La Sifilide viene dall’America precolombiana: è quanto recentemente appurato dallo studio del DNA antico, pubblicato su Nature. Si tratta di una svolta nel dibattito scientifico che per secoli ha animato gli esperti, circa l’origine della terza malattia batterica sessualmente trasmessa più diffusa su scala mondiale, dopo la Clamidia e la Gonorrea e la più temuta per le sofferenze e le deturpazioni fisiche.
Lo studio rivoluzionario, condotto da un team internazionale di scienziati e guidato da M. Barquera, ha analizzato il DNA antico del Treponema pallidum, il batterio responsabile della sifilide. L’analisi di resti scheletrici provenienti da contesti pre-colombiani nelle Americhe ha rivelato la presenza di ceppi antenati del batterio molto prima dell’arrivo degli europei. In particolare, è stata identificata una diversità genetica che suggerisce un’origine americana di tutte le forme di Treponema pallidum, comprese quelle che causano la sifilide venerea, la framboesia e la pinta. Il che rafforza l’ipotesi che il batterio sia stato portato in Europa dai marinai di Colombo al loro ritorno nel 1493, innescando un’epidemia devastante.
Il dato scientifico conferma quello archeologico. Questo vaso peruviano del VI secolo d.C. è considerato la più antica rappresentazione artistica che mostra una madre con i tipici segni della sifilide congenita.
L’arrivo in Europa con i mercenari di Carlo VIII
Nel 1494 l’esercito di Carlo VIII di Francia, composto da mercenari provenienti da tutta Europa, invase l’Italia per rivendicare il Regno di Napoli. Dopo una certa permanenza a Roma, nel febbraio 1495 l’esercito entrò a Napoli. Fu durante la Battaglia di Fornovo, nel luglio dello stesso anno, che i medici italiani descrissero per la prima volta una nuova malattia che si diffondeva tra i soldati francesi: eruzioni cutanee generalizzate, pustole più terrificanti della lebbra, potenzialmente letale e, crucialmente, trasmessa sessualmente.
Le condizioni di guerra, la promiscuità, gli stupri e la prostituzione crearono un terreno fertile per la rapidissima diffusione del morbo in tutta Europa.
Carlo VIII stesso, durante la sua campagna, si ammalò, con sintomi che i medici diagnosticarono come vaiolo, ma che probabilmente erano le prime manifestazioni della sifilide. In base ai testi del periodo, sappiamo che la malattia aveva un decorso più veloce e violento rispetto a quella odierna ed era rapidamente fatale. Sicuramente gli europei dell’epoca non avevano anticorpi nei confronti di quel patogeno sconosciuto, man mano che l’infezione divenne endemica si ebbe un decorso più mite e probabilmente la dominanza di ceppi batterici meno aggressivi.
La nuova malattia fu immediatamente stigmatizzata, con ogni nazione che incolpava la vicina: “male francese” o “male gallico” per gli italiani e i tedeschi, “male napoletano” per i francesi, “male polacco” per i russi, “mal dei tedeschi” per gli spagnoli, “male spagnolo” per gli olandesi, “male cristiano” per i turchi e così via.
Amerigo Vespucci accusò le donne del Nuovo Mondo di essere veicolo principale del contagio, che secondo lui avveniva perché esse pungevano i genitali degli uomini con un insetto che aveva un veleno afrodisiaco, in modo da stimolarne il desiderio sessuale. Il veleno causava poi anche la malattia. Ovviamente una simile spiegazione era socialmente più accettabile rispetto a dire che gli uomini “civili” europei stuprarono in massa le donne indigene, contraendo la malattia.
Il nome sifilide venne dato in seguito al celebre poemetto del grande medico veronese Girolamo Fracastoro (1476-1553), intitolato ‘Syphilis, sive de morbo gallico‘ (Sifilide, cioè del morbo gallico) sotto forma di poemetto in esametri scritto nel 1521, ma pubblicato nel 1530.
Gli astrologi furono convinti che ne fossero causa congiunzioni ed opposizioni dei pianeti (ed in particolare Saturno e Marte) sotto il segno zodiacale dello scorpione che nelle tavole anatomiche-astronomiche presiedeva gli organi genitali. Albrecht Dürer (1471-1528), in una delle sue opere minori, incise nel 1496 l’arrivo della sifilide in Europa, malattia nuova causata dalle “stelle”.

