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Telepilo: Atlantide siciliana

Trovata l’Atlantide siciliana?

Trovata l’Atlantide siciliana, per la seconda volta

La suggestiva notizia della scoperta di una mastodontica città sommersa ad una quarantina di chilometri a sudest di Portopalo, in Sicilia, a 250 metri di profondità, sta facendo il giro del mondo. Cosa c’è di vero e cosa è ingigantito nella storia dell’Atlantide siciliana?

Il polverone è iniziato con un articolo sul portale di Graham Hancock, celebre giornalista e scrittore di best seller mondiali sull’archeologia misteriosa. Come vedremo la scoperta non è del tutto nuova perché anticipata da un italiano nel 2021. La differenza è la cassa di amplificazione fornita da Hancock, che è mancata al “nostrano” Luigi Usai. Chaisson ha saputo inoltre solleticare le suggestioni in modo molto astuto.

L’autore dell’articolo più recente è l’ingegner André Chaisson, specializzato in mappe topografiche e appassionato di misteri. Chaisson racconta in prima persona di come, nel novembre del 2024, mentre generava mappe topografiche in QGIS dei fondali del mediterraneo, si è imbattuto in “qualcosa di veramente straordinario” a quaranta chilometri a sud-sud-est di Portopalo, ai margini del ciglio sottomarino Malta-Sicilia. Un sito sommerso che l’autore identifica con la Telepilo (o Lamia o Lestrigonia) dei Lestrigoni, i giganti cannibali di cui parla Omero, che attaccarono la flotta di Odisseo.

Chaisson identifica la città sommersa come Telepilo, (o Lamia o Lestrigonia) dei Lestrigoni, citata da Omero.

La struttura rilevata da Chaisson ha una lunghezza di 17,64 chilometri e una larghezza di 4,41 chilometri, dimensioni corrispondono precisamente alle misure antiche: 100 stadi per 25 stadi. “Non sono numeri casuali e la disposizione della città rivela una griglia attentamente strutturata, che riflette una comprensione sofisticata della pianificazione e della progettazione urbana. Questa precisione smentisce qualsiasi ipotesi che il sito sia un’anomalia casuale; le sue caratteristiche inconfondibilmente artificiali indicano una meticolosa maestria artigianale e un’ingegneria avanzata. Con una scala e una complessità che rivaleggia con la grandiosità spesso associata ad Atlantide, Telepilo emerge come uno degli esempi più straordinari di costruzione antica mai scoperti, sollevando profonde domande sulle capacità dei suoi architetti e sul significato culturale della sua forma”.

Atlantide siciliana Telepilo
L’anomalia individuata da Chaisson. Telepilo è l’Atlantide siciliana?

Chaisson analizza e descrive la struttura urbana: a circondare l’intera città c’è un immenso canale, largo oltre mezzo chilometro e lungo 51,5 chilometri. Elevandosi di circa 50 metri sopra l’acqua sottostante. La posizione rialzata e l’imponente via d’acqua, rendevano la città una fortezza quasi inespugnabile.

Telepilo Atlantide siciliana
Mappa batimetrica a rilievo ombreggiato. Le dimensioni indicate sono in metri e in unità di misura greche antiche (1 stadio = 176,4 m).

La porta principale è uno stretto passaggio incastonato tra ripide scogliere, che conduce a un porto interno. Una fila continua di scogliere definisce il bordo settentrionale, mentre un promontorio si protende verso sud, formando una baia protetta.

Un dragaggio digitale per vedere Telepilo senza i sedimenti accumulatisi nei millenni

L’area ha un notevole accumulo di sedimenti, ma l’ingegnere, spiegando i dettagli della sua metodologia, racconta che si è avvalso di quello che chiama “dragaggio digitale”, che rimuove dall’elaborazione batimetrica gli strati di sedimenti morbidi, per evidenziare le strutture più dense sottostanti. È partito dai dati di batimetria marina ad alta risoluzione di EMODnet, ha importato le misurazioni di profondità grezze in Unreal Engine, un potente strumento per la visualizzazione 3D e la manipolazione del terreno, quindi ha rimosso fino a 50 metri di sedimentazione morbida e non consolidata. “Questo scavo digitale migliora la visibilità di formazioni più dure, potenzialmente significative, sottostanti, offrendo una visione più chiara dei contorni naturali o artificiali del fondale marino. Il risultato è un modello 3D raffinato e interattivo”. Ed ecco che sono emerse una serie di grandi formazioni. “Una struttura difficile da ignorare sembra essere un tempio centrale, posizionato direttamente di fronte all’ingresso della porta principale. Potrebbe arrivare un momento in cui verrà rivelata la sua rivalità in scala con la Grande Piramide. Innalzandosi per oltre 150 m sopra l’antica linea di galleggiamento, doveva essere uno spettacolo da ammirare. Un’altra struttura, anch’essa alta quasi 150 metri sopra l’antica riva del mare, posizionata sulla punta del promontorio, potrebbe essere interpretata come un massiccio faro.“

