per almeno altri due anni, durante i quali era considerata avvenente e impeccabile, ha avuto modo di conoscere il suo spasimante e di progettare le nozze, non poteva certamente farlo da reclusa. Venne prodotta anche una lettera di Marcel alla sorella, datata 1876, come prova che la reclusione fu una scelta di Blanche:

“…spero che tu non sia più malata; prenditi cura di te, indossa un vestito come tutte e quando tornerò a Poitiers, il che sarà presto, andremo a fare una passeggiata insieme, se vuoi. Sarebbe sicuramente meglio che restare chiusa in camera per sempre.”

Va sottolineato che nel 1876 Blanche stava ancora combattendo la famiglia per poter sposare l’uomo che amava e non era ancora reclusa. Probabilmente siamo alle prime azioni “disciplinari” della madre, con la famiglia che faceva pressioni perché rinunciasse a quell’idea. Agli occhi smaliziati di oggi è abbastanza chiaro ciò che sta facendo Marcel, la sta manipolando per ricondurla all’ovile, è come se le dicesse:

“Cedi, obbedisci e passeggeremo insieme. Insisti e ti chiuderemo in camera per sempre.”

Il fratello viene assolto

Marcel fu processato e condannato in primo grado a soli 15 mesi di prigione per complicità in privazione della libertà e tortura, riuscendo a scaricare tutte le colpe sulla tirannica madre – defunta – che non l’aveva mai liberata, non aveva mai accettato di farla ricoverare in una casa di cura e non l’aveva accudita in modo appropriato, senza che lui se ne rendesse conto.

C’è da sottolineare che – in quanto capo della famiglia – Marcel era comunque tecnicamente responsabile della tutela della sorella e della madre e sul piano legale entrambe erano tenute ad obbedirgli. Pertanto a prescindere da quanto fosse tirannica la madre, la responsabilità finale dell’accaduto doveva ricadere sulle sue spalle. Evidentemente i suoi “agganci” erano notevoli e se la cavò veramente con poco. La folla si aspettava ancora meno, probabilmente, perché reagì alla condanna esultando.
Marcel comunque non tardò a far avverare le aspettative peggiori del pubblico, perché ricorse in appello e fu addirittura assolto.
Il motivo di tale assoluzione è uno degli aspetti più anomali, tristi e scandalosi del caso: la legge francese dell’epoca non prevedeva il reato di “sequestro” per una persona “malata di mente”.
Marcel sostenne che la sorella fosse stata dichiarata incapace di badare a se stessa già nel 1875 dal dottor Guérineau. La reclusione in casa era dunque una scelta “terapeutica” al posto di quella in un manicomio.
Fermiamoci un momento e riflettiamo.
Nel 1874 Blanche si innamora del suo “scomodo” spasimante, ha 25 anni, può sposarlo perché maggiorenne. Farla dichiarare incapace di badare a se stessa – cioè di intendere e volere, era una procedura standard per mantenere il controllo sulle figlie disobbedienti anche una volta raggiunta la maggiore età. La prima reclusione in casa non aveva ricondotto Blanche alla ragione, quindi è perfettamente plausibile che la famiglia abbia provveduto a farla dichiarare “pazza” per assicurarsi che non potesse sposarsi con il suo pretendente e che potesse essere reclusa senza conseguenze legali. Gli elementi citati come motivo per cui il medico la dichiarò incapace sono che la sua stanza sporca e che lei non si cambiava più i vestiti. Entrambi non necessariamente attribuibili a Blanche, visto che le donne benestanti non pulivano e neanche si vestivano personalmente, ma erano le cameriere a provvedere, su ordine della padrona di casa.

La teoria che Blanche fosse pazza da prima probabilmente non resse in tribunale, allora la linea difensiva cambiò. Anche nel caso in cui la condizione di follia di Blanche fosse stata causata dalla prigionia stessa, il fatto innegabile che la donna fosse malata di mente rendeva nullo il reato. Un ragionamento talmente atroce e disumano che stimolò un cambio legislativo.
Con questo cavillo Marcel se la cavò, uscendone “pulito”. Fortunatamente l’indignazione pubblica e lo scandalo minarono pesantemente la sua reputazione, al punto che si ritirò a vita privata in una casa isolata a Ciboure, dove morì nel 1913.

Altre versioni della storia di Blanche dicono che la donna rimase incinta del suo spasimante avvocato e per questo motivo fu rinchiusa. Partorì una bambina che le fu tolta e affidata ad un orfanotrofio, oppure uccisa e sepolta nel cortile. Quindi fu mantenuta in reclusione come forma di punizione per i suoi peccati carnali e tutela della reputazione della famiglia.

Blanche: nessun lieto fine per la “Sequestrata di Poitiers”

Il 1º giugno 1901, Blanche Monnier, all’età di 52 anni, fu liberata dalla sua prigionia e condotta presso l’ospedale Hôtel-Dieu di Parigi, dove ricevette immediatamente l’estrema unzione dal cappellano, che temeva l’imminente morte di quel misero essere scheletrico. Blanche si dimostrò amabile e ben disposta verso le suore e i medici, che la lavarono, vestirono e nutrirono propriamente. Mangiò con avidità e accolse con gioia e gratitudine i gesti di gentilezza, ai quali evidentemente non era avvezza. Le fu necessario un po’ di tempo per riuscire a sopportare la luce, che non vedeva più da anni.