Altre teorie meno popolari, come quella sostenuta da Sigismondo dei Conti da Foligno, incolparono gli Ebrei Marrani cacciati dalla Spagna, rifugiatisi a Roma in pessime condizioni igieniche e dediti alla “smodatezza sessuale”.
È interessante notare come, nonostante questa forte stigmatizzazione morale e religiosa, personalità influenti come principi, prelati, condottieri, artisti e letterati, nei decenni successivi alla comparsa del “male francese”, non mostrassero reticenza nell’ammettere di esserne infetti, testimoniando quanto la sifilide fosse radicata in tutti gli strati sociali.
I tradizionali sistemi di quarantena e cordoni sanitari, efficaci contro peste e colera, si rivelarono inutili contro una malattia a trasmissione prevalentemente sessuale. Le autorità sanitarie si concentrarono allora sul controllo delle prostitute, considerate le principali responsabili del contagio. Furono adottati sistemi di regolamentazione del meretricio, con obblighi di registrazione, tasse, confino in luoghi specifici e, per le infette, l’obbligo di dichiararsi e sottoporsi a cure, pena il bando dalla città. Anche le “stufe”, luoghi pubblici affollati simili alle terme romane, furono identificate come focolaio di promiscuità e contagio.
Un proverbio popolare dell’epoca recitava: “pur un plaisir, mil douleur” (per un piacere, mille dolore) o, più esplicitamente, “per una notte con Venere, una vita con Mercurio”, sottolineando la punizione che seguiva il piacere carnale e alludendo al doloroso trattamento mercuriale.
La sifilide non risparmiò nessuno strato sociale. Numerose figure storiche di spicco furono colpite, a dimostrazione della sua ampia diffusione anche tra le élite, spesso associata alla promiscuità e allo stile di vita dell’epoca: scrittori come Alphonse Daudet, Charles Baudelaire, Oscar Wilde e Fëdor Dostoevskij; filosofi come Friedrich Nietzsche e Arthur Schopenhauer; artisti come Eduard Manet, Paul Gauguin e Vincent van Gogh; compositori come Ludwig van Beethoven. Anche monarchi come lo zar Ivan IV (il Terribile, la cui sifilide è stata additata come causa del comportamento brutale), Enrico VIII d’Inghilterra e Al Capone, il famoso gangster, si presume siano stati affetti, con gravi conseguenze sulla loro salute e sul loro comportamento.
La storia della diagnosi e dei trattamenti
La Sifilide è stata definita dal medico canadese William Osler la “grande imitatrice” per il suo polimorfismo sintomatologico, che per secoli ha causato la sua confusione con altre malattie, come la lebbra o la gonorrea.
I trattamenti, nel corso della storia, furono spesso inefficaci e dolorosi:
Piante americane: Inizialmente, si usarono piante del Nuovo Mondo come il guaiaco (Guaiacum officinale), creduto un “purificatore del sangue” che induceva sudorazione e diuresi. Ulrich von Hutten, malato di sifilide, ne fu un fervente sostenitore.
Mercurio: Popolarizzato da Paracelso, era un trattamento comune nonostante i suoi gravi effetti tossici (idrargirismo, polmonite). Veniva somministrato topicamente, oralmente, per iniezioni o tramite fumigazione.
Sali di bismuto: Introdotti nel 1884, erano meno tossici e più efficaci del mercurio.
La vera svolta ci fu nel XX secolo.
- 1905: I tedeschi Fritz Schaudinn e Paul Erich Hoffmann scoprirono l’agente eziologico della sifilide, il Treponema pallidum (inizialmente chiamato Spirochaeta pallida).
- 1906: Landsteiner introdusse la microscopia in campo oscuro per rilevarlo.
- 1910: August Wasserman sviluppò il primo test sierologico per la sifilide (reazione di Wasserman), consentendo la diagnosi anche in assenza di sintomi.
- 1949: Nelson e Mayer idearono il test di immobilizzazione del Treponema pallidum (TPI), il primo test specifico.
Nel 1910, Paul Ehrlich (Premio Nobel 1908) e Sahachiro Hata scoprirono il Salvarsan (“Composto 606”), il primo chemioterapico specifico per la sifilide. Era efficace ma doloroso e tossico; fu seguito dal meno tossico Neosalvarsan.
Nel 1917, Julius Wagner-Jauregg (Premio Nobel 1927) introdusse la malarioterapia per la neurosifilide: l’induzione di febbre controllata tramite inoculazione di Plasmodium vivax (malaria) portava a un miglioramento sintomatico.