Telepilo, Atlentide siciliana
Vista isometrica 3D del sito utilizzando una mappa a rilievo ombreggiato con scala di colori a profondità media (https://emodnet.ec.europa.eu/)
Odisseo a Telepilo

Vediamo come Omero descrive Telepilo, la città dei Lestrigoni, nel libro X dell’Odissea. «Quando arrivammo nel porto famoso, intorno a cui si alza la roccia scoscesa ininterrottamente ai due lati; coste sporgenti si allungano opposte tra di loro all’imbocco, così che l’entrata è angusta; i compagni arrestarono tutti le navi veloci a virare. Erano dunque ormeggiate all’interno del porto incavato, vicine: dentro non si alza mai l’onda, né molto né poco, e intorno era chiara bonaccia. Io solo trattenni all’esterno la nera nave, lì sulla punta, legando alla roccia una gomena». Quindi Odisseo non conosce il luogo ma ne ha sentito parlare, perché è «famoso». Lascia che gli altri vadano in porto ma lui trattiene la sua nave al riparo su uno sperone roccioso. Poi sceglie un punto di osservazione. «Salii su una altura scoscesa e stetti in vedetta: non si vedevano lì lavori di buoi o di uomini, ma vedevamo soltanto del fumo levarsi da terra. Allora io mandai dei compagni a indagare chi fossero gli uomini che in quella terra mangiavano pane (…) Sbarcati, essi percorsero la strada piana per dove i carri portavano dalle alte montagne la legna in città. Fuori città s’imbatterono in una fanciulla che andava alla fonte, la nobile figlia del Lestrigone Antifate. Ella era scesa alla fonte Artachia dalla bella corrente: da lì portavano l’acqua in città.»

Gli esploratori e l’araldo, guidati dalla ragazza (normale, non gigante) entrano nella casa dei suoi genitori, una dimora «dall’alto soffitto». Una volta dentro, trovano la madre della ragazza e moglie del re Antifante, che è «alta come cima di monte», la quale chiama il marito, che ordina l’uccisione degli stranieri. Ne prende uno e se lo mangia subito. Due scappano fino alle navi ancorate «nel porto profondo», ma i Lestrigoni, tutti giganti, li attaccano. Sulle navi cadono rocce e macigni enormi, che le distruggono e gli uomini vengono infilzati come spiedi e mangiati vivi. Odisseo, allora, taglia l’ormeggio e ordina all’equipaggio di fuggire, abbandonando gli altri al loro destino.
Come fa Odisseo a sapere cosa è successo a terra, dentro la casa del re, se nessuno sopravvive per raccontarglielo?
Se è ancorato a una certa distanza, può aver visto le pietre che dall’alto cadono sulle navi nel porto e le distruggono. Massi che potevano essere lanciati da un probabile meccanismo difensivo (catapulte, ad esempio), può anche aver visto qualche enorme statua con sembianze umane e creato il resto della storia mescolando paura, brutalità e un po’ di dramma, con la motivazione aggiuntiva di non fare brutta figura (è scappato lasciando la flotta al suo destino). Ma sono le descrizioni ambientali ad essere interessanti, secondo l’ingegner André Chaisson. Una grande città, edifici imponenti, un’altura dominante, una fonte dalla «bella corrente» e sistemi difensivi.

Quanto corrisponde il sito sommerso di Telepilo a sud-sud-est di Portopalo con le descrizioni di Odisseo?

“Corrispondono le imponenti scogliere che ancora definiscono il profilo sommerso del sito – afferma Chaisson – le loro forme impenetrabili che resistono nonostante i 50 metri di sedimenti accumulatisi sopra di esse nel corso di millenni di innalzamento del livello del mare. Questo accumulo, una lenta sepoltura piuttosto che un collasso improvviso, nasconde la grandiosità della città, ma ne lascia intatto lo scheletro. La porta principale, uno stretto passaggio fiancheggiato da scogliere, rimane distinguibile, conducendo al porto interno proprio come Omero ha descritto. Nelle vicinanze, il promontorio che sporge verso sud nella baia rispecchia il punto di osservazione di Odisseo”. Quindi la città sommersa nelle acque del mare siciliano potrebbe proprio essere il luogo reale che ha ispirato la descrizione omerica.

atlantide siciliana Telepilo
Telepilo nel 9600 a.C. circa.

 

“Quello che Omero tramandò come fugacemente visto da Odisseo – precisa Chaisson – è solo una parte della storia di Telepilo.” Ci lascia un’impressione viscerale e selvaggia: una città di caos e barbarie, di terrore e non di stupore. Probabilmente le fonti a cui aveva accesso Omero non erano dettagliate come quelle di Platone nel descrivere Atlantide.
“Il sito sommerso colma le lacune – afferma Chaisson – con le sue pietre silenziose. Ci invita a vedere oltre la nebbia del mito, per immaginare una Telepilo non di giganti e rovine, ma di ingegno e ambizione, perduta nel tempo ma in attesa di essere reclamata”.

Come fa una città a sprofondare nel mare?

Chaisson non ha dubbi: non è la città ad essere sprofondata ma è il mare ad essersi innalzato.
“Durante l’ultima era glaciale, il Mediterraneo fu isolato dall’Atlantico a causa dell’abbassamento del livello di tutti i mari”. Lo stretto di Gibilterra divenne un ponte di Terra, trasformando il Mare Mediterraneo in un lago salato. “Questo isolamento determinò un maggiore ritiro delle acque, fin quasi ad un prosciugamento totale. Nelle vaste distese di pianure fertili così emerse, le civiltà radicarono e prosperarono. Con lo scioglimento dei ghiacciai, il mare riconquistò lentamente queste terre, non attraverso una catastrofe improvvisa, ma in una trasformazione costante che durò millenni”. Secondo l’ipotesi del diluvio zancleano, a un certo punto l’acqua dell’Atlantico superò il ponte di terra di Gibilterra e riempì di nuovo il bacino mediterraneo, andando a colmare il notevole dislivello in pochi anni. Un vero e proprio diluvio, col mare che saliva anche di 10 metri in un giorno.
Ci fu una glaciazione anche in epoca più recente, tra 110.000 e 11.700 anni fa e probabilmente è quella in cui si colloca Telepilo, perché il livello dei mari calò in modo significativo e il collegamento con l’Atlantico, fu significativamente ridotto, determinando meno afflusso di acqua atlantica e una nuova grande evaporazione, abbassò il Mediterraneo di più rispetto agli altri mari. Si dibatte sulla portata di questa restrizione e se sia mai giunta ad un nuovo isolamento totale. “Le mappe batimetriche suggeriscono che un antico ponte di terra che collegava la Spagna meridionale (vicino a Bolonia) al Marocco settentrionale (vicino a Tangeri) – riferisce Chaisson – alla curva di livello di -275 m, si nota una linea costiera continua, suggerendo una connessione che potrebbe essere salita a -60 m, isolando il Mediterraneo per un periodo massimo di 80.000 anni.”

Telepilo Atlantide siciliana
Il Mediterraneo durante l’Ultimo Massimo Glaciale.

Chaisson ipotizza che Telepilo sia fiorita nel periodo dell’ultima glaciazione per poi essere abbandonata intorno all’8600 a.C., quando il livello del mare, che risaliva lentamente, iniziò a sommergerla.

“I parallelismi tra Telepilo e Atlantide sono speculativi – prosegue Chaisson – entrambi sono descritti come porti fiorenti lungo rotte commerciali vitali, circondati da terre ricche. Telepilo, con la sua scala monumentale e il suo design intricato, offre uno sguardo allettante sul potenziale delle antiche società, spingendoci a ripensare a ciò che era possibile nel lontano passato.”

Telepilo non è un fenomeno isolato

L’esistenza di Telepilo indica un mondo mediterraneo antico più ampio e nascosto. Se l’ipotesi del ponte di terra di Bolonia-Tangeri è vera, il bacino del Mediterraneo durante l’Ultimo Massimo Glaciale non era il mare che conosciamo oggi. Le sue pianure si estendevano molto oltre i confini attuali, potenzialmente brulicanti di antiche società umane. Telepilo, con il suo vasto porto e le sue difese ingegnerizzate, probabilmente non era una meraviglia solitaria, ma un nodo chiave in una rete ora sommersa di insediamenti.

“Nel sud-est della Turchia, Göbekli Tepe, datato intorno al 9600 a.C. – spiega Chaisson – è la prova che l’architettura monumentale prosperò in un’epoca un tempo considerata troppo primitiva per tali imprese. I suoi pilastri e recinti intagliati rispecchiano la maestosità del canale e delle scogliere di Telepilo. Altrove, siti sommersi come il monumento di Yonaguni in Giappone o la grotta Cosquer in Francia, inondati con l’innalzamento dei mari, suggeriscono un tema ricorrente: culture costiere che fiorirono durante l’era glaciale, solo per essere cancellate dalle stesse maree inarrestabili che reclamarono Telepilo.”

Chaisson trova riscontri nei dati batimetrici dei mari siciliani: “La curva di livello di -250 m lungo il ciglio sottomarino Malta-Sicilia rivela una piattaforma sconfinata, centinaia di chilometri di terra un tempo abitabile che avrebbe potuto sostenere una rete di comunità – e rilancia – La disposizione precisa e le caratteristiche monumentali di Telepilo suggeriscono che fu costruita per durare. Con il declino dell’era glaciale e il cedimento del ponte di terra, l’innalzamento delle acque non inghiottì solo una città, ma annegò un intero paesaggio culturale. Telepilo sopravvive come una rara reliquia rilevabile, le sue rovine sommerse sono una finestra su quest’epoca perduta. Suggerisce un Mediterraneo non di avamposti sparsi, ma di società intrecciate, un arazzo di sforzi umani ora nascosto sotto le onde, in attesa di essere riscoperto attraverso l’esplorazione moderna.

Ipotesi di cronologia

“Telepilo, costruita a -250 m, avrebbe potuto prosperare solo durante un’era prolungata di stabilità della linea costiera. Mentre la Terra si riscaldava dopo l’era glaciale, i mari globali salirono da -125 m. Quando l’Atlantico ruppe il ponte di terra a -60 m (la sua tempistica precisa è incerta) quella stabilità crollò e il mare inghiottì i mondi costieri. Ciò suggerisce che Telepilo fu disabitata intorno all’8600 a.C..

Fig. 6 – Mappa batimetrica che mostra il bacino del Mediterraneo a 250 metri al di sotto degli attuali livelli del mare, illustrando le ipotizzate masse terrestri esposte durante il periodo glaciale del Wisconsiniano. Crediti: Dati dal database batimetrico EMODnet (www.emodnet-bathymetry.eu)

Se Telepilo precede di millenni l’età del bronzo, l’Odissea e l’Iliade potrebbero riflettere un mondo molto più antico, uno in cui le coste del Mediterraneo si estendevano in modo molto diverso. Ciò implica che Odisseo, e i miti a lui legati, potrebbero essere un’eco di un’epoca lontana perduta a causa dell’innalzamento del mare. Su questa idea parte la sfida di Chaisson: “Rivedendo l’Odissea di Omero attraverso questa lente e incrociando i dati geospaziali moderni (come EMODnet e GEBCO), possiamo rivalutare innumerevoli racconti mitologici, mappando le loro antiche narrazioni su paesaggi tangibili e scoprendo nuove intuizioni su come queste storie riflettano l’evoluzione del rapporto dell’umanità con il mondo fisico”.

La nostra conoscenza, anche quando la riteniamo dogmatica, si basa in realtà su ipotesi fragili, con poche prove e narrazioni incontestate. “Se Telepilo richiede una riscrittura della storia – dichiara Chaisson – dobbiamo farlo”.

Telepilo necessita sicuramente di esplorazione e indagini accurate, che Chaisson assicura essere già in programma, con ROV e sommergibili. “Telepilo è la porta d’accesso, il primo passo per riscrivere il nostro passato e reclamare verità a lungo sommerse. Possiamo aggrapparci a un mondo in cui i miti rimangono miti, o abbracciare un’alba in cui il mondo antico viene riscoperto. In archeologia, una verità persiste: più scavi in profondità, più antica diventa la storia”.

Il precedente di Luigi Usai

In realtà la scoperta di Chaisson non è esattamente “nuova” perché ricalca con quattro anni di differita quella dell’italiano Luigi Usai, che nel dicembre del 2021 individuò la stessa struttura, pubblicandone immagini ancora più dettagliate.

Immagine dell’articolo del 2021 di Luigi Usai
Usai Atlantide siciliana
Altre immagini tratte dall’articolo di Usai del 2021
atlantide siciliana Usai
Altre immagini tratte dall’articolo di Usai del 2021
Scriveva Usai:

“Non è ancora chiaro di che popoli si tratti: le mura sono posizionate tra i -60 ed i -220 metri sott’acqua. (…) Immediatamente vengono però alla mente alcune ipotesi per ora ancora fantasiose: i Lestrigoni, i Ciclopi oppure le Amazzoni, sono solo alcuni dei popoli che affiorano alla mente, che misteriosamente sembrano scomparsi nel nulla. Una città sconosciuta e mai sentita prima affondata al largo delle coste siciliane e mai più trovata fino ad oggi. Probabilmente sarà necessario modificare i libri di Storia, per aggiungere questa curiosa parte mancante. Questo tipo di scoperta aiuterà forse i geologi a comprendere meglio anche fenomeni come la Crisi della Salinità del Mediterraneo e la chiusura dello Stretto di Gibilterra; avrà forse dei legami con il mito di Atlantide raccontato da Platone nel 3° libro del Timeo e nel Crizia, due suoi noti scritti. E forse gli archeologi avranno materiale da studiare per i prossimi 200 anni.”

Altre immagini tratte dall’articolo di Usai del 2021

 

fonti: https://grahamhancock.com/chaissona1/

Mysterious submerged artifacts on the Hyblean carbonate platform, west of Sicily-Malta Escarpment found by Luigi Usai

Fonti primarie e articoli di ricerca
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