Blanche Monnier in ospedale

Si abituò, invece, rapidamente a usare il vaso da notte, apprezzò i vestiti, le pulizie e l’acqua di colonia. Le piaceva guardare fuori dalla finestra e adorava osservare gli uccellini in volo. 25 anni di prigionia avevano però inciso profondamente e irreparabilmente sulle sue facoltà mentali.

Per lo psichiatra di Poitier, dottor Lagrange, le turbe psichiche di cui soffriva erano estremamente gravi, pertanto doveva essere internata in un ospedale psichiatrico. Il verbale dell’interrogatorio dello specialista, datato 6 agosto 1901, quindi appena due mesi dopo la liberazione di Blanche, agli occhi di un lettore smaliziato di oggi, mostra una donna traumatizzata, che presenta ogni segno dei tanti anni di manipolazione mentale e tortura fisica, in cui le era stato inculcato di non parlare, in cui la sua identità è stata azzerata.

Dottore: Dicci il tuo nome e cognome.
Blanche (ride): Niente, proprio niente.
Dottore: Non ti chiami Blanche Monnier?
Blanche: Non c’è una sola donna con quel nome.
Dottore: Dove sei nata?
Blanche (parole incomprensibili, poi): Ma non si può restare qui.
Dottore: Non hai un fratello?
Blanche: Bene allora! Sì.
Dottore: Ci dirai il nome di tuo fratello?
Blanche: ride e non risponde.
Dottore: Non vuoi dirci il suo nome?
Blanche: No.
Dottore: Dove abitavi a Poitiers?
Blanche: E non voglio dire niente. Non è compito mio parlare.
Dottore: Non abitavi al 21 di Rue de la Visitiation?
Blanche: Sì, ma non al 21, 14.
Dottore: Non c’era un bel cortile lì?
Blanche: Sì, sì, quando torno, salterò sulla schiena di qualcun altro.
Dottore: La tua stanza era più bella di questa?
Blanche: Quando eravamo nella cara, buona Gross-Hinter, era meglio di qui, ma dobbiamo aspettare ancora un po’ prima di andarci.
Dottore: Ti ricordi di tua madre? Ti amava e tu amavi lei?
Blanche: si arrabbia e si rifiuta di parlare.
Dottore: Vorresti vedere tua madre?
Blanche: No, è meglio per lei se rimane dov’è.
Dottore: Quindi non ami tua madre?
Blanche: Sì, sì, ma è meglio per lei se rimane dov’è .
Dottore: Tuo fratello veniva spesso a trovarti quando abitavi in Rue de la Visitation?
Blanche: Sì, sì.
Dottore: Ti portava dei dolci?
Blanche (ride): Siamo abbastanza ricchi nella cara, buona Gross-Hinter da poter comprare dei dolci.
Dottore: Ti lavavano e pettinavano i capelli quando abitavi in Rue de la Visitation?
Blanche: Non ero io ad avere così tanti capelli; era qualcun altro. Oltre a me, ce ne sono altri che hanno lo stesso nome […]

Il cappellano dell’ospedale, de Mondion, si oppose alla diagnosi dello psichiatra. La presunta follia di quella sfortunata creatura era stata semplicemente usata come giustificazione per rinchiuderla. Blanche era la vittima, ed era una persona gentile. Preferiva anche tenere i vestiti, aveva certamente un certo senso del pudore. Le sue finestre erano aperte e non aveva mai mostrato il minimo segno di follia maligna o pericolosa, a differenza dei criminali che l’avevano imprigionata in una stanza buia per così tanto tempo. Che il suo corpo e la sua mente non si fossero mai ripresi, che fosse confusa e depressa, era da considerarsi una triste e inevitabile conseguenza.

Marie Deshoulières, che aveva lavorato a casa Monnier nel 1883, testimoniò che all’epoca in cui la conobbe, Blanche era perfettamente lucida e conversava normalmente. Solo nel parlare con la madre – la sua carceriera – era presa da violenta rabbia e non si vestiva mai del tutto, restando con la camicia da notte per tutto il tempo.

Questo dettaglio sull’abbigliamento è interessante. Nel 1883 Blanche era già reclusa da anni, perché vestirsi se non poteva uscire e ricevere visite? Forse era un tentativo di combattere contro la madre-padrona, manifestando il dissenso come poteva. O forse, più semplicemente, Louise non autorizzava la cameriera a vestirla, come forma di controllo per piegare e spezzare ogni umanità nella figlia.

Ebbe la meglio la tesi dello psichiatra e Blanche passò il resto della vita in ospedali psichiatrici. Morì in quello di Blois nel 1913, all’età di 64 anni, poche settimane prima del fratello. Non ebbe giustizia, la “Sequestrata di Poitiers”, se non quella divina, che in qualche modo si manifestò, anche se con un certo ritardo.

 

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