Con la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming nel 1928 si aprirono nuovi e più efficaci orizzonti di cura. Dal 1943, la penicillina divenne il trattamento principale ed estremamente efficace per la sifilide, segnando un drastico declino dei casi e un controllo significativo della malattia a livello globale.
La Sifilide oggi: sintomi, stadi e cure
La sifilide è oggi una malattia facilmente curabile, se diagnosticata e trattata precocemente. Il trattamento di elezione è ancora la Penicillina.
Sintomi e stadi:
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Sifilide primaria:
- Si manifesta tipicamente dopo 10-90 giorni (in media 21) dal contagio con la comparsa di un sifiloma o ulcera dura. Questo è una lesione indolore, rotonda, rossa e solida, che appare generalmente nel punto di ingresso del batterio (genitali, ano, retto, labbra o bocca).
- Le ghiandole linfatiche vicine possono ingrossarsi, rimanendo anch’esse indolori.
- Il sifiloma guarisce spontaneamente in 3-6 settimane, anche senza trattamento, ma la malattia continua a progredire.
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- Generalmente trattata con una singola iniezione di Penicillina G benzatinica.
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Sifilide secondaria:
- Si sviluppa di solito 2-10 settimane dopo la comparsa del sifiloma primario, se la malattia non è stata trattata.
- I sintomi sono vari e possono includere:
- Eruzione cutanea: Di solito non pruriginosa, può manifestarsi su qualsiasi parte del corpo, spesso sui palmi delle mani e sulle piante dei piedi, con macchie rossastre o marroni.
- Lesioni sulle mucose: Piccole lesioni biancastre o grigiastre (condilomi piani) in bocca, gola, vagina o ano.
- Sintomi simil-influenzali: Febbre, mal di gola, stanchezza, cefalea, dolori muscolari e articolari.
- Linfoadenopatia diffusa: Ingrossamento dei linfonodi in diverse parti del corpo.
- Alopecia: Perdita di capelli a chiazze.
- Questi sintomi possono scomparire anche senza trattamento, ma il batterio rimane nell’organismo.
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- Generalmente trattata con una singola iniezione di Penicillina G benzatinica.
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Sifilide latente:
- Questo stadio segue la sifilide secondaria e si divide in latente precoce (entro un anno dal contagio) e latente tardiva (oltre un anno). La latente precoce è generalmente trattata con una singola iniezione di Penicillina G benzatinica.
- È caratterizzato dall’assenza di sintomi evidenti, ma il batterio è ancora presente nel corpo.
- La diagnosi avviene solo tramite test sierologici.
- Durante la fase latente precoce, è ancora possibile la trasmissione sessuale, anche se il rischio è minore rispetto agli stadi sintomatici. Nella fase latente tardiva, la trasmissione sessuale è meno probabile, ma possono insorgere complicanze tardive. Anche nello stadio latente tardivo, può essere risolta con iniezioni multiple di Penicillina G benzatinica.
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Sifilide terziaria:
- Si sviluppa in una percentuale di persone non trattate, anche dopo molti anni (fino a 10-30 anni) dall’infezione iniziale. È lo stadio più grave e può causare danni permanenti e potenzialmente fatali a organi vitali. Se diagnosticata prima che produca danni irreversibili, può ancora essere risolta con iniezioni multiple di Penicillina G benzatinica.
- Le manifestazioni possono includere:
- Gomme sifilitiche: Lesioni granulomatose che possono comparire su pelle, ossa o organi interni (fegato, cervello).
- Neurosifilide: Complicanze che colpiscono il sistema nervoso centrale, portando a paralisi, cecità, demenza, disturbi mentali gravi, tabe dorsale (compromissione del midollo spinale).
- Sifilide cardiovascolare: Danni all’aorta (aneurismi), alle valvole cardiache e ad altri vasi sanguigni.
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Sifilide congenita:
- Si verifica quando una madre infetta trasmette il Treponema pallidum al feto durante la gravidanza. Può causare aborto spontaneo, morte neonatale o gravi problemi di salute nel bambino, inclusi deformità ossee, problemi neurologici e cutanei.
Il trattamento di elezione è sempre la Penicillina. Per i pazienti allergici, ci sono altre classi di antibiotici meno efficaci ma ugualmente risolutivi.
Riferimenti: